I Paesi non sono Centauri
Di Peppino Iuliano
Introduzione di Dante Maffia
Ed. Delta3
Nota di Carmen Moscariello
Si mette
quasi sempre in luce il verso ribelle, la voce addolorata , la denunzia del
male, la costanza del dolore nella poesia di Giuseppe Iuliano.
In questa
raccolta c’è anche un aspetto nuovo: il rosa della poesia, la pietà di chi
spesso è abbandonato al suo destino. Questa nuova e intensa voce mi sembra
prevalga sulle altre e il destino degli uomini si compie, nonostante le
tempeste, nonostante l’ibrido ruolo di un meridione senza padre e senza madre
che soffre, eppure continua a consegnarci uomini e poeti di grande valore,
sensibilità, altissima scrittura.
Scrittura esperta, non levigata quella di
Peppino Iuliano, la sua profonda fede cristiana
lo pone in un circuito di uomini eletti[1]
che non si arrendono mai e i suoi versi aderiscono alla sua persona, al suo
modo di concepire la vita. I paesi per il poeta, sembra voglia farci credere,
che “non sono Centauri”, non sono l’Inferno in cui Dante li colloca, ma la sua
poesia è arcana ha un cuore che piange, che non perdona. Emergono versi da un pozzo gelato, che nessun
mantello di lana o pelliccia può riscaldare:
”il mio paese
ha un nome antico/duro come le sue pietre”; “nido trincea svetta tra
monti e boschi”;Il mio paese racconta
miti e assenze/figli di colonie smarrite”; ”paura consiglia fughe e distacchi”;
questi versi aprono la raccolta e il senso di smarrimento, oserei dire
, di sconfitta ci raccontano realtà difficili, in anni, forse secoli di lotta,
non si è arrivati al compimento di una vera grande svolta. Qui la poesia non è
la clava che i Centauri muovono ubriacati dalla rabbia, ma la storia di un uomo
che ha dato tutto se stesso per portare gioia agli esseri umani e che invece si
ritrova a soffrire come a vent’anni, quando anch’egli emigrato ha lasciato il
suo paese.
Voglio dire
di non lasciarci ingannare dalla bellissima (quanto tutte le altre) copertina,
colorata, accattivante con il Centauro mezzo uomo e mezza bestia che lancia le
sue frecce e all’orizzonte torri e paesi tremolanti che non reggono l’urto di
un ennesimo terremoto. Insomma, queste poesie non possono essere liquidate nel
medesimo percorso di sempre, qui la luce dalla candela, quell’unica candela è
tremolante, squarcia tutte le illusione e guarda in faccia (il Poeta l’ha
sempre fatto) cosa la vita alla fine ci riserva. Rimane un testo graffiante, ma
soprattutto un testo di misericordia, di accoglienza di amore per i paesi dei
centauri, una pietas cristiana che perdona e si affida al buon Dio. Serpeggia
sempre nei libri di Peppino Iuliano un percorso non solo di urgente riscatto, ma anche di amore e
perdono. Il fluido della poesia greca, dal lontano mondo classico,
attraversando il Cristianesimo nobilita anche le ingiustizie e le pone
sull’altare della pace.
[1] Giuseppe
Passaro Sacerdote e storico di Nusco a cura di Giovanni Marino pg.63 “Giuseppe
Iuliano.
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