Disgregare, intuire, plasmare, sferragliare, balbettare, fluire, non chiedere, stilettare con gomito autistico, romanticare, ridere, non piangere. Ah ahhhhh deragliare in primavere sine sole, stupire?
La poesia di Ugo Piscopo è sorprendente, direi unica: in essa il colore dadaista e la musica con spartito hanno assonanze con la parola che smidolla.
Un poeta senza affanno, sbircia le miserie, non giudica: prelogico la parola con ninna affanna, sputa su miserie se ne scosta. E’ disgustato , non dal cane, il suo cane, Ulpia con lui fuseggia con la ragazza dal mantello di cane.
Ulpia, si, con lei amoreggia , ma è balsamo che più incrudisce la ferita/oltraggio senza scampo che è la vita/anche tu ricambi mucciola mia. Qui la scrittura non è travestita, non balla il carnevale, la spada ferisce, l’ardore perisce. Non è solo sperimentare gli infiniti mondi della parola, l’annientamento o il gioco, qui la parola è dissacrata, ma nonostante le furie , i ghirigori, i mille girotondi, gli archetipi tardo romani e i plurilinguismi, la Poesia emerge sacra, vergine, unico elemento umano non violato, l’uomo si è industriato per toglierle il fiato, l’ardore, l’amore ma ha una forza, un gomito che spinge, pietre che parlano i mille linguaggi di tante esistenze. Scava il Poeta…Va oltre, non la sua vita, quelle passate, quelle future. Guida il poeta un treno che deraglia ed egli ebbro ama deragliare, gioisce quando il pericolo gli toglie il fiato e le vertigini girano con i colori della parola che egli trova perfetta, come i bottoni a un cappotto di donna, no quello di Ulpia.
Invasioni di ritmi, sperduti fischi di cicale, è il filo che lacera, rende visibile l’invisibile, logica subliminale, e i ritmi sono intensi mentre il mondo muore nel fango e il Poeta è lontano viaggia in altri universi, costruiti per Lui, invisibili sperimentazioni, dolorose. La poesia fa il salto mortale e lì sotto il capannone del circo si blatera incantati, stupiti dal volo triplo, che la parola ha fatto. Impossibile ripeterlo si rischia di morire.
La pista è inconsueta, selvaggia, con sassi e montagne, con neve alta, molto alta, al fondo è il gergo borghese, stilato di verbi ed avverbi, di virgole e punti. No al regime senza ricambio, lo stagno e le rane danno fetore, aria nuova, aria pura alla Poesia altrimenti è strozzata, hanno strozzata, anche Lei può fare una fine indegna e indecorosa.
Cantare. Chi cantare? Le Escort , la camorra, meglio non cantare, la poesia non canta più.
Semiotica strutturalistica, antropologia della parola, del segno del suono è l’avanguardia di Dio del bene, del santo.
Chimere della sintassi brachilogica, la maschera della scrittura , non può vivere la poesia in un mondo distrutto in un volgo dilaniato dalle parole inutili.
Il poeta battezza e purifica come Giovanni , affinchè la parola rinnovata ci riporti ai primordi del mondo, quello di Rousseau, per liberarci dalla nausea, dal nichilismo irradiante, dalle paure che ampliano il dolore.
Piscopo è il poeta dell’orgoglio, del rinascente spirito del coraggio della vera vita, così della Poesia.