Dante Maffia – Singhiozzi di carta
Genesi Editrice
Prefazione di Davide Rondoni.
Navigare
la notte
Nota di Carmen Moscariello
Tutto è, come sempre,
poggiato sulla scrivania,
non c’è neppure un singhiozzo di carta,
di ammiccamenti
coi cani randagi
che, come vedi, abbaiano
dagli angoli del soffitto.
Questa
recente pubblicazione di Dante Maffia ”Singhiozzi di carta” ti lascia senza
respiro. E’ neve ghiacciata; è mare in tempesta; è una mastaba di mattoni arsi
emersi dal mare del deserto. Dietro l’angolo c’è il gatto con gli occhi a
mandorla e il destino.
Il
linguaggio viaggia tra un realismo spietato
e una luce spettrale, il verso levigato e perfetta mai attutisce la
violenza della parola.
Senza
pietà!.
Il dolore e
l’affanno di una vita alla ricerca di un approdo, di un luogo dell’anima, dove
piangere e cercare il divino della Poesia, rendono quest’opera maestosa, anche
le virgole hanno assunto una potenza infinita.
La Sua scrittura è rivoluziona tutto ciò che è
stato detto finora della poesia non basta a definire questo libro, “un vascello
fantasma” , l’Olandese volante che viaggia per mari tempestosi , che conosce e ha sperimentato l’abisso
della morte.
Inizierei
dalla scrittura , dai versi così
impregnati dei contenuti dell’anima, cosi realistici, così delicati, insieme
surreali direi metafisici. Le scansioni del libro hanno quasi tutti i colori dell’arcobaleno,
ma che ci fanno anche pensare all’incubo di Ulisse sull’isola dei ciclopi e
ancor più al canto ammaliante delle sirene che strizza il cuore e apre le vie
terribili del mistero della morte. Un linguaggio metafisico che avvolge e
coinvolge, dandogli vita reale, anche alle
umili cose, trasformate innalzate alla divinità dell’essere anche con un solo
aggettivo. Travolge e coinvolge anche il sarcasmo contro una vita che ci
inganna e non mantiene le sue promesse. ”Singhiozzi di carta” racchiudono una
solitudine, una lontananza, il coraggio delle
querce che non temono lo scossone del vento.
Molto ci
dice la copertina tenera e bianca come la pelle di un bimbo , ma al centro
ferisce l’immagine de “l’Olandese volante” ,il Vascello Olandese, sinistro e
immortale che taglia le onde, tormentato da un vento che esce dalla bocca
dell’inferno, che conosce l’abisso e senza tregua i fantasmi lo scuotono
affinché ritorni a riva e li riporti alla
vita.
Dire che è
un’opera che fa piangere, è poco. Dense le parole dell’Editore che fanno da
inizio all’opera e la scrittura precisa e attenta di Davide Rondoni che ne ha
curato la prefazione. Il linguaggio del Poeta si maschera di surrealismo per meglio
dare spazio alle infinite ferite inferte all’animo e al corpo. Aveva ragione
padre Turoldo quando diceva che il Poeta è un crocifisso, un povero e grande uomo,
molto raro. E aggiunge: sarà la Poesia a contribuire alla salvezza del mondo. Il
linguaggio segue dei movimenti conflagranti, leggendo ho avuto l’impressione di
essere anch’io lettore su quella nave di fantasmi. È un linguaggio tragico degno dei grandi drammaturghi
della Grecia. In tutta l’opera c’è un continuo dualismo: il dolore e la
speranza; la voglia di sfondare porte e cercare un angolo di pace; la violenza
del dire e la parola che si fa seta preziosa; la demenza dei fiori e “a
vigilare siano i giardini in fiore”. Quello che incontriamo in quest’opera
stupenda è un nodo errante della memoria (le poesie appartengono a un lungo
nevoso, nervoso percorso di vita, il
poeta stesso ci dice che nell’arco del tempo le ha più volte limate).I versi,
dunque, racchiudono non uno spazio di tempo, ma il percorso accidentato di
un’intera vita, dove la poesia è stata Sua compagna. Domina la bellezza,
l’arguzia nel dire verità scomode che spesso si fanno taglienti.
C’è la lunga
meditazione del Poeta, che ovunque volge lo sguardo indagatore non può che vedere la catastrofe dell’umanità
tutta tesa verso il vacuo apparire, distratta, nemica e invidiosa.
Il pozzo senz’acqua ha creato una vita
friabile.
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