mercoledì 9 ottobre 2024

I Paesi non sono Centauri di Peppino Iuliano. Nota di Carmen Moscariello


 

I Paesi non sono Centauri

Di Peppino Iuliano

Introduzione di Dante Maffia

Ed. Delta3

Nota di Carmen Moscariello

 

Si mette quasi sempre in luce il verso ribelle, la voce addolorata , la denunzia del male, la costanza del dolore nella poesia di Giuseppe Iuliano.

In questa raccolta c’è anche un aspetto nuovo: il rosa della poesia, la pietà di chi spesso è abbandonato al suo destino. Questa nuova e intensa voce mi sembra prevalga sulle altre e il destino degli uomini si compie, nonostante le tempeste, nonostante l’ibrido ruolo di un meridione senza padre e senza madre che soffre, eppure continua a consegnarci uomini e poeti di grande valore, sensibilità, altissima scrittura.

 Scrittura esperta, non levigata quella di Peppino Iuliano, la sua profonda  fede cristiana lo pone in un circuito di uomini eletti[1] che non si arrendono mai e i suoi versi aderiscono alla sua persona, al suo modo di concepire la vita. I paesi per il poeta, sembra voglia farci credere, che “non sono Centauri”, non sono l’Inferno in cui Dante li colloca, ma la sua poesia è arcana ha un cuore che piange, che non perdona.  Emergono versi da un pozzo gelato, che nessun mantello di lana o pelliccia può riscaldare:

il mio paese  ha un nome antico/duro come le sue pietre”; “nido trincea svetta tra monti e boschi”;Il mio paese racconta miti e assenze/figli di colonie smarrite”; ”paura consiglia fughe e distacchi”; questi versi aprono la raccolta e il senso di smarrimento, oserei dire , di sconfitta ci raccontano realtà difficili, in anni, forse secoli di lotta, non si è arrivati al compimento di una vera grande svolta. Qui la poesia non è la clava che i Centauri muovono ubriacati dalla rabbia, ma la storia di un uomo che ha dato tutto se stesso per portare gioia agli esseri umani e che invece si ritrova a soffrire come a vent’anni, quando anch’egli emigrato ha lasciato il suo paese.

Voglio dire di non lasciarci ingannare dalla bellissima (quanto tutte le altre) copertina, colorata, accattivante con il Centauro mezzo uomo e mezza bestia che lancia le sue frecce e all’orizzonte torri e paesi tremolanti che non reggono l’urto di un ennesimo terremoto. Insomma, queste poesie non possono essere liquidate nel medesimo percorso di sempre, qui la luce dalla candela, quell’unica candela è tremolante, squarcia tutte le illusione e guarda in faccia (il Poeta l’ha sempre fatto) cosa la vita alla fine ci riserva. Rimane un testo graffiante, ma soprattutto un testo di misericordia, di accoglienza di amore per i paesi dei centauri, una pietas cristiana che perdona e si affida al buon Dio. Serpeggia sempre nei libri di Peppino Iuliano un percorso non solo di  urgente riscatto, ma anche di amore e perdono. Il fluido della poesia greca, dal lontano mondo classico, attraversando il Cristianesimo nobilita anche le ingiustizie e le pone sull’altare della pace.



[1] Giuseppe Passaro Sacerdote e storico di Nusco a cura di Giovanni Marino pg.63 “Giuseppe Iuliano.

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