venerdì 20 novembre 2020

Mauro Montacchiesi: Toscana. Omaggio a San Vittore


 

Mauro Montacchiesi “ Toscana Omaggio a San Vittore

 

Metaforica Iperbole

La voce artistica di questa autore è un’iperbole, mai lo stesso timbro, la scrittura è mutevole, come i contenuti, le note non sono mai contigue, il ritmo  non è  gutturale, si va dal grave all’acuto in una presentazione suggestiva, elegante della Terra di Toscana. Misurarsi con l’arte di questi luoghi sacri, intendo sacri nel senso della Bellezza e della oesia, del la musica, della pittura, dell’architettura non è cosa facile. L’autore apre e chiude il libro con un esteta d’eccezione: D’annunzio con i suoi versi sublimi ci presenta la Toscana come una bella donna da amare e riverire, come un airone che plana dolcemente dal cielo e sfiora con le sue ali  la soglia dell’anima  Ebbene:

 

O Toscana,

o Toscana

dolce tu sei ne’ tuoi orti

che lo spino ti chiude

e il cipresso ti guarda;

dolce sei nelle tue colline

e che il ruscello ti riga

e l’ulivo t’inghirlanda[1]

Lo scritto di Montacchiesi vuole essere un inno d’amore, un canto, un dolce soffermarsi sui luoghi e persone che lo scrittore   ha amato e conosciuto. Protagonisti sono i luoghi della Toscana, antichi e moderni. Lo scopo è cantare i doni culturali e ambientali di questa terra divina che ha dato i natali a Dante, Petrarca e Boccaccio. Da lì ebbe origine tutto, da quei colli, fascinosi e enigmatici nacque la Bellezza. Oggi più che mai è valida e importante  quest’opera di Montacchiesi, mentre ci apprestiamo a festeggiare il grande Maestro di libertà e d’amore. Le sue terzine, i suoi endecasillabi ci cantano nel cuore, donandoci ogni giorno linfa e gratitudine.  Lo scrittore, già nel titolo e nell’esordio dei versi di D’Annunzio, ci annunzia, con il suo fervore e la sua vitalità, che quest’opera è dedicata agli uomini che l’hanna fatta grande nel mondo e nella storia. Ma anche i luoghi “Omaggio a San Vittore “nel sottotitolo del libro, è un richiamare le terse acque , le crete di Siena i bagni terapeutici di un luogo  incantato qual è Pieve di San Vittore. Lo scrittore, camminatore accanito, amante dell’alba può gustare, sorvegliare i sentieri dello spirito e  quell’incanto schiumoso delle sue albe. Potremmo definire questo libro una “promenade”, una elegante passerella, un cercare e ricercare affinché nessun ricordo, nessuno incontro vada perduto. Montacchiesi sa cucire amicizie importanti, le rispetta, le porta nel cuore e non vede l’ora di donare ciò a cui tiene di più: la sua scrittura variopinta, plurilingue, come Giordano Bruno egli parla correntemente cinque lingue moderne, ha traslato le sue opere per suo conto in differenti universi, il suo linguaggio forbito affonda chiari radici anche nel mondo latino e nel mondo greco, possiamo dire in tutto il mondo classico. La sua voce è sonora, mai aspra, benevole, accondiscendente, una rarità in un momento di lotte intestine e di dolorosi silenzi. Se uno si incammina in quest’opera dimentica il male, insieme all’autore   gioisce, con lo stesso fervore con cui egli canta la natura e le vite degli umani. Anche in questa succosa antologia ho avuto la gioia di incontrare molti amici: Nazario Pardini: oggi Pisa e la Toscana sono da identificare nella sua Poesia, nella sua grandezza di gentiluomo accorto, elegante, smisurato, avvolgente.

 Ritrovo la mia amica Lilly Brogi, un’ Artista surreale, metafisica : in lei la poesia trasla senza impedimenti nella pittura e la pittura nella poesia. Montacchiesi le dedica pagine bellissime, le più belle del libro. La stima domina sulle parole, fa vibrare  gli accorti furori dell’arte.

Io   amo ed ammiro delle opere di Lilly   “Le Fanciulle che giocano a palla”, il Montacchiesi  ci propone alcuni suoi capolavori pittorici, sui quali concordo  l’ analisi precisa e raffinata.

 Ed ecco il grande Franco Manescalchi con il quale condivido l’amore per la poesia e la vita di Rocco Scotellaro, solo nel mio amico Pietro Nenni ho trovato lo stesso entusiasmo e l’identificazione di materia e forma. Anche Montacchiesi ne mette in evidenza l’onestà dell’uomo e il candore decadente della sua pittura e della sua poesia. Si muovono così le pagine come foglie appena sfiorate da note di pianoforte, un dolce andare di albe e tramonti. Storie di incontri che lasciano il segno . Lo scrittore è accorto,  è intuitivo sa cogliere di ognuno gli umori e i percorsi artistici, senza nasconderci niente e credo che abbia ragione quasi sempre. Al centro della rosa c’è L’ omaggio a Ser Petrarca  non potevano  mancare  i sonetti e Il canzoniere del grande Poeta.

Ho trovato di straordinario interesse le pagine dedicate a Mario Tobino. Lì l’autore ha saputo individuare gli opposti percorsi dell’arte, anche  la linea sensuale e sessuale che interessa l’uomo e i suoi rapporti. In verità in nessun grande critico ho constatato una descrizione palpitante, pur nelle opportune distanze. Piena consonanza sul fatto che gli autori vanno capiti e studiati anche e soprattutto sul piano umano, è  da lì che prende forma l’arte. Le biografie aride, a volte banali, hanno fatto il loro tempo. Lo scritto deve lasciare segni in chi legge, altrimenti è mero accademismo.

 

“Tosacana. Omaggio a San Vittore” Carta e Penna Editore, Opera illustrata, 262 pagine. Torino 2020

Autori trattati nel libro: Badiali Massimiliano, Benatti Roberto, Benedetti Carmen, Bigini Tinelli Paola Vanna, Brogy Lilli, Burlamacco (maschera ufficiale del carnevale di Viareggio),Colacrai Davide Rocco, , Cosignani Bruno, De Stefano Nadia, Lucifero Aòlfredo, Manescalchi Franco Martoglio FabioMichelassi Carlo Emilio, Moscariello Carmen (per aver omaggiato con la sua opera  il grande Livornese “Modigliani l’anima dipinta”, Gangemi Editore), Nutini Daniela, Omaggio a Ser Petrarca,Pardini Nazario, Parlagreco Maria Diana, Pedrinzani Franco, Pretinzani Lucia e Roberta, Fratesi Barbara, Fratesi-Corsini Maria Teresa, Pratici Marina, Pulzone Franco, Sbrana Giulio, Shelley Percy Bysshe, Testi Manrico, Tobino Mario, Vallati Lenio, Valpiani Patrizia, Vezio Annamaria, Viani Lorenzo.

Carmen Moscariello

[1] Gabriele d’Annunzio, Alcione, 1903.

mercoledì 18 novembre 2020

A Carmen Moscariello " Il Cielo" versi del Poeta Michele Urrasio.

 








IL CIELO

(a Carmen Moscariello)

 

 

Ci respira ancora dentro

il cielo sorpreso da un’alba

rassegnata al dolore,

al richiamo del nulla che bussa

all’argine del nostro stupore.

 

Ancora nostro è il cielo

chiaro nell’attesa della luce,

imbronciato sul tuo volto

che trema al silenzio dei sogni

inseguiti nel vento

da mani protese allo sconforto.

 

Sempre più lontana è la terra.

Incerto il nostro andare.

 

Ma negli occhi velati di pianto

sentieri di luna e stelle

riaccenderanno il cielo.

 

Michele Urrasio

17 novembre 2020

Opera di Lilly Brogi: Carmen Moscariello (Pizia) .

 

 

 

domenica 15 novembre 2020

Qui io ti amo di Pablo Neruda

 QUI IO TI AMO


  • Qui io ti amo.
Tra pini scuri si
srotola il vento.
Brilla fosforescente la
luna su acque erranti.
Passano giorni uguali,
inseguendosi l’un
l’altro.
Si dirada la nebbia in
figure danzanti.
Un gabbiano d’argento
si stacca dal tramonto.
A volte una vela. Alte,
alte stelle.
O la croce nera di una
nave.
Solo.
A volte mi alzo all’alba
e persino la mia anima
è umida.
Suona, risuona il mare
lontano.
Questo è un porto.
Qui io ti amo.
Qui io ti amo e invano
l’orizzonte ti occulta.
Ti sto amando anche in
mezzo a queste cose
fredde.
A volte vanno i miei
baci su quelle navi
gravi,
che corrono sul mare
dove non arriveranno.
Mi vedo già
dimenticato come
queste vecchie àncore.
Sono più tristi le
banchine quando
ormeggia la sera.
Si stanca la mia vita
inutilmente affamata.
Amo quel che non ho.
Tu sei così distante.
La mia noia lotta con
lenti crepuscoli.
Ma poi giunge la notte
e inizia a cantarmi.
La luna proietta la sua
pellicola di sogno.
Mi guardano con i tuoi
occhi le stelle più
grandi.
E poiché io ti amo, i
pini nel vento
vogliono cantare il tuo
nome con le loro foglie.


Foto di Franco De Luca.




venerdì 6 novembre 2020

Nero di Mario Luzi





 NERO

Ma ecco l' ora della notte,quando
dal profondo dello spazio si sporge
il volto della terra scarruffato,
impervio,che dobbiamo consolare
noi con le nostre veglie tristi e i lumi
fiochi di un firmamento cittadino.
Il vento degli abissi neri e viola
agita gli orti rinsecchiti, porta
il gemito per le vie dei gatti,
sbatte le imposte sconficcate, fuori
delle pareti chi s' attenta vede
il vento,la lanterna,gli ubriachi.
Dici, che m' ha portato questo giorno?
o nulla o poco più di quel che lascia
apparire o sparire
nei giorni bassi ostinati
la cortina di pioggia aperta e chiusa,
alberi,brani di città, carriaggi,
persone, pioggia nella pioggia, fumo.
MARIO LUZI da " Onore del vero " 1957

martedì 3 novembre 2020

L'emerito Professore Aldo Masullo parla del "Giordano Bruno Sorgente di fuoco " Di Carmen Moscariello.

 Giordano Brruno Sorgente di Fuoco,opera teatrale in versi di Carmen Moscariello, presentata a Napoli alla Saletta Rossa da Aldo Masullo.

Ha ricevuto il Primo Premio per il teatro edito a Taormina.

Di Barbara Vellucci.
Il Prof Aldo Masullo è una grande personalità del mondo della cultura e in particolare della Filosofia e del diritto. Tre volte parlamentare nel partito comunista, come parlamentare europeo ha lavorato con Nilde Iotti nella commissione legale; ha fatto parte tra l’altro della commissione per l’istruzione pubblica e i beni culturali, ha inciso profondamente quando in aula sono stati discussi i disegni di legge relativi ai temi quali l’ergastolo e la procreazione assistita. Ha diretto per due mandati il nuovo dipartimento di Studi filosofici dell’università di Napoli. Grande studioso di Husserl, ha analizzato i più importanti modelli idealistici e fenomenologici della soggettività, approfondendo il ruolo dell’intersoggettività.
E’ anche uno dei più importanti e riconosciuti esperti della filosofia bruniana, come relatore insieme al Poeta Ugo Piscopo, un altro insigne nome della cultura italiana , ha analizzato il dramma lirico Giordano Bruno Sorgente di fuoco della Moscariello.
Partendo dalle metafore iniziali del dramma, grottesche e demenziali, in cui la scrittrice trasforma in osceni animali i responsabili di un mondo fiaccato dalla corruzione e dalle perversioni. Le parole dell’opera viaggiano su lame affilate e colpiscono senza misericordia: né il potente di turno può liberare i dannati della vita dalla tortura in cui la maga Circe li ha imprigionati. O meglio, il signore potente li libera dalla prigionia della maga, ma non dall’essere animali (Maiali, asini e scrofe), quelli, afferma Masullo, non sono diventati animali, lo erano per il loro malvagio operare. Il proemio racconta il tormento della morte dell’uomo che porta al nulla e quindi, anche all’annullamento della memoria. Il filosofo incalza, osservando che nel dramma in versi della Moscariello la solitudine dell’uomo è corretta dalla memoria, che è nei versi straordinaria energia aggressiva.
"Dall’opera si evince che per ciò che attiene l’interpretazione della Chiesa del pensiero di Bruno, ancora oggi essa rimpicciolisce il grande filosofo, poiché il pensiero filosofico del Nolano non è il suo contendere con la chiesa, ma il suo contendere con un mondo che andava scomparendo. L’infinito temporale di Bruno non ha bisogno del perdono della chiesa che giammai ha riconosciuto le teorie di Bruno, né che lei ha sbagliato".
I tre atti testimoniano come fosse non sostenibile l’accusa della chiesa e la condanna al rogo, né la tesi che voleva al centro dell’universo la terra.
Questo testo afferma il professor Masullo “è all’insegna del fuoco, in cui la parola è incandescente, nell’incandescenza del pensiero, questa incandescenza viene partecipata dalla poetessa” Il Poeta Ugo Piscopo anch’egli un creativo della parola e del pensiero tra i più amati e colti del diorama odierno, nonché curatore della postfazione del testo, con Aniello Montano (prefazione al libro) e Ninnj Di Stefano Busà, ha ragione secondo il Professor Masullo, quando sostiene che Bruno è colui che padroneggia più lingue e che quando scrive ha una scrittura matematica che prende da più parti. Il plurilinguismo del suo pensiero si concretizza nello scontro tra i dotti professori inglesi e Giordano Bruno, scontro raccontato nel II atto. Qui il filosofo nolano difenderà le sue convinzioni relative agli infiniti mondi e che la terra è solo una particella marginale dell’universo. La tesi infinitistica si intreccia con considerazioni di carattere filosofico, critico e considerazioni di carattere poetico- letterario.
“ Si coglie come questo capolavoro, in qualche modo sia nel suo diritto molto fedele al suo titolo “Sorgente di fuoco” è l’espressione con cui Carmen Moscariello nello stesso titolo parla di se stessa. E’ essa stessa “Sorgente di fuoco”, tutta l’opera è all’insegna dell’energia che proviene da un’anima libera, ribelle ad ogni mistificazione ed a ogni volgare camuffamento dell’uomo. Il pensiero di Bruno, la sua scelta della morte al rogo si avverte fin dai primi versi, il grande nolano sa quale destino lo attende e gli va incontro senza timore alcuno. La capacità di sintesi della scrittura poetica sostituisce decine di anni di lezione per illustrare la filosofia bruniana, invece l’incandescenza della scrittura partecipa immediatamente le atmosfere del tempo e i personaggi che incarnano la storia, dal Bellarmino, a Campanella.."
"L’incandescenza del pensiero è avvertibile in tutta l’opera, viene partecipata passionariamente." Il grande Filosofo aggiunge che è’ la poesia della Moscariello e della poesia in genere quel mezzo che meglio fa avvertire e comprendere questi grandi momenti dell’umanità in cui avvengono le fratture, nasce così una poesia che non può essere se non di carattere drammatico, tutti i personaggi dell’opera sono portatori di una loro forza, perché un personaggio come Bruno non può essere che un personaggio teatrale.”
Il teatro dell’umanità è quello che Carmen Moscariello ha espresso con la sua modalità poetica, ponendo al centro della sua opera questa straordinaria figura di Bruno che si pone come frattura tra tutto il passato e l’intero futuro.
Allora, dice il professor Masullo, “noi abbiamo questo testo sul quale bisognerebbe soffermarsi a lungo, singolare è il dialogo tra Giordano Bruno e la Donna-Poeta che fa per così dire da introito al dramma: La Donna-Poeta si misura con Giordano Bruno e qui è da notate un pizzico di polemica femminista contro il maschilista Bruno, il quale per quanto sia distruttore- innovatore, pecca di qualche malattia del suo tempo, la malattia maschilistica , perché se l’ordine del mondo è gerarchico, l’ordine del mondo non può essere se non di vari gradi , ma di gradi tutti occupati da maschi.” Bruno ha un senso di prudenza nei riguardi dell’essere femminile, come se voglia stare ad una certa distanza. Nel film su Giordano Bruno di Giuliano Montaldo (1973) c’è un passaggio in una scena in cui viene rappresentato Bruno in una camera da letto di una bellissima donna veneziana (Fosca, interpretata da Charlotte Rampling) e Bruno(Gian Maria Volonté) in posizione verticale che indifferente alla nudità di Fosca, spiega la sua teoria degli infiniti mondi. Una forma di misoginismo signorile, del maschio che non stima molto l’intelligenza della donna, in fondo se la donna parla o non parla, non conta.
Il testo della Moscariello, secondo Masullo è anche una vendetta contro il maschilistica Bruno, però è una vendetta che si risolve in una specie d’abbraccio: mentre per metà i due si ingiuriano a vicenda, si contestano le opposte posizioni, poi a un certo punto la scena cambia di tono nei riguardi della donna, quando lei dice: “ ho sperimentato anch’io, seppur donna, l’ascensione al monte Ventoso,e di quanto l’universo accenda il nostro cuore.”
“Bruno subito abbocca all’esca”.
Il maschilista Bruno riconosce in questa donna qualcosa che sente solidale e con empito accoglie il principio che l’infinito è dentro di noi, quindi anche nella Donna –Poeta, seppur con grande tenerezza, dice:” però sei donna.”
Nella parte finale c’è la chiave dell’intera opera di Carmen dove sostiene che per essere liberi è necessario un coraggio inaudito e “il mio mondo è peggiore di quello che ti bruciò”
"E’un dramma nel quale il filo conduttore è il contrasto tra il tartufismo di una società malata e corrotta e l’empito delle anime libere, come quella della Moscariello, che aspirano all’Infinito".
Di Barbara Vellucci
Saletta Rossa, Napoli.

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Pubblicato da il levriero a 14:44

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