CARMEN MOSCARIELLO: "MONSIEUR DALì"
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Carmen Moscariello,
collaboratrice di Lèucade
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Monsieur Dalì , l’énigme sans fin
Le
geografie del Tempo e dell’Amore
Di
Carmen Moscariello
Gala sapeva
calmare le sue intemperanze. Si amavano e il genio di Dalì si
nutriva dell’amore e della presenza della sua musa. Quando la
conobbe, lei era già sposata con Eluard, abbandonò marito e figlia per andare a
convivere con l’immenso Genio.
Mi piace
comprendere meglio l’arte degli artisti cercando di conoscere bene
le loro vite, esse sono quasi sempre appassionate, fuori da ogni regola, aperte
ad esperienze sconvolgenti, fluttuanti.
Questa mattina cercavo qualche bella foto
che riguardasse un mio lavoro e invece mi sono imbattuta
in quelle bellissime scattate da me in una mostra
tenutasi a Parigi nell’ Espace Dali a Monmartre dall’amico fotografo Enrique
Sabater nel 2012. Una mostra fuori dal comune che oltre a contenere i
capolavori che l’Artista aveva regalato al fedele amico in tredici
anni di assidua frequentazione, c’erano anche innumerevoli foto che
riprendevano Dalì e Gala nelle loro case, nell’Hotel Maurice a Parigi
o in navigazione a Port Llgat verso cap de Greuss (1977). Ho trovato
anche molte immagini di feste che l’Artista organizzava con i suoi
amici, in alcune di esse figurano feste in maschera
dove il Maestro d’orchestra del Surrealismo, dirigeva molte persone in cappelli
tridimensionali. Vorrei soffermarmi proprio sugli studi e
sulla tridimensionalità delle Spagnolo, sempre perché di Salvador
Dalì, un tempo lontano, senza conoscere approfonditamente l’artista
avevo acquistato in Spagna una litografia
la laN.26/ 216 con firma dell’Artista che
oggi troneggia sulla testata del mio letto, titolata “
Gala regardant La mere”, ebbene la acquistai credendo che fosse un bellissimo
nudo di Gala che guardava il mare, per accorgermi invece qualche anno dopo , in
una notte insonne, di luna piena che il quadro in quel
momento, non conteneva più il nudo, ma appariva e scompariva
un’enorme croce e come se non bastasse traspariva anche il viso di
Abrham Lincoln
Gala che guarda il mare
Così per caso scoprii il Surrealismo e l’arte tridimensionale di
Dalì. Il genio continua a strabiliarmi . Un artista sorprendente, ero solo una
ragazza e apprendevo di lui e della sua pittura non tanto dalle mostre e da
studi autentici, ma lo leggevo su tutti i quotidiani da Parigi a New York, alla
Spagna, nelle sue straordinarie magioni disegnate dal suo genio. Quando sono a
Barcellona mentre faccio la fila (ci sono stata anche due mesi
fa) per vedere le case e i giardini di Gaudì, sempre con una lunga
fermata alla Sagrada Famiglia, fremo dal desiderio di raggiungere Figuera Il Teatro-Museo Dalí ,si trova nella città natale del
pittore, a Figueres in Catalogna, Il museo è
stato progettato e creato proprio da Salvador Dalí e
costituisce la più alta edimmensa espressione del surrealismo più
grande del mondo. Non è da paragonare a nessun palazzo reale, nemmeno al
Colosseo, entrare in quegli spazi è vivere emozioni strepitose, lì, come in
nessun altro luogo il Genio della creatività ti entra nel sangue ad una
velocità folle, quasi pericolosa. Visitare questi luoghi, naturalmente non
basta un giorno, bisogna accamparsi lì e sperare che una briciola di quella
luce, di quelle fattezze entri a far parte del nostro vissuto. Nella vicina
casa l’Artista visse con Gala, qui ospitava i suoi amici, sempre
numerosi e estrosi, pronti a giocare con Lui sfidando l’arcano o forse il
divino?,
Questo luogo ha sempre qualcosa di anarchico, di libertario e
poi i catalani sono focosi, rivoluzionari, molto
belli, non fatevi mai sorprendere in uno sciopero, lì le
manifestazioni sono quotidiane. I catalani hanno sangue bollente e Dalì ne è
l’espressione più alta. Volevo dirvi che visitare il Museo Teatro e solo un
piccolo spazio rispetto al tutto, c’ è da vedere la Casa-Museo Salvador Dalí di
Portlligat e il Castello Gala Dalí di Púbol,” costituiscono il Triangolo
daliniano.
A
proposito del sangue catalano mi sovviene il ricordo di una grande foto
scattata da Erique Sabater , unica nel suo genere, che non l’ho mai più
incontrata in nessun catalogo o mostra. Essa rappresenta Gala e Dali su una
barca, lei è già molto anziana, ormai non conserva più niente dell’
antica meravigliosa bellezza d’un tempo, morirà prima del Maestro
qualche anno dopo, questa immagine dicevo rappresenta lei aggrappata
a uno coscia del Catalano e lui che le afferra
il ginocchio con tutta la sua mano, che appare enorme,
l’artista è disteso ai suoi piedi, ciò che mi ha colpito è quell’avvolgimento
del ginocchio come a sottolineare il suo possesso e nel contempo un aggrapparsi
disperato quasi che temesse di perderla. Una vera apoteosi del bello
surreale, di una passione mai nascosta. In queste immagini che vi
racconto, pur essendo fotografie, testimoniano una
vita straordinaria, da dio che incontra Dio e con esso parla senza avvertire
mai un limite. Ecco definirei la vita e l’arte di Dalì illimitate- straripanti,
così i mille linguaggi metafisici, filosofici surreali, onirici che
possiamo leggere in ciascuno dei suoi capolavori.
Dalì, l’énigme
sans fin . Un
enigma senza fine è questo il titolo della sua ultima mostra a
Parigi, nel museo a lui dedicato ( dicembre 2021). Non a caso vi ho raccontato
di Gala che guarda il mare. Un’opera di Dalì può essere talmente sorprendente
da crearti un’aritmia, uno stato di beatitudine che sconfina nel tempo e nei
tempi, nessun particolare può essere dimenticato o non integrato in
quell’involucro geniale in cui si manifestano tutti i suoi capolavori. Un’altra
sensazione che non ti abbandona di fronte alla sua arte è sentirsi ipnotizzati,
sensazione che ho avvertito solo ammirando La Giocanda.
Se
siamo a Parigi e abbiamo la pazienza di attendere in flla, lunghissime
file, possiamo visitare L’Atelier des Lumières, nel quartiere Saint-Maur, lì ammirare una parte cospicua dei
capolavori del marchese Salvador Domingo Felipe Jacinto Dalí i Domènech,
toccare da vicino, non so bene, se l’amore o l’ossessione per
Gala. Credo che dobbiamo intendere il rapporto dei due come
un’appendice un intrecciarsi dell’uno all’altro. L’uno senza l’altro non
potevano esistere, tanto è vero che l’artista festaiolo, alla morte della sua
musa e compagna, non fu più visto in pubblico, fino a morirne per la nostalgia
e per il dolore causato dalla sua assenza.
In
riferimento alla mostra Parigina, ha potuto usufruire della maestà di
un’istallazione che ti lascia senza parole, qualcosa di piccolo l’ ho trovata
al Mudec a Milano per Modigliani e a Roma, pochi mesi fa, per Klimt, ma niente
a che vedere con quanto ho ammirato a Parigi. C’era un gioco di effetti ottici
che avrebbero deliziato il Catalano, senza parlare dei travolgenti canti
onirici che nelle rappresentazioni si potevano oscultare e viverli
anche come fatti oggettivi. Travolgente lo spettacolo con questi quadri
giganti che ti accompagnavano alle spalle e di fronte, una visione assoluta
dell’Immensità del Tutto. La scenografia e la scelta delle opere
producono anche qui un effetto ipnotico: è una vera esperienza
passeggiare tra i suoi dipinti che prendono forma poco per
volta. Scopriamo da una nuova prospettiva i suoi effetti
ottici e le evocazioni oniriche con cui il pittore gioca
nelle sue opere. Né mancano gli effetti impressionisti e cubisti che hanno
caratterizzato soprattutto i suoi lavori iniziali. Ritornando
all’amico-fotografo Enrique Sabatier, in un’intervista racconta di aver visto
in una chiesa a New York l’Artista in ginocchio davanti a Cristo col quale
comunicava in massimo fervore con la divinità . D’altronde si sa che il Maestro
ebbe una passione indicibile per l’aldilà e fu testimone anche di grande
spiritualità, senza parlare della sua generosità, della capacità di accogliere
tra i suoi amici i Kennedy, ma anche il più povero uomo della terra,
anticonformista accoglieva tutti e da tutti traeva gioia e divertimento. Le
opere più immense che si possono ammirare in questa vecchia fonderia sono:“La
tentazione di Saint-Antoine”, “Leda Atomique”, “La persistenza della memoria”,
“Sogno causato dal volo di un’ape intorno a una melagrana un attimo prima del
risveglio”, Come è d’uso oggi in molte mostre, la spettacolarità
dell’arte viene accompagnata dalla musica, in questo caso l’ideatore Gianfranco
Iannuzzi scelse opportunamente quella dei Pink Floyd.