giovedì 3 aprile 2025

Il Poeta Giuseppe Iuliano scrive sull'opera di Carmen Moscariello: "Celestino V e Benedetto XVI: I Soli della Chiesa- Rinascenza e perdonanza , La rivoluzione poetica di Carmen Moscariello

 


Rinascenza e perdonanza, la rivoluzione poetica di Carmen Moscariello

                                                                                 di Giuseppe Iuliano

Poesia e fede, due distinte profezie. Anzi due verità, canto di una poetessa e pratica esistenziale di una donna, che da sempre professa la religione della vita e una vita di religione. Entrambe fino all’eresia, scelta di “coerenza” avverso il sonno delle coscienze e le anestesie del coraggio; amore di verità alla ricerca di se stessa nella gratuità dei servizi, nell’adesione alle responsabilità, nella disponibilità all’impegno.   

Donna e poetessa. Due distinti caratterizzanti profili, fors’anche possibili di antagonismi, eppure paralleli e speculari. Entrambi significativi di scelta e testimonianza. Entrambi un insieme di vero e sacro, una o più identità, combinazione e sintesi di Parola e parole, versi e metaversi, canti e disincanti. Questa è la mission apologetica e testimoniale di Carmen Moscariello per annunciare Il Vangelo in poesia, aderenza laica di una conversa che attende a pratiche e servizi con gli entusiasmi di una novizia.

Moscariello è una scrittrice che individua e decritta le parabole borghesi oggi vocazioni mercatali – povere di esempio, vetrine dell’apparire, che riducono il vero alla convenienza; non conosce compromessi e desistenze e continua a mostrare guancia e sorriso, convinta dell’imprescindibile salvezza dell’umanità; coltiva da sempre, tra misticismo e realismo, la politica dell’amore in una società che venera l’amore della politica e dei suoi desiderata, talvolta contraddittori e negazione dei principi e delle ragioni per cui si dovrebbe agire. Una scelta, quella della Nostra, ancora più apprezzabile oggi che la Chiesa è in sommo affanno, “in grande ribellione” e “sta vivendo momenti molto difficili”. Infatti, tra congetture e relativismi, Moscariello aspira alla costruzione di un cristianesimo ancora possibile dei respiri del mondo. Ecco i fondamenti del suo libro. “Quest’opera  per sua stessa ammissione dovrebbe valere  raccordo, intesa,  pacificazione  racconta dunque non solo la storia di un Santo  e di un grande Dottore della Chiesa,  (Celestino V e Benedetto XVI), ma narra anche  “di Papa Francesco, di Gioacchino da Fiore, di Angelo Clareno, di Pietro Giovanni Olivi, degli Spirituali, dei Padri predicatori, dei francescani, dei monaci benedettini, dei loro monasteri, dei canti, dei perseguitati dalla chiesa e dalla politica, dell’eco del silenzio, di un popolo che non vuole arrendersi ai soprusi dei potenti di ogni tempo, della bellezza e del mistero della Maiella”. Eremi, cenobi, romitori, abbazie, monasteri tra terre d’Abruzzo e del Gargano e del nostro Centro-Sud, custodi di segreti, messaggeri di speranza. Luoghi simbolo di raccoglimento e contemplazione, di rinascenza e perdonanza.

Il Vangelo moscarielliano, stesura in due capitoli, persegue e coniuga unità d’intenti, un filo invisibile (ma consistente) – passato remoto e prossimo che  ha portato papa Ratzinger a posare il suo pallio sulla tomba di Celestino a L’Aquila, cosa che “nessun papa fino ad allora aveva osato farlo”.

Quanta Chiesa del silenzio, della meditazione e dell’invocazione ha suggerito le coordinate dell’umano sentire, nei drammi dell’umanità, nelle fatiche ossessive della storia e nella letizia dei giorni! Una successione di dinamiche spirituali e di fratture geopolitiche fino alla Chiesa dei rumor odierni e delle grandi speculazioni teologico-filosofiche assistiamo da tempo a spinte ed accuse di progressismo e immobilismo.

Moscariello ha scelto il Vangelo dell’esempio, la novella della solitudine e della meditazione. Una visione, insieme ascetica e trascendentale ma mai avulsa dalla realtà, – è la linfa e l’ossatura della Chiesa – per una pastorale degli ultimi, votata alla comunione e all’ecumenismo per “tutti i figli d’Eva” (Manzoni, La Pentecoste). Essa trova punti di riferimento in Celestino V (san Celestino) e Benedetto XVI, che all’autorità hanno preferito l’autorevolezza, all’imperium il servizio, ai sermoni la meditazione e la preghiera.

L’Autrice, già pellegrina in Africa, ove ha seguito le orme di Charles de Foucauld e il suo percorso di evangelizzazione e conversione tra la popolazione berbera per trovarsi “fratelli tutti”, nell’attualità ha rinunciato ai viaggi esplorativi, alle scarpinate di meditazione e penitenza, alle tempeste di sabbia, riuscendo a trovare Dio nel prossimo adiacente, consapevole della certezza di Geremia (23,23): “Sono io forse Dio solo da vicino dice il Signore e non anche Dio da lontano?”

Dal silenzio degli eremi scaturiscono saggezza ed unione con Dio.  La Parola rimbomba come tuono e valanga per annunciare il Verbo e non si lascia sprofondare nel “mistero dell’abisso”. La montagna, asperità e discesa, natura ed accoglienza, diviene la vera protagonista: un delirio di luce che abbaglia e sembra ci porti ad un passo dall’infinita bellezza”. Un quadrinomio che si scompone in passaggi vitali, “trasformazione, ascetismo, bellezza espressione di Dio e consapevolezza della sua presenza tra gli uomini”, per una necessaria palingenesi morale e sociale.

Ci pare di rivisitare gli anfratti irpini del Terminio tra voli di sparvieri ed aquile reali e la montagna del Salvatore, quest’ultima con le sue stazioni di Via Crucis, per un’ascesa rigenerante e liberatoria, compagni i generosi castagni e i folti boschi, qui altra grazia di Dio. 

La Nostra, animata dalla dolcezza e dal fervore di pietà verso la croce, ne scrive un’ispirata poesia. È l’incipit, ago che indirizza la bussola de Il Vangelo in poesia: “C’è in Basilica a Lenola (Latina) uno smunto crocifisso / […] La fede è nello scarno crocifisso” che ha uno “sterno rinsecchito con seni avvizziti, quasi immagine di fame, che ricorda gli ebrei nei campi di concentramento”. Questo spaccato rimanda inevitabilmente alla figura del suo consanguineo Giovanni Palatucci, questore di Fiume – Beato per la Chiesa cattolica e Giusto tra le nazioni per gli Ebrei cui il libro è dedicato, morto di sevizie e stenti a Dachau, dopo aver salvato migliaia di Ebrei. Ecco forse la risposta convincente, essenza d’amore supremo nell’anticipo di apocalisse, inferno di terra di spiriti  malvagi per chi si chiedeva “Ad Auschwitz Dio dov’era?”

Alla tardiva comparsa di Dio, nascosto dalle tenebre è stato il timore di Benedetto “che la vita del mondo e della chiesa venga attaccata dal caos, dal nulla eterno”, Moscariello, memore  della parabola delle vergini savie, prepara opportunamente olio e lampada, convinta che si possa “Amare Dio con la catechesi del bello e dell’arte, della musica e della poesia”. Un mondo di armonie e sonorità, magie ed eco di venti, voci umane di incontri, raduni, annunci per sprigionare faville di misericordia e perdono, e “diffondere la Grazia”.  Anche un libro può diventare “rappresentazione del mondo attraversato da cuori” e, Moscariello, ormai vi provvede senza requie. La fede è un’ancora con la sua catena da avvolgere o srotolare per affrontare flutti e mareggiate e garantire gli ormeggi della comprensione, dell’indulgenza e della solidarietà. Così si cementificano ponti o muri e si permettono nei fatti difficile mantenere gli equilibri – il “nascere e il morire delle nazioni”.

In questo difficile compito e nell’ansia di ritrovare se stessa, la Chiesa può affidarsi – è accento e refrain dell’Autrice ai tre “campioni” che ne incarnano spirito e magistero:  Celestino V “spirito mansueto e guerriero” che affrontò la  “corruttela del mondo politico e religioso, contro i demoni che affollavano montagne e grotte e città”, e da “grande guerriero ed esorcista,  intraprese un duello critico contro la sciatteria dell’uomo”;  Benedetto XVI, “pastore coraggioso, inespugnabile”, esempio di inquietudine “per la chiesa, per i confratelli, prega per chi lo tradì e gli rubò la fiducia”; Francesco, infine, “con la sua fede militante, lotta strenuamente contro i demoni della nostra Storia”. Una trinità papale che ha seminato, nel tempo e in sinergia, la passione di Cristo e delle Chiesa ma ha dovuto scontrarsi con prove e sofferenze: “molte pagine delle loro vite, queste sono tessute d’amore, di sapienza, di speranza, sono dei ‘sovversivi’ intendendo con questo termine niente di violento, le loro intenzioni furono e sono quelle di sovvertire, non solo mutare, il mondo e il modo di rapportarsi a Dio”. Pagine esemplari, uniche, che dovrebbero diventare il “diario” di bordo del nostro viaggio di riconciliazione con Dio (metanoia).

Moscariello innalza un Te Deum intonato ed elegiaco, un tripudio liturgico, un alleluia di benedizioni:  “per i tre ci fu il peso della loro Missione e sotto la mezza luna cantano ancora con giubilo le ore che mancano all’alba. Con essi gli angeli in coro al battito di ciglia delle farfalle, ai sussurri dell’alba che inneggia la gloria di Dio, aprono le porte del Paradiso e finalmente alla visione dell’abbraccio del Padre. Gli uccelli proteggono felici la grotta del Santo, il romitorio di Benedetto XVI e l’umile casa di Francesco, si accompagnano agli zefiri mattutini della preghiera. Le campane in lontananza mandano echi di festa e incatenano progetti di futuro nei chioschi della Libertà e dell’Eterno”. Un inno di devozione, un salmo stuporoso come un ricamo meraviglioso, un cantico di gioiosa accoglienza.

Moscariello riprende l’Antico Testamento e il profeta Daniele che “ci annuncia che i Saggi brilleranno e con essi la Giustizia, le Stelle, nell’Eternità.” Ad essi vanno affiancati i poveri di spirito nel corale innovativo precetto di soccorrere i poveri, non solo insegnargli la preghiera e la strada del dialogo, ma, anche la strada del riscatto, uscire dalla miseria e portare il pane in ogni casa”.  E in aggiunta un insieme di assiomi, credo e percorsi, per la comune salvezza: Dio cercato che si rivela agli umili; somministrare il necessario ai fratelli più bisognosi; compiere, secondo le possibilità, le opere di misericordia; la fede si vive non si discute; la natura ha beneficio sull’uomo, apre il cammino alla luce; credere in Dio altro non è che abbracciare con consapevolezza l’Infinito; per l’eterno si diviene martiri. Un nutrito decalogo ovvero uno zibaldone ricco e cosciente, cui attingere nelle prove e negli scoramenti della vita, e con esso un novero di autori da Dante a Rilke, a Novalis, a Friedrich Hölderlin e a tanti altri” amati da Benedetto XVI.

La storia umana racchiude ansie di verità: disvelamento, morte e resurrezione. Ma già si presagiscono altre agonie. La Chiesa delle profezie messianiche si ritroverà, in una “indescrivibile solitudine”, piccola e povera, schiantata da “l’individualismo, l’esasperazione dell’identità, l’esacerbazione di primeggiare e schiacciare il prossimo”. Occorre, invece, invertire la tendenza: avversare  i “modelli di vita improntati all'arroganza e alla violenza, alla prepotenza e al successo ad ogni costo, all'apparire e all'avere, a scapito dell'essere” e incoraggiare l’affermazione del capitale umano e delle sue virtù.

C’è chi continua ad auspicare rivoluzione e cambiamento; tanto può significare pure la morte della Chiesa.  Ma io sono anche certissimo – ha detto Ratzinger di ciò che rimarrà alla fine: non la Chiesa del culto politico, che è già morto, ma la Chiesa della fede. Certo essa non sarà più la forza sociale dominante nella misura in cui lo era fino a poco tempo fa. Ma la Chiesa conoscerà una nuova fioritura e apparirà come la casa dell’uomo, dove trovare vita e speranza oltre la morte”. Ed allora cominciamo a ritrovare con umiltà Dio naufragato in “io” e riportarlo a “noi”.  Un percorso contrassegnato dall’amore, che resta il vero motore dell’universo e che non muove solo “il sole e l’altre stelle” ma smuove mente e cuore degli uomini. Vero è che se indugiamo sul “gran rifiuto” di Celestino V (Pietro da Morrone) – “galeotto” e tranciante il giudizio di Dante, sdegnato per il seggio papale di Bonifacio VIII – ignoriamo che il vero “rifiuto” è l’assenza di Dio, che prima è lontananza, poi estraneità. Toccherà, ancora, alla chiesa missionaria, nata da “un piccolo gregge di credenti”, operare il ritorno al cristianesimo, riavviando le convincenti cause della fede e  la sua “rivoluzione in perpetuo”.

 Carmen Moscariello, visionaria tra visionari, testimone di fede e poesia  Sant’Agostino diceva che “l’uomo è un abisso” e “nessuno, come da  congiunzione di Benedetto XVI  (25 dicembre 1969),  può prevedere quello che uscirà da queste profondità”[1] raccoglie le significative voci della storia per diffonderne la varietà di grazia e pensiero, auspici nel loro manifestarsi dell’avvento del nuovo in Dio: uomo, mondo, alleanza.

 

Postfazione di Franco Mangialardo

Post fazione di Maria Vitale

Reinvio mail

 


120


SOLI DELLA CHIESA Celestino V e Benedetto XVI


 



[1] https://diocesimacerata.it/wd-interventi-vesc/2022-12-31-omelia-santa-messa-col-canto-del-te-deum/

domenica 30 marzo 2025

L'Artista fiorentina LillY Brogi scrive sull'opera di Carmen Moscariello : "Celestino V e Benedetto XVI Due Soli della ciesa

 


I DUE PILASTRI DEL CIELO.

Celestino V e Benedetto XVI






 

 

Carmen Moscariello poetessa, scrittrice presenta ai suoi innumerevoli estimatori il suo ultimo nuovo attualissimo "Celestino V e Benedetto XVI" edito da Gangemi. Donna dalla personalità intellettuale fortissima. Esterna il suo carisma creativo nelle forme a lei congeniali immettendo la sua calma e seduttrice elaborazione in romanzi di grande pregio quali: Modigliani: l'anima dipinta, Pizia non dà più oracoli, Charles De Foucault. Fratelli tutti. Un'incredibile storia vera. Sono scritture complesse delicate ma ci convince anche lo sfondo drammatico nel quale la letterata si muove con inusitata efficacia. La letterata muove le sue pedine per la completa adesione all'emozione riflessa verso il lettore che ne diviene diretto e introdotto testimone. La Moscariello ci mostra amabilmente i suoi lati umani che la compongono: giornalista, ideatrice e direttrice del concorso letterario "Tulliola" che presiede da anni, così interessante che riesce a coinvolgere anche il Senato della Repubblica Italiana a concederle i suoi luoghi d'elezione per le premiazioni dei tanti partecipanti convenuti al premio. Numerosi sono i nomi illustri premiati d'eccezione dal procuratore Gratteri a delegazioni di poeti arabi e mitteleuropei. Cosa dire della sua poetica che  immette anche nella sua ultima creazione letteraria. Letteratura e poesia sono i capisaldi della sua tematica artistica cristallina. Sensibile e determinata ci rimanda la sensazione di un'artista che scava in un mondo difficile quasi impenetrabile, quello del mondo del papato. Celestino V e Papa Ratzinger i due artefici del grande rifiuto. Due asceti caduti sulla Terra per sorreggere e impreziosire come perle rarissime la storia di Santa Madre Chiesa e in particolare dei loro papati, cosparsi di luci e ombre perché i papi stessi sono frutto di umana natura anche se eletti e protetti da Dio e dalla Chiesa stessa non sono immuni dalle umane vicissitudini, spesso discutibili; ma tutto sempre sorretto dalla beatitudine dello Spirito Santo e da tutte le preghiere che giungono da gran parte della Terra. Situazioni diverse, momenti storici difficili uniscono queste due anime in cammino verso quella luce che emana soltanto per chi è in possesso del dubbio, si logora, si interroga, si santifica. Ecco apparire l'asceta solitario e ubbidiente fino alla scelta di disubbidienza che ne santifica il suo operato, dura la rinuncia al soglio di Pietro. Dopo secoli arriva al soglio pontificio Papa Ratzinger che chiede la rinuncia a proseguire il suo papato in un mondo che suona ostile alla sua coerenza e salute fisica, mondo non più suo che diviene croce e delizia per chi lo vive. Musiche divine, e paesaggi impensabili segnano questo libro che è un saggio di unicità per tante risposte da noi tutti sempre ricercate. La scrittrice maestra di vita spirituale ci segnala tutto questo con il pensiero che sfiora il ricordo e il rapporto fra prosa e poesia presenti. In questo romanzo d'indiscutibile armonia il mondo gira su sé stesso e i tempi cambiano velocemente così ci sovviene di capire e intuire anche da lontano i travagli di quelle terribili scelte certi che l'agire fu dettato da Dio nel vangelo secondo Matteo "non si possono servire due padroni "e Celestino V scelse l'eremitaggio nella Maiella e Benedetto XVI la sua rinuncia orante per il mondo ecclesiale cui si sentiva escluso. Due figure che hanno dato inizio con i loro fulgidi esempi a una discussione profonda all'interno della Santa Madre Chiesa. Carmen ci stupisce e ci affascina con il carme d'ingresso alla lettura di questo libro e tutto ci consola con i due granitici Pilastri del Cielo della Chiesa Cattolica Mondiale.

 

sabato 29 marzo 2025

Giordano Bruno di Carmen Moscariello Guida Editori recensione di Dinnj Di Stefano

 






"Ingiustizie clamorose della Chiesa e della storia dell’umanità” Saggio in pubblicazione di Carmen Moscariello


In questi giorni esce l’ultimo lavoro di Carmen  Moscariello con l’Editore Guida di Napoli.

Questo della Moscariello è’ un lavoro di indagine psicologico/analitica molto accurato e senza precedenti. Un poema introspettivo tutto da approfondire, uno scavo forte che porta in superficie, dai meandri bui dell’uomo, la forza di risalire dalle correnti del male e giungere ad una riappacifocazione con se stesso e con il senso morale ed etico della coscienza e della conoscenza. Tra le righe vi è la rivisitazione di una compatta e autoreferente condanna ai mali del mondo: una sorta di esplorazione a 360° nella psiche del genere umano portato alla solitudine e alla disperazione da una sorte infausta che lo rilega ai margini del suo solipsismo, della sofferenza e del dolore, ma contemporaneamente lo mette in allarme su quell’inferno programmatico che si va costruendo da solo con le sue azioni indegne e le sue “bestialità” i suoi istinti primordiali, le corruzioni, le nefandezze di ogni genere. Gli fa intuire il senso retrospettivo della storia condannandolo ad essere, suo malgrado, uno spettatore piuttosto che un protagonista. La scena in cui si svolge tutto il dramma, consente di avvertire molti riferimenti ai grandi Autori del passato che vengono menzionati e studiati come personalità degne della massima considerazione. Supponiamo che la scrittrice abbia voluto mettere in evidenza l’impermeabilità delle azioni umane votate al declino, alla conflittualità, al male belligerante che riassumono i tratti peculiari dell’esistente funestato dal suo destino di essere incompiuto, solitario, misero escludendolo dalla salvezza.

Vi è in questo lavoro intenso di ricostruzione e di elaborazione tutto il progetto di voler introdurre ad una revisione programmatica del mondo, stritolato da forze centrifughe che lo collocano molto in basso del pianeta-uomo. Nonostante tutto, e malgrado il linguaggio crudo e cruento, dettati apposta, dall’autrice proprio per mettere l’uomo a fronte del suo dramma, Carmen Moscarello tende a valorizzare il referente umano progettandolo ad una rielaborazione etica, ad un preciso e dettagliato esame di coscienza che lo induca alla “catarsi” rimuovendo le ragioni stesse del comportamento e del fraintendimento. Versi forti, dominati da una energia intellettuale che non è mai retorica, ma vuole trasferire alla storia di oggi la sua parte di responsabilità nei riguardi della sua condotta meschina e miserevole. Taluni riferimenti mostrano avvenimenti del passato il cui bagaglio di cultura e di opposizione alla corruzione furono esempi per l’umanità.  Un “male” quello di vivere che presuppone le condizioni di pre-morte ancora in vita, un peccato senza remissione, un trascinamento della propria condanna di dolore attraverso i secoli: neppure  il rogo per l’eretico che tuonava il suo je accuse dal proscenio ha potuto evitare il protrarsi del peccato e dell’incesto,. Reiterato attraverso i secoli e trasferiti da una generazione all’altra i mali persistono: si va dalla pedofilia, alla corruzione del clero, a guerre, fame e genocidi, scorrerie morali di ogni genere, che portano tutti ad un solo unico, imponderabile destino: la catastrofe e la fine ingloriosa dell’uomo sulla terra, passando attraverso le inagibili e intollerabili progettazioni di congelamento spirituale, i quali si sono riadattati in ogni epoca rilegando l’uomo al suo miserevole stato. Né hanno potuto sconfiggere il  -male- le sempre più strategiche e incessanti scoperte, gli avanzamenti del progresso tecnologico, o i rimedi apparenti della medicina, dell’astronomia, dell’astrofisica,. Ogni male sempre torna, a devastare la logica umana, forse perciò, più agguerrita che mai nei cuori degli uomini a infliggere altre pene e altri peccati da scontare con il patimento e il travaglio della progenie che sembra non avere scampo che quello di reiterare i suoi malifici, le sue contraddizioni, i suoi inganni.

La Storia ce lo insegna: niente è cambiato, ma nel caso in questione “repetita non iuvant” la nemesi storica riproduce il profilo dell’uomo in condizioni di frustrazioni ineludibili e di sconfitte etiche sempre più strabilianti.

Un libro a fortissime tinte, un dramma moderno  che delinea i tratti salienti dell’umanità in condizioni davvero precarie. Carmen Moscarello li fa parlare, presta loro il proscenio, induce personaggi del passato: Giordano Bruno, la Maga Circe…a tuonare contro i riottosi e irrecuperabili segnali di martirizzazione esistenziale, di condanna al dilagare  del malessere, dell’imperfezione del peccato. Ma l’uomo di ogni epoca resta sordo al  richiamo di recupero, persistente la sua ottusità, inconcludente la sua smania di essere faber del suo viaggio terreno, detrattore della propria immagine e della propria sconfessione. L’autrice prende in prestito dalla Storia alcuni episodi d’intemperanza alla logica, per vivisezionare il corpo infetto del peccato.

E’ un’opera che lascia il lettore esterrefatto, lo induce a riflettere sui suoi errori, lo incalza, lo inquieta, ma gli indica la stradina secondaria che porta alla catarsi e forse al ravvedimento.

Il tutto è condito e reso fruibile da uno strano ingrediente, -il responso storico- – , che appare come il bilancio retrospettivo sull’indagine umana di tutti i tempi. Intensamente elegante appare il connubio tra Poesia eTeologia, tra il reale e il surreale, tra l’emozione e la suggestione, il bene e il male. Carmen Moscarello è una scrittrice che sa picchiare forte sulle parole, indicare un supporto per arginare il maleficio di essere i peggiori nemici di se stessi, coi tempi che corrono, mi appare un modo estremamente indicativo di far intendere la sorte infausta che toccherà al mondo, se continuerà a cavalcare il male senza pensare minimamente di arginarlo.

Ninnj di Stefano.




Piccolo teatro filosofico. Dialogo su anima, verità, giustizia,tempo. Opera di Aldo Masullo, Editore Mursia.

 

Visionari legami 

Di Carmen Moscariello

 





Piccolo teatro filosofico . Dialogo su anima, verità, giustizia,tempo.

Opera di Aldo Masullo, Editore Mursia.

Visionari legami di una Filosofia tiatrica.

di Carmen Moscariello

Piccolo teatro filosofico : Masullo, il Grande Filosofo è in questo caso attore e regista di un’opera  in quattro “ tempi”.

 Non interpreta il teatro come hanno fatto Nietzsche (Centralità della tragedia greca); Hegel (Interpretazione della tragedia greca); Kierkegaard ( La lettura del Don Giovanni );  Walter Benjamin  (Rilettura del teatro tedesco barocco). Egli calca il palcoscenico del Pensiero che non può essere se non quello dell’Anima,  della Verità, della Giustizia, del Tempo. Sulla scia di Eschilo, Seneca, Deleuze, Sartre,  Badiou ha costruito un meta teatro pronto a calarsi nella coscienza dell’uomo. Quattro atti, in ognuno due protagonisti.  Il dialogo è il sentiero argenteo su cui  personaggi spaiati si muovono. Sembrano esserci nell’opera linee di fuga da quei percorsi severamente filosofici, terapie per una società schizofrenica,messaggi che stritolano la mordacchia dell’homo homini lupus. Protagonisti  dei quattro dialoghi sono:

l ‘anima, la verità,la giustizia, il tempo. Appare Masullo come l’Empedocle di Holderlin nel la ricerca delle origini e del principio primo della vita in accattivanti e raffinati duelli per un tempo che scorre inesorabile ed eterno. La filosofia è la vera protagonista dello spettacolo. Lei  per il Piccolo teatro di Masullo scende dal palcoscenico per donarsi al popolo a differenza , in questo caso, dell’Empedocle  di Holderlin che rimane severo maestro di pensiero, da concedersi solo agli  eletti. Il dinamismo della vita e della storia, o meglio come fa dire l’Autore a Eraclito l’Oscuro”il fiume è la vita nel suo venir vivendosi, il mutar di vissuto in vissuto…di salto in salto di sorpresa in sorpresa, la continua discontinuità, l’ininterrotto sostituirsi di momento a momento sembrano interessare non solo la piéce del Dialogo tra Eraclito l’Oscuro e uno sveglio orologiaio, ma tutta l’opera improntata a uno sconvolgimento di regole storiche, drammatiche e umane. Rimane però un nucleo “divino” che riguarda la ricerca e il confronto col proprio simile: “Originaria è la relazione. Non v’è un momento di vita o modo di essere di ognuno di

 

 

 

noi che non sia un trovarsi in relazione agli altri”fa dire al l maestro del dubbio Amleto nel dialogo con papa Benedetto.

Percorre le strade di un teatro di pensiero, surrealista nella struttura, ma rigorosamente metafisico nella costruzione dei dialoghi, lo stesso linguaggio è filosofico,  seppur moderato da un’ espressione “minore” determinata dall’incontro con persone non impegnate in rigorosi percorsi di pensiero (l’orologiaio, il procuratore di Stato). Masullo riprende il principio di Marx espresso nelle Tesi su Feuerbach  e cioè che il filosofo non deve limitarsi ad interpretare il mondo, ma a cambiarlo. Principio questo  che appartiene a tutto il percorso filosofico e di vita di Aldo Masullo: lo studioso è colui che guida, chi indica la strada all’uomo per salvarlo dalle sue miserie e dai suoi errori, per trasformare la società in una società “civile”. Una pratica artistica tra le più alte che molti studiosi , poeti, scrittori hanno tradita, alcuni allontanandosi dal mondo, seguendo il vascello folle dell’isolamento, altri limitandosi a descrivere con cronaca banale la realtà pratica e quotidiana: queste due tipologie”d’arte” sono destinate ad autodistruggersi e a non recare alcun vantaggio né alla società, né al singolo uomo.

Lo sdoppiamento che l’Autore applica ai suoi dialoghi è relativo, poiché si comprende facilmente la sua posizione che rimane fuori dal nichilismo contemporaneo pur non lasciandosi tentare dalla fede (Dialogo di Benedetto papa e del principe Amleto). L’ ardimentoso Filosofo, in situazioni apparentemente deraglianti, ci dona un Giordano Bruno che discute di Libertà con un asfittico procuratore;  ameno è anche il dialogo che vede coinvolto il Papa Benedetto  con  Amleto o Eraclito L’Oscuro che parla dello scorrere del tempo con un sveglio orologiaio. Nell’opera fiammeggia l’audacia nel fare incontrare epoche diverse, personaggi differenti dislocati in spazi storici totalmente incompatibili che mai nessuno ha pensato di far incontrare, per discutere sui  principi dell’origine della vita  (non più l’acqua, il fuoco e l’aria…, ma la verità, l’anima, la gistizia, il tempo…).

Che cosa è dunque il Piccolo teatro di Aldo Masullo? Solo questo apparente originale castello di fuoco  in cui personaggi vivi e pensanti si scontrano?O piuttosto  il divampare di  una visione del mondo dove l’uomo, se vuole sopravvivere, deve riconoscere il suo prossimo e  rispettarlo.

E’ certo  che la funzione di quest’opera ha nei suoi quattro spartiti la medesima finalità: dialogare per convincere; dialogare per non dividersi; dialogare per educare; dialogare per disbrogliare la strada della verità.

Al contrario di Giles Deleuze (Differenze e ripetizioni)  e di Carmelo Bene, per i quali  è il monologo l’essenza del tetro,(  il dialogo è per il potere), Masullo   predilige il dialogo per chiare motivazioni sociali: il dialogo è per l’Autore così importante che l’ultima parte dell’opera porta una preziosa gemma titolata Breve riflessione sul dialogo.  

Nonostante questa importante differenza di pensiero tra i tre immortali Maestri del teatro filosofico moderno del mondo occidentale,  tuttavia, Aldo Masullo non è in contraddizione con Giles Deleuze, né con  Carmelo Bene,  Egli si serve, come Giles,  del Kronos  ossia  partendo dal presente (l’Autore e il mondo che lo circonda) orchestra le circostanze in modo da farle muovere  liberamente, anzi si intrecciano , si intersecano con il passato e con il futuro, in spazi creativi dilatati infinitamente (questi spazi creativi sono simili a un’eco che attraversa le rupi del tempo ) ed Egli   come Carmelo Bene ha nel cuore il dolore e la storia dell’uomo quale protagonista (primo attore) del mondo. Così i personaggi di Masullo  pur appartenendo alcuni a secoli passati, possono tranquillamente discutere con uomini del nostro tempo (vedi per esempio la piéce, veramente raffinata e acida del dialogo tra Giordano Bruno e di un procuratore di Stato).

La mente indaga, accorda, disunisce  e il pensiero pensante si fa spettacolo, senza perdere la sua forza interiore e le sue capacità di trasmettere, di comunicare il bene della vita nella sua bellezza e unicità.

 

 

venerdì 28 marzo 2025

Pensieri in pergamena di Francesco Russo Prefazione di Gennaro Francione.Note dei Professori Massimiliano Verdee e di Carmine De Pascale. Edizione Nord Sud

 

Pensieri in pergamena di Francesco Russo Prefazione di Gennaro Francione

Note dei  Professori Massimiliano Verdee e di Carmine De Pascale.

Edizione Nord Sud

 

“ A guerra è solo infamia”

Recensione di Carmen Moscariello.

Queste poesie di Francesco Russo, mi hanno ricordato il Re Mida della canzone napoletana, il grande Murolo . Se il Maestro avesse avuto la fortuna di avere questi versi , con la sua chitarra li avrebbe resi immortali e incantato il mondo. Il libro è signorile, impaginato in pergamene, direi incorniciato, la parola ha grazia. 

L'opera vive un percorso morale- cristiano di grande significazione, lo riterrei opportuno, anzi necessario per i nostri tempi. Ha qualcosa anche della Chanson de Geste, d’altronde Francesco Russo è un Cavaliere Templare. Che cose strane succedono nella vita: io ho appena chiuso la mia recente opera “ Celestino V e Benedetto XVI : Soli della chiesa” e ho  conosciuto e inserito tra i miei amici   il Cavaliere Francesco Russo. Nella mia opera  ho dedicato ai Templari un intero capitolo, poiché furono loro a soccorrere ed aiutare economicamente Celestino V,  quando il Santo, sulla groppa di un asino  si recò  a Lione dal Papa. I templari lo ospitarono, più tardi quella stessa casa  appartenne all’Ordine dei Celestini, i seguaci del Santo dei romitaggi. I cavallieri templari  gli dierero i soldi  per costruire la meravigliosa chiesa All’Aquila, nonché dai documenti in latino che io ho trovato, gli affidarono le reliquie del Santo Sepolcro (loro si preparavano alla grande persecuzione di Filippo il Bello (1307-12)

Incontro ,per la prima volta nella mia vita un Cavaliere  Templare. Nei suoi endecasillabi liberi si invoca la pace, si chiede di essere fratelli, si evocano  in preghiera il Natale  la  Pasqua, il Santo cavalliere Agone. Tutto il libro ha l’impronta eroica dei Cavallieri templari, si apre con “La preghiera del Cavaliere”: Non tichiedo potere o Signore, ma degli occhi che vedano… le sofferenze del prossimo… la felicità per chi rifiuta il mondo. Il libro è  il desiderio di andare incontro a chi soffre… un cammino cristiano della speranza, un desiderio di cogliere la bellezza della Croce e della vita.

 Un’altra grande protagonista è la famiglia consacrata dall’architettura dei versi e dalla profondità dell’Amore. Questo libro così divinamente curato nella scenografia e nelle immagini , mi fa pensare a Duccio di Boninsegna,negli spazi, nei colori nelle immagini che  mi appaiono come miniature, molto vicine a quelle di Jean Fauquette  che le dipinse in occasione della presentazione della prima crociata da parte di Urbano II. Sono prima loro ad  attrarre e poi ad incantare i versi. L’opera è scritta in dialetto napoletano, una musicalita insita nella parola, arricchita da questo endecasillabo lungo con qualche ottonario che apre la poesia come  in "Nu palummiello sfortunatu" che sembra perpetrare le corde della chitarra e del mandolino.  “L’ammore non è pazzia”  è questo che il poeta vuole narrarci, consegnarci per sempre un desiderio di rinascere nel bello e nel giusto in eterno.  

Un dono che ho molto apprezzato è stato trovare in mezzo al libro una cartolina con la bellissima immagine della Madonna Schiavona che per me ha un sasapore d’Irpinia, di casa,  poiché è la madonna di Montevergine, l'effige era accompagnata da una fervida preghiera.

 L’eleganza della parola, il suo mettersi a servizio di Dio, della donna del mondo, insomma l’essere cavalieri mi fa pensare  anche all'ensamble in quintetto o ai versi di Cavalcante, ai poeti del Dolce Stil Novo e della Scuola siciliana.

Giovanni Palatucci, un eroe, dichiarato Beato dalla Chiesa e Giusto tra le nazioni dagli ebrei . Il Questore, le Forze dell'Ordine, il sindaco di Latina e le autorità di Latina e della Provincia l'hanno portato a conoscere nelle scuole come esempio di Legalità e di coraggio


 







Monsignore Arcivescovo di Amalfi e Cava dei Tirreni Ferdinando Palatucci. Nato a Montella e seppellito al Santuario del Salvatore che in vita contribuì a diffonderne la devozione 


 Come testimonia l'arcivescovo di Amalfi Monsignore Ferdinando Palatucci  in questa lettera, io sono parente  per parte di mia nonna Carmela non solo a Monsignore Ferdinando Palatucci zio di Giovanni Palatucci, ma anche a Giovanni Palatucci  un eroe che salvò 5000 ebrei dallo sterminio dei campi di concentramento e pagò con la vita. Scoperto fu internato nel campo di concentramento di Dakau all'età di 36 anni. Orgogliosa e felice che le Forze dell'Ordine, il Questore di Latina, il Sindaco e le altre autorità l'abbiano portato finalmente a conoscere nelle scuole quale esempio di Legalità e Coraggio. Sono grata a tutti loro.

Sono stata costretta a fare questa precisazione, poichè in precedenza avevo pubblicato la fotografia dell'Eroe in apertura del mia pagina facebooK, è rimasto lì per più di un anno, poi qualche buon tempone in questo periodo l'ha sottratta e distrutta. Segnalo quanto è accaduto a chi di dovere.

mercoledì 26 marzo 2025

"Soli della chiesa" di Carmen Moscariello, Gangemi Editore, Marzo 2025 Opera illustrata Foto di Alberto Falconio. Recensione della Professoressa Maria Vitale

 





Cara Carmen.



leggendo "Soli della Chiesa" la mia prima  costatazione riguarda l'amore per il nostro  meridione che emerge anche in altre tue opere in quanto tanta è  la tua ammirazione per la nostra povera terra e quasi morboso è  l'attaccamento ad essa.(Io provo gli stessi sentimenti)

Mi sono soffermata sul " silenzio" :indispensabile  per la concentrazione, per l'efficacia di qualsiasi pensiero e non ultima della preghiera.Anche in questo capolavoro ho potuto  notare e non posso non ammirare  ed esaltare, la tua preparazione,  la tua precisione e la tua meticolosa ricerca  nel riportare fatti,  persone, luoghi a me sconosciuti. Grazie anche per questo perché  da quando ti leggo, quei luoghi sembra che li tocchi con mano.Le illustrazioni  poi ne rendono appieno  la naturalezza e  la grandezza.Ribadisco, e te  l'ho  detto a voce,come hai mai potuto pensare di far dialogare persone di epoche diverse e di tale livello,  riuscendo a coinvolgermi in una lettura avida che mi ha incuriosita e appassionata.Ebbene, solo tu,  con la tua silenziosa capacità  di pensare e fantasticare  che hai dimostrato fin da adolescente, potevi incantarmi. Non voglio  adularti ma ho espresso solo la mia opinione.Scrivi ancora che ti leggerò  sempre  volentieri. Grazie che hai fatto il mio nome  ma non lo merito.Abbracci








Maria Vitale