di Biagio Scognamiglio
Preside – Professore! Mai vista una terza liceale classica così coralmente tacita, attenta, concentrata in un sorriso che affiora trattenuto sui volti di tutti…
Professore – Stiamo ascoltando Aristofane …
Preside – Professore, ma è impazzito, o si burla del suo Capo d’Istituto, o ha voluto usare una metafora? Ascoltando chi?
Professore – Aristofane: grazie a questo PC portatile e alla chiavetta internet stiamo chattando con lui tramite un apposito programma evoluto. Ascoltiamolo.
Aristofane – I miei Uccelli, le mie Rane, i miei Calabroni … Alle Campe, cioè ai bruchi, non ci avevo pensato; ci ha pensato Ugo Piscopo. Ed ecco là in disparte, chiuso in un suo pensoso silenzio, anche Franz Kafka, che ha sentito parlare del Castello. Noi questo testo teatrale lo ammiriamo con invidia. La satira immortale di certo cretinismo parlamentare, in me riconosciuta da Gilbert Murray, qui giunge all’acme con eleganza rara, senza quel palese odio in me stigmatizzato da Gennaro Perrotta, semmai con dissimulata commiserazione e sconsolata amarezza appena affiorante per le sorti di un’Italia “umile” allontanatasi dalla “salute”, non più “donna di province” nell’Europa di oggi.
Giacomo Leopardi – Scusa, caro, le rane sono anche mie, e sono miei i topi.
Preside – Aristofane parla, Leopardi parla, Kafka tace …
Aristofane – E là in disparte c’è anche Giordano Bruno, che si associa silente e partecipe alla diagnosi teatrale di Ugo Piscopo, covando fiammate di sdegno: non a caso “sorgente di fuoco”, lo definisce Carmen Moscariello, la cui opera teatrale sull’insigne Nolano è stata presentata da Aldo Masullo e Ugo Piscopo … Non è forse proprio Giordano Bruno che nella commedia Il candelaio, nel rappresentare un mondo assurdo, violento e corrotto, sa farlo con amara comicità ?
Professore – Il nostro Aristofane sa proprio tutto degli eventi storici e attuali: a maggior ragione, quindi, è un classico contemporaneo …
Aristofane – E Ugo Piscopo è un contemporaneo classico. Al volo della sua realistica fantasia non mi ero sollevato. Ora che ho tanti secoli sulle spalle, vorrei comporre di bel nuovo testi teatrali e cimentarmi con lui in un agone. Perché questo testo teatrale mi affascina? E affascina non solo me: anche Plauto, quando l’ha letto, è rimasto a bocca aperta per lo stupore. C’è da restare davvero incantati di fronte alle Campe e al Castello. Io ero in incognito a Napoli alla presentazione e annuivo con un sincero sbalordimento unito a una tacita intesa. Certo è che un testo teatrale bisogna non solo leggerlo, ma anche vederlo rappresentato. All’uopo regista e attori dovranno affrontare un compito invero non lieve, cimentandosi con il linguaggio dei personaggi ossia innanzitutto con gli sproloqui di un’ingannevole retorica protesa a far fessa la massa, poi con trovate sceniche come quella delle teen-escorts di Maccus dette ficedulae …
Teofilo Folengo – Quelle che io chiamo “puttinelle” ?
Aristofane – Suvvia, Teofilo, non fare il Ribaldus! Dicevo che regista e attori saranno chiamati infine alla prova del linguaggio. Il linguaggio, nel rispecchiare “la situazione dell’Italia berlusconiana”, è la “mimesi di un viaggio verso la demenzialità e l’autodistruzione”, come chiarisce la nota dell’autore. Insomma, come scrive Vanda Monaco Westerthal nella prefazione al volume intitolata “Il teatro o del gioco atroce”, è davvero un testo “terribile”, eppure nello stesso tempo “divertito”, come osserva Sergio Lambiase sul “Corriere della Sera”.
Uno studente – Io il testo l’ho letto con un certo stupore all’inizio, poi con ammirazione crescente, e fra le tante cose mi ha colpito la sorte della parola “uomo”: che fine ha fatto la nostra humanitas ? La situazione rispecchiata è solo quella della nostra “umile Italia” o può considerarsi diffusa su scala planetaria?
Una studentessa – Per non parlare poi di quelle tirate sugli uovi e della sorte della “donna”, un tempo “domina”, ora “ficedula” … Anche questo è un fenomeno mondiale?
Preside – Ma Aristofane legge anche il “Corriere della Sera”? Incredibile!
Professore – Già l’elenco delle Dramatis personae, da AVUS, statua di sale, in alto, fino a SERVI DELLA GLEBA e SCHIAVI, là in basso, alla base della colonna, come a indicare anche visivamente che sulle loro spalle grava il peso di tutti gli altri, da MACCUS and company a CRYPTOGAMUS and company …
G. B. Vico – Ve l’avevo detto che ci sono corsi e ricorsi: questa è la barbarie ritornata, non credete?
Una studentessa – Professore, non ci ha mica risposto …
Uno studente – Professore, non ci ha mica risposto …
Preside – Come osate interrompere il Vico?
Professore – Dunque, dicevamo che ci sono poi denominazioni “sfiziose”, come “Partito della Mangioria et Cricconia” e “Coalizione degli schiattamuorti” …
Preside – Come, “schiattamuorti” ?
Professore – Sì, vale a dire che fanno i becchini .
Torquato Tasso – Anch’io ho letto l’opera teatrale di Ugo Piscopo e devo dire che è strutturata molto suggestivamente e mi fa ritornare in mente quei miei versi: “Così a l’egro fanciul porgiamo aspersi – di soavi licor gli orli del vaso: – succhi amari ingannato intanto ei beve, – e da l’inganno suo vita riceve.”
Immanuel Kant – Quelli là di succhi amari dovrebbero berne botti e botti ripiene, senza alcun risultato: sono già vaccinati, ma contro la morale, quella che ricordai all’umanità con un famoso aforisma …
Studenti e studentesse in coro – “Il cielo stellato sopra di me, – la legge morale in me.”
Professoressa – Entro per la lezione di filosofia, e che vedo? Vedo una serie di autori che chattano e d’improvviso sta scattando Hegel a rivendicare come più evoluta la sua triade dialettica dello Spirito oggettivo con al culmine la sintesi dell’eticità!
Georg Wilhelm Friedrich Hegel – Eticità, eticità, eticità! Credevo alla coincidenza di reale e razionale, ed ecco che oggi in Italia l’eticità è razionale, ma non reale, se non al di fuori di certa politica … E allora la mia statolatria …
Niccolò Machiavelli – Ve l’avevo detto che l’Italia …
Dante Alighieri – “ … nave sanza nocchiero in gran tempesta – non donna di province, ma … “
Gneo Nevio – Altro che Metelli !
André Malraux – On ne fait pas de politique avec de la morale, mais on n’en fait pas davantage sans.
Preside – Che succede? Non c’è più la traduzione simultanea?
Professore – C’è un guasto tecnico. La tecnica non sempre funziona, anzi … Ma chi interviene ora? Come si affollano da ogni luogo e da ogni tempo!
H. Barh – Politik ist recht eigentlich die Kunst, sich auf den eigenen Vorteil ebenso gut als auf den des Nachbars verstehen und diesen fur jenen auszunutzen, indem man sich des Nachbars so bedient, dass er dabei meinem muss, man diene ihm.
Alberto Moravia – L’ uomo come fine.
Elio Vittorini – Uomini e no.
Luciano Bianciardi – La politica ha cessato da tempo di essere scienza del buon governo ed è diventata invece arte della conquista e della conservazione del potere.
Cesare Pascarella – E li ministri … te portano in barchetta, - e te fanno contento e cojonato.
Giosue Carducci – Voi … - piccioletti ladruncoli bastardi.
Emilio De Marchi – La pazienza dei popoli è la mangiatoia dei tiranni.
Paul Valéry – La politica è l’arte di impedire alla gente di impicciarsi di ciò che la riguarda.
Preside – Ah, la traduzione simultanea è stata ripristinata … Ma ora basta, basta, basta!, altrimenti ci accusano di far politica, mentre si sta facendo soltanto cultura.
Professore – Sì, basta, altrimenti quest’incontro potrebbe durare all’infinito: il testo teatrale di Ugo Piscopo ha messo in subbuglio l’intera cultura e ci sono autori del passato di ogni parte del mondo pronti a chattare sulla pièce, data la sua stimolante apertura problematica, che attira, coinvolge, spinge a sorridere amaramente e a riflettere per il modo di presentare le questioni.
Jean de Santeuil – Castigat ridendo mores.
Quinto Orazio Flacco – … ridentem dicere verum – quis vetat? Ut pueris olim dant crustula blandi – doctores, elementa velint ut discere prima.
Professore – Basta, abbiamo detto!
Preside – Veramente l’ho detto io.
Professore – Però la struttura dell’opera è coinvolgente. Primo quadro: logorrea dei personaggi o pupazzi o burattini o marionette o maschere dell’Atellana e ingresso delle ficedulae. Secondo quadro: logorrea della cosiddetta opposizione. Terzo quadro: tra schiavi e servi della gleba. Quarto quadro: le Campe respingono i tentativi di scacciarle dal Castello ad opera di “un popolo non popolo”. Ciò che colpisce è la satira della vana loquacità dei politicanti.
Uno studente – Stimolante.
Una studentessa – Spinge a riflettere.
Preside – Non pensate troppo. Eppure debbo ammettere che questo testo l’ho letto anch’io con ammirazione … Oh, ecco un Ispettore del MIUR. Buongiorno, ispettore, dica pure.
Ispettore – Pure.
Preside – Come?
Ispettore – Pure io ho letto il testo: è come un antibiotico di autentica cultura da somministrare a certi pazienti.
Voci in lontananza – Noi – ci vedete ora in immagine – et alii ci auguriamo che questa sorta di recensione in forma di devertissement non risulti sgradita all’Autore.