Federico il Grande- L’arte della politica. Tra machiavellismo e prassi del
potere.
Opera di Amato Michele Iuliano. Terebinto
Edizioni.
Riflessioni di Carmen Moscariello
Il Re flautista amato da Karl Marx e da
Napoleone
Mi sono chiesta a lungo i motivi per cui
il giovane scrittore Amato Michele Iuliano abbia scelto come argomento di
studio e di scrittura un imperatore che abbraccia molteplici aspetti di vita,
di filosofia, di storico, di analista critico, di politico riformatore , di
musicista, uomo di cultura, di giurista.
Nell’opera l’autore procede anche ad un confronto serrato tra il Principe di
Machiavelli, molteplici autori filosofi, storici dell’Illuminismo ,Voltaire in
primis e infiniti altri pensatori.
Tra le altre e numerose qualità il libro
possiede una bibliografia densa e
un’infinità di note che rimandano a un grande panorama storico e
letterario.
Non finisce qui, perché Federico il Grande
fu anche raffinato stratega ed ottimo
condottiero, fu scrittore eccellente riformatore, tolse la pena di morte e la
tortura, tre giorni dopo essere salito al trono, pur essendo ateo accolse in
Prussia i gesuiti perseguitati nel mondo e dichiarò la libertà di culto.[1]
Ritornando alle scelte dello storico
Iuliano, aggiungerei (chiedo venia…) una
qualità particolare, più che altro un dubbio: forse costui era venuto al mondo
per fare il poeta o il musicista, piuttosto che il politico. Quello che mi
affascina di Federico II il Grande è l’essere stato grande, immenso flautista,
suonava divinamente il flauto traverso, era appassionato e bravo musicista, Bach ne ebbe
grande considerazione sapeva suonare bene l’”oboe per flauto traverso “[2] e molti strumenti a fiato.
Fu anche eccellente e furioso lettore degli Illuministi e non solo, tra i
filosofi antichi predilesse gli stoici e gli epicurei. Fin da fanciullo
pubblicò opere quale ”Regole di vita per un principe di alta nascita” e in
seguito scrisse anche opere in lingua francese, conosceva bene questa lingua.
Mi sarei soffermata a lungo anche su cose fatue: gli piaceva mangiare bene; era
un ghiottone ; alla sua corte aveva fatto venire un bravissimo cuoco francese,
amava la bottarga italiana, se la faceva arrivare fresca dall’Italia. Era tante
altre cose, la sua vita non fu priva di contraddizioni: fu misogino, odiava le
donne, non solo la moglie, ma tutte le imperatrici degli Stati , sosteneva che
ne erano la rovina. Odiava la guerra, ma fu il propulsore della “prima guerra
mondiale” della storia iniziò con
l’invasine della Sassonia. I grandi storici sostengono che se non l’avesse
fatto la Prussia sarebbe stata distrutta e forse questa tesi è da sostenere,
perché molti stati europei in segreto avevano fatto una grande coalizione
contro la Prussia.
Lo storico Amato Michele Iuliano, si
sofferma su tutto, ma in particolare sulla sua politica che va ben oltre quella
di Machiavelli, tende soprattutto a salvaguardare il bene dei suoi sudditi, non
tanto quello del principe: impose l’insegnamento per tutti, una miriade di scuole e di
insegnanti, abolì i servi della gleba e distribuì la terra agli agricoltori,
mise fine alle persecuzioni religiose, lasciando la libertà di scegliere o non
scegliere il proprio Dio, mise fine alle lotte tra protestanti e calvinisti.
L’esposizione
nel libro è incisiva e chiara, soprattutto nelle pagine in cui ci illustra lo
statista illuminato, ma molto belle e dense di fascino sono anche quelle della
ferma opposizione al padre , costui non riuscirà a cambiare nemmeno un granello
della sua indole. Pur essendo un uomo che amava
la campagna, odiò la caccia che fu un altro argomento di scontri
violenti con il padre. Seppe organizzare il suo Stato secondo i suoi studi e i suoi progetti non
piegò mai la testa al conservatorismo paterno, intuendo fin da ragazzo che
quella politica non era un bene né per lo Stato, né per il popolo.
Amato Michele Iuliano non ha trascurato
neanche questo. Ha accuratamente dedicato molte pagine ai contrasti durissimi
con il Re Sergente che disprezzava la musica e la lettura di certe opere che
egli riteneva sovversive, arrivò a percosse fisiche e lo sottopose a processo anche
per una sua tentata fuga dalla Prussia, rifugiandosi dai suoi parenti inglesi,
lo condannò a sei mesi di prigione. Tra le disobbedienze al re Sergente c’è la
creazione a corte di una ricca biblioteca, di nascosto al terribile padre che
accusava anche la moglie di non essere abbastanza severa nell’educazione del
figlio. Ebbe, invece, sempre come alleata e consigliera la sorella Guglielmina, non la madre, anch’essa troppo distratta a pavoneggiarsi
nei salotti del tempo, per capire quel giovane troppo introverso e lontano dal
loro modo di vivere.
Né “ i rimproveri” paterni sortirono
qualche vittoria sul principe ribelle.
Pur essendo ateo non trascurò la religione, lasciando ai suoi sudditi di credere o non
credere.
Lo costrinsero a sposarsi, ma allontanò ben
presto la donna malcapitata, a questa, quando divenne imperatore, non le
permise di mettere piede neanche nella reggia. Questi aspetti non preclusero il fatto di essere un ottimo
imperatore e di scegliere come modalità di governo l’ assolutismo illuminato in politica. Non nascose mai il suo amore per
Epicuro e l’epicureismo. La sua politica, fece della Prussia da un minuscolo Stato che solo col padre
aveva ottenuto l’autonomia, ne fece un impero autonomo e potente , aumentandone
popolazione e prestigio. Lo studioso ha
eccellentemente fuso e argomentato tutti questi diversi aspetti, facendoci
conoscere oltre che lo statista, l’uomo intelligente e al centro di un mondo in
veloce evoluzione e cambiamenti, ma anche i particolari della sua complessa
personalità. Per quanto mi riguarda se dovessi paragonarlo
a uno statista vicina al suo tempo, penserei a Caterina di Russia, anche
per la precarietà della sua vita
affettiva, non si legò mai a nessuno, i suoi paggi duravano solo una notte
e poi cadevano nel dimenticatoio. Sottolineiamo
anche lo scambio di lettere con la sorella Guglielmina che accompagnarono tutta
la sua vita, soprattutto nelle grandi decisioni molteplici sono gli scambi e i
consigli che chiedeva alla sorella. Vogliamo ricordare un argomento non
marginale: siccome il padre odiava i libri e ogni tipo di lettura, ritenendole
delle perdite di tempo dannose alla sua formazione, egli, in segreto, da
fanciullo, insieme alla sorella mise insieme un’enorme biblioteca, spiato da un
servitore del padre dovette porre fine a questa iniziativa.
Lo scrittore Amando Michele Iuliano,
mette in luce lo studio accurato che fa
del Principe di Machiavelli (egli pubblicherà anche diversi suoi ottimi studi)
tra questi annovererei senza ombra di dubbi i suoi scritti, le sue critiche al
Principe di voler piegare ogni obiettivo
morale al raggiungere i suo scopi . Insiste molto sul principio di giustizia e
sulla liberalità del l’imperatore. Egli non volle nessun consigliere decideva
secondo il bene dello Stato e del benessere dei suoi concittadini. Odiava le
guerre , anche se fu costretto e trascinato in guerra. Denis Diderot, pur riconoscendo molte qualità politiche al monarca d’Hohenzollern,
lo chiama balzano e maligno come una scimmia. All’ opposto Goethe che lo
appella” La stella polare del mondo”. Credo che sia i giudizi positivi che
quelli negativi costruirono la complessa personalità di Federico il Grande. Ritengo tutti i pareri
anche i più contradittori veritieri. Ritengo con assoluta certezza che la
natura l’aveva creato poeta e musicista.
Quest’ opera mi è apparsa sostanziosa e
capace di allargare molti
orizzonti, leggendo e rileggendo l’ ho
trovata attuale, fresca di approcci costruttivi e utili anche per chi, diversamente
da quanto accade oggi, intenda fare
politica per il bene dello Stato . Federico il Grande è in primis un uomo
colto, un musicista, un filosofo che
affronta ogni cosa alla luce della ragione, ma è anche un uomo deciso e forte
che ha saputo costruirsi suoi precisi innesti nella storia non solo del suo
tempo, innesti che definirei granitici.
Ogni riga di questo libro ci fa comprendere che la politica non è un’ avventura
o una banderuola che ha zolle malate, se non fradice.
Federico il Grande che pure si racconta ebbe
una salute fragile, fu uomo di pensiero e di azione , incarnando tra i primi
l’eleganza, lo stile di essere se stesso e soprattutto non si fece incantare da
fragilità, corruzioni o da una vita immorale e sfatta.
La dedicò per intero al bene dello Stato e dei
suoi sudditi
[1]
Fu altalenante il
rapporto con Voltaire.
Al contrario Voltaire fa un quadro molto
poco generoso del monarca. Pur essendo stato l’autore preferito di Federico II
il Grande, lesse per tre volte “Il Candido” (1759) definendola l’opera più
bella da leggere infinite volte.
Lo scrittore francese lo conobbe
personalmente e lo stesso imperatore lo fece rinchiudere nelle sue prigioni. L’opera di Amato Michele Iuliano si serve di
moltissime fonti e studi e traccia un percorso
armonioso del protagonista e nel contempo molto veritiero. Noi stessi
pensiamo che Voltaire abbia scritto perché esasperato da certi modi di fare del
monarca e soprattutto per aver subito
l’onta della prigione. Credo che scriva
fatti veri, ma alquanto esasperati:
«Il re, suo figlio [si riferisce al futuro Federico II], che amava i begli uomini, e non i
grandi uomini, ne aveva messi a scortare la regina sua moglie in qualità di arciduchi.
Il principe aveva una specie d'innamorata, figlia d'un maestro di scuola della
città di Brandeburgo e abitante a Potsdam. Suonava, assai male, il
clavicembalo, e il principe l'accompagnava col flauto. Credette d'essere
innamorato di lei, ma si sbagliava; la sua vocazione non era per il gentil
sesso. Tuttavia, avendo mostrato di amarla, il padre fece fare a questa signora
il giro della piazza di Potsdam, guidata dal boia, che la frustava sotto gli
occhi del figlio. Dopo avergli offerto questo spettacolo, lo fece internare
nella cittadella di Küstrin [Dove sarà rinchiuso anche dopo la tentata fuga con Katte], situata nel mezzo di
una palude. Là fu rinchiuso per sei mesi, senza domestici, in una specie di
prigione; dopo sei mesi gli si diede per servitore un soldato. Questo soldato,
giovane, bello, ben fatto, e che suonava il flauto, servì in più di un modo a
divertire il prigioniero. (...) Al mattino, quando Sua Maestà era vestita e
calzata, lo stoico cedeva qualche istante alla setta di Epicuro: faceva venire
due o tre favoriti, giovani ufficiali.
[2] Oboe per
flauto traverso” di Carmen Moscariello. Guida Editore.
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