mercoledì 27 marzo 2019

Il grande Poeta Dante Maffìa recensisce "Aironi di Carta" e "Veleni e verità"










Recensioni Dante Maffia



GIULIA FERA FRANCESCO TESTA, Aironi di carta, Napoli, grauseditore, 2017, pp. 159; Veleni &Verità, Napoli, grauseditore, 2018, pp.141.

Due opere pregiatissime, scritte a quattro mani, ma, a giudicare dalla omogeneità della scrittura, con intenti comuni anche di carattere linguistico ed estetico. Infatti i due libri hanno una fisionomia omogenea e sanno entrare nell’interesse del lettore con facilità, sia perché trattano argomenti attuali e di rilievo, come la violenza carnale e come l’immigrazione, e sia perché sono leggibili, direi godibili, come s’usava dire un tempo, e sanno affrontare le problematiche messe in atto con convinzione e con una rara conoscenza di carattere psicologico. Si dirà, per forza, uno dei due autori è psicologo e psicoterapeuta, ma la scrittura ha altre esigenze e altri esiti di quelli che escono dai canoni della professionalità esercitata e perciò non è merito della specializzazione del lavoro, ma merito di una esigenza interiore di racconto che si fa indagine lieve e convincente e rende i protagonisti delle vicende credibili e direi veri.

Oggi sono tante le storie raccontate dagli scrittori sugli abusi, ma quasi tutte vivono dentro atmosfere da resoconto, da articolo giornalistico improntato alla sociologia. La vicenda di Rosaria, adolescente abusata, la troviamo in troppi scrittori, ma qui ha una finezza narrativa che esula dalle solite recriminazioni e dagli stereotipi e diventa emblema di una condizione umana di rara efficacia.

La penna di Giulia Fera e di Francesco Testa non cade mai nel languore della commiserazione o nell’alone del patetico pur affrontando tematiche così rischiose sul piano della adesione psichica, riesce a restare starei per dire obiettiva, capace di individuare il senso recondito di una quotidianità che ha risvolti intriganti, come deve essere nelle opere di narrativa.

Anche in “Veleni & Verità” i temi non soffocano mai la rarefatta bellezza della scrittura e la psicologia non appesantisce e non adombra, per esempio, l’analisi della relazione di coppia che si dipana con improvvisi momenti di situazioni scabrose. Lo stesso avviene quando si affronta il tema dell’immigrazione, che ne produce tanti altri, a cominciare da quello della interculturalità. Ma c’è di più, direi una sorta di spietatezza di indagine che va a scovare e a trattare del traffico di organi.

Tutto però è dosato e reso con vero senso narrativo, così da evitare quell’andatura da documento che molto spesso, ultimamente, in romanzi che narrano di mutamenti epocali, come questo, ha preso la mano agli scrittori.

La domanda che mi sono fatto, con una sorta di preoccupata apprensione, è stata: “Come hanno fatto i due autori ad affrontare così tante problematiche in due romanzi tutto sommato brevi”.
Una rara economia di dettato; una scrittura sempre ben calibrata e mai dissonante; una capacità di saper rendere le situazioni senza mai debordare verso gli eccessi o

verso l’oscurità lessicale o puramente linguistica; una convincente rappresentazione di mondi che nel mentre sembrano doversi scontrare riescono a trovare una qualche soluzione.

Non sono mai mancate le coppie che hanno firmato a quattro mani delle opere di narrativa. La più famosa, ultimamente, è quella composta da Fruttero & Lucentini, e devo dire che gli esiti sono stati quasi sempre convincenti e anzi a volte esaltanti. Diceva mia madre che dove guardano quattro occhi vedono meglio di due, come a dire là dove lavorano quattro mani e due cervelli è meglio di quelle dove lavora un solo cervello e lavorano due mani.

Ma sono tutte formule nate col senno di poi. La realtà è la misura che si fa sul campo, cioè nei testi, a darci la risposta negativa o positiva.
In questi due libri la risposta è completamente positiva per tutti e due e per una serie di ragioni, alcune della quali le voglio sottolineare.

La prima, lo ripeto, è la compattezza stilistica: sembrano opere uscite da un medesimo cuore, da un unico fiato: la seconda è la capacità di aver saputo coagulare storie infinite in una sola storia; la terza, ma ve ne sono altre, è la pulizia della lingua, l’aderenza della parola al senso del narrare.

Tutti elementi che rendono i due libri, sì, mi sembra opportuno ripristinare antichi modelli che la dicono lunga, omogenei, credibili e appetibili. Autentiche opere di narrativa nelle quali si affrontano le verità scottanti

del nostro tempo così carico di disfunzioni e di contraddizioni, di sfasamenti e di rinnovamenti finti o gratuiti.

DANTE MAFFIA

domenica 24 marzo 2019


Trittico, testo poetico di  Mariagrazia Carraroli. Florence Art edizioni

Analisi critica di Carmen Moscariello





Una polivalenza armonica

Il libro molto elegante: è un libro d’arte per ciò che riguarda la veste editoriale , è attraversato in orizzontale dalle righe del pentagramma e da spartiti di Franz Schubert, Clara Vicch Schumann, Pyotr Ilych CajkowskiJ che sono i tre protagonisti dell’opera.

A questi tre grandi musicisti sono dedicati i versi della Carraroli. E’ fascinoso ridare vita a chi non c’è più, ma che ci ha lasciato nel cuore la propria musica. In simbiosi vivono la poesia e la musica, né può essere trascurato il racconto di vita che lei ci fa di questi artisti immortali. L’opera è poetica, musicale , è vis agiens della poesia che ci avvolge, travolge. Fluttua in sogni e lontananze, in percorsi di vita vera incantata dalla poesia e dalla musica.

Ah quale cosa meravigliosa sarebbe la vita vissuta da queste due forze implosive ed esplosive!.

La Carraroli ci coinvolge in questo vortice giovane, passionale, un capolavoro semantico attizzato dalla musica e dalle tre “Figure” che nell’opera si muovono a loro agio con dolcezza, incanto, fervore. Le passioni che i personaggi vivono sono quelle più forti: l’amore; il dolore; l’inquietudine. “Viaggio d’inverno" sulla scia dei ricordi d’amore , Wintereisse di inaudita potenza. Anche quest’opera si misura negli opposti hegeliani che in questo caso non hanno  trovano sintesi. Sono movimenti eroici che perturbano, inabissano, innalzano il soggetto che ne viene coinvolto. La scrittura della Carraroli è limpida, non sottoposta a mode o a costruttivismi, sgorga sincera come acqua dalla sorgente e disseta la terra, il cielo, gli uomini.

Un’opera letta d’un fiato e poi a lungo meditata che apre i suoi pizzi argentati sulle note di un pianoforte e di tamburi sanguigni.

Tutto il mondo è vita!

Si scalzano le note per aprire le porte alla Poesia e qui procedere nel raccontarci le vite dei protagonisti. L’alba è teatrale, l’opera è drammatica pronta per essere presentata anche in teatro.


domenica 17 marzo 2019


Le poesie delle donne

 Dacia Maraini in “Corpo felice” storia di donne, rivoluzioni e un figlio perduto.

Di Carmen Moscariello



Quando ho perso mio figlio, con cui conversavo di notte sotto le coperte e a cui raccontavo del mondo aspettando che nascesse; quando a tradimento quel bambino con cui giocavo segretamente e che già tenevo in braccio prima ancora che avesse aperto gli occhi è morto, sono stata sul punto di morire anch’io”


Dacia Maraini ci consegna un altro bel romanzo, “Corpo felice”, protagonista è lei stessa e il destino di tutte le donne. La scrittrice poetessa, commediografa, saggista, regista  ha sempre guardato con molta attenzione alla condizione femminile, regalandoci molte importanti capolavori, indimenticabile il suo romanzo La lunga vita di Marianna Ucria,(Premio Campiello 1990), quel mutismo della protagonista che ha sottolineato la forza della donna e la sua capacità di reagire al dolore, alla violenza  familiare e alla solitudine del mutismo  a cui si era (o era stata) condannata, Il silenzio si era impadronito di lei come una malattia o forse una vocazione


La Maraini si è sempre battuta a difesa dei diritti della donna e anche in Corpo felice  ci sono molte analisi riferite agli anni precedenti il 1978, anni dell’approvazione della legge sull’aborto e sul divorzio. Anche quest’opera vuole essere un tracciato e un’ urgenza di dialogo non solo al femminile, ma anche con  la società civile, affinché si possa  scalzare la violenza contro le donne . Anche quest’anno abbiamo dovuto contare tristemente in pochi mesi 44 femminicidi .
 Leggendola, la si sente compagna in percorsi giovanili che mutarono la storia di tutte noi donne. Una storia che ha un punto centrale, come in un presepe il bambinello che deve nascere, focale è la perdita del suo bambino, nato prematuro di sette mesi. Quel parto doloroso la porterà sulla soglia della morte.(Il padre era il primo marito Lucio Pozzi , a quest’uomo resterà legata per quattro anni, fin quando non si innamorerà di Moravia, un amore importante che avrà fine nel 1980). L’episodio doloroso risale al 1993, una ferita che non si è mai rimarginata, tanto che viene ripreso dalla grande autrice a distanza di molti anni. Nel libro Dacia continua il dialogo col suo bambino e lo immagina crescere nelle diverse fasi della sua vita, nell’adolescenza è un “bullo”, ma poi prende coscienza degli insegnamenti ricevuti e diviene uomo che sa amare e rispettare la donna. I romanzi della Maraini hanno una loro continuità e spesso il ricordo di fatti personali diventano motivo per la scrittrice per trasformare una crisalide in meravigliosi colori di farfalle in libertà. Un altro tema dominate nei suoi scritti è l’urgenza di essere liberi, padroni della propria esistenza e l’invito alle donne di dare, ma soprattutto di saper ricevere, non annullarsi mai nell’amato, ma amare il proprio essere nel mondo e credere nelle proprie capacità. Saper mantenere le redini del proprio pensiero e della propria anima. 
La tenerezza con cui la Maraini porta per mano la sua vita  e quella di tutte noi donne è espressa non solo nei romanzi, ma anche nelle raccolte poetiche. 
Si parla troppo poco della Maraini poetessa. Ebbene da Mangiami pure (1978) a  “Viaggiando con passo di volpe”(Rizzoli Poesie 1983-1991) nei suoi versi si coglie nel più profondo l’universo femminile, in tutta la sua autenticità e forza.

Per cinque anni ho abitato con Marianna Ucria”, così Dacia Maraini  esordisce nella prefazione di viaggiando con passo di volpe. Ora, però, sottolinea l’autrice, Marianna Ucrìa se n’è andata, incastonata nel passato si è lasciata alle spalle una scia di nostalgia. 

I versi della raccolta affondano le radici in colori di lontananze e in spazi indecifrabili ,per consegnarci un involucro di vita misterioso, apocalittico, storico e nel contempo personale.

Pian piano in un andamento leggero e sinergico si snodano strade, luoghi, ricordi e soprattutto viaggi che vanno ben oltre l’esperienza temporale.


L’inquietudine malinconica del viaggio si concretizza nei versi in desiderio di partire e nell’ansia di ritornare. Una voglia antica dove i geni familiari giocano un ruolo determinante.(il padre Fosco Maraini  fu viaggiatore appassionato e scrittore di opere quali: Segreto Tibet(1950); Ore giapponesi (1857), non meno avventurosa fu la nonna joy Crosse Pawlosk).
Pensiamo che il demone del vagabondaggio, che pervade tutta la sua vita e  la raccolta, sia anche dovuto a un bisogno struggente di autenticità e a un divenire mutevole, ricco di sospensioni e bellezze. Dacia sa essere dolce come un “exenia” e amara più del fiele. Le poesie sono trascorse da una forza sapienziale degna di  dominare il diluvio dei sentimenti e la desolazione dei tradimenti e degli abbandoni: Bisognerà pur uscire sott’acqua /bagnarsi fino alle ossa/per riannodare quei fili di seta/che non portano più a nessun dove//bisognerà pure affrontare la notte/con i suoi guati felpati






e chiedere ai piedi/di andare dove non vogliono//per dare un saluto alle proprie bassezze.

Nei suoi versi trova un garbato accoglimento anche una femminilità gustosa, sensuale. Cesare Garboli dice che le poesie della Maraini descrivono una storia di donna fuori dallo standard femminile con piste e tracce ritornanti: uno stile di vita intimo e predace “con passo di volpe”. E’ da questo istinto di vita che scaturiscono toni improvvisamente cangianti. A volte le parole suonano come lame impietose scorticano i ricordi, disseppelliscono i morti, bruciano i desideri, trasformano le notti “al gelsomido dolce” in un dolore appollaiato tra le costole. Il dramma non è mai attutito, anzi è masticato e conservato come l’amore.


Presente nelle sue raccolte, oltre al dolore della donna, c’è  la solitudine che si confonde con l’ansia del sogno e si traduce ora in preghiera, ora nel ghigno di chi ha perso qualcosa di prezioso. Non bisogna sottovalutare che la Maraini ha vissuto una vita intensa d’amore e successo, ma anche di grandi dolori:” A causa del lavoro del padre la famiglia di Dacia si trasferisce in Giappone quando lei è ancora molto piccola e lì vive gli anni più difficili della sua vita. Durante la Seconda Guerra mondiale infatti, il governo giapponese chiede alla famiglia Maraini di sottoscrivere l’adesione alla Repubblica di Salò, ma si rifiutano e per questo motivo vengono rinchiusi in un campo di concentramento a Tokyo dove vengono liberati dagli americani soltanto una volta conclusasi la guerra. In quegli anni la famiglia Maraini è sottoposta a privazioni e grandi umiliazioni”. Anche i suoi recenti anni sono stati colpiti dalla morte del suo giovane compagno, dolore che coraggiosamente esprime nei suoi scritti e nelle interviste ultime che ha rilasciato  ,proprio in merito all’uscita di “Corpo felice”.








Le poesie delle donne  (Dacia Maraini)



Le poesie delle donne sono spesso

piatte, ingenue, realistiche e ossessive”,

mi dice un critico gentile dagli occhi a palla.

“Mancano di leggerezza, di fumo, di vanità,

sono tutte d’un pezzo come dei tubi,

non c’è garbo, scioltezza, estro;

sono prive dell’intelligenza maliziosa

dell’artificio, insomma non raggiungono

quell’aria da pomeriggio limpido dopo la pioggia.”

Forse è vero, gli dico. Ma tu non sai

cosa vuol dire essere donna. Dovresti

provare una volta per piacere anche se

è proibito dal tuo sesso di pane e ferro.

Ride, strabuzza gli occhi. “A me non importa

se sia donna o meno. Voglio vedere i risultati

poetici. C’è chi riesce a fare la ciambella

con il buco. Se è donna o uomo cosa cambia?”

Cambia, amico dagli occhi verdi, cambia;

perché una donna non può fare finta

di non essere donna. Ed essere donna

significa conoscere la propria soggezione,

significa vivere e respirare la degradazione

e il disprezzo di sé che si può superare

solo con fatiche dolorose e lagrime nere.(1978,” Mangiami pure”)







giovedì 14 marzo 2019

Poesia di carmen Moscariello


Levigava la nebbia litanie in foglie 

di pensieri non proprio felici

mantello d’alba

la pioggia in sinfonia

alle galoche giocava

e musicava dentro le tue carezze 

medicamenti ai fuochi del mare

nelle tue foglie raggiate ci sono

i tuoi silenzi, il tuo amore.




nella mano la fiaba del vento .

(Carmen Moscariello),

mercoledì 13 marzo 2019

La vita è un tripudio di gioie.Biografia di Carmen Moscariello e scrittori che si sono interessati alle sue opere

Con il Magistrato della DDA Pierpaolo  Filippelli le mie due figlie Silvia e Lata e la moglie di  Pierpaolo.
Renato Filippelli e Tommaso Pisanti
Con Ugo Piscoco


I miei colleghi del Magistrale "Cicerone": quelli che mi hanno  molto amato e che mi hanno donato il loro affetto e la loro stima. La foto fu scattata alla cena  per il pensionamento del Professore-Poeta Renato Filippelli, ci lasciò per la cattedra di Italiano al Suor Orsola Benincasa. Molti di loro purtroppo sono morti. Tutti sono stati grandi professori, amavano la scuola e i giovani in sommo grado, tutti loro sono stati miei maestri. In prima fila la prof di Filosofia Santina Grossi, ogni volta che mi incontrava mi baciava dieci volte. Il compianto Prof Lorenzi, un grande sindacalista, Geppino Bruno prof d'inglese, amico impareggiabile. La foto sopra sono con mia figlia Lara, alle spalle i miei alunni, al mio fianco un mio collega di scuola.
I




I miei  1500  articoli (dal 1987- 1998) pubblicati su "Il tempo" .Oggi sono arrivata a più di 500 articoli, quasi seimila....

Mio zio Attilio Marinari ,figlio di Paolina Moscariello, sorella di mio nonno Giuseppe Moscariello. Grande scrittore, Preside al Mamiani di Roma per molti anni, Ha scritto opere su Dante e Francesco De Sanctis di impareggiabile valore. Antologie per le scuole e letterature che hanno avuto grande fortuna, alcuni testi scolastici li ha pubblicati con la sorella Edda Marinari. Fu mio Professore e mio Preside all'Istituto Magistrale Francesco De Sanctis di Lacedonia. Ricordo imperituro.






 Maria Vitale,(vestito bianco) compagna di studi alle Superiore e ad oggi la mia migliore amica.



 
Presentazione del mio primo libro di poesia "Gli occhi frugano il vento", Bastogi Ed.Grande albergo Miramare. Relatori : Mario Buonoconti (al leggio), al tavolo dei relatori, da sinistra: Carmen Moscariello, Francesco D'Episcopo, Pasquale Maffeo, Don Luigi Mancini e Angelo Manuali. Una serata indimenticabile.





La  vita è un tripudio di gioie, di amici, di arte, di poesia, di amore.
Grazie a tutte le persone che mi hanno fatto dono della loro amicizia, del loro affetto, della loro scrittura.






Giardini Babuc: qui in primis , da sinistra, Aniello Montano, grande Filosofo  e indimenticabile amico, presenta la mia opera "Oboe per flauto traverso", Guida Ed.




Vincitrice all'Excelsior con Tommaso Pisanti.



Il Castello Miramare, luogo consacrato dai Celletti e dai D'Andrea con  la cavaliera Carla Celletti, Maria Luisa D'Andrea, l'eccellente cuoco che centinaia di  volte ha cucinato per me e i miei ospiti.











Premio di Giornalismo "Minturnae", Teatro romano di Minturno  con Renato Filippelli (Presidente del Premio) Tommaso Pisanti e Franco Compasso, Carmen Moscariello (Giuria).





Presentazione al pubblico del mio giornale "Il Levriero"



















Breve curriculum
Carmen Moscariello è poetessa, giornalista pubblicista, regista, è stata docente di Italiano e latino nei  licei. Ha conseguito presso l'Ateneo della Sapienza di Roma il titolo di Regista e scenografa con il professore Roberto Tessari. Ha pubblicato circa 1500 articoli in sedici anni di collaborazione con  “Il Tempo”, ha collaborato  quotidianamente per sei anni con il TG3 Lazio. E’ presidente e fondatrice del Premio “Tulliola” alla XXV  edizione. Il Premio è stato insignito di medaglia dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per gli alti meriti culturali, è direttore e fondatore della rivista di cultura e politica  "Il Levriero" (autorizzazione Tribunale di Latina n.664 del 23/9/1998). E' stata sindacalista dell'UNAMS (Unione nazionale musicisti ed artisti, anno di presidenza di Francesco Messina) . Nell’arco di un trentennio ha pubblicato circa ventitre opere, tra poesia, saggistica, teatro, tra cui: Gli Occhi frugano il vento, Bastogi, 1990 ; Imizad e lettere a Nataschia, Ripostes, 1989; Friedrich Holderlin. Tra lirica e filosofia, prefazione di Renato Filippelli,  Lucarini Editore, 1988; 
I poeti francesi del Novecento, Lucarini Editore (1990);Attendendo Matisse (1991); Giulia Gonzaga, signora del Castello di Fondi ,  (2001);  Anima di mare  (1998); Figlia della luna (1998);   Il presente della memoria, prefazione di Renato Filippelli, Publiscoop Edizione (1995);Donne nel mito e nella storia (2002); Proserpina, Bastogi, prefazione di Aldo Carotenuto 2003;  Eleonora dalle belle mani, prefazione di Renato Filippelli, Bastogi 2005 postfazione di Alessandro Petruccelli; non è tempo per il Messia, prefazione di Ugo Piscopo, Guida, 2012; Oboe per flauto traverso, prefazione di Biagio Scognamiglio, Guida 2013; Terra nella sera,prefazione di Giuseppe Manitta,  Guida 2014; Giordano Bruno Sorgente di fuoco, prefazione di Aniello Montano, postfazione di Ninnj Di Stefano Busà,Guida 2011; Destini sincronici Amelia Rosselli e Rocco Scotellaro, introduzione di Aniello Montano,postfazione di Carmela Biscaglia Guida, 2015; L’orologio smarrito, prefazione di Nazario Pardini,  Guida 2016; All’ombra di un’eresia, Antologia  Il Convivio 2015;  Gli Alumbrados, Antologia Il Convivio 2016; Rapsodia d’amore, Antologia Il Convivio 2017; Tunnel dei  sogni, prefazione di Michele Urrasio, Il Convivio 2017, Modigliani L'anima dipinta, Gangemi 2019 prefazione di Marcello Carlino, postfazione di Giuseppe Iuliano; Pizia non dà più oracoli, Gangemi Editore, Roma 2020, prefazione di Dante Maffia, postfazione di Nazario Pardini.
 Hanno scritto sulle sue opere, tra gli altri:  Renato Filippelli, Dante Maffia, Nazario Pardini, Lilly Brogi,  Aldo Masullo, David Maria Turoldo, Walter Mauro, Ugo Piscopo, Gaetano Andrisani, Pino Amatiello, Marina Argenziano, Giorgio Barberi Squarotti, Lucia Berti, Raffaele Breda, Carmela Biscaglia,  Padre Daniele del Bove, Mario Buonoconte, Lia Bronzi, Don Paolo Capobianco, Aldo Carotenuto, Giuseppe Cassieri, Silvano Cuciniello,  Leone D’ambrosio,  Ninni Di Stefano Busà, Mariagrazia Carraroli, Michele Graziosetto, Biagio Di Jasio, Arnaldo Di Matteo, Francesca Del Grande, Alessandro Di Napoli, Graziella Di Mambro, Vittoriano Esposito, Fiammetta Filippelli,  Roberto Frecentese, Sandro Gionti,  Americo Iannaccone,  Maria Grazia Lenzi, Giuseppe Limone, Giuseppe Iuliano, Pasquale Maffeo, Erasmo Magliozzi, Alfonso Malinconico, Don Luigi Mancini, Angelo Manuali, Giuseppe Manitta, Marcello Carlino., 



Walter Mauro, Raffaele Messina, Aldo Masullo, Alda Merini, Irene Maria Mollicone, Aniello Montano, Alberto Mario Moriconi, Giuseppe Napolitano, Vittorio Nocella, Biagio Scognamiglio, Monsignor Ferdinando Palatucci, Arcivescovo di Amalfi, Nazario Pardini, Agostino Pensa, Alessandro Petruccelli, Claudia Piccinno,  Dante Pignatiello, Tommaso Pisanti, Ugo Piscopo,  Domenico Rea, Amelia Rosselli,(Lettere), Alfredo Saccoccio, Paolo Saggese, Biagio Scognamiglio, Nicola Terracciano, Pier Antonio Toma,  Davide Maria Turoldo, Michele Urrasio, Francesco D'Episcopo.


Con Vittorio Foa, antifascista e Padre costituzionalista.






Con Giuseppe Limone









Firenze. Pianeta Poesia presentazione della mia opera Destini Sincronici Rocco Scotellaro e Amelia Rosselli.
L'immenso Aldo Carotenuto scrisse per me la prefazione a Proserpina.


Teatro romano di Cassino: allestimento per la rappresentazione di Eleonora Duse: "Eleonora dalla belle mani".











Questo giovane è Giovanni Palatucci, nato a Montella il 1909 e morto nel campo di concentramento di Dachau nel 1945, dichiarato dal popolo ebraico "Giusto tra le Nazioni" e Beato dalla chiesa cattolica, salvò dallo sterminio innumerevoli  ebrei. Mio parente, il rapporto di parentela nei suoi confronti e in quelli di Monsignor Ferdinando Palatucci me lo specifica in una lettera  proprio Monsignor Ferdinando Palatucci già Arcivescovo di Amalfi e nipote diretto di Giovanni Palatucci, fratello con mio padre, autore di importanti pubblicazioni. Alla mia domanda sul perché eravamo parenti, mi scrive: "La tua bisnonna Rachele e mia nonna Maria erano sorelle: mia mamma e tua nonna Carmela erano cugine. (Amalfi, 21/1/1989). Perché vi racconto queste cose? Questa risposta di Don Ferdinando, quando mi fu data ebbe un' importanza molto relativa, oggi , invece , ritrovatala per caso, qualche ora fa , mi fa capire da chi mi viene la mia incoscienza o la mia follia (il mio coraggio?) nel lottare a mani nude e da sola
contro le mafie e le ingiustizie sociali per un'intera vita, fermo restando che io sono solo una briciola  inconsistente rispetto a questi due grandi, ai quali va aggiunto Monsignore Giuseppe Maria Palatucci Vescovo di Campagna che collaborò con Giovanni nel salvare gli ebrei.

Chi vuole meglio conoscere Giovanni Palatucci, c'è tra le altre, una meravigliosa opera, 772 pagine di Michele Bianco e Antonio De Simone Palatucci (nipote diretto di Giovanni Palatucci) , prefazione di Camillo Ruini, introduzione di Paolo Salvatore  La Scuola di Pitagora editrice.
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Con due grandi Donne: Ileana Tudor e Lilly Brogi.

Aldo Zangrillo, Franco Roberti e Francesco D'Episcopo.