sabato 18 dicembre 2021

David Maria Turoldo "Vieni sempre Signore"


 

Vieni sempre Signore

Vieni di notte, ma nel nostro cuore è sempre notte:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni in silenzio, noi non sappiamo più cosa dirci:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni in solitudine, ma ognuno di noi è sempre più solo:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni figlio della pace, noi ignoriamo cosa sia la pace:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni a liberarci, noi siamo sempre più schiavi:
e dunque vieni sempre Signore.
Vieni a consolarci, noi siamo sempre più tristi:
e dunque vieni sempre Signore.
Vieni a cercarci, noi siamo sempre più perduti:
e dunque vieni sempre Signore.

La Lunigiana Dantesca. Premio della critica a Carmen Moscariello con l'opera Il silenzio della preghiera .. e la Pace verrà

 La Lunigiana Dantesca.

Mille e più mille scintille di Pace

Che il Veltro sia sempre con noi.


A Carmen Moscariello il Premio Speciale della Critica.

Premio Internazionale di Poesia per la Pace Universale

‘Frate Ilaro del Corvo’ - XXXIX EDIZIONE (XIV n.s.) 2021. La Giuria ha deciso di assegnare il Premio Speciale della Critica a Carmen Moscariello per l'opera inedita : "Il silenzio della preghiera....e la Pace verrà". Il verbale a firma del Presidente del Premio Hafez Haidor ha comunicato anche la pubblicazione dei versi. La commissione d'esame è stata presieduta dal Professor Giuseppe Benelli.

Il Centro Lunigianese di Studi Danteschi (CLSD)ha dato i risultati  del Premio Internazionale di

Poesia ‘Frate Ilaro del Corvo’. Il Premio ha il patrocinio della Società Dantesca italiana e del Centro Lunigianese di Studi danteschi.

Il Premio - ideato e fondato dal prof. Carlo Clariond e dal compianto studioso amegliese Ennio Silvestri

- si ispira da sempre alla presenza di Dante al Monastero di Santa Croce, in Ameglia (Sp), così come

essa ci viene testimoniata dall'Epistola di Frate Ilaro del Corvo a Uguccione della Faggiuola,

manoscritto autografo del Boccaccio che trovasi nel Codice XXIX Pluteo 8 presso la Biblioteca

Mediceo-Laurenziana di Firenze: al buon Ilaro, che gli chiedeva cosa cercasse, il Sommo Poeta riferiva

laconico: “Pace, pace…” e gli consegnava una copia originale del libretto dell'Inferno da indirizzare in

dedica assoluta al celebre condottiero ghibellino; la seconda Cantica, il Purgatorio, sarebbe andata

invece in dedica a Moroello Malaspina, marchese di Giovagallo, in Lunigiana, mentre sappiamo che il

Paradiso fu alfine assegnato alla gloria del veronese Cangrande della Scala.

Con la gestione CLSD e la sua Scuola neoplatonica della Pax Dantis®

, intervenuta dal 2008, il

Concorso ha assunto una connotazione specialistica di “Premio per la Poesia di Pace Universale”. Una

missione che ha portato nel 2012, con la V edizione, ad un primo lavoro di sintesi: il lavoro profuso dai

molti poeti partecipanti è stato interamente raccolto nella prima monografia sapienziale “Infinite

scintille di Pace” e che nel 2017 ha prodotto una nuova monografia selezionata dal titolo “Verso la

Città Ideale” (prevista in uscita in questo 2020)

Dal 2018 il Premio si è avviato a vivere una esperienza creativa di terza generazione, proponendo

l’inizio di una nuova avventura speculativa la cui conclusione è prevista per il 2021, anno delle

Celebrazioni del VII Centenario della morte di Dante Alighieri. L’idea è di produrre, da qui al 2021,

quattro monografie sapienziali: Inferis (2018), Purgatorius (2019), Paradisus (2020) e Visio Dei (2021)

tali da costituire una straordinaria Tetralogia Dantesca.

Nel 2019 è uscita Inferis, a fine 2020 uscirà Purgatorius e sempre quest’anno, con l’attuale concorso, si

produrrà il materiale in funzione di Paradisus, in pubblicazione per il 202

martedì 23 novembre 2021

Premio per la Legalità contro le mafie . Oltre la paura di Saverio Angiulli Secondo classificato


 Oltre la paura di Saverio Angiulli

 

Un saggio che indaga e presenta il fenomeno mafioso, con richiami storici sulle condotte della politica, sugli illeciti, l’omertà, i conti utilizzati dalla mafia per la negoziazione, il contrabbando di tabacco e il traffico di droga.

Un excursus dettagliato e documentato in modo certosino, sul fenomeno del pentitismo, sulle uccisioni e l’azione di uomini d’onore e personaggi di spicco di Cosa Nostra; sull’impegno profuso dalle forze dell’ordine e il giornalismo; sulla professionalità di settori di polizia e magistratura che hanno permesso, attraverso un percorso impegnativo, di venire a capo e svelare realtà mostruose di estese organizzazioni criminali che hanno il controllo sul territorio nazionale e internazionale. In risalto le indagini e l'azione di contrasto da parte di magistrati come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Le figure di questi due uomini che resteranno indelebili nella memoria collettiva come esempio morale e civico.

Un testo che affonda la penna in modo incisivo sullevoluzione nel tempo della criminalità organizzata, sulle lobbie che detengono fette di potere.

Un saggio, un percorso culturale che vuole ricercare la verità: che ha riportato e documentato cronologicamente i delitti di mafia; gli ultimi aggiornamenti sulle indagini e sui processi riguardanti le stragi di Capaci e di via D'Amelio.

Un autore completo degno di lode, per le sue approfondite competenze e il suo sguardo attento su un ventaglio di fenomeni che riguardano la storia del mondo

Vincitore assoluto del Premio Tulliola-Renato Filippelli - sezione Poesia è Marco Onofrio con "Anatomia del vuoto"


 Il poeta si interroga sul vuoto esistenziale e su suoi silenzi/misteri. Sperimenta linguaggio e cammino con occhio di eterno viaggiatore.  Seziona i tessuti del dubbio e delle assenze, talvolta prossimi al nulla. Sutura le ferite lacere e sanguinanti  dello smarrimento e degli interrogativi con  bisturi  di parole, che causticano o anestetizzano. La sua scrittura/poesia - rimanendo nel campo della medicina - si apprezza come salutare fisiopatologia, che sa trarre dalle resistenze di cuore e mente  la forza rigenerativa e le  risorse attrattive dell'amore, sempre possibili di nuova umanità e futuro. Un  travaso dall'intimo per altri echi..

Fiori di mandorlo per la ragazza fantasma di Carlo Bramanti

 Sezione Narrativa.

Secondo classificato


1)      “Fiori di mandorlo per la ragazza fantasma”

 di Carlo Bramanti – casa editrice Kimerik

Con la motivazione che l’autore in una esposizione chiara, semplice ed emotivamente forte ha messo in risalto, in un connubio delicato altamente poetico e pertanto fortemente simbolico, il sentimento e l’anima nuda dell’uomo con l’atrocità della realtà umana.

Una storia d’amore delicata, impossibile e piena di sentimento viene annichilita da una realtà drammatica dove l’interesse ed il profitto estremo produce l’annientamento dell’umanità.

I valori della convivenza, della capacità umana di creare un universo sensibile fatto di sentimenti profondi deve fare i conti con una divinità che osteggia l’uomo, quel profitto, quell’aspetto della modernità che si dona al dio denaro che in tutta la storia dell’uomo ha prodotto miserie e tragedie.

domenica 14 novembre 2021

Nota critica di Carmen Moscariello sulla poesia di Giuseppe Iuliano

 

Di Carmen Moscariello

Il  Raggismo è logos

Giuseppe Iuliano  è un poeta che pubblica opere di estrema finezza e sensibilità da più di quarant’anni. La sua Poesia ha trovato nel tempo importanti estimatori ; lì, nell’Irpinia dove vive, è un faro. Il suo logos trova radici solide in quei monti aspri, un tempo abitati dai lupi, in popolazioni alle quali la pazienza ha cucito una corona di spine. Non penso che la sua poesia possa vivere senza questo sangue acido che chi appartiene a questi luoghi deve “farsi”  per mantenere intatti la forza , l’orgoglio, la speranza. Questo “vento di fronda”  non è cosa di poco conto: nella Poesia di Peppino, spesso i versi si trasformano in coltelli ben molati per tagliare anche le venuzze più profonde: E’ da tempo che sono cecchino/di parole assassine. Insomma, chi si pone di fronte a questa scrittura non può pensare di fare un excursus e voltare pagina, qui c’è la vita e la morte, qui c’è il dolore, l’amarezza della speranza eternamente delusa. Manca la gioia, essa è un privilegio che non appartiene al Poeta, saprebbe di falsità, poiché chi scrive ha il cuore  calloso che ha seppellito e disseppellito molteplici  asce: E’ ancora sibilo, serpente nascosto/che striscia nelle viscere e le rivolta./Urlo di terra_spasimostrazio-/trascina nel vortice sotterra  i presepi/ e ferisce i santi e le cento chiese.[1]Nonostante il dolore c’ è la volontà  del poeta di scuotere e ridare vita a chi muore e a chi è infradiciato dal cancro dell’indifferenza, dove l’anima è un antico ricordo e se si volesse  incontrarla dovremmo  prendere gli   antichi Vangeli o la grande filosofia del mondo greco. Il padre, il figlio, il filosofo e lo stesso poeta debbono essere ottimi nocchieri per non inabissarsi anch’essi. Così è per Peppino Iuliano, egli è un ottimo scalatore di cime silenziose e nel contempo attraversate nella loro pancia dal mugghiare  di onde magnetiche e demoniache , che,  ad ogni cadenza stabilita o no,  sono  pronte a sventrare la vita ancestrale di quei paesi- presepe che vivono di abbandoni e usurpazione. Questa terra ardente dove Marte ha fatto il nido è il libro di lettura dal quale il poeta attinge, né il suo essere credente nella potenza di Dio creatore attenua o ammolla la sua visione logica del mondo. Ogni particella, ogni atomo di pensiero trova sistemazione in un legame  rigoroso e inattaccabile, essa è raggiera dalla  quale tutto si sprigiona per illuminare il  cuore di tutti quelli che si avvicinano ai suoi versi: qui si verifica uno strano sortilegio,  ci si sente quasi irradiati dal suo logos, condotti in un mondo di coraggio e di protesta: Scavo nei lacerti/e mi ritrovo con mani tremanti/ a disegnare croci/traiettorie di pietà/pratica cristiana da imitare/per noi ciurmaglia/nella quiete del perdono/Ricordo Mammella [2]le tue litanie severe antiche/come la tua bocca sdendata/di latino acciso/voce avara di bestemmie/prodiga di pazienza….. Anche lo sdegno mi avvampa./l’altra voce, la mia/è fuoco di fila che si sfoga/e s’arrende nel rifugio dell’anima/in un’arrangiata preghiera.. [3]. La parola irradia pietre e trova radici armoniche di chi con pazienza e amore ha creduto e  comunque ama la vita. Lo sdegno per l’indifferenza dimostrata per questo mondo lontano e presente   si aduna nella sua poesia, essa non è mai banale speranza, piuttosto furia di pietre, saetta di raggi ,che  la disperazione e l’impossibilità di poter cambiare il mondo e le cose, illuminano chi ancora possiede un’anima e soffre dello stesso dolore. Direi che la poesia di Iuliano è una lotta aspra contro il demonio che è qui determinato dalla miseria economica, dall’obbligo ieri, come oggi, di abbandonare quelle terre e cercare altrove la fortuna. Egli è forte come i castagneti della terra irpina, concreto come tutti i quelli che si levano all’alba per il loro tozzo di pane,  come essi è padre doloroso, messo lì dal buon Dio a difesa di quelle popolazioni selvatiche, affinchè  il canto dolce, scocchi come dardo ardente e  penetri anche negli abissi  scavati da quei movimenti selvatici , da quei terremoti a cui la terra e la gente è sottomessa. Chi ha visto, mentre fuggiva al riparo dei castagneti, congiungersi i tetti dagli opposti lati e perdere il cielo in un unico urlo della madre e dei figli che cercavano scampo tra una scossa e l’altra, non può che appartenere alle  porte dell’Ade, che  lì sono molteplici e si aprono e chiudono a piacimento.  Questo Poeta che Francesco D’Episcopo chiama per onorarlo poeta Meridiano, dandogli uno scettro di comando per la difesa di tutti i miseri e gli abbandonati del mondo, elogia questa poesia che non è solo impeto, ma generosità d’amore. Il poeta senza trono , è esperto di dolore e di lotte spesso mortali, pronto a caricarsi sulle spalle il dolore del mondo: Amica ritorna la voce tra silenzio e pianto/ed apre le portedel cuore come tende di Giacobbe./tra scarti di grano e sorsi di vino acido/è mio il dolore degli uomini.  E’ questo il destino, infine,  dell’autentico uomo-poeta: non  giocare con le sillabe, ma saettare il fuoco vivo che non gli permette riposo. Egli è così, ,come a sito decreto[4], la voce di tutti quelli che non hanno voce. Essa si leva alta: denunzia corruzione e malaffare, evidenzia senza paura o timore i lai dei dannati: Invidio la mano felice/che anima strisce di murales/manifesti color verde oro/affreschi impasto rosso sangue. Stendo murales di parole e segni/e vi scorgo verbi senza bocca/Voci senza volto./Costretto da un’inquieta fatica/ mi tocca prendere tutto alla lettera.[5]L’itinerarium mentis in Deo  è un tragitto difficile, non privo di cadute, lì l’Irpinia devota si inerpica sui santuari di dolore e le litanie salgono al cielo affinchè gli dei si plachino e diano finalmente pace. L’uomo irpino ,in particolare i nostri padri temevano la calma e i cieli stellati, certi che per essi non c’era pace, sapevano che la natura si  sarebbe improvvisamente e furiosamente svegliata  per portare dolore e morte. Questa sera di novembre/ di nessun autunno qui da noi/malo segno per vecchi savi/che leggono stranezze del tempo/con occhi di veggenza/Che pace rubata al sogno/questo giorno di tanto sole/che ti sbraca torpido e ti ubriaca/carne e sudore! Almeno un premio_-giusto atteso premio-/a questa terra di venti scrosci e geli/che bruciano ossa e midollo/ e annate di raccolti./Dolce sera non duri./ Sbotti in fragore e schianti/poi sprofondi./ Funesta vertigine rovesci la terra/ e pazza e incosciente uccidi/Silenzio di un minuto senza scampo/che pare eterno/che diventa eterno/che geme e urla ad altro silenzio/Ballo tarantolato senza musica/Ballo di terra e canto di dolore/Monti d’Irpinia, monte Calvario a più croci.[6]

 

 



 

[2] Nel gergo irpino significa nonna

[3]Rosso a sera  Segni e sdegni, pg 68,Delta3.

[4] Dante, Paradiso, cantoI, verso 124.

[5] Op. cit, Rosso sera,  pag 66

[6] Verso la cruna,Terrae motus Storia e Storie, pg.35Altrirpinia edizione.

giovedì 21 ottobre 2021

L'arte di Antonio Sicurezza : L'amore delle somiglianze di Carmen Moscariello


 

L’amore delle Somiglianze

DI

Carmen Moscariello

Vorremmo seguire in questo nostro studio su Antonio Sicurezza un iter non ancora tracciato. Ossia collocare la sua vita e quindi la sua arte in un percorso storico- artistico non  del tutto estraneo ai suoi contemporanei. Molto spesso  è stato considerato, anche da illustri critici, come una voce solitaria, o forse, a nostro avviso, “unica”, del suo tempo. Dal momento che la sua arte e un binomio inscindibile con la sua vita, cercheremo di capire chi era e chi è oggi Antonio Sicurezza.

Se ci incamminiamo verso la sua casa in Santa Maria La Noce e chiediamo di lui al popolino, tutti lo conoscono e lo ricordano  nelle sue esperienze di vita quotidiana, lo raccontano con amore. Tempo addietro sono stata invitata da un alunna dell’allora  Magistrale “Cicerone” a visitare la sua casa, poiché aveva da mostrarmi un quadro, qui in un umilissimo appartamento di Castellone troneggiava, come su un altare, un’opera bellissima di Sicurezza che raffigurava  una donna giovane con capelli nerissimi, quasi gitana, la padrona di casa mi spiegò che lei aveva posato molte volte per l’Artista, quel quadro era opera di  Sicurezza, la raffigurava ed era un dono del Maestro. E’, dunque, un artista che appartiene al popolo e abbiamo la presunzione di credere che questa “appartenenza” non gli sia mai dispiaciuta. Questo preludio  andremo man mano a chiarirlo nel nostro scritto.


L’attitudine di ricerca di Sicurezza non va intesa in un dualistico sentire di umano e divino , i due percorso si intuiano: ciò che è umano è anche divino. Non solo le opere sacre, ma, ancor di più quelle più reali quasi carnali, sanno di rarefatta limpidezza. Potremmo dire con   Renè Chahar “Tu as diné de levain” (Tu ti sei cibato di lievito), il lievito che ha nutrito la vita di Sicurezza è stato in primis la passione ( ho chiesto al figlio Ammiraglio Eugenio Sicurezza, cosa ricordava del Padre, mi ha risposto: “Ci mandava a prendere l’acqua giù a Castellone, acqua che serviva alla sua pittura”) , ecco, Eugenio ci indica  un primo tassello importante su cui il Padre costruirà l’intera sua opera: la passione, la totale assoluta concentrazione sul suo lavoro, questo avvenne fino ai suoi ultimi anni di vita. La sua passione fu anche punto di partenza per una personalità solida, soprattutto onesta che non si limitava alla conoscenza di fatti locali, abbiamo scoperto che fu appassionato studioso e sostenitore di Adriano Olivetti (si faceva arrivare a Formia la rivista -mensile di politica e cultura Comunità – Edizioni di Comunità, fondata da Adriano Olivetti nel 1942 ) condivideva le idee politiche e sociali di Adriano Olivetti e  del Movimento “Comunità” che lo straordinario personaggio  aveva creato, circondandosi del fior fiore degli intellettuali del tempo da Rocco Scotellaro, a Carlo Levi, a Manlio Rossi Doria, Amelia Rosselli e tanti altri nomi illustri.

 Prima ancora dell’incontro col pensiero di Adriano Olivetti egli subì la guerra con i suoi cari e con la popolazione di Castellone e di Formia; interrogando il popolino abbiamo saputo che egli si mise a capo di un folto gruppo di persone che guidò oltre la linea Gustav , verso la salvezza e che in quella occasione, battezzò un bambino, nato sotto i bombardamenti (Già nel 1944  a Vibo Valentia aveva preso i voti di terziario francescano, che confermerà poi a Minturno  nel 1966 . Questo ci obbliga ad esplicare un altro aspetto importante dell’uomo e dell’artista, egli fu terziario francescano e come il grande Santo sposò la vita degli umili, d’altronde le miserie della guerra e le sue condizioni economiche non certo floride lo resero ancor più uomo di fede, passionevole nei confronti dei sofferenti. La sua arte risente di questa sua profonda e ardita personalità, si nutre di spartiti in oboe  con punte  di chiaroveggenza , brividi di armonica bellezza , filigrana di colori forti e tenui, uno scorrere della vita e del tempo in mistico chiarore.  La fibrillazione ansiosa della vita, che come testimonia la nipote Anna Luce Sicurezza nel bel volume “Antonio Sicurezza Temi sacri e religiosi”, di Ferdinando Buranelli, De Luca Editori d’arte, maggio 2013 , non fu facile, i problemi economici non lo assillarono , nel senso che relegò alla moglie……. tutte le problematiche materiali della famiglia , che lo lasciò indisturbato nel suo lavoro d’artista, così i figli, sapevano di avere in casa un uomo speciale e lo assecondarono amorevolmente  in tutte le sue esigenze.  La lettura delle opere di Sicurezza, non solo quelle a tema religioso mi fanno pensare all’enciclica di Papa Francesco “Evangeli gaudium” 8 nn167;264)  questo contenuto si integra alla perfezione con quanto scritto da Benedetto XVI ,in   Vocazione e santità toccate dalla bellezza” “Che cos’è la bellezza, che scrittori, poeti, musicisti, pittori, artisti contemplano e traducono nel loro linguaggio, se non il riflesso dello splendore del Verbo eterno fatto carne? (Papa Benedetto XVI)”La vocazione è vivere con amore e offrire la propria testimonianza cristiana nelle occupazioni di ogni giorno; questo ci aiuta a diventare santi , ad essere un segno visibile dell’amore di Dio  e della sua presenza accanto a ciascuno di noi” (Papa Francesco) Sembra che il Mastro anticipi e abbia in sé il credo dei due grandi Papi:  ha saputo fare del quotidiano amore per gli umili, per la natura e per Cristo una struttura  di bellezza, di armonia, di preghiera nelle sue opere. Avvicinarsi ai quadri di Sicurezza distribuiti in molte chiese  è semplice, accattivante, non è necessario essere maestri di storia dell’arte per sentire quel fluido misterico che lega l’uomo a Dio. Tante volte davanti alla Madonna di Pompei , opera insigne del Maestro, posta nelle vicinanze dell’uscita della chiesa di Santa Teresa a Formia, si avverte come una carezza materna che ti  consola dagli affanni. Un battito silenzioso di pace, un tacere dei tamburi di guerra, una volontà purificante, travolgente. La bellezza è una somma virtù è il trait d’union con la bellezza cosmica e la grandezza di Dio: Sicurezza se non l’avesse avuta dentro al suo cuore  con radici profonde e vibratili non avrebbe potuto donarci una simile opera. Davanti a capolavori di tal fatta puoi intuire cos’è la grazia, sentirti sul punto di cogliere quell’Assoluto Perfetto che solo l’opera d’arte ci può dare. Per opere sacre io intendo anche le nature morte, il Maestro, come  Giorgio Morandi,[1] (Bologna 1890-1964) disegna oggetti, li accosta secondo il gusto, ma la chiave di lettura non mi fa dire che io vedo  solo  delle singolarità oggettive, l’opera ci riporta a un’intelligenza originaria  a un Logos creatore in cui il dualismo (ragione dell’uomo e oggetti naturali) si chiude in un abbraccio inscindibile, tutto vive del  Vero e del Bene.




Il Vero e il Bene sono il pane quotidiano del Terziario, quante volte propone nelle sue opere il pane, quasi ci voglia condurre a quella tavola degli apostoli che nel gesto sacro di spezzarlo per donarlo, ci riporti all’eucarestia. L’opera di Purificato non va letta solo nei segni, ma in quello che lei rappresenta, in quali emozioni susciti in noi, sempre , anche se la contempliamo una molteplicità di volte. Essa non ci stanca, ci affascina sempre di più e ci porta a  coniugare insieme la teologia, la scienza della natura , la filosofia, la poesia. Lo spirito onesto dell’Artista è concentrato in  quella che è la sua idea di Dio, di come egli intenda la vita lontana dalla mostruosità delle guerre, dalla barbarie del potere, dal tragico odio che annienta. Il filo conduttore della meravigliosa esperienza di Sicurezza è nella vita intesa come pace, navighiamo come in un lago; non mancano venti e burrasche. La nostra barca è quasi travolta dalle tentazioni di ogni giorno. [2]Pur tuttavia,  pensiamo che l’artista viva sulla propria pelle e, la rifiuti con sdegno, l’esperienza dolorosa della guerra, l’arroganza dei potenti, certe volgarità umane dalle quali si tiene ben lontano. L’Umile Dio dell’alba non si piega a chiedere visualità, non si accosta ai grandi del tempo che vivono a Roma  e ottengono onori e favori, non aspira a  queste cose non sa cosa farsene. Vive nel suo immaginario un percorso nemmeno dettato dalla propria ragione, ma piuttosto è vissuto da un’ urgenza interiore  che è quella del l’appartenenza  alla grandezza cosmica. L’arte di Sicurezza ha un risvolto etico profondo: è commovente pensarlo nella sua solitudine a dipingere a donare le proprie opere per pochi spiccioli, pur sapendo che il suo lavoro vale, vale molto. Ma, il denaro per un uomo come Sicurezza non ha vigore, la povertà francescana non lo spaventa, anzi sceglie con lucida determinazione questa strada.

E’ stato un uomo fortunato, non solo perché il buon Dio gli ha dato il dono della lettura del Creato, ma anche perché ha avuto una famiglia che lo ha assecondato in quelle urgenze, che lo poneva interprete di Dio nell’arte, fortunato anche perché ha saputo scegliere senza infingimenti con chi stare. La sua vita è prima d’ogni altra cosa un inno alla libertà, senza di essa non si può essere Maestro , Artista, Poeta, Musico. Chi non possiede una coscienza libera non ha nulla da donare, se non la vergogna di essere servo.  La sua malinconia del mondo (anche questo sentire profondamente umano) ,che è difficile da leggere in quei suoi colori vigorosi,  è nutrita  da questo lembo di cielo, da questa serafica appartenenza alle cose. Non c’è niente di settoriale nei lavori di Sicurezza, egli si volge al cielo , all’anfora, al girasole, alla barca , al cibo umile dell’uomo sempre con identico  serafico ascolto. Non c’è nulla nella sua arte che faccia pensare the modern vice of unrest (al vizio moderno dell’irrequietezza)[3], è il sacro che lo domina, o meglio la grazia agostiniana, per questi motivi rimane estraneo all’arte dell’ irrazionale. Quindi, a nostro avviso, Sicurezza è ben calato nel suo tempo, ne avverte tutta la fragilità e in base a quella storia decide la sua strada , che ripeto essa non è solo una scelta artistica, rimane inscindibile dal suo percorso di  vita. Da negare, però, con fermezza il catalogare genericamente nel “ realismo” la sua opera, l’oggettività è ridata alla luce, partorita e rinvigorita da quei fervori francescani e cristiani dei quali dicevamo (il realismo si limita a riprodurre fedelmente l’oggetto, non si pone il problema della Grazia). Conoscendo la sua autenticità di uomo, non scelse certo di prendere i voti di terziario francescano senza profonde meditazioni , la  frequentazione dei frati Minori di Minturno non è cosa occasionale o momentanea. La sua ricca fertilità creativa anche quando deve rispondere ad opere commissionate dalla Chiesa o dai privati è sempre autentica, come pure la sua capacità di rinnovarsi e di sorprenderci. Il tempo non corrode il suo rapporto con gli oggetti, rimane vibratile fino agli ultimi giorni di vita, la tempera e la spatola ( la sua esperienza materica) alle quali ricorre negli anni maturi potrebbe far pensare a una certa rudezza (che c’è), ma essa è spasimo, volontà dell’oltre, magnifica ricerca di Dio nelle cose.  La spatola diviene produttrice di altri segmenti temporali, ama rispondere alla sua anima, all’anima mundi dove egli proietta le sue passioni, le sue paure, il suo orgoglio. L’ enfasi del bello si manifesta proprio nei colori e nell’uso della spatola, così che, la pittura di Sicurezza non è placida munifica visione, tantomeno è il Nothing , c’è invece una ricerca accurata, uno studio particolareggiato di ogni soggetto, finanche la scelta dei “modelli” doveva corrispondere non solo visivamente a quello che voleva raffigurare, ma anche interiormente. Nella scelta dell’uomo che doveva posare per la realizzazione del San Francesco della chiesa del Carmine, Sicurezza non si attiene soltanto alle sembianze che lo accostino all’immagine del Santo, ma deve essere  anche un uomo di profonda coscienza,  un uomo che ha sentito  Dio. La stessa scelta in quell’opera magnifica che è ….e la vita continua  (1978) dove l’immagine della donna incinta (la nuora)  è sovrastata dai cipressi  (io sono come il cipresso verdeggiante/e grazie a me tu porterai il tuo frutto[4](“l’albero pizzuto dei morti”, come diceva la moglie di Sicurezza , l’albero in cui le figlie del re Etocle di Orcomeno furono trasformate in cipressi , o quel  Ciparisso[5] ( il più bello della gente di Ceo) di ovidiana memoria), questi alberi, non quieti,  mossi dal vento della vita sovrastano ogni cosa del mondo, entrano di diritto, sacralmente nell’opera che indica l’ultimo cammino dell’uomo sulla terra, quasi preveggenza alla sua morte (1979).

Nessuno creda che si possa staccare la Poesia e dunque l’Arte dalla vita[6], l’itinerario catartico dell’arte di Sicurezza è nel viaggio che  fa compiere alla materia, lo porta alla  compensazione di volume e luce, di quest’ultima è molto difficile stabilirne l’origine, perché Egli possedeva il senso dello spazio e la luce poteva filtrare da ogni dove dal palcoscenico che aveva allestito. La pregnanza lumistica , la ierofania,il chiarismo sono per Sicurezza, come lo furono per Dante nella raffigurazione di Beatrice, un modo di superare la materia, di trasformarla in hieròs . Dipingere la realtà d’ogni giorno è un fatto umanamente profondo[7],reso straordinario dal suo demon artistico che è nella perfetta distribuzione della luce. Lo spessore di Sicurezza è anche nella sua alta professionalità, egli usa in alcune opere la tecnica a guazzo (gouache) che è estremamente difficile, poiché lo strato iniziale , se ben fatto dà quella luce perlacea che è in ogni lavoro di Sicurezza, o,  invece,  determinare disparità, diversità di colori o addirittura delle crepe, cosa mai notata nei lavori del Maestro.

Alla luce anche delle tecniche usate, per quanto i suoi lavori possano sembrare oggettivi, incide nella  creazione  la memoria della Somiglianza, intendendo ciò che Platone ci ha dimostrato nel mito della caverna,  o come anche Munch ci insegna riguardo alla sua pittura: ”Dipingo non quello che vedo, ma quello che ho visto”. E’ la memoria, dunque,  che  trasforma il creato  in visione di appartenenza , quindi l’oggetto elaborato   dall’Artista, traslato dalla sua coscienza, diviene amore delle Somiglianze da condividere con l’ umanità intera.

Carmen Moscariello

[1] Il Poeta  Giuseppe Conte, Oggi e Domani 1996

[2] Enar. in Ps.25,4.

[3] Thomas Hardy.

[4] La Bibbia, Profeta Osea, 14,9

[5] Metamorfosi, Ovidio

[6] David Maria Turoldo

[7] Attilio Bertolucci

Brevi pareri su alcuni dei libri letti da Carmen Moscariello

 

L’angelo di pietra di Roberto Bigotto

 

La Poesia di Roberto Bigotto punge come il gelido vento di Pasternac ne Il dottor Zivago.

L’ululato dei lupi martella una società in decomposizione dove il Poeta  cosciente di questa polvere velenosa avverte, apre gli occhi ai coinquilini del mondo, ma il suo canto e un grido desolato. Gli altri, l’umanità tutta  sono lontani, persi  nello  squallore quotidiano, lungo le steppe di un divenire senza domani.

Brulica il suo pensiero nell’ironia laconica, non si stupisce, marchia il verbo con la sua sapienza e procede nell’empireo celeste. La stanza del silenzio, però condanna anche il poeta!

 

 


Asaic Naic , Una ragazza del Sud

 

L’opera sorprende per la sua crudità, ma quale altro tono usare per una ragazza del Sud?

 Vivere proiettata verso la luce, verso un riscatto della propria dignità,  dopo un’esistenza affogata nel retrogrado sentire , dove il maschio offende e deruba la gioia di vivere, colpevolizzando e violentando.

Per quante donne la vita non è stata altro, se non il sottomettersi alla volontà del maschio.

Mamme educate i vostri figli maschi, affinchè non dimentichino il rispetto per la donna.

 E’ questo che con i denti ancora digrignati ci dice l’Autrice.

L’opera si presta ad una lettura tutta d’un fiato, qui la storia dell’ultimo secolo si muove di pari passo  con quello della vita  di una donna del Sud che prende coscienza della propria dignità e riscatta la sua vita anche con quest’opera di denunzia.

 

 

entropia d’amore di emanuela antonini

 Emanuela Antonini è una donna coraggiosa, è una poetessa ed ora ci consegna questo  romanzo delicato, scritto sottovoce, dove i sentimenti trovano una serafica  composizione. I percorsi paralleli di due donne appartenenti a stagioni storiche diverse ora si infilano in una sola collana di rubini per far scintillare il senso generoso  e dignitoso dell’essere donna-innamorata che per amore rischia, anche la vita. Coraggiosi cuori, ancora una volta appartenenti a due donne!

 

 

 

 

 

Profili d’alberi di Marilena Ferrone

 

Il Poeta sa guardare oltre. E,  la Poetessa, aquilana, sottovento già ascoltò in lontananza il terremoto che colpirà due anni dopo la pubblicazione di questa raccolta . L’aquila è coraggiosa terra abitata dalla pena, il  respiro di questa terra nutre la scrittura dell’artista, che è densa, evocatrice, a tratti misteriosa. Bellissime anche le immagini di fuoco che impreziosiscono l’opera.

 

 

 

Criptogrammi di Salvatore Contessini

E’ un’opera escatologica, ricamata come tela di ragno, lieve ragnatela di solitudine.

Un’assenza dolorosa muove l’elegante verso e il tempo si misura col metro del cordoglio

Filtra ogni parola di una luce angelica , attraversa i criptogrammi e li ricompone come per ritrovare, o scoprire(?)vie misteriose…. quasi canto d’Orfeo al quale nessuno può resistere.

 

Verde napoletano di Letizia Triches

 

E’  un romanzo inquietante su una Napoli che non è mai quella che sembra……

Alcune pagine(quelle più torbide) ci fanno pensare ad  Enzo Striano della Pimentel Fonsega.

Un giallo mozza fiato con miriade di figure –ombra che si allacciano , come vite, alle due protagoniste, l’uso simbolico di un linguaggio visivo rende le scene indimenticabili

 

 

Il violino del cielo di Aldo Mazza

 

Una madre può essere anche la rovina di un figlio e insieme a lei i pregiudizi?

A dominare quest’opera è il manicomio, quello di una volta, dove viene rinchiuso un musicista, solo perchè si innamora della persona sbagliata.

Sembra una storia del passato, ma non è così,il protagonista è vittima di una figura materna-dominante che gli rovinerà la vita, fino a rinchiuderlo in manicomio.

Questa esperienza dolorosa è riscattata dalla musica che permette al protagonista-musicista di valicare i muri del manicomio e vivere in un mondo lontano intessuto di estasi.

 

Vieni non aver paura di Franco Fangaza

Il ritmo è tutto in questo libro.

Esso si sposa con una grande conquista:la speranza e la ricerca della gioia.

In questa  vita si può essere anche felici.

 Franco Fangaza, prendendoci per mano e liberandoci dolcemente dai nostri timori, ci indica la strada.

 

Bisogno e soddisfazione Ciro Iannone

 Risponde questo testo alle domande, alle curiosità , ai miti della sessualità

Un saggio scientifico che Ciro Iannone con la sua grande esperienza di medico –sessuologo ci insegna, programmandoci una vita più soddisfacente.

 

Globalizzati, ma liberi e sviluppati di Cristina Morra

 

Il testo  che già dalla copertina aiuta a riflettere: l’immagine del globo terrestre stretto da un rete, con un bimbo che guarda esterefatto, è un’opera di grande sensibilità e tutto proteso verso la preoccupante situazione del mondo, un testo  di didattica, strumento  di grande formazione per i giovani e per i docenti.

Esso ci apre gli occhi sulle ricadute della globalizzazione e sugli squilibri planetari

Carmen Moscariello

 

 

mercoledì 29 settembre 2021

A nove anni dalla morte del Poeta Renato Filippelli

 




Ho molto paura della morte e ancora di più dei morti, non sono mai andata a salutare  o baciare una persona morta, l’unica volta che l’ho fatto è stato per Filippelli.

Quando la sera del 20 maggio 2010 mi telefonarono dicendomi che Renato non c’era più, mi sono precipitata all’ospedale Dono Svizzero di Formia per accertarmene, non credevo alla notizia, anche perché fino a qualche giorno prima avevamo lavorato insieme per interi pomeriggi per preparare lo spettacolo “Gli Alumbrados” che si era tenuto  al Castello Di Minturno, in quella occasione a me dedicò la sua ultima poesia scritta per  Giulia Gonzaga.

Non solo ci vide impegnati questo lavoro, ma avevamo tenute le riunioni per il Premio Sebastiano (detto il Minturno) e avevamo definito i verbali e i vincitori sotto la sua guida (Assente alla premiazione).

L’avevano già composto nella bara, c’era il figlio Pierpaolo, sconvolto, figlio che Renato adorava; la moglie Mimma al suo capezzale, e qualche amico che come me aveva saputo della notizia. Furono giorni orribili, soprattutto per la sua famiglia che egli aveva amato sopra ogni cosa. Per tutto il Sud Pontino è stata una perdita che ha depauperato il territorio. Egli era una guida per tutti noi!

La nostra amicizia durava da quarant’anni, a me confidava ogni suo pensiero, ancor di più durante la malattia, non  l’ho mai trovato spaventato o in condizioni di frustrazione, l’andavo a salutare tutte le settimane e si lavorava come se il futuro fosse ancora tutto da venire.

Quando io mi trovavo da lui lo telefonava spesso il prof. Giuseppe Limone, grande amico del Poeta ed egli stesso poeta. Continue le telefonate del figlio Pierpaolo, grande magistrato, del quale Renato era orgogliosissimo. Mi chiamava la mattina alle otto per pregarmi di portargli i giornali, poiché c’erano due pagine dedicate al lavoro del figlio. A scuola eravamo un’unica voce, abbiamo insegnato per trenta anni insieme al magistrale “Cicerone” di Formia. Quando io ho ottenuto la cattedra di Italiano e Latino in quella scuola egli aveva più di quarant’anni, era già molto famoso e in contemporanea aveva la cattedra di Italiano al Suor Orsola Benincasa. Posso dire che egli mi ha insegnato a scrivere, a leggere e capire la poesia. Quando ho iniziato a fargli leggere i miei versi era molto severo, pur sapendomi permalosa, mi diceva quello che pensava, senza mediare. Quando mi regalava i suoi libri di poesie mi diceva con voce severa “leggili”.

Ho tenuto per la sua poesia tre corsi pomeridiani, frequentatissimi, soprattutto dai giovani, le alunne e gli alunni l’amavano; ancora oggi, con orgoglio dicono: «Io sono stato alunno di Filippelli».

A scuola cercava di non far pesare la sua grandezza, non interveniva mai nei collegi, (era sempre presente) ascoltava, senza replicare. Eravamo così amici che negli spazi liberi tra un’ora e l’altra passeggiavamo per ore nei lunghi corridoi della scuola, ci raccontavamo tutto delle nostre vite e del variegato mondo culturale. È stato lui a farmi conoscere il poeta Elio Filippo Accrocca, Francesco D’Episcopo, Giuseppe Limone, Domenico Rea, Michele Prisco (l’ultima assidua presenza nella sua casa di Scauri); ultima persona che mi ha presentato è stata Maria Luisa Spaziani (era ospite a Formia per  presentare il suo libro su Giovanna D’Arco, ci recammo insieme al Grande Albergo Miramare di Formia per renderle omaggio e per regalarle il Tomo dell’Enciclopedia, dove Filippelli aveva scritto di lei e di Montale (Io ero la volpe, lui l’orso), ci trattenemmo a lungo e la Spaziani recitò per noi “l’anguilla”, (la conosceva tutta a memoria ). Quando andammo via mi disse: «Ha ancora delle bellissime gambe!». È stato lui ad inserirmi nelle commissioni di moltissimi premi, dove egli aveva il ruolo di Presidente.

Avendo io scritto per quindici anni per «Il Tempo» e, Filippelli, conoscendo  la mia natura propensa a mettersi nei guai con articoli spesso diretti contro la camorra o contro uomini politici potentissimi, mi ha sempre difeso, mettendosi a baluardo contro tutti e contro tutto; fino a pochi giorni prima della morte, ha scritto per me una perizia giudiziaria a difesa di un mio testo poetico; aveva seri problemi alla mano destra e lo fece redigere sotto la sua sorveglianza alla figlia Fiammetta. (Gli sarò grata in eterno!). Questa sua generosità e questo suo sovrumano amore per la giustizia e per i più deboli non l’ha mai abbandonato. A scuola tutti noi l’adoravamo.

Ricordo che in uno dei miei ultimi incontri con lui, mentre gli leggevo i versi degli “Alumbrados”, ad un certo punto, lui che non si poteva più alzare, fece un grande sforzo e mi abbracciò, dicendomi: «Sarai  una grande poetessa!».

Rimane per me una presenza viva, un maestro d’umanità incomparabile, parlo con lui come se fosse vivo e gli chiedo aiuto come se potesse ancora soccorrermi.

Ma ci ha lasciato un ultimo dono al quale tutti noi possiamo attingere: i versi della sua malattia, pubblicati postumi dall’adorata figlia Fiammetta (la più simile a lui, donna di grande cultura e umanità). L’opera è stata titolata Spiritualità (Guida Ed., 2012,[1] segna passo dopo passo il velo luminoso della sua vita di uomo e di poeta, egli ha voluto ancora donarci quest’ultima gioia. Nei versi si consegna felice alla sua famiglia, non un singhiozzo per la sua malattia, l’opera ha come protagonista la moglie, i figli, la vecchia suocera, un passerotto, la morte del fratello maggiore e della nipote, un’opera che si apre al cielo, la parola è luminosa come una cometa portatrice d’Avvento. Una vita che non si chiude, che non ci abbandona, tutt’altro l’abbraccio è un velo bianco corolla di sposo alla parola del Vangelo e al percorso che l’uomo ha fatto durante la sua vita.

Ha pubblicato infiniti libri per le scuole superiori, famosa e fortunatissima la sua grammatica di Italiano, L’italiano com’è (Il Tripode, prima edizione febbraio 1980; a seguire 1983, 1986; credo ci siano state 20 edizioni[2] di questo capolavoro).

In tutte le antologie e le letterature che ha pubblicato ha riservato una spazio alla mia poesia, prima di morire mi disse che stava lavorando a una nuova grande antologia e mi promise con gioia che ci sarebbe stato spazio per tutte le mie opere, aveva già pubblicato da alcuni anni un’enciclopedia in sette tomi della Letteratura italiana, affiancata dai testi antologici curati dalla figlia Fiammetta. Un lavoro immenso “che mi ha fatto ammalare…”[3].

Naturalmente, tutte le mie alunne hanno studiato sui libri di Filippelli, grazie ad essi, agli esami di Stato alcune di loro ottenevano valutazione che superavano l’otto, anche il dieci. Naturalmente c’è sempre qualcuno che la pensa diversamente: uno dei miei ultimi collegi docenti per la scelta dei libri di testo, durò fino alle quattro del mattino, ma alla fine tutto il Collegio votò a favore della mia proposta. (Filippelli era orgogliosissimo di questo fatto e lo raccontava a tutti!). L’enciclopedia ha avuto così grande fortuna da essere recensita più volte sul «Corriere della Sera» e su infinite riviste specialistiche, è tuttora adottata in  numerosissimi licei; questo splendido capolavoro possiede una scrittura creativa così eccezionale che in un breve periodo (tre righe) ti dice tutto del personaggio da studiare.

È stato un uomo buono che soprattutto nell’ultimo decennio della sua vita ha ricercato Dio nella via della Croce. Ho confessato al figlio Pierpaolo che nei lunghi colloqui che ho avuto con lui, soprattutto negli ultimi anni prima di morire, avevo chiara certezza che avesse intrapreso la strada di un’assoluta spiritualità, quasi un percorso da lui stesso segnato verso il Golgata. L’anima sua pulita, la sua tenerezza per le creature del mondo, il suo animo generoso, la sua furiosa onestà, la difesa della sua dignità e del decoro degli uomini tutti, lo hanno portato a dare soccorso a  tutti coloro che  glielo chiedevano.

Ho conosciuto Renato Filippelli all’età di 25 anni, da lui ho appreso il severo percorso della poesia, ho insegnato con lui per ben trent’anni (beati gli alunni che hanno goduto del suo sapere), l’ho sempre considerato come un Dio, nonostante gli scontri durissimi, per le nostre due personalità incandescenti. Molti miei libri portano la sua prefazione o sempre una sua generosa e preziosa testimonianza. Tutt’ora provo disagio e dolore a non averlo al mio fianco nelle premiazioni del “Tulliola” e negli eventi culturali  a cui partecipo. Egli è stato Presidente del “Tulliola” fin dalla sua nascita, nonché membro fondatore insieme a me dell’Associazione “Tulliola”, a lui oggi ho titolato il “Premio Tulliola- Renato Filippelli”. Grazie alla sua prestigiosa figura di Poeta, professore universitario stimato, oggi il Premio, che nei primi tempi appena costeggiava le spiagge di Gaeta, è divenuto Premio internazionale ambito, con più di mille poeti e scrittori partecipanti non solo dall’Italia. Oggi è alla sua XXV Edizione e il  Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano l’ha premiato con una medaglia preziosa, per gli alti meriti culturali conseguiti.

Egli ha amato la poesia sopra ogni altra cosa, è essa che oggi dopo la sua morte, ci mantiene vicini   alla sua anima profonda. Spiritualità è un trait d’union con il suo cuore, quest’opera è guida per la sua amatissima famiglia, è consegna d’amore per tutti loro, ma anche messaggio per noi, poiché in questi versi le vele di lino della sua poesia costeggiano gli infiniti orizzonti di ciò che nella vita conta davvero. Determinante, a tal punto, la poesia nella sua vita, che anche quando la morte aveva calato le sue carte, (lui aveva ben capito), non un lamento, il  suo cuore inossidabile scriveva ancora e Spiritualità è frutto di questi giorni in cui, si tiravano le somme, si guardava nelle fessure del tempo, ci si interrogava sui tanti tracciati che attraversano come vene azzurre la vita di un uomo. Fino all’ultima sua ora egli mi parlò della sua terra, (era nato a Cascàno di Sessa Aurunca nel 1936), dei suoi genitori, della speranza che i suoi figli potessero amare quelle zolle, come lui le amò e cantò nei suoi versi, mi parlò della morte del fratello, della morte della piccola nipote, sembrò che il colloquio con i suoi morti, sempre presenti nella sua poesia, divenisse più intenso, soprattutto con i suoi genitori, la madre è stata spiritualità viva negli ultimi mesi della sua vita terrena. Nella sua casa, a Scauri trionfa la foto del nipote che porta il suo nome e per il quale voleva vivere fino all’ultimo attimo, seppur nel dolore della malattia, me lo indicava con orgoglio e con amore straripante. A Fiammetta, scrittrice di indubbio valore, ha lasciato il compito di curare la pubblicazione dei suoi ultimi scritti e lei lo ho ha fatto con la devozione di sempre, (quante volte ho raccolto le sue lacrime, soprattutto negli ospedali romani, quando aveva compreso che quello che era successo era un colpo insopportabile per il padre). Millenaria Spiritualità dove il presente, il passato e il futuro hanno la fragranza di quel pane di San Giuseppe (p. 27) che intreccia ai baccanali dell’uomo la devozione per la vita. La sua poesia è una spiaggia di bianca organza che ci lega al sovrumano e alla bellezza della vita.

________________________

[1]  Due importantissime opere sono uscite postume, a cura della figlia Fiammetta: Spiritualità, p. 50, prefazione di Raffaele Nogaro e Renato Filippelli; Tutte le Poesie, pp. 527, prefazione di Emerico Gyachery, postfazione di Francesco D’Episcopo, Gangemi Editore, maggio 2015.

[2] L’opera è dedicata ai figli Fiammetta, Pierpaolo, Chiara.

[3] L’enciclopedia a cui faccio riferimento è L’eredità Letteraria (Simone Editore). Di questa immensa opera sono stampate quattro edizioni: 2004; 2005; 2006; 2007.


Biografia di Carmen Moscariello


 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.