mercoledì 14 dicembre 2011

"Giordano Bruno Sorgente di Fuoco" di Carmen Moscariello, recensione a cura di Ninnj Di Stefano Busà

La presentazione dell'ultimo lavoro teatrale di Carmen Moscariello, organizzata dall'Editore Guida di Napoli il giorno 20 dicembre è un'occasione per esprimere un giudizio complessivo sull'attività della stessa.
Sono stata chiamata dall'autrice a fare da relatrice sull'opera, in occasione della cerimonia di presentazione che si terrà nella “Sala Rossa” del previsto programma col pubblico. Non essendo stata nelle condizioni di farlo fisicamente, per motivi di salute, desidero postare il mio giudizio sull'opera in questione, che a mio parere, è degna di attenzione, perché possiede una caratteristica di attualità e di comparazione molto forte coi tempi che viviamo. Ne parleranno dettagliatamente due personalità di tutto rilievo: Aldo Masullo e Ugo Piscopo, nomi assai noti nel diorama critico meridionale e nazionale.
Guida, un grande nome nel campo editoriale del Sud, ne ha pubblicato il libro che ora fresco di stampa e reduce dai fasti dell'esposizione alla Fiera del libro di Torino, sta per essere mostrato al grande pubblico nella sua veste migliore: ovvero un lavoro teatrale che potrebbe interessare il nostro tempo.
C'è un filo conduttore tra i tempi del filosofo e i giorni nostri, si fa riferimento a quel mondo di falsificazione, di ipocrisia, di sfaldamento e disorientamento del sistema etico, di interconnessioni, corruttele, peculato, tra la politica e la religione, tra la Chiesa e i laici, tra il libero pensiero e i falsi miti che popolano, anche e soprattutto, il sistema istituzionale della modernità: le connivenze, le interferenze, le invasioni di campo in un clima nettamente cancerogeno della politica e della società attuali che stanno ammorbando ogni giorno di più e in modo devastante l'obiettivo finale del <bene comune>. 
"Giordano Bruno e la sorgente di fuoco" è il titolo emblematico del libro, e credo sia per l'ardore, la passione di questo frate "eretico" militante, che tentò di portare a galla i difetti, stravolgendo tutti i dogmi e i paradossi filosofico-strumentali della Chiesa di allora. La sua filosofia aveva creato il panico e aveva allarmato la Chiesa e il Papato, che avevano ritenuto opportuno di bruciarlo nella pubblica piazza. Il tessuto teologico dilaniato e travolto dalla Riforma e Controriforma è stato più volte ricondotto alla revisione di taluni punti teologici, ma non ha cambiato la struttura pervasiva e invasiva delle sue maestranze.
Giordano Bruno, condannato dalla Chiesa e bruciato vivo per eresia a Roma nel 1600, non è solo un "simbolo" contro la disonestà e l'ambizione dei poteri forti, ma oggi viene rivisitato alla luce della sua dimensione umana sui "diritti" dell'umanità stessa, che viene dispogliata dal suo "essere" spirituale, nella veste più degna e pura: la visione di Dio e della sua VERITA' assoluta.
Un atto di miserabilità e di distruzione del libero pensiero, era stato perpetrato allora come ora, con un sovvertimento dei valori e un'ingerenza nella fede del cristianesimo, un atto di apostasia nei riguardi di una dottrina evangelica che diventa aporetica e distruttiva, un'ingannevole arbitrario storico (allora come ora) di sovranità terrena, assai pericoloso nel sistema e nel tessuto socio-culturale e morale di una dottrina, perché vuole schiacciare il  <pensiero libero> per imporre le sue distorte ragion di forza, la sua politica oppressiva, le sue ingiustizie di classe, nel clima imbarbarito di un bene finalizzato al potere.
Il fuoco che arde è un tentativo di metaforizzare il concetto logico del ruolo che si assumono la società e la Chiesa, in un momento storico di grandi carenze, di profonde divisioni ecclesiali e politiche, di ingerenze macroscopiche nei diversi livelli del sistema economico e politico, il cui maggiore obiettivo è quello di inibire il tratto  -verginale-  di purezza dell'evangelizzazione, con un comportamento osceno e pusillanime, che sempre più va orientando le sue necessità alla logica del fine materico, trascurando: la spiritualità, la lealtà, la morale, il sentimento, la logica, la giustizia, per rincorrere un sistema merceologico e materialista dell'essere.
Tra i personaggi del dramma s'incontra anche una figura di scrittore come Tommaso Campanella, che si presenta come compagno di sventura, entrambi infatti sono antesignani di un periodo storico che prelude alla nostra modernità e per certi aspetti anticipa il malessere e il disagio generazionale.
L'opera in questione andrebbe portata sugli spalti di un teatro, quale rappresentazione dei tempi che corrono, nella fedeltà ad una concezione che stratifica ogni giorno di più le incongruenze e i conflitti, riducendo il pensiero a formule aritmetiche che parlano solo la lingua dell'economia, della finanza marcescenti, inculcando un modello malato di esistenza e di etica. Il libro di Carmen Moscariello è allineato ai tempi, bisogna leggerlo nella sua chiave di  antinomia e di disagio dell'oggi, proprio in funzione di questa analogia temporale che induce a riflessioni, indicando come la nemesi storica tenda a ripetersi, ad essere reiterata attraverso la distorta analisi delle sue componenti: l'uomo non impara mai la lezione dalla vita, persiste nei suoi errori di fondo, si muove tra il suo personale malessere e quello dei suoi  simili con disinvolta disumanità,
L'eretico Giordano Bruno "docet", ma il mondo attuale sembra non accorgersi che, reiterando gli stessi madornali errori, il mondo infligge a tutta l'umanità l'annientamento della coscienza e della libertà individuali, ne comprime e ne falsifica la verità, brucia il pensiero "libero" e pericolosamente si avvicina agli estremi di una catastrofe mondiale, di cui è impossibile valutarne le conseguenze.
 
Penna interessante e moderna, quella della Moscariello, sa trattare le varie strutture del linguaggio in un piano di grande e interessante equilibrio dialogico comportamentale, finalizzati a mostrare il disagio generazionale e a farlo emergere attraverso un confronto di stratificazioni storiche degne della massima attenzione.
Giordano Bruno è il personaggio che meglio ha saputo rappresentare il malessere del suo tempo in un Sud alla mercé della Santa Inquisizione, arretrata e sterile dal punto di vista evangelico, in un periodo storico/temporale di profondo disagio socio-culturale, il quale si avvicina molto ai nostri giorni.

lunedì 12 dicembre 2011

Ugo Piscopo "Le Campe al Castello"


Un'azione teatrale divisa in quattro quadri. Uno scandaglio di profonda attualità nel tempo dell'Italia berlusconiana. Un mondo di bruchi di cinica e spietata intelligenza (nell'Italia meridionale con il termine d'origine tardo-latina "campe" si indicano i bruchi). Un ritratto estremo di un paese che naviga verso la deriva. Un trionfo di voci, echi, sussurri e grida abitano Le Campe al Castello. "Un testo terribile - scrive nella prefazione Vanda Monaco Westerstal - una crudeltà fredda dalla quale è difficile staccare lo sguardo eppure leggendolo, l'occhio e l'orecchio scivolano su lame affilate. Sì anche l'orecchio nel quale risuonano i linguaggi diversi dell'Italia d'oggi, che Ugo Piscopo, attraverso un  complesso gioco di accelerazione e decelerazioni, pause e ritmi, trasforma in linguaggi drammaturgici. (...) L'autore compie un gioco di prospettiva, come avviene in un  testo teatrale che sia appunto teatro, e qui il gioco è atroce. Piscopo pone davanti all'occhio-orecchio del lettore il politically correct mescolato a svolazzamenti burocratici tipo toni cortesi, grazie, prego e così via, per fabbricare un sipario leggero e trasparente, che lievemente ondeggia in gonfiori di attesa.

Invito alla presentazione del libro "Giordano Bruno sorgente di fuoco" di Carmen Moscariello



Articoli sull'evento:





Giuseppe Napolitano


"Non ho più rifugio"

Mi rifugiavo
in me
quando non essere
con te
volevo

Nudo senza più questo
bisogno
non so rifugi in cui
parlarti
ancora


Nuage

Prends ma voix
amène-moi à l'écho.
Prends mon image
amène moi dans ton ombre.
Sur le pays du rȇve
je suis un nuage solitaire.
Là où tu es est un lieu de retrouvailles.

Nuvola

Prendi la mia voce
portami all'eco
prendi la mia immagine
portami nella tua ombra
Sul paese del sogno io
sono una nube solitaria
là dove tu sei un luogo per ritrovarsi




Apparenza di certezza

Solo se riesci a toglierla poi scopri
di avere un'altra maschera sul volto:
il tuo che più non ricordavi fosse
somigliante così tanto a quel che sei

Solo nell'inespresso cui donavi
frequente l'apparenza di certezza
hai finalmente chiaro un sentimento:
dentro abitava in te il burattinaio

Leone D'Ambrosio




Per questa ragione

Non ora, ti spiegherei
il possibile che ingombra,
ciò che mi è più caro
alla finestra sopravvive.
La verità è comunque
in terra più che in cielo,
è un fuscello d'eternità
per non morire altrove.
Per questa ragione
rimando ogni festa breve
ché non sia scarto
di foglia per il ramo.

domenica 11 dicembre 2011

Intervista di Carmen Moscariello alla Poetessa Ninnj Di Stefano Busà

D. cosa trovano nella Poesia i giovani di oggi? in un'epoca così martoriata e incurante della poesia, come e perché, secondo Lei si avvicinano al mondo un po' astratto come quello dei versi?

 

R. proprio nella tipologia del dire, del dialogo o del suo allontanamento in termini concreti dalla cultura  sta la sua risposta. La gioventù di oggi, è vero, non è affatto aliena alla Poesia, come si potrebbe supporre. Proprio in una situazione che incombe drammaticamente sulle spalle della loro generazione, il fattore poesia ne rappresenta antropologicamente il transito difficile e spesso ingrato. I giovani forse, più degli adulti, sanno bene che vi è un divario tra il passato e il presente, e vi sarà un ulteriore scollamento anche nel futuro, perciò si avvicinano alla Poesia come a qualcosa che intimamente assolve e momentaneamente lenisce senza ulteriori afflizioni. La parola scritta è <Verbo>, ma è un linguaggio che sta nella prontezza della sua vocazione, della sua emotività, ne rappresenta i nuovi momenti, la nuova ironia, i simboli, le passioni, la fede nel futuro. Forse perciò la Poesia non li coglie impreparati, non ha bisogno di interloquire con altri, solo con se stessa. La poesia è il valore stesso del loro linguaggio che non si rivolge a nessun'altro, se non al rischio dell'emozione, dell'ispirazione. Perciò al momento attuale è un valore aggiunto: un simbolo che vuole transitare alla Storia

 

D: cosa ritiene che il poeta di oggi debba fare per introdursi in un mondo astratto e tendenzioso e conflittuale e incoerente come quello dell'oggi.

 

R: il poeta è una via di mezzo tra il suo ego più permissivo e il suo riscatto dalla solitudine e dal dubbio. All'uno si rivolge perché è tendenzialmente portato a intravedere i contorni dell'io narcisistico e più egoista, all'altro proprio nella funzione di un riscatto liberatorio e lenitorio.

In entrambi i casi il poeta è condannato alla solitudine e alla full immersion nel mondo, proprio perché avvertito e reso  -testimonial-  di un diverso modo di interpretare la vita, il poeta ne assorbe le asperità e attraverso la poesia induce le sue potenzialità espressive a rigenerasi e ad ossigenarsi.

 

D: in che modo il poeta si colloca nel mondo di oggi?

 

R: è una domanda difficile. Credo che, come la musica ha bisogno di armonia, il poeta ha bisogno di versi per sintonizzarsi col mondo. La sua matrice è sempre spiccatamente subliminale, quando scrive o si fa interprete di un'aspettativa molto precoce quale è l'occasione di esser(ci), qui e dove lo stabilisce l'avventura del poiein, spesso il luogo o il modo non sono necessariamente avvertiti. Quello che il poeta avverte nel profondo è il suo <io>, il suo fine soggettivo, ineludibile  e sorprendentemente misterioso, un richiamo quasi all'altrove, infatti per il poeta la poesia non à mai nei paraggi è sempre oltre il recinto, oltre l'ostacolo, lontano da se stesso.

 

D. Lei è scrittrice bene affermata, conosciuta. In quale ruolo si ritrova a collegarsi, sono state le occasioni a  renderla interessante? oppure, ha determinato la sua pagina poetica una sorta di significazione interiore che l'ha spinta alla ricerca di sé?

 
R: come soggetto del mondo che mi circonda, la Poesia ha rappresentato, fin da subito, la rappresentazione di un ordine dentro la realtà del caos. In giovane età, mi sono prefigurato un mondo forse migliore, vi ho creduto, ho cercato di rifletterlo nella bellezza e ricchezza di una prospettiva che mi dava lenimento: immaginarsi il bello, a volte, è come possederlo, trascriverne vuol dire, assaporarlo, raggiungerlo anche attraverso la sofferenza e il distacco. Oggi, sono in uno stato di atarassia, ovvero la funzione della Bellezza in sé è andata scemando e nella poesia ritrovo i presupposti di una dimensione oggettiva che progetta la forma espressiva, senza più appropriarsene, come se la Poesia fosse compagna di vita, nicchia refrigerante di un piacere sempre nuovo, il ritrovamento di una misura d'ispirazione autoreferenziale, di coscienza e di vita.

Poesia del Poeta Virginio Gambone dedicata a Carmen Moscariello

Ho letto le tue poesie:

 Parole che vanno dritte al cuore:

pelle d'oca sul mio corpo

grumi di lacrime non pianti

sullo schermo

Un mare d'amore donato

a volte solo atteso

mai prosciugato.



C'è Nazarin

che porta la croce con noi

e noi con lui:

la necessità d'amare

nonostante tutto

nostalgia del bello

nonostante tutto

speranza di salvezza

nonostante tutto:

l'amore esiste

il bello esiste

la salvezza esiste

altrimenti

non ne avremmo nostalgia.



Ed è gioia

nei tuoi versi

e luce nei tuoi pensieri,

amica ritrovata.



La tristezza  può attendere

se si incontra

Carmen
tra gli “spinali nvrattusi" della vita.

L’opera teatrale “Giordano Bruno - Sorgente di fuoco” di Carmen Moscariello

Comunicato stampa



L’opera teatrale “Giordano Bruno - Sorgente di fuoco” di Carmen Moscariello

sarà presentata martedì 20 dicembre 2011 alle ore 16,30

a Napoli nella Saletta Rossa della libreria Port’Alba. Relatori Aldo Masullo e Ugo Piscopo


Saranno due insigni rappresentanti della cultura italiana, Aldo Masullo e Ugo Piscopo, a presentare nella storica Saletta Rossa della libreria Port’Alba l’ultima opera teatrale della poetessa Carmen Moscariello: "Giordano Bruno - Sorgente di fuoco". L’opera sarà recitata dagli attori Lia Della Rosa, Christian Repici, Domenico Versaggi Panno, alla chitarra Giovanni Della Rosa, due in fotografia di Franco De Luca.

Il libro, che si avvale della Prefazione di Aniello Montano e reca la pregevole copertina disegnata dal Maestro Salvatore Bartolomeo, è un'opera in tre atti e analizza il percorso di sofferenze e torture inflitte dalla chiesa al Monaco eretico, divenuto simbolo della libertà di pensiero e fondatore della Nuova era. Giovanni Paolo II, tra gli altri grandi meriti, ebbe quello di chiedere scusa per gli errori commessi dalla Chiesa nel periodo della Controriforma cattolica, riferendosi in primis a Galileo e a Bruno.

L’opera della Moscariello è senz’altro un esempio di grande coraggio per le precise denunzie contro la chiesa e contro una società corrotta e omologata, simile per molti versi al nostro quotidiano nichilismo. I fili si confondono e si intrecciano in uno spasimo arguto di passato e presente rasentando forme di identificazione della scrittrice con il grande Nolano, fino ad arrivare a un dialogo-scontro tra il Filosofo e la Donna-Poeta. L’opera in ottave concentra nel verso una musicalità aspra e rivoluzionaria, tutto si muove e si trasforma in uno scenario rapido e tempestoso di grande suggestione. L’opera non rispecchia i canoni filosofici, si muove visionaria alla ricerca del Bene Assoluto per il quale vale la pena vivere e anche morire. Creativo, intuitivo il verso ha ritmi incalzanti, capovolge anche la figura della donna-strega che durante l’Inquisizione venne bruciata e nell’opera si erge a giudice supremo delle bassezze e morbosità umane. Passionale il dramma esprime il dolore per una societàche si sbriciola, malata di ipocrisia e volgarità. L’assenza della “verità” porta la stessa chiesa ad offendere Dio e l’uomo come essere amato da Dio al di sopra di tutti. Si stagliano quindi figure come quelle del Bellarmino, di Campanella, dei giudici della Santa inquisizione, del rogo, del fuoco non come elemento di pena, ma come simbolo di divina purificazione.

martedì 6 dicembre 2011

Presentazione dell'opera teatrale "Giordano Bruno sorgente di fuoco" di Carmen Moscariello

Comunicato stampa.

L’opera teatrale Giordano Bruno Sorgente di fuoco di Carmen Moscariello sarà presentata martedì 20 dicembre, ore 16:30, presso la libreria Guida Port’Alba di Napoli. Relatori il Filosofo, Onorevole Aldo Masullo e il Poeta Ugo Piscopo.

L’editore Guida presenta nella storica Saletta Rossa della libreria Port’ Alba, ( luogo sacro della cultura,  riconosciuto Patrimonio dell’Umanità) l’ultima opera teatrale della Poetessa Carmen Moscariello. Relatori due insigni rappresentanti della cultura italiana l’Onorevole-Filosofo Aldo Masullo e il grande Poeta Ugo Piscopo.

Il libro che porta la pregevole copertina disegnata dal Maestro Salvatore Bartolomeo è un’opera in tre atti e analizza il percorso di sofferenze e torture inflitte dalla chiesa al Monaco eretico, divenuto simbolo della libertà di pensiero e fondatore della Nuova era. Giovanni Paolo secondo, tra gli altri grandi meriti, ebbe quello di chiedere scusa per gli errori commessi dalla Chiesa nel periodo della Controriforma cattolica, riferendosi in primis a Galileo e a Bruno. L’opera sarà recitata dagli attori Lia Della Rosa, Franco De Luca, Christian Repigi, Domenico Versaggi  Panno, alla chitarra Giovanni Della Rosa, fotografia di Franco De Luca.
L’opera della Moscariello è senz’altro un esempio di grande coraggio per le precise denunzie contro la chiesa e contro una società corrotta e omologata, simile per molti versi al nostro quotidiano nichilismo. I fili si confondono e si intrecciano in uno spasimo arguto di passato e presente rasentando forme di identificazione della scrittrice con il grande Nolano,fino ad arrivare a un dialogo- scontro tra il Filosofo e la Donna –Poeta. L’opera in ottave concentra nel verso una musicalità aspra e rivoluzionaria, tutto si muove e si trasforma in uno scenario rapido e tempestoso di grande suggestione. L’opera non rispecchia i canoni filosofici, si muove visionaria alla ricerca del Bene Assoluto per il quale vale la pena vivere e anche morire. Creativo, intuitivo il verso ha ritmi incalzanti, capovolge anche la figura della donna –strega che durante l’Inquisizione venne bruciata e nell’opera si erge a giudice supremo delle bassezze e morbosità umane. Passionale il dramma esprime il dolore per una società che si sbriciola, malata di ipocrisia e volgarità. L’assenza della “verità” porta la stessa chiesa ad offendere Dio e l’uomo come essere amato da Dio al di sopra di tutti. Si stagliano quindi figure come quelle del Bellarmino, di Campanella, dei giudici della Santa inquisizione, del rogo, del fuoco non come elemento di pena, ma come simbolo di divina purificazione.

martedì 22 novembre 2011

Il Maestro Giuseppe Supino espone a Latina presso la Galleria Rosati

Inaugurazione il 10 dicembre 2011 alle ore 17:00


Cromie d’Autunno

di Carmen Moscariello

Si apre il girasole nel suo splendore e gli echi viaggiano in un mondo sperato, fatto di luce, di onestà e di ostinata ricerca del vero. L’arte del grande Maestro matura in sentieri ardui e solitari di meditazione e di ricerca, faville di vita vissuta sugli speroni di un Dio contiguo. Questo intenso e instancabile analizzare porta l’arte a livelli di sublimazione, ma anche di studi tecnici a servizio di un simbolico-evanescente magnificat. Implume, delicato sentiero di primule, nonostante l’accordato litsziano, a mo’ di minuetto, tremulo, nato da note che si allungano nella notte stellata.

In queste ultime opere, che il Maestro ha prodotte, c’è tra le altre un Arlecchino in manto viola che si inneva in perturbante attesa di un sogno, forse di qualcosa che la vita può ancora donare. Le faville si irradiano dalle mani, questa volta non levigate ed eteree come quelle alle quali l’artista ci ha abituato, ma nodose fuori da ogni canone, aperte ad accogliere il grande dono dell’Essere.

Senza maschera è Arlecchino, o meglio con una maschera ridotta a pendendif, quasi che il maestro volesse imporre la propria verità nuda, chiara, dolorosa, senza alcuna ambiguità o sortilegio.

Che la maschera cada, finalmente!

La maschera che il mondo ci impone per dimenticare la propria accidia, i propri fallimenti , Supino non teme alcuno: il mondo ci guardi per quello che siamo -dice-, non temiamo giudizi, navighiamo alla ricerca del tempo perduto e guadagniamo il nostro tempo nella ricerca di Dio. E ancora a conferma di quanto sopra, c’è anche come recentissimo lavoro quello dedicato a un  Cristo-Uomo: un’altra tela che il Maestro mi ha dato il privilegio di vedere in fieri, (fin dall’accurata preparazione della mestica, tra miscellanea del bianco piombo e del bianco zinco ) e in seguito di seguire queste due opere nei mesi di lavoro che l’hanno prodotte: testimoniano nella loro straordinaria bellezza le albe insonni, nel silenzio dei ritmi del cuore, nei dolori che l’anima e il corpo infliggono all’uomo. Impressionante il miracolo a cui si assiste nel volteggio quotidiano di foglie d’autunno che ogni giorno danzano nei chiari pensieri, nella dolorosa ricerca di testimoniare ciò che il cuore detta. Trovarle in una metamorfosi quotidiana, dove lo studio della luce, delle ombre e penombre, dei pieni e dei vuoti, del tono su tono danno vita   a un mondo viola, a piegature setose, morbide  sensualità, a pudori romantici.
Anche adesso l’arte di Supino ci sorprende per i suoi fuochi levigati, sotto lo stilema raffinato, studiato fino allo spasimo arde una ribellione al male, una tessitura  di scelte coraggiose che tutte confluiscono non pacificate nella sua arte.

domenica 20 novembre 2011

I dipinti minturnesi di Antonio Sicurezza

Il 20 novembre alle ore 16,00 presso la Sala Consiliare del Comune di Minturno verrà presentata l’opera di Mario Rizzi dedicata al grande pittore Antonio Sicurezza ,prefazione all’opera di Carmen Moscariello.

Presenzierà il Commissario prefettizio Vincenzo Greco. Relatrici la Poetessa Carmen Moscariello e la professoressa Grazia Sotis. Sarà presente il figlio del Maestro, l’ammiraglio Eugenio Sicurezza

Dalla Prefazione:

“L’umile Dio dell’Alba”*

Antonio Sicurezza e la città di Minturno

Di

Carmen Moscariello

il poeta Giuseppe Conte ritrovò nella purezza del più semplice l’alto canto poetico, lo stesso può dirsi dell’arte pittorica del  Maestro Antonio Sicurezza, testimoniata in quest’opera dall’accurato studio di ricerca di Mario Rizzi.

Quello di più candido, quale un’alba trifolante sul mare, ancora attonito dai chiarori lunari, è raccontato nel testo da infinite e preziose testimonianze umane e artistiche.

Proprio quella luce, che attraversa ogni immagine dell’opera di questo importante Artista, testimonia la bellezza di un percorso teso verso l’Essenza.

Dalle opere sacre in trasparenza di mitezza e sacrestia , agli evangelici  nudi, alle chiacchierine nature morte, c’è l’ardire di uno studio fatto non solo di linee e spatole, ma di una ricerca dell’altrove.

Che dire degli oggetti dello studio dell’artista che ci raccontano la storia di un uomo semplice, quel mettere in prima fila, quasi un palcoscenico, la sacralità del pane: poco basta al genio per vivere, mentre i libri occupano quasi ogni spazio, l’orizzonte poetico è raccontato da questa urgenza del meditare, appunto del ricercare.

 E’ la luce che si bagna, si irraggia , attraversa limpida e fa splendere e inchioda lo spirito che entra nelle cose.

Crediamo sia fatica inutile rapportare i capolavori di questo Artista a una qualche scuola  del Novecento o altrove,  e vestirlo di una definizione che lo vede maestro nel riprodurre il reale. Questa fissità non gli appartiene, poiché Egli non riproduce, ma ricerca quell’anima mundi che è in appartenenza ad ogni cosa del cosmo.

L’arte di Antonio Sicurezza è poesia, è la storia dell’anima che piegata su stessa ricerca un percorso sacrale, senza mai distaccarsene. Non a caso molte chiese gli commissionarono numerosi lavori e oggi fanno bella mostra, impreziosendole non poco, ma soprattutto restituendoci quel misterioso analogico cammino della luce.

Ammirando i due capolavori della chiesa del Carmine a Formia non si comprende mai  se la luce scenda verso chi prega, oppure rapisce per proiettarci in alto  in un mondo mansueto d’amore, un San Francesco che nelle sue mani possiede la città turrita e quegli spazi d’orizzonti, mutevoli,  quel verde quasi incompiuto: non è dato all’uomo completare l’ascesa.

Ricchissima quest’opera in basso di infiniti particolari, un mondo di colori con i fichi d’india a i piedi del Santo, per purificarsi man mano salendo fino al Nulla, quasi esso volesse meglio dimostrare l’Essenza.

Altro particolare che ho amato studiare sono i piedi che escono dalle lunghe vesti, piedi disadorni, stabili potenti nella loro forza, fatti per sostenere corpi  luminosi, tessuti di trasparenze, di giuochi argentati, inumani.

Purtroppo non ho conosciuto personalmente il Maestro, nelle mie ricerche ho trovato poco sul suo carattere, ma doveva essere un uomo che conosceva la meditazione e la preghiera, le maree dovevano averlo attraversato più volte, per irrompere nel greto delle sue pitture.

L’irrompere lo troviamo nelle rappresentazioni di San Giovanni (Chiesa di San Giovanni a Formia); fanno bella mostra i suoi quadri nella chiesa, or ora restaurata, qui il colore è più sgargiante, la spatola si muove veloce sui corpi e sugli abiti, uno studio attento anche della rappresentazione.

Porrei  l’accento su questo punto: la rappresentazione;  il Maestro prima di iniziare il lavoro, anche delle nature morte, distribuisce gli spazi, quasi un regista e nel contempo scenografo che dà i ruoli alle cose e alle persone, niente è casuale, questa attenta distribuzione ci immette anche nel suo iter meditativo, ci illustra chiaro le sue scelte di vita che si trasformano poi in scelte artistiche.

La sua arte è sempre vestita di umile, ama l’essenza, fiorisce e si intreccia di raggi come un mandorlo di primavera.

Si dice nemo profeta in patria, ma al contrario Antonio Sicurezza fu apprezzato, capito, amato e tutti i paesi limitrofi alla città di Formia e la stessa città si fregiano di sue opere preziose.

E, qui si pone l’urgenza di questa pubblicazione di Mario Rizzi, poiché le opere che ho elencate sopra sono tra le più conosciute, mentre quelle indagate dall’autore sono altrettanto preziose e quindi da offrire alla conoscenza del grande pubblico.

Il lavoro di Mario Rizzi ha ricercato con certosina precisione sulle opere che la città di Minturno possiede, rappresentandole singolarmente e ponendo l’accento in particolare sulle pacchiane minturnesi e quindi sul mondo femminile contadino che non poco doveva affascinare l’Artista. Dove attingere se non nel più puro: le giovani fanciulle e la terra con la sua forza vitale, rigeneratrice.

E così, nella sua ricerca lo studioso ci propone la fanciulla con gatto nero, sempre viso basso, purissimo, assorto, dove sorprendono le trasparenze dei merletti, pure la pacchiana con fuso, qui  protagoniste a confronto sono la  giovinezza e la  vecchiaia, entrambe fascinose.

Continua, Rizzi nel suo accurato studio, a proporci altri quattro lavori dedicati alla pacchiana, sottolineando come  l’artista non si ripete mai nel garbo e negli orpelli. Tutto va a definire un mondo arcaico, seppur lontano, prezioso che l’Artista osanna, eleva a strenua bellezza.

Naturalmente non poteva, Rizzi non testimoniare della mostra che il Maestro tenne a Minturno nel 1956 , e qui ci propone lo scorrere  di immagini, né  sorprende  lo studio accurato dei volti. Credo che il Maestro si sia accanito a voler testimoniare nelle pieghe scarnificate, profonde di vita (vedi la descrizione che Rizzi fa di Girlando il minatore fig. 5, nel paragrafo rapporti amicali di Sicurezza con i minturnesi)   le ferite inflitte dal tempo; interessantissimi sono i volti degli anziani, sia maschili che femminili.

La stessa pensosità a cui accennavamo agli inizi, attraversa i luoghi, impregnati di storia, i vicoli dai quali la luce filtra e tesse lo scorrere  inesorabile del tempo.

Mario Rizzi non si sottrae anche dal raccontarci oltre agli archi e alle chiese e agli spazi e al cielo minturnese ritratti dall’Artista, anche fatti e rapporti che Egli ebbe con personalità della città come quelli con  Angelo De Santis e Pietro Fedele, oppure con l’amico Domenico Giarnnella.

Ed ecco alfine protagonista “La frutta e il mercato settimanale del sabato a Minturno”, le preziose nature morte: quelle spighe che si aprono alla vita, al sole, spigolano chicchi dorati , tra cipolle  e meloni; il Maestro ama l’umiltà della  materia e il suo grembo  dischiude maree di frutti succosi, aggrovigliati in dolce sentire.

Questo studio è esemplare, poiché ci consegna la storia di un Artista che appartiene carnalmente ai nostri luoghi e in questo caso alla città di Minturno.
Lo studioso ci racconta le opere, le tira fuori dalle collezioni private  per trasformarle in patrimonio di noi tutti.

domenica 30 ottobre 2011

Presentazione del libro di Mario Rizzi "I dipinti minturnesi di Antonio Sicurezza"

Domenica, 20 novembre, ore 16, presso la Sala Consiliare del Comune di Minturno presentazione del libro di MARIO RIZZI.



Domenica 20 novembre, alle ore 16, presso la Sala Consiliare del Comune di Minturno verrà presentato il sedicesimo libro di Mario Rizzi dal titolo  “I DIPINTI  MINTURNESI  di  ANTONIO  SICUREZZA”. 

Mario Rizzi, in questo libro, ha messo ben in evidenza proprio quella luce che attraversa ogni immagine dell’opera di  questo importante artista, dove,  tramite i suoi dipinti, Antonio Sicurezza testimonia la bellezza di un percorso artistico teso verso l’Essenza. Dalle opere sacre in trasparenza di mitezza e sacrestia, agli evangelici nudi, ai costumi tradizionali delle pacchiane minturnesi e castelfortesi, ai paesaggi, alle “chiacchierine” nature morte, c’è l’ardire di uno studio fatto non solo di linee e spatole, ma di una ricerca dell’altrove.

Gli oggetti ed i prodotti delle nature morte di Antonio Sicurezza diventano i protagonisti del periodo, come già fu nel Seicento. Nella pittura moderna essi sono ingigantiti per il ruolo e rivestiti delle attività umane, come, per esempio, la raffigurazione della caldarèlla e della cazzuola del muratore, allo stesso modo del pranzo composto di pane e cipolle, elevandoli fino a simboli di comportamento dell’uomo e concetti archetipici.

E qui si pone l’urgenza di questa pubblicazione (la sedicesima) di Mario Rizzi, poiché i dipinti sopra elencati sono fra i più conosciuti, mentre quelli indagati da Rizzi sono altrettanti preziosi e, per la maggior parte, inediti e quindi da offrire alla conoscenza del grande pubblico. 

Il libro di Mario Rizzi consta di 148 pagine, con 131foto a colori ed in bianco e nero. La pubblicazione è curata da Palombi Editori - Roma, specializzata dal 1914 nel campo dell’editoria artistica, culturale e turistica.

Il testo si snoda attraverso un’appendice ed otto capitoli così suddivisi:

L’excursus vitae di Antonio Sicurezza; I quadri di Antonio SICUREZZA; La personale di Antonio Sicurezza a Minturno del 1956; Il mondo femminile delle pacchiàne di Minturno e Castelforte; La frutta ed il mercato settimanale del sabato a Minturno; I paesaggi di Sicurezza; Rapporti amicali di Sicurezza con personalità di Minturno e Storia del costume tradizionale femminile della pacchiana minturnese.

La pubblicazione di Mario Rizzi si fregia della prefazione della Prof.ssa e Poetessa Carmen Moscariello e di un prologo della Docente Universitaria e critico Grazia Sotis.

Alla manifestazione sarà presente il figlio dell’Artista, Eugenio Sicurezza, Ammiraglio Ispettore Capo nella Marina Militare Italiana.

Il testo è dedicato da Rizzi all’ex Docente Universitario, Poeta e Scrittore Renato Filippelli, scomparso il 20 maggio 2010, maestro ed amico sodale nel culto dei valori che ha unito, per oltre un trentennio, Mario e Renato, nell’elevazione culturale della città di Minturno.





MARIO  RIZZI



I DIPINTI MINTURNESI

DI

 ANTONIO   SICUREZZA
   Prefazione di Carmen MOSCARIELLO

sabato 24 settembre 2011

Giulio Marra - Ca’ del Lov

Venezia: Studio LT2 2008, 182 pp. (Paola Irene Galli Mastrodonato ©)




Nella sua seconda prova in veste di scrittore, Giulio Marra ci offre un suggestivo ritratto di un angolo appartato della nostra cultura e, per estensione, della nostra coscienza. Ambientata sull’Appennino del “versante bolognese”, tra Zocca e Castel D’Aiano, durante una breve ma intensa stagione estiva, la storia si dipana tra il passato che ritorna e il presente enigmatico e sfuggente che assediano da vicino i protagonisti della riunione di famiglia all’interno della Casa del Lupo a cui rimanda il titolo in dialetto del romanzo.

L’antica costruzione è nello stesso tempo custode di un segreto sconvolgente che risalirà dalle profondità inesplorate a rivelare l’essenza ultima della ricerca sulle proprie origini portata avanti da Giovanni, e, simultaneamente, rappresenta la “porta” iniziatica verso l’ignoto e la trascendenza che si apre con uno spiraglio inquietante e quella “lingua d’aria fredda” (p. 44) nella consapevolezza dei personaggi femminili più anziani, Alma, Amerina e Graziella, vestali della tradizione e dei valori contadini, e di Nerina, la giovane fidanzata di Giovanni, che a un certo punto viene quasi espulsa dallo spazio simbolico e sostituita dai due personaggi “vincenti”, la bimba Gisella, un elfo biondo e incantevole dall’identità misteriosa,  e soprattutto Dada, la donna amata nell’adolescenza da Giovanni e ormai scomparsa, “allontanata come una cometa lungo un’ellissi sconosciuta e non […] più ritornata” (p. 118).

Docente di letterature anglofone a Ca’ Foscari e massimo studioso italiano del teatro canadese contemporaneo, Giulio Marra ben ha saputo intrecciare in questo suo racconto neo-gotico motivi e spunti tematici che dimostrano la sua perfetta padronanza del grande repertorio narratologico a noi pervenuto dalle tradizioni letterarie più svariate. Chiaro mi appare il riferimento alla haunted house (la casa stregata) di matrice inglese prima (il celeberrimo castello di Udolfo di Ann Radcliffe, anch’esso situato sugli Appennini) e americana poi (la casa di Usher di Poe con Madeline che risale alla superficie dai sotterranei), ma anche la Casa del Lupo quale potente avatar totemico che ci rimanda ad una stratificazione archetipica della nostra cultura, quei lupercalia che in qualche modo uniscono il nostro passato pagano con i riti dei popoli aborigeni dei nostri giorni. E che dire della Ca’ del Lov immersa nei boschi quale rivisitazione della capanna di Baba Yaga che, secondo Propp, “struttura” la nostra interpretazione del reale e dell’immaginario dalla notte dei tempi? Al post-moderno come teoria della revisione di tutti gli assunti si rifà indubbiamente la costruzione dei personaggi, che più che essere dotati di una propria esistenza all’interno di una diegesi, di una sequenza di avvenimenti riconoscibili, sembrano rimandare a figure immanenti e senza tempo, dallo spessore quasi allegorico e che richiamano alla mente la lucida poetica di Alain Resnais de L’année dernière à Marienbad.  

Molteplici, infine, sono i vari espedienti che rendono godibile la lettura del romanzo, dal “manoscritto ritrovato” che articola il codice ermeneutico al quale è legata a doppio filo la soluzione del mistero, al flusso di coscienza reso tipograficamente in corsivo e che esprime l’identità sdoppiata del protagonista, fino all’atmosfera onirica e dal sapore “sublime” (in senso settecentesco!) che la prosa di Marra sa evocare:


[…] della Casa del Lupo, era tanto tempo che Giovanni non ci veniva, ne aveva perso per così dire le tracce, era un essere dal quale s’era gradualmente allontanato. Piuttosto, lo aveva suggestionato l’idea di una bianca figura nel bosco, forse un cane, magari un lupo bianco dagli occhi obliqui e denti di vampiro. […] Vitalità e vita. […] lo sguardo si fermò a lungo tra il nero dei tronchi che, qua e là, mostrava chiazze più chiare, qualche tocco di luna faceva intuire il movimento del terreno. Lo sguardo vagava tra gli alberi, ipnoticamente attratto. Era un buio profondo, abissale quello della montagna. In quel buio si doveva entrare, quel silenzio si doveva ascoltare. (pp. 48-49)

venerdì 23 settembre 2011

I vincitori del Premio Tulliola

Verbale d’assemblea per il Premio Internazionale Tulliola 2010-2011

XX Edizione

           

L’Associazione Tulliola ha deciso di rendere omaggio con medaglia del Presidente del Senato al Pubblico Ministero della Direzione Anti Mafia di Napoli Pierpaolo Filippelli, per l’impegno profuso nella lotta alla camorra anche nel Sud Pontino. Di premiare per  gli alti  meriti culturali ed umani la giornalista Mary Attento e il poeta Giuseppe Napolitano per una vita dedicata alla poesia .

Di seguito l'elenco dei finalisti della ventesima edizione, proclamati dalla Giuria formata dal presidente Ugo Piscopo, dal presidente onorario Erasmo Magliozzi, dalla presidente del Premio Carmen Moscariello, e da Maria Argenziano, Silvano Cuciniello, Giuseppe De Nitto, Manfredo Di Biasio, Michele Graziosetto, Alfonso Malinconico, Domenico Pimpinella, Rita Panniozzo, Tommaso Pisanti, Alessandro Petruccelli, Mario Rizzi.

Segretaria del Premio: Dott. Barbara Vellucci

Nel Premio oltre i partecipanti del 2011 sono confluiti anche quelli del 2010 (La premiazione nel 2010 non ebbe luogo per il lutto che colpì l’Associazione per la morte del Presidente della Giuria il Poeta- Critico letterario Renato Filippelli che da 20 anni l’aveva presieduta con onore e generosità.)                                                    

In totale i partecipanti al Premio di Poesia sono stati 780 provenienti da ogni parte d’Italia e dell’Europa. Per il romanzo 120 , per la saggistica 32. Nessuna tassa è stata richiesta ai partecipanti, tantomeno l’Associazione ha chiesto contributi ad  enti pubblici o privati. Proclamazione dei vincitori per la Poesia

Prima Ninnj di Stefano Busà per “Quella luce che tocca il mondo”, Bastogi Editore;

Prima ex-aequo Alessandra Cenni per “Corpi celesti” Editore Lieto Colle;

Secondo Giuseppe Manitta per “L’ultimo canto dell’upupa”. Il convivio Editore

Terzi a pari merito:

Mina Antonelli per “Il sogno del Sud”,L’Autore libri Firenze;

Giannicola Ceccarossi per “Aspetterò l’arrivo delle rondini”;



La commissione ha ritenuto degni di menzione per la Poesia:

Elisabetta  Vatielli per “Fiori mai nati”;

Laura De Santis  per “Cassandra”;

Mario Savonardo per “Pensieri di carta”;

Ivana Brigliadori per “ Letras de tango”;

Danila di Croce per “ Punto coronato”; (avvisata)

Roberto Mestrone “Tra l’ali di un sonetto

Salvatore Sibilio per “Corda tesa”. 

Vincitori  del Tulliola per il romanzo:

Primo: Ca’ del lov di Giulio Marra, Editore Studio LT2;

secondo: Claudio Turina per “Sabbia”, Aletti Editore;

terzo: Luigi Tosti per Sangue seleucide; Albatros;

Degni di menzione per il romanzo:

Francesco Zingoni  per  Demian Sideheart;

Mariagrazia Buonauro per “Sogni tra i fiori;

Nicola Amato per “Il segreto del Castello di Olsztyn;

Alessio Lo Baido per “Je ne regrette rien”;

Luigino Vador per “Il coraggio di amare”;

Vittorio Casali per “Un balcone su via Merulana” AVVISATO.

Saggistica: La rivolta di Itri di Pino Pecchia.

L’associazione culturale Tulliola ringrazia gli artisti  che hanno danato le loro opere

necessarie alla premiazione.



Ai vincitori del Premio Tulliola saranno donate opere dei Maestri: Salvatore Bartolomeo, Antonio Conte, Celestino Casaburi, Ernessto D’Argenio,Franco De Luca, Gerardo De Meo, Raffaella  Fusciello,  Antonio Scotto, Giuseppe Supino,Antonietta Ascione,Francesco Stravato.

L’Associazione ringrazia  anche il Signor Aldo Zangrillo che  ha donato ai premiati le targhe e ha pagato personalmente la stampa degli inviti e delle locandine. Si ringrazia anche Mario Rizzi per aver donato alcune serigrafie di sua proprietà.

Attori: Antonella Simeone, Lia Della Rosa, Franco De Luca.

Fotografo: Franco De Luca.

Intrattenimento: Ensamble:Golgonda

Componenti: Christian Repici (voce), Lia Della Rosa(voce), Alberto Nardone (chitarra),Manuel Conte(batteria),Giovanni della Rosa (basso).

Pezzi: Sho sholoza (dialetto africano); Vento sottile (italiano, inglese), epitaffio di sicilo (greco antico-inglese); theirabhaile riu(celtico antico-inglese) ;shir’a’shirim (ebraico-inglese); O fortuna (latino-inglese).

Cover: Gracias a la vida (joanbaez); The islander (Nightwish).

Cantante: Lina Senese.

Alla chitarra: Giovanni Senese.



La Giuria ha deciso di premiare anche tre personalità che si sono distinte rispettivamente per la lotta alla camorra, per l’impegno nella diffusione della Poesia e per la dedizione al sociale e alla cultura nel giornalismo. Verranno, pertanto premiati:

Il Pubblico Ministero della DDA di Napoli Pierpaolo Filippelli per il coraggio dimostrato nella lotta contro la camorra, con medaglia del Presidente del Senato.

Il giovane Magistrato ha iniziato la sua carriera in Sicilia come Sostituto procuratore, si è occupato di delicate indagini contro le principali cosche  attive sul territorio di Catania e Siracusa(Clan Santapaola e clan Cappello). Per il suo impegno nel 2005 ha ricevuto il più importante premio per giovani magistrati, pertanto come Pubblico Ministero in Sicilia è stato insignito del “Premio Livatino per l’impegno sociale”.

Dal 2004 è in servizio presso la Direzione Distrettuale antimafia di Napoli dove  si è occupato dei principali clan camorristici  campani e in particolare quelli attivi nei territori a Sud della città di Napoli. Particolarmente importanti le indagini che hanno riguardato la città di Ercolano, qui   grazie alle sue capacità professionale,  e alla sua determinazione, nonché al coraggio dei commercianti  e imprenditori del luogo  è stato debellato quasi del tutto il racket delle estorsioni. Da segnalare anche le indagini che hanno dimostrato l’attuale esistenza di cellule di organizzazione camorristiche operanti anche sul territorio del Sud Pontino. Le indagini che ha coordinato sono sfociate nel sequestro (anche nel Sud Pontino ) di ingenti patrimoni mafiosi e camorristici per svariati milioni di euro .

Si è occupato anche di associazioni a delinquere finalizzate a turbare il regolare e corretto andamento della pubblica amministrazione, pilotando appalti per milioni di euro.    Ha condotto indagini nel settore delle scommesse clandestine legate ad eventi sportivi che hanno dimostrato la presenza  nelle stesse di organizzazioni  camorristiche. Ha ottenuto nei processi decine di condanne all’ergastolo e ad altre pene molto pesanti.

Per tutti i motivi su indicati e in particolare per il suo impegno nella lotta alla camorra nel Sud Pontino, l’Associazione Tulliola ha deciso di rendergli onore con la medaglia  del Presidente del Senato.



L’Associazione Tulliola ha deciso di premiare per l’impegno culturale ed umano la giornalista, dottoressa Mary Attento;

Mary Attento è assunta a Il Giornale di Napoli nel 1995, diventando giornalista professionista due anni dopo. Nello stesso periodo collabora con l’emittente televisiva Canale 10  e, negli anni seguenti, con numerose testate cartacee e online. Dal 2007 al 2008 collabora con la redazione di Caserta del quotidiano Il Mattino. Attualmente è coordinatrice redazionale del mensile nazionale Guida ai Libri.

Altro luogo di impegno profondo è l’editoria, che la porta a fondare e amministrare una casa editrice a Caserta nel 1999. Successivamente passa, con l’incarico di responsabile della sigla “Lettere italiane”, al gruppo editoriale e librario Guida.

Dal 1997 si occupa professionalmente di rapporti con la stampa nel settore culturale e medico-sanitario, prevalentemente; ma anche nel campo politico, economico-sociale, turistico e ambientale. Dal 2003 al 2008 è stata responsabile Comunicazione della Casa di cura “San Michele” di Maddaloni (CE), ruolo che è tornata a ricoprire nel 2011. Parallele agli incarichi di uffici stampa e relazioni pubbliche, l’attività di relatore a incontri culturali e scientifici anche di respiro nazionale e la docenza nei settori comunicazione/giornalismo ed editoria (da tre anni è docente alla Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale). È impegnata nel sociale e nella vita associazionistica.

Nel 1997 ha ottenuto un premio speciale dal Centro Studi Erich Fromm. L’11 febbraio 2010 ha ricevuto il Premio Inform@salute dell’Associazione House Hospital onlus.

Sarà anche premiato “Per una vita dedicata alla Poesia” il Poeta Giuseppe Napolitano.

GIUSEPPE NAPOLITANO è nato a Minturno (Lt - Italia) il 12.2.1949 e risiede a Formia. Figlio di Nicola, anch'egli noto scrittore e uomo di scuola, e di Lina Rotunno. È sposato con Irene Vallone, hanno una figlia: Gabriella.



Si è lau­rea­to in Lettere all'Università di Roma con una tesi sul teatro surrea­lista francese.

Ha insegnato per 33 anni, quasi sempre Lettere nei Licei.

È Presidente dell’Associazione culturale “la stanza del poeta” (che è anche il nome di una collana editoriale, in cui si pubblicano da sei anni piccoli libri di autori dell'intero bacino del Mediterraneo).



Si dedica alla promozione della letteratura e in particolare della poesia, partecipando a importanti convegni all'estero (Francia, Spagna, Tunisia), e organizzando manifestazioni internazionali (ultima delle quali il festival "Il viaggio della parola" con dodici poeti di dieci Paesi, in occasione del recente Yacht Med Festival a Gaeta).

È appena tornato dal Festival internazionale di Smedérevo in Serbia (dove gli è stato tradotto un intero libro) e dal Festival di Tetòvo in Macedonia (dove gli è stato conferito un Premio per la promozione della cultura albanofona in Italia). 



Ha al suo attivo una settantina di pubblicazioni.


Tra le più importanti pubblicazioni di poesia:

Mo­men­ti 1970;

Den­tro l’orma 1978;

Ma­schera 1978 (Premio "Casa Hirta");

Se rincorri un po’ di ieri nel do­mani 1989;

Creatura 1993 (premio "Alfonso Gat­to");

Poesia / non po­e­sia 1994 (premio "Por­tico di Onofrio");

Parola di parole 1998;

Equilibrio variabile (con traduzione in spagnolo di Carlos Vitale) 2000;

Passaggi (5 piccoli libri), 2002;

Insieme a te io sono nato ancora (25 variazioni per la figlia Gabriella) 2003;

Alla riva del tempo 2005;

Vola alta, parola (poesie 2002-2007) 2007;

Antologia (poesie 1967-2007 a cura di S. Di Spigno) 2009 (premio "Pensiola sorrentina" e premio "Poseidonia Paestum");

Misura di vita (con traduzione in spagnolo di Carlos Vitale) 2009;

Ditët e Naimit (con traduzione in albanese di Elvana Zaimi) 2009;

Genius loci (18 poesie per Normanno Soscia), 2009;

Quadernetto 2010;

E poi... (con traduzione in arabo di Abdelmajid Youcef) 2010;

Quanto di te (contrappunto a Roland Barthes) 2011.


stanzadelpoeta.wordpress.com