domenica 13 luglio 2025

Figlia della luna di Carmen Moscariello Recensione di Alfredo Saccoccio da Il Secolo d'Italia


 Per i tipi dell’editore Domenico Fabrizio di Itri, Carmen Moscariello ha editato una nuova silloge poetica, intitolata “Figlia della Luna”, un libro denso, il più prometeico e il più adatto a dare, dei nostri interrogativi attuali, un’immagine completa, cioè di perpetua chiamata in causa. 

La raccolta non comporta che una ottantina di pagine, dicevamo di un’intensità eccezionale. I temi di Carmen Moscariello sono quella della mitologia delle persone amate (le adorate Lara e Silvia), delle amicizie (Elena Machiavelli, proprietaria de “Le Scissure”, Elio, prematuramente scomparso, ed Antonietta Di Giglio, “vista tra lacrime e stanchezza” e verso cui non ha soffocato “il mare del ricordo”), dello stupore pudico, del sogno, in cui sorgono, all’improvviso, le città mitiche di Heraion, Mitilene, Samo, Colchide, Djerba. 

Sono versi impeccabili, in cui si coniugano una nostalgia del sogno e della favola e il dovere di mostrarsi degna di Paul Verlaine o di Paul Valéry. 

La Moscariello, che non ha scritto che testi incantatori, la si legge come si beve un’acqua sconosciuta, ma inebriante. In lei il reale conserva il mistero delle origini e il verbo rivelatore di verità che annunciano qualche intangibile felicità. La Figlia della Luna è il fedele riflesso di questa attitudine, che non manca né di charme né di mordente. 

Carmen, che richiama alla mente l’eroina di Prosper Mérimée e di Théophile Gautier, resa celebre dall’opera di George Bizet, non somiglia ad alcuno dei poeti contemporanei. Scrive alla confluenza dei tempi. Ironica e ludica, affamata di bellezza, la Moscariello si fa scriba di una memoria duale. Duale più che duplice, perché passa dall’uno all’altro aspetto del tempo. 

Come quelli che recuperano cartoni, casseruole, rame rosso, alluminio o nickel, la poetessa della verde  Irpinia ricicla, a spizzichi, dei brandelli di melodie, delle briciole e dei ricordi, dei naufraghi d’emozioni: Carmen sferraglia nell’oro del tempo. 

La scrittura della Moscariello, autrice tra l’altro, di “Friedrich Hölderlin, tra lirica e filosofia”, per i tipi dell’editore romano Lucarini, di una silloge dal titolo “Gli occhi frugano il vento”, per Bastogi Editore, de Il presente della memoria”, un libro sui poeti contemporanei, sugli artisti del Basso Lazio e su alcuni uomini dei nostri tempi, è concisa ma sbocciata, frammentaria e tuttavia armoniosa, riportante sempre all’interiorità. Essa è legata all’azione, al movimento, al cammino attraverso le città o le civiltà. 

Se la Moscariello ha quasi sempre rifiutato la rima, tuttavia è restata attaccata ad una matrice assai regolare. Il suo verso è libero, ma rigetta la scrittura automatica e il surrealismo, perché la metafora non è per lei l’essenza della poesia. Carmen procede per comparazione, non per metafora. E’ una delle ragioni della sua opposizione al surrealismo. Ella si plasma alla constatazione e si accorge che questa constatazione è senza limiti. La sua poesia degli elementi è una poesia dell’inventario. 

Carmen utilizza pochi aggettivi; la frase si limita spesso al nome e al vento, al soggetto e all’azione. Ella va all’essenziale, perché ha un senso dell’economia poetica che la spinge a rigettare ogni parola superflua. Carmen lavora nel senso di una più grande privazione, di una più grande limpidità. 

Possiamo affermare che la poesia ha invaso tutta la vita della Moscariello. Essa è il suo respiro. Le liriche ritagliate in sequenze sposano il suo  respiro corto. Esse segnano la sua approvazione al mondo, la sua comunione con quello che la circonda. Questa comunione proviene dall’adeguamento progressivo tra una forma poetica perfettamente dominata e una maniera di vivere e d’essere al mondo. 

Quelle della Moscariello sono grandi pagine di storia in un pugno di distici senza effetto gratuito, senza lirismo vano. Non una parola esce dalla sua linea, non una che non vi abbia il suo posto. Un’economia da moralista ironica, che sa che tutto si gioca sempre altrove: nella memoria da venire. Memoria capace di sospendere l’avvenuto per l’offerta di un pensiero, di un dispiacere, o per la spina di un sarcasmo, ma il cui potere così bene restituisce l’oblio o cristallizza l’incompiuto di un desiderio, poiché l’unica religione a cui Carmen sacrifica è la bellezza, quella dei giovani uomini o donne, che, come marmi o bronzi antichi, paiono discendere dal loro basamento per abbellire Samos o Mitilene, la notte come il giorno. 

Dei due registri della sua opera (il mondo antico e il tempo autobiografico), il secondo è dedicato quasi totalmente all’amore, che “parla con tenera voce”, all’amore “scaldato dal sole di Roma”, al “bacio dei ragazzi che si amano”. Senz’altra ostentazione che di scrivere chiaramente la felicità di questi brevi e febbrili incontri. 

Per il cammino contrario, il gusto antico ravviva e fertilizza la poesia, come nel brano inerente Mitilene, che evoca la poetessa greca Saffo, soprattutto nei tre versi finali, in cui la coppa ubriacante si trasforma, nell’ultimo sorso, in Gorgone, essere terribile, alato, avente per capelli dei serpenti, mentre il dio Dioniso banchetta. 

Che sia ricordo immediato o lontano (e spesso ci parla del profondo dei tempi, in nome di un dio o di personaggi mitologici), si tratta di una moneta d’oro inalterabile, coniata con le effigi della giovinezza e della beltà. Ma la poetessa di Montella non è solo affascinata dai miti classici. Essa affronta anche temi domestici e familiari come nella “Canzone a Lara”, l’orgoglio della vita di Carmen. Bella l’immagine della figlia, “tenera come la neve di marzo coi biancospini affacciati”. Materna e protettiva è nella lirica “A Silvia”, di leopardiana memoria, in cui la Moscariello rivela la sua comunanza spirituale con Leopardi, fatta di vibrazioni. 

Alcune liriche di Carmen sono abitate dagli spiriti di Matisse, di Theodorakis, di Pirandello e di Rea, quest’ultimi due in Spartito in sol maggiore per Marina, lirica scritta nella notte di San Lorenzo, di tre stagioni fa. Qui Carmen e Marina, accomunate dall’amore per l’arte, si raccontano i sogni e interrogano il loro spirito giovanile sui sogni che continuano a germinare mentre, in mezzo a loro, aleggiano i fantasmi di Luigi Pirandello e Domenico Rea. Forse è proprio in questa lirica, un poco prosaica, che si prende la più giusta misura della poetessa campana, che inaugura una nuova forma di confessione, in cui il passato e il presente si congiungono, in cui una donna di rara intelligenza non ha cessato, sotto le provocazioni, di perseguire una ricerca identitaria. 

Da questa silloge sono stati tratti due spettacoli teatrali (“Anima di mare” e “Figlia della luna”).

 Alfredo Saccoccio. da Il Secolo d'Italia.

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Alcuni dei libri pubblicati da Carmen Moscariello

 

Alcuni dei libri pubblicati da Carmen Moscariello .


 


 

 
















Soli della Chiesa.  Celestino V e Benedetto XVI . Gangemi 2025;

Modigliani .L’Anima dipintaEd.Opera illustrata, Gangemi 2019;

Charles De Foucauld. Fratelli tutti. Gangemi 2022;

Il presente della memoria Publiscoop 1994:

Proserpina tre atti preceduti da un preludio. Bastogi Libri 2011;

Destini sincronici. AmeliA Rosselli e Rocco Scotellaro .Guida 2015;

L’orologio smarrito. Poesie. Guida 2014,

Terra nella sera. Visioni. Guida 2014;

Oboe per flauto traverso. Guida 20’12;

Giordano Bruno .Sorgente di fuoco Guida 2011

Albe di mare Antologia curata da Brogi, moscariello… e altri Gangemi 2022

Pizia non dà più oracoli. Poesie Gangemi

 2020;

Eleonora dalle belle mani , Bastogi 2012;

Il tempo dell’infinito silenzio e lo spazio infinito dell’Amore. Edizioni Ripostes Salerno 1989;

Non è tempo per il Messia. Poesie  Guida 2012

Gli occhi frugano il vento . Poesia .Bastogi, Foggia 1990;

Friedrich Holderlin . Tra lirica e filosofia . Lucarini Scuola. Roma 1988;

I poeti francesi  Lucarini Scuola Roma 1988;

 

 

Figlia della luna . Poesie 1998;

Gli Alumbrados  Antologia Il Convivio ; 

Rapsodia d’amore (Per stelle e desideri) Poesie Il Convivio  2016;

 



mercoledì 2 luglio 2025

Il primo giorno di un mondo nuovo. Libro del Giubileo Di MonsIlignor Vincenzo Paglia Raffaele Cortina Editore I nostri tempi, quelli di ieri e il nostro futuro. di Carmen Moscariello

 

 primo giorno di un mondo nuovo. Libro del Giubileo 

Di  MonsIlignor Vincenzo Paglia Raffaele Cortina Editore

I nostri tempi, quelli di ieri  e il nostro futuro. 

di Carmen Moscariello

 Quest’opera di Monsignor Vincenzo Paglia ci mette di fronte al mondo di Dio. a quello della Croce, ma anche a quello dell’uomo dei nostri tempi, ai dolori, alle guerre, al principio de “la Speranza” di Papa Francesco che non può morire, non deve morire. L’occasione del Giubileo che il grande Papa ha inaugurato poco tempo prima di morire deve divenire un’occasione affinché tutti gli uomini, non solo quelli di buona volontà, si parlino e  contribuiscano  con il loro esempio  a salvare la vita stessa dell’umanità intera, compromessa dall’odio, da una voracità feroce, da un egotismo paranoico, capaci questi mali  di divorare ogni buon principio , non solo la distruzione delle  cose, del mare, del cielo, ma travolgere e lacerare ogni forma di speranza. Il titolo è esemplare: invoca un nuovo mondo , che si cominci d’accapo , che tacciano le armi. Partendo da “Una società senza padri” da  un interessante libro di Deborah Danovskie da Edoardo Viveiros De Castro  ci interroghiamo se questo mondo sta davvero per finire, se le religioni che per secoli hanno guidato la vita degli uomini siano anch’esse destinate a spegnersi e ci  abbandoniamo, come fortemente Benedetto XVI ci ha detto, a un mondo senza padre e senza madre in nome di una libertà assoluta e disinvolta , in questo caos l’uomo ammazza anche se stesso. I tristi quotidiani risvolti di questi giorni sembrano confermare le paure di dissoluzione dell’uomo , paure che da molto aleggiano nei nostri mondi, sembrerebbe che nessuno ne sia estraneo . Le mille guerre che si combattono in ogni angolo, si uccide senza pietà e sembrerebbe che nessuno riesca a mettere un argine. L’uomo piange sul  proprio destino e  non sa salvarsi. La morte del Padre, come dice Recalcati è il rifiuto delle strutture gerarchiche, ma  con esse sembra franino, come per una casa scossa dal terremoto, tutte le mura, fin quando ogni cosa è ridotta in cenere. “Viviamo in una società senza più madri, né padri. E’ un mondo di orfani, ciascuno è abbandonato a se stesso e al proprio destino” 

 Leggendo l’ opera del Maestro Paglia si intravede nell’asfissia del caos solo demenza. Il nuovo giorno deve essere un Nuovo Cammino. E’ questo il Giubileo camminare verso la Chiesa di Cristo, ma anche verso la casa dei fratelli. Incontrarsi, parlarsi, abbracciarsi dovrebbe essere nella vita di tutti gli uomini e le donne una consuetudine e invece tutti i linguaggi , anche quelli giornalistici, sono violenti aggressivi, senza limite al male. La menzogna è nella bocca di troppi, anche questa è divenuta consuetudine. La strada di  Cristo  è stata  perduta.

 La morte ci sovrasta non più solo come presenza estranea , ma come essenza di vita. Siamo obbligati alla guerra non si sa perché, non si sa per cosa. La morte ha perso il significato di possibilità e si è trasformata in una costante impazzita. Sembrerebbe che il mondo sia popolato da tanti piccoli mostri accigliati, assetati di armi e di sangue. Direi che è  proprio l’urlo di Munch , quello della disperazione. 

 Kierkegaar  pur riconoscendo  la presenza dell’angoscia nella vita umana, ci indica la bellezza della fede, essa è l’unica strada vera e possibile:” la fede come unica via d’uscita, indispensabile per superare l’impasse angosciante: scegliendo Dio, si entra in una condizione in cui non si desidera altro che l’onnipotente, eliminando così ogni possibilità di sofferenza”. Il libro che stiamo commentando  pur ponendo grande fiducia nella fede e nel rapporto con Dio e con l’amore di Gesù, pone al centro della sopravvivenza e come termine di paragone della fede stessa l’uomo che altro non è che il Gesù che si è fatto uomo e che non si può uccidere un fratello o rimanere indifferente di fronte all’umiliazione della fame e della disperazione del prossimo.

 La parola “prossimo” è quasi inusuale anche nelle nostre scritture, nei nostri pensieri chi la usava quotidianamente nelle sue omelie era Francesco che la legava indissolubilmente alla parola povero. Bisognerebbe fare un passo in dietro nelle nostre vite e soprattutto deporre in un sacco ben chiuso il nostro mostruoso individualismo e abbandonarlo in un pozzo e lì lasciarlo per sempre. 

Alla luce di questa realtà, che cosa è la fede?

La fede di Kierkegaard è l’abbandono nelle braccia di Dio, lasciarsi chiudere nella perfezione della bellezza e della grazia. La strada della salvezza indicataci da Vincenzo Paglia e ben più difficile!. Ci ripropone la fede del “Noi” , pietra miliare nella dottrina e nelle  preghiere di Benedetto XVI e anche di Papa Francesco (quanto ci manca la sua carezza e la sua parola!) La fede per Benedetto e Francesco è stata l’accoglienza del prossimo in nome di Dio, amarlo come si ama Cristo e regolare la nostra vita non sulla voracità di accaparrare tutti i bene dell’universo, ma incontrare Cristo nei poveri della terra, La stessa preghiera e gli stessi sentimenti raccogliamo in questa opera di Vincenzo Paglia, con tenerezza ci apre le porte dell’Amore, non solo per Cristo, ma per tutti i derelitti e peccatori dell’universo. Tolto questo principio di amore per il prossimo,  non esisterebbe più il Cristianesimo. Benedetto XVI ci insegna che il Cristianesimo è la più bella religione dell’Universo, proprio perché nella divinità del Cristo c’è l’uomo. Così “Il Giubileo è un’occasione per rimettersi i in cammino con il cuore”

Tre sono i personaggi  e gli esempi principali che animano questo cammino e lo rendono sacro: il buon pastore, che lascia il gregge e va a cercare la pecora che si è perduta; il figliol prodigo che si allontana dal padre e dissipa le sue ricchezze, che poi ritorna e per lui il padre fa uccidere il vitello più grasso, poiché il suo ritorno è gioia; il buon samaritano che cura l’uomo fracassato, né si muove se non lo vede tornare alla vita. Un percorso dettato dall’Incontro, non una camminata nel deserto del non credere, bensì nella bellezza dell’accogliere, del sapersi parlare, nell’aiutare il prossimo che è caduto e ha bisogno di noi.Qui Il Cammino è una cosa viva, non c’è stasi, non c’è egoismo, il generoso volgerci a Dio nel cammino della Speranza , nel desiderio di incontrarlo. Nei tre episodi accennati c’è la “ricerca” del divino, ma anche del prossimo, quello perduto, quello malato, quello che comprende che la libertà  non è distruggere il Padre, ma tornare alla casa del Padre

Riflessioni di Carmen Moscariello Carmen Moscariello


Vincenzo Paglia è stato Presidente del Pontificio consiglio per la Famigli. E’ stato nominato Gran Cancelliere dell’istituto Giovanni Paolo II  per gli studi sul matrimonio e la famiglia. E’stato assistente ecclesiastico della Comunità si Sant’Egidio di cui è consigliere spirituale Giornalista e scrittore ha pubblicato diversi libri di carattere spirituale etico e sociale e molti commentari biblici.