mercoledì 11 settembre 2019


Indelebile come un tatuaggio di Francesco Testa
Rilettura dell’opera 
di  
Carmen Moscariello


Seminare la vita nei complicati percorsi della mente e del cuore.

I vagoni della storia sbuffano sui binari, sono ripieni di dolore e d’amore, viaggiano congiunti su focolari sbilenchi, lì la vita trascorre le sue stagioni quasi indipendenti dalla volontà dei protagonisti. Si è coinvolti e travolti e il treno non vagheggia, né sberleffa, è carico, troppo carico di vita. Il fato? La storia? Porteranno  Uccio, uno dei protagonisti dell’opera.( Il più importante?)) ancora bambino a migliaia di chilometri dalla sua casa. Così gli altri hanno voluto! Insieme alla sua famiglia deve abbandonare ogni cosa , la terra d’Istria e cercare asilo a Napoli presso un parente che ben presto lo butta fuori di casa insieme alla sua famiglia. La storia con la maiuscola si intreccia ben presto con quella di un bimbo, sembrerebbe, per questo aspetto, di essere di fronte a “La storia” Di Elsa Morante. Un bambino, una famiglia, vagano nella solitudine della  disperazione, alla ricerca di un tetto in  un mondo di amici del silenzio, persi in un un globo sconosciuto, povero, arcano. All’inizio  il covone di grano essiccato dalla guerra è reso difficile da restituire alla preghiera del pane quotidiano e  nulla contenga se non la rabbia, la solitudine, il girare a vuoto verso un orizzonte che non esiste e  che tutto sia attraversato da un’acqua torbida, maleodorante. Ma poi , sempre la sorte, vuole che Uccio faccia amicizia con un disertore americano e qui tutto è bello, il bambino ha una porta che si apre ai suoi rintocchi, ha qualcuno che lo prende per mano e lo guida in quella che dovrebbe essere la vita. Ma, la storia si contorce di nuovo e la morte ruba ogni cosa con la sua feroce ingordigia. Fin quando  l’amore ( questo, sì, che è l’autentico protagonista dello splendido lavoro di Francesco Testa) non consente di nuovo di sperare, di chiedere, raccogliere. Per sfuggire al deserto, con istinto luminoso il fanciullo si affida ai luoghi di Napoli, ai vicoli del Tribunale, si parte inconsapevole alla scoperta della città. Dall’anfiteatro del chiostro di Santa Chiara piastrellato di sole e di luce, fino  alla  chiesa (incubo e presaga) delle Capuzzelle, una sosta all’ospedale delle bambole e perché no, un giro nella poesia dei presepi napoletani. Il percorso da storico si traduce in viaggio per la città,(ecco Napoli, nuova affabile protagonista, della quale l’autore non nasconde le molte sofferenze). Un treno con i suoi vagoni curiosi, a volte spaventati , ma che cercano la vita dove, ovunque, si nasconda. Avvolge il tutto un percorso di sacralità un senso cristiano della vita che nonostante tutto vada vissuta nella sua interezza, e nell’appartenenza a Dio e al prossimo. Impressionanti le pagine in cui Uccio, ormai divenuto un bel giovane, è abbandonato dall’amore, lì tutto trasborda, tutto potrebbe tragicamente finire, l’arcano prende i suoi spazi e si incatena alla ricerca di un fine, per un qualcosa che abbia il senso. Il romanzo tessuto in bellissime e delicate trasparenze è di bella lettura, segue tutti i grovigli della mente, li esplora come solo sa fare un esperto umanissimo viaggiatore.














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