martedì 13 maggio 2025

Munch e gli spettri della sua arte. di Carmen Moscariello

 Il sole si estingue, cala la notte, e il crepuscolo trasforma i mortali in spettri e cadaveri.

 


Di Carmen Moscariello

 

 


 

 

 

 

«Verrà, comunque, forse un giorno in cui saremo tanto avanzati, così illuminati, da poter osservare con indifferenza lo spettacolo brutale, cinico, crudele, che ci propone l'esistenza. Allora avremo disinnescato gli strumenti inferiori ed inattendibili di pensiero detti sentimenti, divenuti superflui e nocivi per la maturazione dello strumento di giudizio.»

(August Strindberg, prefazione a La signorina Julie[1]).

Strindberg e Munch ((Løten, 1863 – Oslo, 1944) si conobbero e si apprezzarono. La prima recensione all’Urlo si deve proprio a Strindberg..

Due grandi artisti e intellettuali nati sui meravigliosi fiordi, lingue di fuoco che non appartengono né al mare, né alla terra, né al cielo.

  Sul fiordo nero e blu  sul quale è adagiata Oslo e quel cielo di sangue che contrasta l’infinito nero del mare che lo avvolge sono il palcoscenico sul quale le opere pittoriche di Munch si mostrano al pubblico attento.. Navigare su quel mare senza onde, ora immenso e ora ti stritola in infiniti aguzzi corridoi,  mette inquietudine, non ha niente dei nostri luccicanti mari mediterranei, della calda e morbida sabbia  dove si baciano e danzano infiniti colori. Da questo ambiente nascono gli spettri di Munch hanno il viso verde  sanno di marcio, di decomposizione.

Sanno di Morte. 

Ombre che si aggirano smarrite, estranee ai nostri universi. 

Ora, in Italia dopo moltissimi anni di assenza si può godere di una sua grande mostra.

 Il museo di Oslo dedicato a Munch è stato molto  generoso: a Palazzo Bonaparte è stata allestita una eccezionale e grande mostra(più di 100 opere), già ospitata a Milano, ora a Roma e resterà in Italia ancora per poco. Tutte e due i piani meravigliosi  del Palazzo   Bonaparte sono occupati dalla mostra, per ogni piano decine di sale, spazi dedicati all’inquieto Maestro, alle sue donne (due), c’è anche un suo taccuino, ai membri della sua famiglia e agli amici. Pochi i capolavori dedicati agli animali e alla natura. Sono quelli che Munch compose non appena uscito dal manicomio e solo  essi hanno i colori della speranza.

Un uomo infelice, profondamente infelice “alla nascita ereditai la follia e la tubercolosi”, così esordisce. Credeva di morire giovane come la sua mamma o sua sorella Sophie e un fratello e poi ancora una sorella malata di depressione cronica, un disastro la storia della 

 sua famiglia. Ho percepito in tutti suoi capolavori sempre e costante la presenza della morte, le sue fauci crudeli non lo abbandonarono mai, gli spettri e i fantasmi della sua anima divennero i protagonisti della sua opera, sebbene, poi, visse fine ad ottanta anni, nessun membro della famiglia, né i suoi amici godettero di una simile fortuna. Lo stesso drammaturgo August Strindbergh morì all’età di sessant' anni.

La storia della pittura di Munch è legata ai grandi filosofi dell’esistenzialismo, l’Urlo è la sintesi della filosofia di Kierkegard (I Critici discutono se era a conoscenza della filosofia di Kierkegaard prima o dopo dell’Urlo).

  La mostra era molto affollata osservatori venuti dal mondo che guardavano in silenzio, esterrefatti, in nessuna mostra ho notato tanto silenzio. I colori dei quadri a tempera erano quasi sempre gli stessi un rosso denso di tormenti , un verde cupo e un giallo marcio che rappresentava gli ambienti. Tutti i quadri di Munch hanno un palcoscenico con tanti personaggi smunti, uno solo è attento e rivolto al pubblico che guarda come se non solo invitasse a salire sul palco gli spettatori, ma anche a riflettere su cosa è la vita.

Le litanie che si cantano nella meravigliosa casa (palazzo) che fu di proprietà della madre di Napoleone sono i silenzi della morte o la si attende o è già arrivata. (la famiglia che veglia Sophie che sta per morire. Ebbe solo due amori tormentati,(la donna vampiro) aveva paura delle donne, forse delle possibili gravidanze, c’è un’opera straordinaria dedicata all’amata , dove la cornice rossa è attraversa  da tanti spermatozoi veloci filamenti neri che vogliono ingravidare la donna, in basso molto piccolo un neonato, forse un aborto (per vederlo bisogna avere occhi attenti). Temeva la nascita di un figlio che poteva ereditare i suoi stessi disastri: la follia e la tubercolosi. Una delle sorelle era folle e Sophie morì giovanissima di tubercolosi, così pure la madre.

Nella mostra c’erano quantomeno quattro o cinque riproduzione dell’Urlo, il Maestro amava ritornare sulle opere che avevano avuto fortuna e riprodurle, riproponendole più volte, ma posso garantirvi che ognuna di loro  provoca  emozioni diverse, quelle emozioni che Munch temeva.

 Oserei dire che i quadri di Munch pur avendoli visti ad Oslo nel 2023 e in Italia nel 1999, nel palazzo Bonaparte gli effetti e la bellezza  sono maggiormente esaltati, soprattutto le opere del primo piano immersi nell’ombra, o nel buio godevano di uno spicchio di luce, quello di Piazza  Venezia e del Vittoriano. Filtravano prepotentemente quasi a voler contrastare la presenza costante della morte e del dolore. Munch ci presenta un mondo precario dal quale chiunque può essere sputato fuori, senza lasciare tracce.

In genere di Munch si conosce soprattutto l’Urlo, invece ci sono molte sue opere meravigliose che certamente impegnarono la sua vita dolorosa e afflitta. “Melanconia” opera che dipinse immediatamente dopo l’Urlo la ritengo l’opera pittorica più bella del nostro Novecento. Egli si dedicò all’arte con grande passione, non voleva assolutamente essere distratto da questa immensità, l’unica cosa per cui valeva la

pena vivere, le donne vampiro forse le vide avvolte da un eccessivo misticismo, non osava toccarle. Esasperata una delle due  tentò di mozzargli le dita  per essere stata continuamente rifiutata perché il Maestro era impegnato in mostre in ogni parte del mondo.

Lasciò per un lungo periodo Oslo, stanco delle critiche non sempre positive dei  suoi contemporanei e si recò a Parigi per un lungo periodo, lì conobbe i mostri sacri del postimpressionismo, apprese e rielaborò tecniche nuove.

Gli ultimi anni della sua vita, direi soprattutto l’ultimo furono terribili, la sua arte fu messa al bando dal Nazismo, fu  considerata pericolosa e distruttiva.

L' Espressionismo che la domina nasce , come abbiamo visto, soprattutto dalla sua storia sfortunata, ma altri fattori la illuminano, la ingigantiscono come gli scritti  di  Soren Kierkegaardche dal   1863,  molto influirono sulla sua arte,lo stesso può dirsi degli   studi sull’incoscio di Freud. L’ambiente della città di Oslo era opprimente era fuori dai grandi movimenti parigini e un senso di ansia e  di angoscia devastava ogni desiderio di vita, nessuna speranza nel progresso un solipsismo annientante che portava gli artisti a un  doloroso isolamento.

La prima mostra di Munch, avvenuta nel 1892, fu un vero e proprio disastro, le critiche furono feroci, non capirono che Munch aveva aperto le sue porte all’Espressionismo, la critica fu contro non solo ai colori impastati nel grigio,  troppo densi, anche nei quadri ad olio non c’è fluidità,  ma riguardò  anche i soggetti disegnati, senza vita, senza vigore.

  La poetica dell’angoscia non era accettata dalla società borghese che senza ammetterlo si riconosceva in quei quadri e  ne aveva paura.

Kierkgaard influirà non poco sia sulla pittura che sulla scrittura del Nostro che così si esprimeva:

 “Sono stanco di essere associato alla scuola tedesca (a prescindere dalla stima che nutro nei confronti dei risultati che i grandi tedeschi hanno raggiunto nell’arte e nella filosofia). Noi, qui, abbiamo Strindberg, Ibsen, e altri, e anche Hans Jæger. Inoltre, stranamente, sono riuscito a leggere

Søren Kierkegaard solo in anni recenti”[1]  Sappiamo per certo che dal 1982 molto si confrontò dopo l’esposizione del primo dipinto   dell’Urlo col drammaturgo August Strindberg,  Anche

Strindberg,  nelle sue opere allora appena  pubblicate era molto pessimista ,  La signorina Julie o Il padre, erano invase da grande  angoscia. Per entrambi il devastante decadimento dell’uomo arrecava ansia  e abbattimento. Non a caso Nieszche parla dei due grandi artisti come devastati dal nichilismo e in preda alla follia.

Testimone degli stati d’animo è anche la recensione che il drammaturgo scrisse per: “ l’Urlo “sulla rivista La revue blanche nel 1896, descrivendo l’opera in questi termini: “Cri d’épouvante devant la nature rougissant de colère et qui se prépare à parler pour la tempête et le tonnerre aux petits étourdis s’imaginant être dieux sans en avoir l’air. Crépuscule. Le soleil s’éteint, la nuit tombe, et le crépuscule transforme les mortels en spectres et cadavres, au moment où ils vont à la maison s’envelopper sous le linceul du lit et s’abandonner au sommeil. Cette mort apparente qui reconstitue la vie, cette faculté de souffrir originaire du ciel ou de l’enfer” (“Grido di spavento davanti alla natura che arrossisce di collera e che si prepara a parlare attraverso la tempesta e il tuono ai piccoli uomini confusi che s’immaginano di essere dèi senza averne la parvenza. Crepuscolo. Il sole si estingue, cala la notte, e il crepuscolo trasforma i mortali in spettri e cadaveri, nel  momento in cui vanno a casa a coprirsi sotto le lenzuola del letto e ad abbandonarsi al sonno. Questa morte apparente che ricrea la vita, questa facoltà di soffrire originaria del cielo o dell’inferno”).

 

 

Tratto dall’opera di Carmen Moscariello :” Artisti  e Drammaturghi  dei Fiordi” 2025 .

 

 

Munch. Il grido interiore

E’ vietato qualsivoglia utilizzo. Opera in pubblicazione.

  A Roma la mostra resterà aperta  fino al 2 giugno 2025

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Dalla lettera allo storico dell’arte tedesco Ragnar Hoppe. (5novembre 1929 .

Nessun commento:

Posta un commento