sogni sempre sogni
l’auto
procedeva in pensieri gravi
quando
apparve improvvisa
una giovane gru: si proiettò sui vetri e fu un
abbraccio.
Le sue ali
ampie si aprirono immense.
Spiriti dell’aria spirito consacrato
messaggera di Dio cogli racconti
nutriti di
rugiada, nelle ali
avvolgi
cartoline d’amore. Misterioso
folletto
augure di vita
insegui il
sole su nuovi orizzonti
prorompi
straniera nello spazio di cielo
che non ti appartiene. Il tuo volo ti porta
alle albe
rosa dell’Africa e il sogno
agguanta la speranza per una nuova vita.
si andava in landò sì in landò
e m’era
caduto di mente, un po’ me n’ero scordata,
il
Montagnone del mio paese
là piantato tetragono guardiano del luogo
un bestione che al risveglio
faceva
sparire quatti quatti nelle tane
lepri e lupi
talpe e cinghiali si andava
si andava in
landò
nella
plenitudine meridiana
come
un’arancia dolce di umori maturi
fra una prateria di luce
io il
nipotino sua madre Giuseppe certo così si chiama
per un
lancio di dadi del destino
rideva nel
sonno a sigillo perfetto di gioia
ecco dalla
cima dell’arcobaleno
d’un balzo
staccarsi una gru un ibis un non so che di tal fatta
ad ali aperte piombarci incontro a dirci dal
cielo di fuori
sì sì ci
siamo all’appuntamento
con
quell’idea proprio con quell’idea
tale e quale d’amore-uccello d’amore-cosa
cosa d’aria
trepidante di esporsi fuori all’aria
che fa
tuttavia nido nell’aria senza occupare spazio di cielo
quale sogno
nel sogno o quasi un sogno presago
un flatus,
un presagio anche codesto landò
tu mi spieghi tra un battito e l’altro di ali
contro il vetro
che si fa
anch’esso impalpabile meno che un velo di cielo
come lo
sguardo di mio padre che si sottraeva alla vista
anch’esso un
augurio che non chiedeva
traduzioni e
glosse di àuguri etruschi
presagio anche la nostra arancia matura
piena di due
mamme col bimbo che ride ride nel sonno
e dice sì
all’angelo compagnuccio calatogli accanto nel sole
per viaggiare insieme di presagio in presagio
.
Per il
piccolo Giuseppe, appena nato,( una gru si riversò ad ali piene sul vetro della macchina di mia figlia Lara, a
Sabaudia, l’uccello fu presago di una vita nuova e felice).
La poesia è tratta da L’Orologio smarrito di
Carmen Moscariello, Guida Editori (Pagine d’Autore), 2014). Prefazione di Nazario Pardini. E' stata scritta a quattro mani , da Carmen Moscariello e Ugo Piscopo.
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