martedì 5 agosto 2025

Federico II il Grande . L'arte della politica . Riflessioni di Carmen Moscariello: Il Re flautista amato da Karl Marx e da Napoleone


 

Federico il Grande- L’arte della  politica. Tra machiavellismo e prassi del potere.

Opera di Amato Michele Iuliano. Terebinto Edizioni.

Riflessioni di Carmen Moscariello

Il Re flautista amato da Karl Marx e da Napoleone

 

Mi sono chiesta a lungo i motivi per cui il giovane scrittore Amato Michele Iuliano abbia scelto come argomento di studio e di scrittura un imperatore che abbraccia molteplici aspetti di vita, di filosofia, di storico, di analista critico, di politico riformatore , di musicista, uomo di cultura, di giurista.

Nell’opera l’autore procede anche  ad un confronto serrato tra il Principe di Machiavelli, molteplici autori filosofi, storici dell’Illuminismo ,Voltaire in primis   e infiniti altri pensatori.

Tra le altre e numerose qualità il libro possiede una bibliografia densa e  un’infinità di note che rimandano a un grande panorama storico e letterario.

Non finisce qui, perché Federico il Grande fu anche raffinato stratega ed  ottimo condottiero, fu scrittore eccellente riformatore, tolse la pena di morte e la tortura, tre giorni dopo essere salito al trono, pur essendo ateo accolse in Prussia i gesuiti perseguitati nel mondo e dichiarò la libertà di culto.[1]

 

 

 

Ritornando alle scelte dello storico Iuliano, aggiungerei  (chiedo venia…) una qualità particolare, più che altro un dubbio: forse costui era venuto al mondo per fare il poeta o il musicista, piuttosto che il politico. Quello che mi affascina di Federico II il Grande è l’essere stato grande, immenso flautista, suonava divinamente il flauto traverso, era  appassionato e bravo musicista, Bach ne ebbe grande considerazione sapeva suonare bene l’”oboe per flauto traverso “[2] e molti strumenti a fiato. Fu anche eccellente e furioso lettore degli Illuministi e non solo, tra i filosofi antichi predilesse gli stoici e gli epicurei. Fin da fanciullo pubblicò opere quale ”Regole di vita per un principe di alta nascita” e in seguito scrisse anche opere in lingua francese, conosceva bene questa lingua. Mi sarei soffermata a lungo anche su cose fatue: gli piaceva mangiare bene; era un ghiottone ; alla sua corte aveva fatto venire un bravissimo cuoco francese, amava la bottarga italiana, se la faceva arrivare fresca dall’Italia. Era tante altre cose, la sua vita non fu priva di contraddizioni: fu misogino, odiava le donne, non solo la moglie, ma tutte le imperatrici degli Stati , sosteneva che ne erano la rovina. Odiava la guerra, ma fu il propulsore della “prima guerra mondiale” della storia iniziò  con l’invasine della Sassonia. I grandi storici sostengono che se non l’avesse fatto la Prussia sarebbe stata distrutta e forse questa tesi è da sostenere, perché molti stati europei in segreto avevano fatto una grande coalizione contro la Prussia.

Lo storico Amato Michele Iuliano, si sofferma su tutto, ma in particolare sulla sua politica che va ben oltre quella di Machiavelli, tende soprattutto a salvaguardare il bene dei suoi sudditi, non tanto quello del principe: impose l’insegnamento  per tutti, una miriade di scuole e di insegnanti, abolì i servi della gleba e distribuì la terra agli agricoltori, mise fine alle persecuzioni religiose, lasciando la libertà di scegliere o non scegliere il proprio Dio, mise fine alle lotte tra protestanti e calvinisti.

 L’esposizione nel libro è incisiva e chiara, soprattutto nelle pagine in cui ci illustra lo statista illuminato, ma molto belle e dense di fascino sono anche quelle della ferma opposizione al padre , costui non riuscirà a cambiare nemmeno un granello della sua indole. Pur essendo un uomo che amava  la campagna, odiò la caccia che fu un altro argomento di scontri violenti con il padre. Seppe organizzare il suo Stato  secondo i suoi studi e i suoi progetti non piegò mai la testa al conservatorismo paterno, intuendo fin da ragazzo che quella politica non era un bene né per lo Stato, né per il popolo.

Amato Michele Iuliano non ha trascurato neanche questo. Ha accuratamente dedicato molte pagine ai contrasti durissimi con il Re Sergente che disprezzava la musica e la lettura di certe opere che egli riteneva sovversive, arrivò a percosse fisiche e lo sottopose a processo anche per una sua tentata fuga dalla Prussia, rifugiandosi dai suoi parenti inglesi, lo condannò a sei mesi di prigione. Tra le disobbedienze al re Sergente c’è la creazione a corte di una ricca biblioteca, di nascosto al terribile padre che accusava anche la moglie di non essere abbastanza severa nell’educazione del figlio. Ebbe, invece, sempre come alleata e consigliera  la sorella Guglielmina, non la  madre, anch’essa troppo distratta a pavoneggiarsi nei salotti del tempo, per capire quel giovane troppo introverso e lontano dal loro modo di vivere.

Né “ i rimproveri” paterni sortirono qualche vittoria sul principe ribelle.

Pur essendo ateo  non trascurò la religione,  lasciando ai suoi sudditi di credere o non credere.

 

 

 

Lo costrinsero a sposarsi, ma allontanò ben presto la donna malcapitata, a questa, quando divenne imperatore, non le permise di mettere piede neanche nella reggia. Questi aspetti  non preclusero il fatto di essere un ottimo imperatore e di scegliere come modalità di governo l’ assolutismo illuminato  in politica. Non nascose mai il suo amore per Epicuro e l’epicureismo. La sua politica, fece della Prussia  da un minuscolo Stato che solo col padre aveva ottenuto l’autonomia, ne fece un impero autonomo e potente , aumentandone popolazione e prestigio. Lo studioso  ha eccellentemente fuso e argomentato tutti questi diversi aspetti, facendoci conoscere oltre che lo statista, l’uomo intelligente e al centro di un mondo in veloce evoluzione e cambiamenti, ma anche i particolari della sua complessa personalità.   Per quanto mi riguarda se dovessi paragonarlo a uno statista vicina al suo tempo, penserei a Caterina di Russia, anche per  la precarietà della sua vita affettiva, non si legò mai a nessuno, i suoi paggi duravano solo una notte e  poi cadevano nel dimenticatoio. Sottolineiamo anche lo scambio di lettere con la sorella Guglielmina che accompagnarono tutta la sua vita, soprattutto nelle grandi decisioni molteplici sono gli scambi e i consigli che chiedeva alla sorella. Vogliamo ricordare un argomento non marginale: siccome il padre odiava i libri e ogni tipo di lettura, ritenendole delle perdite di tempo dannose alla sua formazione, egli, in segreto, da fanciullo, insieme alla sorella mise insieme un’enorme biblioteca, spiato da un servitore del padre dovette porre fine a questa iniziativa.

Lo scrittore Amando Michele Iuliano, mette in luce  lo studio accurato che fa del Principe di Machiavelli (egli pubblicherà anche diversi suoi ottimi studi) tra questi annovererei senza ombra di dubbi i suoi scritti, le sue critiche al Principe  di voler piegare ogni obiettivo morale al raggiungere i suo scopi . Insiste molto sul principio di giustizia e sulla liberalità del l’imperatore. Egli non volle nessun consigliere decideva secondo il bene dello Stato e del benessere dei suoi concittadini. Odiava le guerre , anche se fu costretto e trascinato in guerra. Denis  Diderot, pur riconoscendo  molte qualità politiche al monarca d’Hohenzollern, lo chiama balzano e maligno come una scimmia. All’ opposto Goethe che lo appella” La stella polare del mondo”. Credo che sia i giudizi positivi che quelli negativi costruirono la complessa personalità  di Federico il Grande. Ritengo tutti i pareri anche i più contradittori veritieri. Ritengo con assoluta certezza che la natura l’aveva creato poeta e musicista.

Quest’ opera mi è apparsa sostanziosa e capace  di allargare molti orizzonti,  leggendo e rileggendo l’ ho trovata attuale, fresca di approcci costruttivi e utili anche per chi, diversamente da quanto accade oggi,  intenda fare politica per il bene dello Stato . Federico il Grande è in primis un uomo colto, un musicista, un filosofo  che affronta ogni cosa alla luce della ragione, ma è anche un uomo deciso e forte che ha saputo costruirsi suoi precisi innesti nella storia non solo del suo tempo, innesti   che definirei granitici. Ogni riga di questo libro ci fa comprendere che la politica non è un’ avventura o una banderuola che ha zolle malate, se non fradice.

 

 

 Federico il Grande che pure si racconta ebbe una salute fragile, fu uomo di pensiero e di azione , incarnando tra i primi l’eleganza, lo stile di essere se stesso e soprattutto non si fece incantare da fragilità, corruzioni o da una vita immorale e sfatta.

 La dedicò per intero al bene dello Stato e dei suoi sudditi



[1] Fu altalenante il rapporto con Voltaire.

Al contrario Voltaire fa un quadro molto poco generoso del monarca. Pur essendo stato l’autore preferito di Federico II il Grande, lesse per tre volte “Il Candido” (1759) definendola l’opera più bella da leggere infinite volte.

Lo scrittore francese lo conobbe personalmente e lo stesso imperatore lo fece rinchiudere nelle sue prigioni.  L’opera di Amato Michele Iuliano si serve di moltissime fonti e studi e traccia un percorso  armonioso del protagonista e nel contempo molto veritiero. Noi stessi pensiamo che Voltaire abbia scritto perché esasperato da certi modi di fare del monarca  e soprattutto per aver subito l’onta della prigione. Credo che  scriva fatti veri, ma alquanto esasperati:

«Il re, suo figlio [si riferisce al futuro Federico II], che amava i begli uomini, e non i grandi uomini, ne aveva messi a scortare la regina sua moglie in qualità di arciduchi. Il principe aveva una specie d'innamorata, figlia d'un maestro di scuola della città di Brandeburgo e abitante a Potsdam. Suonava, assai male, il clavicembalo, e il principe l'accompagnava col flauto. Credette d'essere innamorato di lei, ma si sbagliava; la sua vocazione non era per il gentil sesso. Tuttavia, avendo mostrato di amarla, il padre fece fare a questa signora il giro della piazza di Potsdam, guidata dal boia, che la frustava sotto gli occhi del figlio. Dopo avergli offerto questo spettacolo, lo fece internare nella cittadella di Küstrin [Dove sarà rinchiuso anche dopo la tentata fuga con Katte], situata nel mezzo di una palude. Là fu rinchiuso per sei mesi, senza domestici, in una specie di prigione; dopo sei mesi gli si diede per servitore un soldato. Questo soldato, giovane, bello, ben fatto, e che suonava il flauto, servì in più di un modo a divertire il prigioniero. (...) Al mattino, quando Sua Maestà era vestita e calzata, lo stoico cedeva qualche istante alla setta di Epicuro: faceva venire due o tre favoriti, giovani ufficiali.   

[2] Oboe per flauto traverso” di Carmen Moscariello. Guida Editore.

Nessun commento:

Posta un commento