mercoledì 22 gennaio 2025

Dante Maffia Singhiozzi di carta

 

Dante Maffia – Singhiozzi di carta

Genesi Editrice

Prefazione di Davide Rondoni.

 


Navigare la notte

Nota di Carmen Moscariello

 

Tutto è, come sempre,

poggiato sulla scrivania,

non c’è neppure un singhiozzo di carta,

di ammiccamenti

coi cani randagi

che, come vedi, abbaiano

dagli angoli del soffitto.

 

Questa recente pubblicazione di Dante Maffia ”Singhiozzi di carta” ti lascia senza respiro. E’ neve ghiacciata; è mare in tempesta; è una mastaba di mattoni arsi emersi dal mare del deserto. Dietro l’angolo c’è il gatto con gli occhi a mandorla e il destino.

Il linguaggio viaggia tra un realismo spietato  e una luce spettrale, il verso levigato e perfetta mai attutisce la violenza della parola.

Senza pietà!.

Il dolore e l’affanno di una vita alla ricerca di un approdo, di un luogo dell’anima, dove piangere e cercare il divino della Poesia, rendono quest’opera maestosa, anche le virgole hanno assunto una potenza infinita.

 La Sua scrittura è rivoluziona tutto ciò che è stato detto finora della poesia non basta a definire questo libro, “un vascello fantasma” , l’Olandese volante che viaggia per mari tempestosi  , che conosce e ha sperimentato l’abisso della morte.

Inizierei dalla scrittura , dai versi  così impregnati dei contenuti dell’anima, cosi realistici, così delicati, insieme surreali direi metafisici. Le scansioni del libro  hanno quasi tutti i colori dell’arcobaleno, ma che ci fanno anche pensare all’incubo di Ulisse sull’isola dei ciclopi e ancor più al canto ammaliante delle sirene che strizza il cuore e apre le vie terribili del mistero della morte. Un linguaggio metafisico che avvolge e coinvolge, dandogli vita reale,  anche alle umili cose, trasformate innalzate alla divinità dell’essere anche con un solo aggettivo. Travolge e coinvolge anche il sarcasmo contro una vita che ci inganna e non mantiene le sue promesse. ”Singhiozzi di carta” racchiudono una solitudine, una lontananza, il coraggio  delle querce che non temono lo scossone del vento.

Molto ci dice la copertina tenera e bianca come la pelle di un bimbo , ma al centro ferisce l’immagine de “l’Olandese volante” ,il Vascello Olandese, sinistro e immortale che taglia le onde, tormentato da un vento che esce dalla bocca dell’inferno, che conosce l’abisso e senza tregua i fantasmi lo scuotono affinché ritorni a riva e li riporti alla  vita.

Dire che è un’opera che fa piangere, è poco. Dense le parole dell’Editore che fanno da inizio all’opera e la scrittura precisa e attenta di Davide Rondoni che ne ha curato la prefazione. Il linguaggio del Poeta si maschera di surrealismo per meglio dare spazio alle infinite ferite inferte all’animo e al corpo. Aveva ragione padre Turoldo quando diceva che il Poeta è un crocifisso, un povero e grande uomo, molto raro. E aggiunge: sarà la Poesia a contribuire alla salvezza del mondo. Il linguaggio segue dei movimenti conflagranti, leggendo ho avuto l’impressione di essere anch’io lettore su quella nave di fantasmi.  È un linguaggio tragico degno dei grandi drammaturghi della Grecia. In tutta l’opera c’è un continuo dualismo: il dolore e la speranza; la voglia di sfondare porte e cercare un angolo di pace; la violenza del dire e la parola che si fa seta preziosa; la demenza dei fiori e “a vigilare siano i giardini in fiore”. Quello che incontriamo in quest’opera stupenda è un nodo errante della memoria (le poesie appartengono a un lungo nevoso, nervoso  percorso di vita, il poeta stesso ci dice che nell’arco del tempo le ha più volte limate).I versi, dunque, racchiudono non uno spazio di tempo, ma il percorso accidentato di un’intera vita, dove la poesia è stata Sua compagna. Domina la bellezza, l’arguzia nel dire verità scomode che spesso si fanno  taglienti.

C’è la lunga meditazione del Poeta, che ovunque volge lo sguardo indagatore  non può che vedere la catastrofe dell’umanità tutta tesa verso il vacuo apparire, distratta, nemica e invidiosa.

Il pozzo  senz’acqua ha creato una  vita  friabile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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