Il sole si estingue, cala la notte, e il crepuscolo trasforma i mortali in spettri e cadaveri.
Di Carmen
Moscariello
«Verrà,
comunque, forse un giorno in cui saremo tanto avanzati, così illuminati, da
poter osservare con indifferenza lo spettacolo brutale, cinico, crudele, che ci
propone l'esistenza. Allora avremo disinnescato gli strumenti inferiori ed
inattendibili di pensiero detti sentimenti, divenuti superflui e nocivi per la
maturazione dello strumento di giudizio.»
(August Strindberg, prefazione a La
signorina Julie[1]).
Strindberg e Munch ((Løten, 1863 – Oslo, 1944) si conobbero e si apprezzarono. La prima recensione all’Urlo si deve
proprio a Strindberg..
Due grandi artisti e intellettuali nati
sui meravigliosi fiordi, lingue di fuoco che non appartengono né al mare, né
alla terra, né al cielo.
Sul fiordo nero e blu sul quale è
adagiata Oslo e quel cielo di sangue che contrasta l’infinito nero del mare che
lo avvolge sono il palcoscenico sul quale le opere pittoriche di Munch si mostrano al pubblico attento.. Navigare su quel mare senza onde, ora immenso e ora ti stritola in
infiniti aguzzi corridoi, mette
inquietudine, non ha niente dei nostri luccicanti mari mediterranei, della
calda e morbida sabbia dove si baciano e
danzano infiniti colori. Da questo ambiente nascono gli spettri di Munch hanno il viso verde sanno di marcio, di decomposizione.
Sanno di Morte.
Ombre che si aggirano smarrite, estranee ai nostri universi.
Ora, in Italia dopo moltissimi anni di assenza si può godere di una sua
grande mostra.
Il
museo di Oslo dedicato a Munch è stato molto generoso: a Palazzo Bonaparte è stata
allestita una eccezionale e grande mostra(più di 100 opere), già ospitata a
Milano, ora a Roma e resterà in Italia ancora per poco. Tutte e due i piani meravigliosi del Palazzo Bonaparte sono occupati dalla mostra, per ogni piano
decine di sale, spazi dedicati all’inquieto Maestro, alle sue donne (due), c’è
anche un suo taccuino, ai membri della sua famiglia e agli amici. Pochi i
capolavori dedicati agli animali e alla natura. Sono quelli che Munch compose
non appena uscito dal manicomio e solo essi hanno i colori della speranza.
Un uomo infelice, profondamente infelice “alla nascita ereditai la follia e la tubercolosi”, così esordisce. Credeva di morire giovane come la sua mamma o sua sorella Sophie e un fratello e poi ancora una sorella malata di depressione cronica, un disastro la storia della
sua famiglia. Ho percepito in tutti suoi capolavori sempre e costante la presenza della morte, le sue fauci crudeli non lo abbandonarono mai, gli spettri e i fantasmi della sua anima divennero i protagonisti della sua opera, sebbene, poi, visse fine ad ottanta anni, nessun membro della famiglia, né i suoi amici godettero di una simile fortuna. Lo stesso drammaturgo August Strindbergh morì all’età di sessant' anni.
La storia della pittura di Munch è
legata ai grandi filosofi dell’esistenzialismo, l’Urlo è la sintesi della
filosofia di Kierkegard (I Critici discutono se era a conoscenza della
filosofia di Kierkegaard prima o dopo dell’Urlo).
La mostra era molto affollata osservatori venuti dal mondo che guardavano in silenzio, esterrefatti, in nessuna mostra ho notato tanto silenzio. I colori dei quadri a tempera erano quasi sempre gli stessi un rosso denso di tormenti , un verde cupo e un giallo marcio che rappresentava gli ambienti. Tutti i quadri di Munch hanno un palcoscenico con tanti personaggi smunti, uno solo è attento e rivolto al pubblico che guarda come se non solo invitasse a salire sul palco gli spettatori, ma anche a riflettere su cosa è la vita.
Le litanie che si cantano nella meravigliosa casa (palazzo) che fu di proprietà della madre di Napoleone sono i silenzi della morte o la si attende o è già arrivata. (la famiglia che veglia Sophie che sta per morire. Ebbe solo due amori tormentati,(la donna vampiro) aveva paura delle donne, forse delle possibili gravidanze, c’è un’opera straordinaria dedicata all’amata , dove la cornice rossa è attraversa da tanti spermatozoi veloci filamenti neri che vogliono ingravidare la donna, in basso molto piccolo un neonato, forse un aborto (per vederlo bisogna avere occhi attenti). Temeva la nascita di un figlio che poteva ereditare i suoi stessi disastri: la follia e la tubercolosi. Una delle sorelle era folle e Sophie morì giovanissima di tubercolosi, così pure la madre.
Nella mostra c’erano quantomeno quattro o cinque riproduzione dell’Urlo, il Maestro amava ritornare sulle opere che avevano avuto fortuna e riprodurle, riproponendole più volte, ma posso garantirvi che ognuna di loro provoca emozioni diverse, quelle emozioni che Munch temeva.
Oserei dire che i quadri di Munch pur avendoli visti ad Oslo nel 2023 e
in Italia nel 1999, nel palazzo Bonaparte gli effetti e la bellezza sono maggiormente esaltati, soprattutto le
opere del primo piano immersi nell’ombra, o nel buio godevano di uno spicchio
di luce, quello di Piazza Venezia e del
Vittoriano. Filtravano prepotentemente quasi a voler contrastare la presenza
costante della morte e del dolore. Munch ci presenta un mondo precario dal
quale chiunque può essere sputato fuori, senza lasciare tracce.
In genere di Munch si conosce soprattutto l’Urlo, invece ci sono molte sue opere meravigliose che certamente impegnarono la sua vita dolorosa e afflitta. “Melanconia” opera che dipinse immediatamente dopo l’Urlo la ritengo l’opera pittorica più bella del nostro Novecento. Egli si dedicò all’arte con grande passione, non voleva assolutamente essere distratto da questa immensità, l’unica cosa per cui valeva la
pena vivere, le donne vampiro forse le vide
avvolte da un eccessivo misticismo, non osava toccarle. Esasperata una delle
due tentò di mozzargli le dita per essere stata continuamente rifiutata
perché il Maestro era impegnato in mostre in ogni parte del mondo.
Lasciò per un lungo periodo Oslo, stanco
delle critiche non sempre positive dei suoi contemporanei e si recò a Parigi per un
lungo periodo, lì conobbe i mostri sacri del postimpressionismo, apprese e
rielaborò tecniche nuove.
Gli ultimi anni della sua vita, direi soprattutto
l’ultimo furono terribili, la sua arte fu messa al bando dal Nazismo, fu considerata pericolosa e distruttiva.
L' Espressionismo che la domina nasce , come abbiamo visto, soprattutto dalla sua storia sfortunata, ma altri fattori la illuminano, la ingigantiscono come gli scritti di Soren Kierkegaardche dal 1863, molto influirono sulla sua arte,lo stesso può dirsi degli studi sull’incoscio di Freud. L’ambiente della città di Oslo era opprimente era fuori dai grandi movimenti parigini e un senso di ansia e di angoscia devastava ogni desiderio di vita, nessuna speranza nel progresso un solipsismo annientante che portava gli artisti a un doloroso isolamento.
La
prima mostra di Munch, avvenuta nel 1892, fu un vero e proprio disastro, le
critiche furono feroci, non capirono che Munch aveva aperto le sue porte all’Espressionismo,
la critica fu contro non solo ai colori impastati nel grigio, troppo densi, anche nei quadri ad olio non
c’è fluidità, ma riguardò anche i soggetti disegnati, senza vita, senza
vigore.
La
poetica dell’angoscia non era accettata dalla società borghese che senza
ammetterlo si riconosceva in quei quadri e
ne aveva paura.
Kierkgaard
influirà non poco sia sulla pittura che sulla scrittura del Nostro che così si
esprimeva:
“Sono stanco di
essere associato alla scuola tedesca (a prescindere dalla stima che nutro nei
confronti dei risultati che i grandi tedeschi hanno raggiunto nell’arte e nella
filosofia). Noi, qui, abbiamo Strindberg, Ibsen, e altri, e anche Hans Jæger.
Inoltre, stranamente, sono riuscito a leggere
Søren Kierkegaard solo in anni recenti”[1] Sappiamo per certo che dal 1982 molto si
confrontò dopo l’esposizione del primo dipinto
dell’Urlo col drammaturgo August Strindberg, Anche
Strindberg,
nelle sue opere allora appena pubblicate era molto pessimista , La
signorina Julie o Il padre, erano invase da grande angoscia. Per entrambi il devastante
decadimento dell’uomo arrecava ansia e abbattimento.
Non a caso Nieszche parla dei due grandi artisti come devastati dal nichilismo
e in preda alla follia.
Testimone degli stati d’animo è anche la recensione che il drammaturgo scrisse per: “ l’Urlo “sulla rivista La revue blanche nel 1896, descrivendo l’opera in questi termini: “Cri d’épouvante devant la nature rougissant de colère et qui se prépare à parler pour la tempête et le tonnerre aux petits étourdis s’imaginant être dieux sans en avoir l’air. Crépuscule. Le soleil s’éteint, la nuit tombe, et le crépuscule transforme les mortels en spectres et cadavres, au moment où ils vont à la maison s’envelopper sous le linceul du lit et s’abandonner au sommeil. Cette mort apparente qui reconstitue la vie, cette faculté de souffrir originaire du ciel ou de l’enfer” (“Grido di spavento davanti alla natura che arrossisce di collera e che si prepara a parlare attraverso la tempesta e il tuono ai piccoli uomini confusi che s’immaginano di essere dèi senza averne la parvenza. Crepuscolo. Il sole si estingue, cala la notte, e il crepuscolo trasforma i mortali in spettri e cadaveri, nel momento in cui vanno a casa a coprirsi sotto le lenzuola del letto e ad abbandonarsi al sonno. Questa morte apparente che ricrea la vita, questa facoltà di soffrire originaria del cielo o dell’inferno”).
Tratto
dall’opera di Carmen Moscariello :” Artisti e Drammaturghi dei Fiordi” 2025 .
Munch. Il grido interiore
E’ vietato qualsivoglia utilizzo. Opera
in pubblicazione.
A Roma la mostra resterà aperta
fino al 2 giugno 2025