Carmen Moscariello, Destini Sincronici
LOTTA E POESIA
Carmen Moscariello è poetessa,
drammaturga, regista e giornalista. Corrispondente per il Tempo e Avvenire ha
dedicato articoli su Tangentopoli e altri importanti fenomeni sociali del
nostro tempo.
Delle sue competenze e della sua
passione trasuda il saggio Destini sincronici- Amelia
Rosselli e Rocco Scotellaro, saggio che emana amore da ogni
riga : amore nell’incontro d’anima e intelletto dei protagonisti del saggio ;
amore per il Sud, in particolare per le meravigliose terre dimenticate : l’Irpinia dell’ autrice, così
vicina alla Basilicata di Rocco, per troppi anni, quest’ultima, trattata come
terra d’emarginazione e di confino…
Un amore che in questo saggio, ma non
solo, fa spesso rima con dolore.
I protagonisti ne portano cocenti ferite
: Rocco in primo luogo, per le delusioni provate durante il suo impegno sociale
/ politico ( fu socialista convinto ) da sempre a fianco ai suoi cafoni contro il potere dei latifondisti.
Giovanissimo , a ventitre anni, fu nominato sindaco di Tricarico e per vendette
politiche ingiustamente accusato e messo in prigione , anche se poi venne
assolto con formula piena…
E poi, Amelia, ammalata di ferite sempre
aperte : la tragica morte, mai del tutto metabolizzata, del padre Carlo ,
poi quella della madre e ultima, la morte improvvisa di Rocco dopo soli tre
anni dall’averlo incontrato…
Si erano conosciuti a Venezia nel ’50 in
un Convegno, e fu subito amicizia affettivamente intensa, forse amore. Uno
schianto per lei l’improvvisa scomparsa di Rocco che l’aveva fatta conoscere
poco prima alla madre in Lucania… Squassata nella mente e nel cuore, a nulla
valsero le cure della Clinica svizzera in cui fu ricoverata, epilogo
drammaticamente premeditato, poi, il suicidio, nello stesso mese e giorno
dell’amata poetessa più volte tradotta, Silvia Plath, l’11 febbraio 1963
La nostra autrice Carmen Moscariello
scrive di Amelia e di Rocco con partecipazione molto viva, anche per aver
conosciuto personalmente la poetessa e, attraverso le frequentazioni con
Vittorio Foa, importante personaggio della politica e del giornalismo italiano,
sentendo da lui stesso parlare con ammirazione del giovane attivista e
intellettuale lucano, Scotellaro.
Il libro percorre le due drammatiche
esperienze umane dei protagonisti, sottolineando la funzione salvifica della
letteratura, specie, come nel caso di Amelia e Rocco, quando i tempi e gli
spiriti vengono invischiati nel groviglio dell’ingiustizia, della delusione e
del male di vivere.
Moscariello entra in quei tempo e in
quegli spiriti, documentando da par suo la vita e l’opera dei due , corredando
il volume con fotografie e aggiungendo un importante carteggio del
sindaco/poeta con lo scrittore Michele Prisco.
Non manca una ricca bibliografia. Ma la
nota che rende particolarmente originale il saggio sono due poemetti in cui
Carmen si cala con intensità lirica ed emotiva nel sentire dei due poeti,
divenendo l’Amelia ferale e urlante di fronte alla morte maledetta dell’amico Rocco, a cui l’eco
della Taranta dà nuova voce di fraterna
solidarietà con il popolo contadino per cui tanto lottò. E chiama la donna a
condividere il suo vissuto con lui, perché –dice :
ti conobbi bella e
luminosa/ mi apparisti come ‘na Madonna/ Amelia, e come la Madonna/ sull’Altare
io ti amai ( p.103 ).
Un saggio, questo di Moscariello che,
come scrive Annella Prisco nella prefazione, è un
mosaico di ricordi, approfondite testimonianze storiche, spaccati di umanità e
lirismo con lo sguardo sempre vigile all’ambiente, la Basilicata, in cui si
muovono i protagonisti…il tutto reso unitario e di godibile lettura
non solo per quello che Aniello Montano nell’Introduzione definisce garbo stilistico, per le ricche citazioni ed
i rilievi critici, ma anche per la cifra empatica di cui è denso e per
l’accento emotivo di cui sono pervase le descrizioni degli episodi di vita dei
protagonisti, unite a quelle degli scorci naturalistici in cui le loro
storie fioriscono.
Appena aperto il libro ci appaiono
vertiginosi i calanchi lucani che tra le righe finali del saggio riemergono
aspri e lunari ai ritmi di musiche sefardite (
ebraiche antiche p.117 ) : uno splendido, irto scenario che ben s’attaglia al
profilo drammatico, forte, originale di due vite che amarono, lottarono,
soffrirono, scrissero per una società a misura d’uomo.
(Mariagrazia Carraroli)
(Dopo la presentazione alla Casa di
Dante la poetessa e storica Franca Bellucci ci ha inviato questa lunga e
profonda riflessione sul libro, che volentieri pubblichiamo, auspicando
ulteriori interventi da parte dei lettori sugli argomenti che nell’articolo vengono
evidenziati.)
ROCCO SCOTELLARO E AMELIA ROSSELLI NELLA
STORIA DEL NOSTRO PAESE
A fine marzo 2017 il libro Destini incrociati di
Amelia Rosselli e Rocco Scotellaro fu occasione di un incontro, cui
presi parte, che suscitò forte emotività presso il Circolo degli Artisti Casa
di Dante, organizzato da “Pianeta Poesia”, bella e durevole realtà culturale
intorno al poeta Franco Manescalchi. L’effetto suscitato fu merito di come
Maria Grazia Carraroli impostò la presentazione del libro, preferendo, anziché una
recensione sistematica, coinvolgere il pubblico nella lettura di pagine scelte:
«Un libro come un romanzo», questa la sua suggestione. L’ascolto diventò per i
partecipanti discesa nella interiorità propria, oltre che dei personaggi
protagonisti, e nella percezione storica della loro cornice: contribuirono le
testimonianze, ad opera della stessa autrice Carmen Moscariello, dell’amica
Annella Prisco, figlia dello scrittore e meridionalista Michele, di Franco
Manescalchi, una presenza incisiva in Firenze, nel senso della sperimentata
coerenza poetica e umana. La sintesi della serata può dirsi una esperienza
condivisa di cultura come espressione. Poesia, lingua, comunità, rigore, lavoro
responsabile: devo dichiarare la traccia dei temi nella circostanza poiché,
risultata efficace in quella circostanza, io stessa ora la confermo in questa
nota di lettura. Il libro introduce ad un romanzo di spessore decisamente
storico: induce infatti a riflettere, nel segno della solidarietà scevra da
ogni pregiudizio e strumentalità, anche sui grandi temi storici, nazione,
nord-sud, lungo meridionalismo.
È un
particolare versante di meridionalismo che l’autrice
accoglie, e che subito si mette a fuoco cogliendo i legami culturali dichiarati
in appendici e apparati: si vedano in particolare le lettere inviate da Rocco
Scotellaro e dalla fidanzata Isabella Santangelo a Michele Prisco, custodite
dalla Banca Popolare Pugliese. La postfazione (pp. 121-124) di Carmela
Biscaglia, Direttrice a Tricarico del Centro di documentazione “Rocco
Scotellaro e la Basilicata del secondo dopoguerra” – sorto nel 2003 a 50 anni
dalla morte del poeta – evidenzia l’apporto di Carmen Moscariello al «rinnovato
interesse» che porta a riscoprire il progetto di Scotellaro ed interlocutori
per la ricostruzione nel Sud dopo la guerra. Nelle tesi, nei provvedimenti,
negli eventi effettivi, già oggetto di contese politiche, non si previde
comunque, dice l’autrice, quanto oggi si constata: allora vinse di abbandonare
gli agricoltori puntando su poche industrie e migrazioni in massa. Oggi «i
ricchi industriali dopo aver ben spremuto il Paese migrano anch’essi» e «sono
molti economisti a invocare il ritorno alla terra» (p. 43).
Se
teniamo da parte appendici ed apparati, il corpo del libro consta di quattro
capitoli, circa settanta pagine. Il titolo centra il tema in modo calzante:
rifocalizzata «l’attenzione sul legame tra la Rosselli e Scotellaro» (così
Biscaglia, p. 122), i due poeti sono proposti dall’autrice in un accostamento
fecondo e determinante, per lo sviluppo letterario e storico che riguarda le
lettere italiane in generale, oltre che le loro esistenze. Ma, nella profonda
diversità delle storie e delle poetiche che ciascuno di loro elabora – e che
l’autrice esamina soprattutto nel secondo capitolo – il contatto intenso e
fugace conservò a distanza l’impulso costruttivo, originale per ciascuno: Destini sincronici continuarono a guidarli,
poiché molte rispondenze, elaborazioni, esplorazioni si assomigliano, quasi che
un campo magnetico comune continuasse ad inscriverli, nella lontananza di fatto
di luogo e di tempo.
Il tempo, anzi, diventa
baratro, con la morte precoce di Scotellaro nel 1953, giovane di trent’anni.
Amelia Rosselli, di sette anni più giovane, prosegue, concludendo con il
suicidio a Roma l’11 febbraio 1996, scegliendo il giorno anniversario del
suicidio della scrittrice Sylvia Plath (1932-1963): è un’altra epoca la chiusura
del XX secolo, rispetto al secondo Dopoguerra, per la storia del nostro Paese e
per quella del mondo, con l’evoluzione profonda dei criteri concordati per i
blocchi geopolitici dopo il secondo grande conflitto.
Analoga
anche l’attitudine
all’ascolto che
si chiede al lettore, o allo spettatore, pur nella diversità delle scelte
poetiche. Occorrono variazioni di empatia, sia di fronte al “lapsus” lucido
della Rosselli sia per l’“anacoluto” di Scotellaro. Entrambe le soluzioni
poetiche sono intrise del magma della vita, delle tempeste delle rispettive
pagine biografiche. Con la profonda differenza che per Scotellaro la tempesta
si specchia nella terra e nei conterranei, nella Lucania, mentre Amelia è e
resta fondamentalmente una cittadina del mondo, senza avere né cercare un suo
porto d’approdo. Così Scotellaro, malgrado la brevità della vita, è tra gli
scrittori eminenti entro la produzione che sprona all’energia e al fare
collettivo, una sezione letteraria in più puntate nell’Italia dell’Otto e
Novecento, che Carmen Moscariello esamina particolarmente nel terzo capitolo.
Riprendo
le parole di Carmen Moscariello per la poetica della Rosselli: nel procedere della
parola mai abusata, dice, «l’errore-il lapsus-il monstrum-il prodigio occupa spazi
fondamentali», rinnovandosi nel ritmo talora metafisico, tal altra figurativo
(p. 61). E per Rocco Scotellaro la Mascariello dice che con i suoi “anacoluti
strozzati” «il Sindaco-Poeta ha voluto essere la parola che non esce [… sc. per un mondo]
sparpagliato lungo la schiena di un burrone, sospeso tra cielo e terra,
affollato di neve e migrazione» (p. 76): egli partiva da Carlo Levi, allora
vicino, quindi dal mondo contadino del Sud effettivamente affollato,
«attraversato da lingue misteriche che parlano a molti mondi», ma contestando
che potesse costringersi, come l’intellettuale voleva, «tutto nel mito». La sua
interpretazione del Sud si incontrava piuttosto con quella di Michele Prisco,
autore nel 1949 del libro La provincia addormentata: si erano incontrati
in quell’anno a Macerata (p. 115), in un convegno, che, in vista del riassetto
da compiere in Italia, proponeva il tema della provincia.
Amelia
Rosselli, nata in Francia nel 1930 nell’esilio del padre Carlo, antifascista,
dopo il suo assassinio nel 1937 si era formata nella frequentazione di sistemi
scolastici tra
Stati Uniti ed Inghilterra. Poliglotta, ricorreva in prevalenza all’inglese
della madre Marion Cave ed era raffinata musicista. Tradizioni letterarie e
musicali nella famiglia erano consuete, ma la scelta di applicare la
versificazione in lingua italiana alla sua urgenza compositiva maturò dopo la
conoscenza e l’incontro con Rocco Scotellaro, al convegno del 22-24 aprile
1950, a Venezia, su La Resistenza e la cultura italiana: entrambi i poeti
successivamente ebbero modo di dichiarare l’importanza, nella vita affettiva e
nella determinazione poetica, del colloquio intrapreso. Scotellaro stava dando
una svolta alla sua vita, nella direzione della ricerca: doveva virare, dopo il
percorso politico condotto nel 1946, a 23 anni, come sindaco della
ricostruzione a Tricarico. Per false accuse, subito confutate, aveva fatto
breve esperienza del carcere in quell’inizio del 1950, dal 9 febbraio al 25
marzo; aveva appena accettato di compiere studi sociologici presso l’Osservatorio
di Portici di Manlio Rossi Doria.
La
composizione dei due poeti è diversa, ma per entrambi coraggiosa, intrisa
di intima
sperimentazione: tanto
che la Moscariello è tra quanti ritengono che si debba tornare ad esplorare gli
espedienti formali già individuati dai critici (appunto, come detto,
l’“anacoluto” di Scotellaro e il “lapsus” della Rosselli), per sondarne senza
pregiudizi il senso, nel loro nodo di forma-contenuto. Sullo sviluppo
pluricorde ed intimo del poetare della Rosselli l’autrice si addentra nel
quarto capitolo: Amelia guarda ad occhi aperti la sua contemporaneità,
concentrata in modo essenziale sulla propria maturità interiore, in una
situazione di estrema originalità: «…non va trascurato il suo totale
coinvolgimento umano in quelli che sono i fatti politici e sociali dell’ultimo
millennio; inoltre ebbe occhi bene aperti sui poeti contemporanei» (p. 88). La
poetessa volle trarsi fuori però dai riti e dalle cerimonie dei gruppi e
dell’industria culturale, estranea «a una poesia stantia o fintamente
innovativa o creativa, approdante a un’ipocrita modalità nel vano tentativo di
liberarsi dal tartufismo» (pp. 85-86). I confronti con altri autori, anche
presenti nella biografia in forma di frequentazioni, come Pasolini o gli autori
del ‘Gruppo ‘63’, portano sempre a marcarne la differenza. Pure la sua via è
solo in apparenza introversione: le conferme sul suo valore si accentuano, dopo
la prima tributata da Pasolini nel 1963, presso i critici che riflettono sulla
poesia novecentesca: «…un grande poeta antiermetico, autrice che ha scelto una
sperimentazione inesausta», così Mariella Bettarini (p. 31). Lucidità critica,
“occhi aperti”, appunto, non freddezza. Uno stile diverso dall’esuberanza,
dalla espressività estroversa di Rocco Scotellaro: ma non divergente. L’intesa
nel profondo fu autentica, breve nel tempo ma determinante: a lui la Rosselli
in modo esplicito dedicò canti, ispirata dai moduli di veglia funebre del Sud,
e componimenti.
La contingenza del
contatto Scotellaro – Rosselli è un episodio già conosciuto ed
anche, presso certi autori, già scarnito in riduzioni banalizzanti. La
Moscariello si diffonde nel primo capitolo sulle motivazioni che l’hanno spinta
a questo saggio-romanzo: un percorso carico di emozioni di cui offre varie
testimonianze. In appendice, infatti, essa propone suoi poemi ispirati ai due
personaggi: l’oratorio Al Margine, i versi in forma di Taranta per Rocco Scotellaro. Il primo
componimento si ispira alla morte di Amelia Rosselli: qui la voce in prima
persona della poetessa si alterna ai lamenti esterni, corali, che ripercorrono
le vite tragiche degli intellettuali – della Rosselli, di Scotellaro, di
Pasolini – come lutti collettivi inestinguibili e amalgamati alla disperazione
del Sud. La disperazione del Sud è tema anche del secondo canto, nel tono
esuberante e valente del Poeta-Contadino, il Pilirusso, espresso in parte in
dialetto lucano, frammisto a materiali del folklore e dedicando una strofa, la
X, ad Amelia Rosselli: «Prima dell’occlusione della vena/ ti conobbi bella e
luminosa/ mi apparisti come ‘na Madonna/ Amelia, e come la Madonna/ sull’altare
io ti amai».
Per la
Moscariello informarsi, rivivere, meditare su Scotellaro e la Rosselli è un po’
meditare e scegliere intorno alla propria vita: ci sono state, certo, le
letture di entrambi i poeti (le cui opere in ordine cronologico e le
bibliografie leggiamo alle pp. 125-135), anche le numerose conversazioni
capitate con Amelia Rosselli, c’è poi l’informazione fornita dalla propria
città, Formia, c’è il desiderio di
recuperare e spianare i frammenti di memorie rimaste sospese nei luoghi e nei
vicinati, dal tempo del fascismo ad oggi. C’è l’emozione di rivivere, di
rivedere a distanza, poiché «Nulla avviene per caso» (p. 23), come sottotitola
il Capitolo I, quello delle motivazioni e quindi della vita dell’autrice.
Nelle
sue attività di intellettuale, vivendo a Formia, Carmen Moscariello ha spesso
organizzato incontri. La sua città era divenuta buen retiro di molti Padri
della Patria, già resistenti ed anche confinati nella vicine isole di Ponza e
Ventotene come Foa e Nenni. Dei racconti sullo scompiglio durante fascismo e
guerra all’autrice sono giunte versioni non rituali, tramite i ricordi locali e
le testimonianze dei protagonisti. In questa lunga ricerca appassionata ed
anche autobiografica, l’autrice coglie come snodo decisivo, vincente sul piano
culturale, le figure dei due poeti. Confermata dalle parole della stessa Amelia
Rosselli (ne ha parlato brevemente a Giacinto Spagnoletti, come di “amicizia
intensa, molto ricca e naturale”, p. 31, con una certa misura ironica a Plinio
Perilli, “io l’ho conosciuto poco, ma più come due adolescenti che si
incontrano”, p. 56) dà nuovo rilievo al loro incontro umano. Vita e
letteratura: due specifici, in teoria, ma amalgamati e annodati nel tempo
quotidiano, con una elaborazione sperimentale, ma non solitaria, almeno nelle
soluzioni di Scotellaro, nel panorama d’allora. Lì era il nocciolo di una
cultura nazionale finalmente intrisa di democrazia, di forza costruttiva:
capace di eludere ogni impaccio, malafede, persecuzione.
Seguendo
la lettura avverto nell’autrice l’intuizione innovativa: l’incontro breve,
quasi un urto, giunse ai due poeti empatico e sconfinato come è concesso
all’adolescenza. Anzi, nel momento particolare, fu, tra le sofferenze, aurora
di un nuovo mondo. Questo racconto emozionato si propone a lettori e studiosi
per nuove interpretazioni: riguardo ai due poeti e all’intero contesto. Ora su
questa parte, su quel caos di contese su cui Mascariello riaccende la memoria,
quel diverbio di tesi, ricette anche autoritarie per il Sud, varrebbe la pena
di tornare: non per approdare alla verità ultima, ma per percorrere ipotesi non
pretestuose nella prospettiva attuale.
Vengo
dunque, l’avevo premesso, ai frammenti sospesi che il libro sparge e non
esaurisce. Uno riguarda la prospettiva femminile: sarebbe da
riprendere più ampiamente, coinvolta nella parola “coppia” e “madre”, ma non
solo, ritengo.
Nella
Mascariello si affaccia più volte, a mezza bocca, la tentazione di raffigurare
la sincronia dei poeti come una vicenda essenziale di coppia amorosa. Poco
plausibile, e comunque troppo ovvio, di fronte all’originale profondità
raggiunta, specialmente dalla Rosselli nei poemi. A livello di biografia, per
altro, nell’appendice alle pp. 119-120 figurano relazioni presunte: con Carlo
Levi, con Renato Guttuso, con Mario Tobino. Altra mezza affermazione, non è
definito il referente della parola “madre”, pur ripetuta: madri come identità
individuali, certo, quando si menzionano entro le biografie dei due
protagonisti, ma anche parola inopportunamente generalizzata come risorsa
salvifica. Madri di identità abissalmente diverse, madre-specchio, concentrata
sul figlio quella di Rocco, ma madre-prisma divisiva quella di Amelia. Madri di
diversa antropologia: per altro, viene da riflettere su come ci siano conti
sospesi con la pagina antiebraica del Paese e che allora dovevano pur
avvertirsi.
Non è
meramente complanare alla parola “madre” l’altro importante frammento, la
“donna”: è menzionata spesso come portato essenziale della poesia e
dell’universo di Amelia Rosselli (p. 60, p. 61, p. 65, p. 85). La Moscariello
ha il merito di sottolineare questo elemento, ma in parte glissa. Certo, nel
proporre questo tema in poesia per la Rosselli non fu d’aiuto la folla di
intellettuali, tutti nomi maschili, che la accompagnano nei contesti illustrati
dal libro, al tempo di Scotellaro e dopo la sua morte. Un tutoraggio soffocante
intorno alla poetessa: trovo molto significativo il suo rifiuto ad appoggiare
combriccole letterarie, e straordinariamente significativo il fatto di aver
scelto, come giorno della sua morte, l’anniversario del suicidio di Sylvia
Plath: una consonanza di biografia, di letteratura, di militanza trasversale,
di cultura letteraria testimoniata in un panorama Italia-Stati Uniti, che resta
eccessivamente elusa.
La
Moscariello disegna, intorno al riconoscimento reciproco Scotellaro – Rosselli,
la storia
del nostro Paese, opportunamente
vista come storia di uomini e donne, di memorie e di tradizione, di risorse e
di ambiente, anzi proprio di terra roccia acqua: di rispetto e quindi di
dignità. È la sua stessa storia, il formarsi della coscienza dall’adolescenza
alla maturità di intellettuale, che l’ha condotta ad una sensibilità storica
complessa. Quelle intuizioni meriterebbero sviluppi di ricerche specifiche:
troppo è accaduto di ripetere i miti e gli stereotipi, troppo poco si
interpretano le relazioni del Sud, approdo cosmopolita del Mediterraneo e per
un altro al Paese tutto. Prende atto la Moscariello che le narrazioni già note,
fino all’epoca della morte di Pasolini, sono ora esaurite e smentite. A me
lettrice sembra che sia ora di nuove ricerche: non già revisioni. Due mie
obiezioni voglio menzionare. Una, che la mia infanzia in Toscana si è nutrita
di incontri provenienti dalla Lucania e più in particolare da Tricarico:
dignità e lavoro, tutt’altro che il primitivismo descritto da Carlo Levi.
L’altra incongruenza: migliaia di antifascisti (2500, p. 20) destinati dal
regime fascista a vivere in Lucania, come misura punitiva a carico di
sradicati. Ma per il regime fascista, quale era il piano ed il guadagno? E più
in generale, quale si ricostruisce il bilancio civile e militare del Sud, dal
primo Dopoguerra, al secondo, ad oggi? Da mettere in conto eccellenze
nazionali, come il lucano Luigi Frusci, decorato nel 1938 e nel 1948, sotto
regimi diversi. Mi sembrerebbe l’ora, su questi quesiti, di mettere in chiaro i
dati, archiviando i miti suggestivi che oscurano la riflessione.
Auspico
che il sentire
profondo e anticonformista della Moscariello relativo al Sud spinga ad altre
ricerche, bussando presso gli storici così che si impegnino a trovare gli
archivi adeguati ed una esplicazione ampia.
(Franca Bellucci)
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