Chi può dire perché nasce un poeta? Se i luoghi e i tempi sono determinanti per il suo divenire, o più semplicemente si nasce Poeta indipendentemente dal moto delle comete annunziatricii?
Paolo Saggese fine latinista e studioso dei grandi poeti del passato e del presente, dei quali pure ci ha regalato preziosi testi critici, ha voluto dedicare ai poeti irpini un’opera certosina con miniature colorate e in filigrane trasparenti, tessute nel dolore di una terra bagnata da molte lacrime.
Il critico ponendosi contro la “damnatio memoria” alla quale molti artisti sono destinati, nonostante la loro bravura e la qualità e l’intensità degli scritti che ci hanno regalato, ci propone un percorso dedicato”ai lupi e alle nocciole”.
Apre un percorso dell’anima tra quei monti misteriosi , in quelle acque regine degli anfratti, su quella neve fredda, sulla desolazione dei terremoti irpini, tra quegli uomini coraggiosi.
Sono queste voci che hanno ispirato la penna di centinaia di poeti ai quali tutti egli dedica una pagina di studio attento e oltre alla poesia, segna itinerari densi di storia di quei comignoli che fumano al cielo bianco , di quelle donne orgogliose e forti, impastate in madie fragranti di pane. Come se non bastasse già il prologo in dedica del grande e, lui sì famoso, Ugo Piscopo, figlio prezioso di quelle terre dove il cinghiale si muove leggero, padrone dei faggi e delle querce che sfidano uragani di povertà, migrazione nei continenti estranei.
Perciò la funzione del testo “Storia della Poesia irpina” non ha solo il compito di far conoscere al grande pubblico la poesia di questi poeti ai quali la storia non sa dare lustro, ma è un percorso con sassolini magici che nel labirinto dei nomi indica le storie dei luoghi, la metamorfosi dei luoghi che il poeta attua, di quanto grande e potente sia la sua immaginazione che trasfigura il reale per farlo divenire anima di un popolo virtuoso, solitario, lontano dai clamori.
Trovo , per esempio interessante leggere le pagine dei poeti antifascisti come quelle dedicate a Osvaldo Sanni il Carlo Levi dell’Irpinia e che dire di Ferdinando Cianciulli, mio compaesano, montellese, antifascista e ucciso da mano terribile strappandolo agli affetti dei suoi e agli operai di tutta l’Italia che egli difendeva contro il fascismo e l’arroganza dei padroni,(oltre che poeta fu sindacalista e giornalista, pioniere del socialismo meridionale) pagando certamente con la vita la sua militanza e la sua lotta contro la guerra . Paolo Saggese amorevolmente lo chiama “Poeta degli umili”
Sono personalità da riprendere, alle quali io stesso,(invito anche i grandi critici) sollecitata dalla magnifica lettura di Saggese vorrei dedicarmi con ampie opere.
L’autore rende questi personaggi non isolati dal tempo e dai luoghi, ma li fa rivivere in una cornice prestigiosa, quella che essi effettivamente meritano. Non mancano nell’opera nomi di donne colte, poetesse dell’anima, come Maria Miceli e insieme alla sua gente illumina la poesia di Ugo Piscopo, critico letterario, teatrale, d’arte, storico della Letteratura, saggista e polemista che anche noi con il Premio Minturnae ne abbiamo riconosciuto la grandezza e l’unicità del suo essere poetare.
Saggese ci insegna nelle sue pagine che la poesia irpina ha una precisa identità ha radice in questa terra che balla, i cui terremoti fanno congiungere i tetti e annientano il cielo, eppure tra i vicoli antichi si innalza un sentire di foglie e di lupi, un suono di campane che eclissa il mondo e canta sublime all’universo la voce del coraggio.