mercoledì 9 ottobre 2024

I Paesi non sono Centauri di Peppino Iuliano. Nota di Carmen Moscariello


 

I Paesi non sono Centauri

Di Peppino Iuliano

Introduzione di Dante Maffia

Ed. Delta3

Nota di Carmen Moscariello

 

Si mette quasi sempre in luce il verso ribelle, la voce addolorata , la denunzia del male, la costanza del dolore nella poesia di Giuseppe Iuliano.

In questa raccolta c’è anche un aspetto nuovo: il rosa della poesia, la pietà di chi spesso è abbandonato al suo destino. Questa nuova e intensa voce mi sembra prevalga sulle altre e il destino degli uomini si compie, nonostante le tempeste, nonostante l’ibrido ruolo di un meridione senza padre e senza madre che soffre, eppure continua a consegnarci uomini e poeti di grande valore, sensibilità, altissima scrittura.

 Scrittura esperta, non levigata quella di Peppino Iuliano, la sua profonda  fede cristiana lo pone in un circuito di uomini eletti[1] che non si arrendono mai e i suoi versi aderiscono alla sua persona, al suo modo di concepire la vita. I paesi per il poeta, sembra voglia farci credere, che “non sono Centauri”, non sono l’Inferno in cui Dante li colloca, ma la sua poesia è arcana ha un cuore che piange, che non perdona.  Emergono versi da un pozzo gelato, che nessun mantello di lana o pelliccia può riscaldare:

il mio paese  ha un nome antico/duro come le sue pietre”; “nido trincea svetta tra monti e boschi”;Il mio paese racconta miti e assenze/figli di colonie smarrite”; ”paura consiglia fughe e distacchi”; questi versi aprono la raccolta e il senso di smarrimento, oserei dire , di sconfitta ci raccontano realtà difficili, in anni, forse secoli di lotta, non si è arrivati al compimento di una vera grande svolta. Qui la poesia non è la clava che i Centauri muovono ubriacati dalla rabbia, ma la storia di un uomo che ha dato tutto se stesso per portare gioia agli esseri umani e che invece si ritrova a soffrire come a vent’anni, quando anch’egli emigrato ha lasciato il suo paese.

Voglio dire di non lasciarci ingannare dalla bellissima (quanto tutte le altre) copertina, colorata, accattivante con il Centauro mezzo uomo e mezza bestia che lancia le sue frecce e all’orizzonte torri e paesi tremolanti che non reggono l’urto di un ennesimo terremoto. Insomma, queste poesie non possono essere liquidate nel medesimo percorso di sempre, qui la luce dalla candela, quell’unica candela è tremolante, squarcia tutte le illusione e guarda in faccia (il Poeta l’ha sempre fatto) cosa la vita alla fine ci riserva. Rimane un testo graffiante, ma soprattutto un testo di misericordia, di accoglienza di amore per i paesi dei centauri, una pietas cristiana che perdona e si affida al buon Dio. Serpeggia sempre nei libri di Peppino Iuliano un percorso non solo di  urgente riscatto, ma anche di amore e perdono. Il fluido della poesia greca, dal lontano mondo classico, attraversando il Cristianesimo nobilita anche le ingiustizie e le pone sull’altare della pace.



[1] Giuseppe Passaro Sacerdote e storico di Nusco a cura di Giovanni Marino pg.63 “Giuseppe Iuliano.

giovedì 3 ottobre 2024

Gherardo Gambelli Alfiere di Dio. Opera dell'Artista Lilly Brogi

 


Gherardo Gambelli Alfiere di Dio

Di

Lylli Brogi

Prefazione di Peter Michael Musone

Volume solidale

Considerazioni di Carmen Moscariello

 

Alleluia , Alleluia!

Un grande evento a Firenze, un parroco missionario fiorentino, una persona innamorata degli umili è stato eletto da Papa Francesco Arcivescovo di Firenze. Anch’egli come Papa Francesco e San Charles de Foucauld considera il mondo popolato da “Fratelli”.

 “Fratelli tutti” un insegnamento che è già stato di San Charles De Foucauld ed ora di un missionario che è stato per 11 anni in Ciad, qui occupandosi di bambini e di malati, ha assistito i carcerati di Sollicciano a Firenze. La sua vita l’ha spesa a costruire Ponti tra le nazioni e le chiese diverse, dialogando, parlando , cercando insieme la via della pace

 Uomo seguace della Croce di Cristo, che ama il prossimo in particolare i più bisognosi di accoglienza,  è stato nominata da Papa Francesco all’altissima carica. Un popolo in gioia che rende grazia a Dio per  il  divino dono. Bellissime le pagine del libro che raccontano la “Vestizione” di Gherardo Gambelli nel meraviglio Duomo di Santa Maria Del Fiore il 24 giugno , giorno di San Giovanni.

L’Artista Lilly Brogi con un breve scritto ha voluto comunicare al mondo intero la gioia della comunità fiorentina. Un parroco che Lei ha conosciuto che ha tenuto tra le braccia la sua adorata nipote Teresa.  Il libro è un ringraziamento a Dio e al Papa Francesco per la grazia ricevuta. E’ un’opera intensa di affetto e di gioia un voler partecipare alla Chiesa di Dio ed esaltarla per la cornucopia di bene con la quale ricopre il mondo. Segue una biografia chiara e precisa per l’arcivescovo  e una dedica d’amore e di assoluta fiducia. L’uomo scelto dal Papa è un uomo giovane che già ha fatto molto per i popoli più poveri, ha operato con il suo Magistero oltre che a Firenze, tra la gente del Ciad al quale ha dedicato ogni sua cura portando la parola di Dio.

Nella seconda parte c’è un canto all’America : “Ameriga, Ameriga” che è nel contempo un simbolo di libertà e speranza, ma anche di ricerca di fortuna come lo è stata per moltissimi emigranti.  Le ottave trovano espressione artistica anche nei bellissimi disegni in china di Lilly Brogi che animano il libro.

Nel libro c’è un tracciamento spirituale dedicato alla nomina dell’Arcivescovo Gherardo Gambelli che rappresenta la Strada di Dio, dall’altro  un percorso accidentato che  riguarda le speranze umane per l’”Ameriga”, perché per molti questo Paese –Gigante è stato ed è speranza di libertà, ma l’autrice non sottovaluta i limiti e gli egoismi: “Tu grande così bella, così disumana” oppure: “Il sogno americano svanisce”.

L’opera è molto interessante e attuale, da un lato l’immensità dei santi della chiesa e l’autrice con precisione certosina elenca i grani patriarchi e papi che la città di Firenze ha donato al mondo, con una citazione splendida riguardante un grande uomo e un grande Santo come  Giorgio La Pira, dall’altra questa operetta in ottave, quasi teatrante, una ballata direi, che pur nei suoi dolori, rimane esempio cristiano di umanità, o quantomeno, di ricerca di umanità.

Anche l’Europa in quest’opera è protagonista di umanità contro “gli orribili sogni perduti” , le storie affannose  degli emigranti e di chi ha fatto del dollaro la sua unica ricerca di vita.

giovedì 26 settembre 2024

ALDO MASULLO . L'Arcisenso.Dialettica della solitudine ovvero il senso della vita

 






L’arcisenso. Dialettica della solitudine. Opera di Aldo Masullo Quodlibet Studio.

Rilettura di Carmen Moscariello

Il vero senso della vita

“L’Arcisenso” è un viaggio che  pone come uno dei suoi obiettivi quello di  sfuggire all’esilio della coscienza dall’’uomo, è l’ascensione della bellezza, è il segnale di liberazione della terra dall’orrore della sua fine. L’Emerito Professore Masullo in  un percorso trepidante  ci conduce all’incontro di un  silenzio metafisico che si traduce in un ‘attenzione strenua alla vitalità della coscienza, a un incontro del sé nella sua più alta bellezza e solidarietà. L’epicentro dell’opera è un girasole che vuole portare la luce là dove le tenebre potrebbero divorare il mondo. L’occhio del filosofo scruta attento l’esterno e l’interno dell’uomo e procede per riordinare la storia, concentrando la sua analisi su aspetti fondamentali del percorso umano.  Sgomitola con lemmi esplicativi le categorie della vita, partendo dalla paticità (L’intoccabile tocco) ossia dalla tensione emotiva del sé che permette all’uomo di sentire nel più profondo, prosegue con il dolore (La scelta di Chirone), la solitudine (Leopardi, sentire corporalmente il pensiero), il silenzio (L’”indecenza della parola”), la Sapienza,  (Nel relativo è la salvezza), La Grazia (Il repentino della poesia). Rimane fondamentale al suo pensiero l’intersoggettività, ma in quest’opera  il  Perturbante  va molto oltre, il suo pensiero filosofico così frenetico di analisi e riflessioni è, qui, percorso da incommensurata umanità: quasi padre che prende per mano i suoi figli perché non si perdano: se gli alberi non fossero /e tutto il mondo muto delle cose/che accompagna il mio viver sulla terra,/ io penso che morrei di solitudine/Or questo camminare tra gli estranei/questo vuoto d’intorno m’impaura/e la certezza che sarà per sempre./ Ma restan gli occhi crudelmente asciutti. Questi endecasillabi di Camillo Sbarbaro ci mettono di fronte a quanto sia grande la separazione tra gli uomini, cosa ampiamente analizzata, quasi spolpata dal Professor Masullo,  perché nulla venga lasciato al caso, ma il filosofo va oltre il poeta,  la sua grande sfida  è stata e rimane l’urgenza di espiantare il gelo che esiste tra gli uomini, gelo che si trasforma in violenza, guerra, bestemmia. Per farci comprendere ancor meglio il Professor Masullo  si serve per le sue esplicazioni di  alcuni versi dell’inconfondibile amato Fernando Pessoa che ci descrive gli ultimi attimi di un condannato a morte: C’era una rapida storia /nello sguardo che ha fine…/Bella donna della memoria …/E con la benda annodata , /quella improvvisa pressione/ gli ricorda il gesto e quando egli lieve,/ di dietro il viso e l’altra mano/pose su quegli stessi occhi. Breve/quando stava così nel silenzio. La proposta dei versi di Pessoa serve  a meglio introdurci nella paticità, per portarci in una codificazione del  repentino rappresentato  nei versi di Pessoa   da quella lieve carezza sugli occhi che fa ricordare al condannato, la carezza ricevuta da una donna, un fatto, forse lontanissimo e che niente ha a che fare con quanto sta accadendo . ….il repentino che ci “toglie terreno sotto i piedi”, e ci “fa precipitare, fa crollare il presente ma non il suo corredo di futuro pedissequo, che in un modo o nell’altro riprenderà il suo inveterato passo interrotto. All’opposto, quel repentino che nell’eternità dell’istante innalza “al settimo cielo”, sul limite del tempo e del determinismo causale, come in un lampo fa intravedere un’altra via, tutt’altra da quella finora percorsa… la grazia è repentino irrompere liberatorio nella vita degli uomini. Vengono da essa distrutte pigre resistenze e spazzate via ingombranti macerie: si annuncia finalmente non impossibile che una nuova libertà vinca la necessità dell’ossessivo ripetersi. Di autentica bellezza ed eleganza sono queste pagine del Perturbane come pure quelle   dedicate alla Poesia che altro non è se non la Grazia, una strada importante che ci fa sentire la nostra coscienza, le nostre emozioni, ci permette di arrivare all’epicentro del vivere, lontani dalle seduzioni e dagli inganni, ci fa  accedere all’l’Arcisenso, ossia al vero autentico senso della vita, una vita lontana dalla superficialità, non abbrutita dagli egoismi,   che la coscienza  vibri in noi come una scossa elettrica che ci riporti alla luce. Il  repentino e il lungo meditato guardarsi dentro di sé in ore di approfondito silenzio,  ore di solitudine che si traducono in colloquio con se stessi e con  il prossimo, tese alla  riconquista del sé e del prossimo sulla tastiera del bello, dell’onesto, della pace, se non della felicità. In verità Aldo Masullo usa quest’ultimo termine  con molta parsimonia, il suo pensiero in eterno movimento  tende verso questo Infinito che è il sentire e toccare l’anima, rinascere ogni ora  e vivere la nitidezza dell’universo. Il libro ha tanti percorsi, il suo studio ci permette di inoltrarci in un bosco tenebroso e poi pian piano scoprire  gli itinerari del pensiero che ci portano a percorrere la strada del pensiero pensante  che si trasforma in luce, ci libera permettendoci di  ascoltare tutte le forze che vanno a definire una sinfonia d’archi, una narrazione in poesia della filosofia, un liberarsi dalle paure e ascoltare la propria unicità, scansando i totalitarismi e la massificazione del sé. Non a caso la presentazione dell’opera, avvenuta presso la Feltrinelli di Piazza dei Martiri a Napoli è stata nelle sue strutture, finanche negli aspetti stilisti formali rielaborata da grandi professori, quasi  tutti discepoli del Perturbante. La vita, l’opera, il pensiero di Masullo si concretizzano nell’esempio della sua vita, instancabile pronto a lavorare per gli amici che stima,  a mettere il suo pensiero e la sua arte educativa al servizio di  chi vuole apprendere il vero, autentico in ogni sua manifestazione umana e di pensiero: tutti lo amano, non a caso, per molti di noi Egli è fonte inesauribile di bellezza e speranza. Il pubblico (la sala della Feltrinelli straripava)  lo ha acclamato con amore, riconoscente di tutto quello che ha dato e che ancora darà (questa è l’ottava opera pubblicata  dal giorno del suo pensionamento).L’ incontro ha avuto come suo protagonista anche  il dolore che nel suo dinamismo è superabile e nel contempo insuperabile, perché si ripropone in veste sempre diversa  sui binari del tempo che intanto ha valore solo se interpretato nel “Sé”. Alla  rabbia del tempo, del nostro tempo in particolare nello scontro dell’uomo contro l’uomo, fenomeno sempre più doloroso e invadente,  il prof. Aldo Masullo  contrappone la ricerca e la ricchezza di una vita interiore da trovare nel silenzio dell’anima e nel rapporto costruttivo con il prossimo. Rapporto che non deve essere un vuoto ciarlare, ma pensare insieme per trovare e percorrere la strada della verità.  Il percorso della filosofia  non è altro che rispondere al bisogno di chiarezza, aiutata nell’esplicare il valore dell’Arcisenso dalla poesia che permette alla tragedia del vivere di trasformarsi in gioia di vivere. Importante è la società in cui l’individuo cresce, il Prof la distingue in società calda e società fredda. Crescere in una società calda dove l’individuo è tenuto in conto per la sua umanità e cultura, è curato e coccolato, dove i sentimenti sono espressi nella loro pienezza, onestà, bellezza è un presupposto per stare bene con se stessi e con gli altri un inizio di cambiamento dove si possa finalmente vivere non distrutti dall’ansia di essere o di possedere. Non che sia facile dare vita  a una coscienza armonica, bisogna non far spegnere mai l’urgenza della vita, ella deve avere sempre un senso costruttivo, l’uomo d’intelletto,  colui che conosce la strada del sé che è strada di conoscenza e analisi non può che dare, donare agli altri. La mente patisce il proprio essere, patire significa  sentire il proprio essere e approdare  all’Arcisenso che è capacità di ascoltare e amare se stessi, ma anche rispettare e aiutare l’altro uomo. In questa strada di chiarezza si immette la poesia che è grazia, pagine intense sono dedicate al Leopardi, il grande poeta patisce il senso di sé e nel contempo patisce per i suoi simili. Nella tensione verso il sé l’uomo si magnifica, diminuisce le sue sofferenze e fa in modo che diminuiscano anche le sofferenze degli altri uomini. La precarietà delle cose, la mutevolezza dell’essere , “non ci si può bagnare due volte nella stessa acqua” l’insicurezza dell’essere portano l’uomo ad inabissarsi, a sperimentare la precarietà come dolore e non senso, “la coscienza diviene così contingenza straripata”.(Emmanuel Lévinas, L’evasione1984).Empedocle stesso suggerisce la conclusione appropriata. Egli chiama Grazia “ l’amica delle Muse”. Il luogo della grazia non è pratico, cioè teologico, o giuridico, o politico, o etico, bensì puramente estetico. E’ la bellezza, proiezione oggettiva della poeticità. In un recentissimo libro autobiografico, una giovane coppia di ipertecnici informatici narra l’avventura vissuta. L’uomo, investito da una traumatica diagnosi di cancro al cervello, un giorno, repentinamente, decide di lottare e chiede alla compagna di aiutarlo a rasarsi, alla maniera punk, come un guerriero moicano. Lei ora scrive, la parola del repentino che innalza: Quel giorno qualcosa è cambiato. Eravamo stati investiti dall’onda fortissima della malattia, e dal fondo iniziavamo a risalire verso la superfice…Una consapevolezza si apriva nel mio cuore: non la molle speranza di un lieto fine, ma la certezza che la bellezza non ci avrebbe abbandonato. La stessa bellezza capace di sbocciare lì dentro l’anonimo bagno di un ospedale.[1]  Questo riferimento chiaro e intenso e le altre molteplici  motivazioni che nella recinzione accorta rendono l’opera profondamente godibile e soprattutto ricca di una umanità palpitante. Il pensiero del Professor  Masullo, pur così logico, costruito stilema su stilema per arrivare alla verità, ha un conturbante procedere su una linea di confine che ci porta gradualmente su binari espressivi che ottengono quello scuotimento e dritti nidificano nella nostra anima e ci rendono partecipi, quasi un palcoscenico che si apra anche per noi per  godere il più bello che la vita ci può sempre donare in qualsiasi attimo inaspettatamente.  Leggere quest’opera significa acquisire maggiore consapevolezza per la propria vita, si sente dentro un vento mobilissimo capace di scuotere gli uomini  condannati all’immobilismo o  a una  velleitaria “felicità”.

 

 

 

 

 

 



[1] S. Iaconesie O.Persico, La cura, Codice, Torino 2016, pg 79

martedì 24 settembre 2024

L'Ordine dei Passionisti lascia il Santuario della Civita.

 


I Passionisti lasciano La Civita

Di Carmen Moscariello





Un dolore, un senso di smarrimento!

Chi scrive ha frequentato con la sua famiglia il Santuario della Madonna della Civita a Itri.

Un eremo un luogo del Silenzio e della Preghiera.

Lì ho conosciuto grandi immensi monaci.

Il primo che rimarrà sempre nel mio cuore è Padre Daniele di Gesù Crocifisso. Sono stata “la sua figlia prediletta” così diceva Padre Emidio, Rettore per quasi trent’anni di questa struttura avvolta dai monti scarni emersi dal mare e che raccontano al viandante di sirene e di cavalli marini. Padre Daniele è stato un grande missionario, l’Ordine gli aveva chiesto di tornare in Italia per un compito ancora più grande. E’ stato un salvatore di anime, un consolatore degli afflitti. Ha accolto nel suo umile confessionale migliaia di umili e potenti. La sua parola ha consolato tutti e raccolto e custodito le lacrime che gli erano affidate.

E’ MORTO QUALCHE TEMPO FA.

Dopo il suo funerale che fu l’esplosione della Grazia, c’erano forse cinquanta dei suoi confratelli che con preghiere e canti poderosi lo accompagnarono alle porte di san Pietro che gli aprì il Paradiso. A lui ho dedicato alcune delle mie opere poetiche. Quando Padre Emidio invitò me e le mie figlie alla messa del trigesimo che si tenne nel frusinate, mi disse che Padre Daniele aveva lasciato in eredità per me le sue piccole, sacre cose:il suo Crocifisso di Passionista che l’aveva accompagnato nelle foreste del Brasile, e un quadro raffigurante San Gabriele dell’Addolorata (Padre Passionista: “Il Santo Ballerino”). E’ stato il mio Padre Spirituale, mi ha fatto comprendere chi è Dio e come bisogna amarlo.

Padre Emidio è stata una grande guida per le milioni di persone che visitavano il Santuario e per i suoi confratelli. Un uomo di grande fede, un teologo raffinato e profondo. Non ho mai  sentito alcun religioso esporre la parola di Dio con una sapienza agostiniana. Ho dimenticato di chiedergli le sue omelie  prima che partisse!. Voglio dirvi che quest’Ordine Religioso ha segnato una storia di civiltà dei paesi posti come grappoli d’uva sulle scogliere del Sud Pontino e in tutto il frusinate. A Padre Emidio si deve la costruzione di un’enorme biblioteca, la custodia attenta e amorosa del “tesoro “ della Madonna, intendendo con questo termine tutto ciò che riguardava il Santuario, il restauro di tutto il Santuario, la costruzione di un convento predisposto ad accogliere anime consacrate. Anche l’ascensore che porta all’altare, costruito per    chi ha problemi a salire le tante scale, è un dono suo.

Per me, per la mia famiglia,  i Passionisti e il Santuario della Civita sono stati pietra miliare nelle nostre umili esistenze. Lì si sono sposate le miei figlie con la benedizione di Padre Daniele. Il mio primo nipote, a Suo onore e a nome di tutti i Passionisti si chiama Giuseppe, Daniele, Gabriele, è sotto la Sua protezione, guidato dal suo amore, sono convinta che un briciolo del suo divino si annidi nel suo piccolo cuore. Con queste poche parole voglio rendere omaggio alla Grazia di Dio, Grazia della quale abbiamo goduto tutti. 

L’augurio è  che i luoghi conservino la loro sacralità.  L’Ordine dei Passionisti è molto severo e ci ha insegnato che con  Dio non si scherza!

 La Civita nasce come eremo e così deve rimanere.

Sa parlare con Dio, con le montagne e con  i pellegrini che la raggiungono ricolmi di fede. Le montagne intatte levigate dal sole e dalle mandrie di cavalli che occupano per intero i sentieri del Santuario, senza lasciare spazi per il viandante, sono l’eredità che i Passionisti ci lasciano. Chi scrive ha raggiunto a piedi più volte il Santuario. Erano esperienze che mettevano a contatto con Dio, sembrava che ad accompagnarci fosse  la stessa presenza della Madonna. Sona andata  centinaia di volte da sola, a piedi,  sulla strada del Calvario, arrampicandomi  in compagnia dell’alba che si estendeva tra mare e monti, ma anche con colleghe di scuola che oggi non ci sono più come Flora Bellotti e Rachele Amabile. E' stata Flora Bellotta a guidarci, (con tutti i colleghi del Magistrale "Cicerone"),le prime volte, a piedi  sul Santuario.

Era un tempo di preghiere, di giovinezza, di amicizia, di grande fiducia in Dio e nel prossimo. L'augurio  è che le preghiere dei monaci passionisti ci accompagnino  e ci proteggano rendendoci migliori e sempre più vicini a Dio.

Il nostro pensiero d'augurio e d'affetto va anche a Don Adriano di Gesù, un sacerdote giovane,devoto alla Madonna del Colle e all'accoglienza dei pellegrini; ha già guidato con amore e dedizione la comunità cristiana di Lenola e svolto compiti importanti per la crescita del Cristianesimo e per lo sviluppo civile dei luoghi che gli furono affidati. Certo, il compito che lo attende è molto difficile: "Qui sulla Civita o ci si fa santi o è molto impegnativo affrontare i silenzi delle montagne, solo se si è in grado di sentire Dio in quei silenzi si vive nella gioia" , così mi diceva Padre Daniele che amò incondizionatamente il Santuario della Civita, neanche da malato (molto malato), voleva muoversi e allontanarsi dal suo confessionile, dai fiori, dai girasoli che ci raccontano ancora  della sua Grazia, dell'amore per tutti i pellegrini e dell'adorazione del Crocifisso e della Madonna miracolosa della Civita. 



venerdì 6 settembre 2024

Trento. Dalla Presidente dell'associazione Mafalda, con rimpianto e dolore.

 Grazie di cuore  Carmen.

Ci hai regalato una serata splendida, in molti sono rimasti affascinati dalla tua cultura, dal tuo garbo e dalla tua personalità.
Sei stata un bell'incontro della vita e spero che la nostra amicizia prosegua.
Un grande abbraccio e auguri per una serena Pasqua nell'anima.

         La Presidente
Carolina Bazerla Marangoni

Il giorno sab 9 apr 2022 alle ore 22:43 Carmen Moscariello <carmen.moscariello@yahoo.it> ha scritto:

sabato 17 agosto 2024

Il pianto è anche delle pietre di Carmen Moscariello tratto da "Leucade" di Nazario Pardini.

 Poesie 2022

Il pianto è anche delle pietre,

 23 novembre 1980 ( pubblicata in "Il tunnel dei sogni" Il Convivio Editore e in "Ouverture" opere di  Carmen Moscariello


Lo ricordo bene è l’anno della nascita di Silvia

come se non bastasse

subimmo anche un' alluvione.

Autunno che a Montella è già inverno (prima pioggia inverno a Nusco!)

Lunghi singhiozzi di polvere

mani nude che scavano il sole

sottoterra è l’inferno.

Ululi dei lupi

anch’essi divennero cani randagi

distesi sulla nuda terra.

Servono 2000 bare

Dove li mettiamo?

Distesi i bambini appena nati e i vecchi con i loro bastoni

li tiravano fuori

Partii da Formia con un convoglio,

le strade non c’erano più,

bisognava aspettare l’alba

le mani dei morti e i visi bianchi come

la calce, dalle viscere lamenti d’orrore

e i morti aspettano, guardano il cielo

in fila sulla piazza, senza un lenzuolo

gli occhi che nessuno ha chiuso

contro le porte accatastati i bambini hanno capelli bianchi

e mani in preghiera, non si muovono.

Quieti non c’è neanche la mamma a cullarli.

Mille mani.

A Sant’Angelo raccolsi tante

compagne di studio

mamme con bambini.

Gli occhi di creta della notte

buia, buia.

Che fine ha fatto la luna?

Si piange da soli con una coperta estranea

sulle spalle, la notte ulula scomposta.

Il dolore è il signore del male,

non abbandona il vento

un’afa sconosciuta a quelle valli.

All’alba nuvole di polvere, non ci si riconosce

il pianto delle pietre dietro i forconi

si cerca, si chiede:

dové? L’hai visto? 

L’hanno tirato fuori morto.


Dové mia madre?


Il giorno si mette a chiamare

la mia bambina sussultava nel mio ventre,

all’alba potei entrare a Montella

La mia casa c’era ancora,

la tirarono giù tre giorni dopo.

 (Dalla raccolta "Tunnel dei sogni"Il Convivio Editore e in "Visionaire" 

di Carmen Moscariello

 

1 commento:

  1. Cara Carmen... permettimi di chiamarti così, un ricordo bruciante il tuo, che mi ha coinvolta e riportata al 1990, al terribile sisma che distrusse troppe vite e lasciò senza case infinite famiglie. Io in quel periodo vivevo proprio a Formia, ma corsi dal mio attuale marito, allora giovanissimo, nel Sannio. La sua casa non esisteva più e la sua famiglia era accampata in piazza in una tendopoli. Con metafore lancinanti dipingi lo strazio: "Lunghi singhiozzi di polvere/mani nude che scavano il sole/sottoterra è l’inferno." Tutto è visibile. Tremano di nuovo le ossa, i capelli, le fibre, il cuore. E tua figlia sconfiggeva la morte spalancando l'uscio della vita! Il tuo incedere, che in apparenza è un misto di prosa e poesia, è un modo di urlare il dolore senza fronzoli, con rispetto e dignità assoluti. Ti ringrazio per questo ricordo vivo nella memoria di tutti... e per la capacità di essere lieve e sanguigna.
    Ammiro infinitamente il tuo modo di scrivere, come critico e come Poetessa. Ti abbraccio grata.

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