domenica 13 luglio 2025

Figlia della luna di Carmen Moscariello Recensione di Alfredo Saccoccio da Il Secolo d'Italia


 Per i tipi dell’editore Domenico Fabrizio di Itri, Carmen Moscariello ha editato una nuova silloge poetica, intitolata “Figlia della Luna”, un libro denso, il più prometeico e il più adatto a dare, dei nostri interrogativi attuali, un’immagine completa, cioè di perpetua chiamata in causa. 

La raccolta non comporta che una ottantina di pagine, dicevamo di un’intensità eccezionale. I temi di Carmen Moscariello sono quella della mitologia delle persone amate (le adorate Lara e Silvia), delle amicizie (Elena Machiavelli, proprietaria de “Le Scissure”, Elio, prematuramente scomparso, ed Antonietta Di Giglio, “vista tra lacrime e stanchezza” e verso cui non ha soffocato “il mare del ricordo”), dello stupore pudico, del sogno, in cui sorgono, all’improvviso, le città mitiche di Heraion, Mitilene, Samo, Colchide, Djerba. 

Sono versi impeccabili, in cui si coniugano una nostalgia del sogno e della favola e il dovere di mostrarsi degna di Paul Verlaine o di Paul Valéry. 

La Moscariello, che non ha scritto che testi incantatori, la si legge come si beve un’acqua sconosciuta, ma inebriante. In lei il reale conserva il mistero delle origini e il verbo rivelatore di verità che annunciano qualche intangibile felicità. La Figlia della Luna è il fedele riflesso di questa attitudine, che non manca né di charme né di mordente. 

Carmen, che richiama alla mente l’eroina di Prosper Mérimée e di Théophile Gautier, resa celebre dall’opera di George Bizet, non somiglia ad alcuno dei poeti contemporanei. Scrive alla confluenza dei tempi. Ironica e ludica, affamata di bellezza, la Moscariello si fa scriba di una memoria duale. Duale più che duplice, perché passa dall’uno all’altro aspetto del tempo. 

Come quelli che recuperano cartoni, casseruole, rame rosso, alluminio o nickel, la poetessa della verde  Irpinia ricicla, a spizzichi, dei brandelli di melodie, delle briciole e dei ricordi, dei naufraghi d’emozioni: Carmen sferraglia nell’oro del tempo. 

La scrittura della Moscariello, autrice tra l’altro, di “Friedrich Hölderlin, tra lirica e filosofia”, per i tipi dell’editore romano Lucarini, di una silloge dal titolo “Gli occhi frugano il vento”, per Bastogi Editore, de Il presente della memoria”, un libro sui poeti contemporanei, sugli artisti del Basso Lazio e su alcuni uomini dei nostri tempi, è concisa ma sbocciata, frammentaria e tuttavia armoniosa, riportante sempre all’interiorità. Essa è legata all’azione, al movimento, al cammino attraverso le città o le civiltà. 

Se la Moscariello ha quasi sempre rifiutato la rima, tuttavia è restata attaccata ad una matrice assai regolare. Il suo verso è libero, ma rigetta la scrittura automatica e il surrealismo, perché la metafora non è per lei l’essenza della poesia. Carmen procede per comparazione, non per metafora. E’ una delle ragioni della sua opposizione al surrealismo. Ella si plasma alla constatazione e si accorge che questa constatazione è senza limiti. La sua poesia degli elementi è una poesia dell’inventario. 

Carmen utilizza pochi aggettivi; la frase si limita spesso al nome e al vento, al soggetto e all’azione. Ella va all’essenziale, perché ha un senso dell’economia poetica che la spinge a rigettare ogni parola superflua. Carmen lavora nel senso di una più grande privazione, di una più grande limpidità. 

Possiamo affermare che la poesia ha invaso tutta la vita della Moscariello. Essa è il suo respiro. Le liriche ritagliate in sequenze sposano il suo  respiro corto. Esse segnano la sua approvazione al mondo, la sua comunione con quello che la circonda. Questa comunione proviene dall’adeguamento progressivo tra una forma poetica perfettamente dominata e una maniera di vivere e d’essere al mondo. 

Quelle della Moscariello sono grandi pagine di storia in un pugno di distici senza effetto gratuito, senza lirismo vano. Non una parola esce dalla sua linea, non una che non vi abbia il suo posto. Un’economia da moralista ironica, che sa che tutto si gioca sempre altrove: nella memoria da venire. Memoria capace di sospendere l’avvenuto per l’offerta di un pensiero, di un dispiacere, o per la spina di un sarcasmo, ma il cui potere così bene restituisce l’oblio o cristallizza l’incompiuto di un desiderio, poiché l’unica religione a cui Carmen sacrifica è la bellezza, quella dei giovani uomini o donne, che, come marmi o bronzi antichi, paiono discendere dal loro basamento per abbellire Samos o Mitilene, la notte come il giorno. 

Dei due registri della sua opera (il mondo antico e il tempo autobiografico), il secondo è dedicato quasi totalmente all’amore, che “parla con tenera voce”, all’amore “scaldato dal sole di Roma”, al “bacio dei ragazzi che si amano”. Senz’altra ostentazione che di scrivere chiaramente la felicità di questi brevi e febbrili incontri. 

Per il cammino contrario, il gusto antico ravviva e fertilizza la poesia, come nel brano inerente Mitilene, che evoca la poetessa greca Saffo, soprattutto nei tre versi finali, in cui la coppa ubriacante si trasforma, nell’ultimo sorso, in Gorgone, essere terribile, alato, avente per capelli dei serpenti, mentre il dio Dioniso banchetta. 

Che sia ricordo immediato o lontano (e spesso ci parla del profondo dei tempi, in nome di un dio o di personaggi mitologici), si tratta di una moneta d’oro inalterabile, coniata con le effigi della giovinezza e della beltà. Ma la poetessa di Montella non è solo affascinata dai miti classici. Essa affronta anche temi domestici e familiari come nella “Canzone a Lara”, l’orgoglio della vita di Carmen. Bella l’immagine della figlia, “tenera come la neve di marzo coi biancospini affacciati”. Materna e protettiva è nella lirica “A Silvia”, di leopardiana memoria, in cui la Moscariello rivela la sua comunanza spirituale con Leopardi, fatta di vibrazioni. 

Alcune liriche di Carmen sono abitate dagli spiriti di Matisse, di Theodorakis, di Pirandello e di Rea, quest’ultimi due in Spartito in sol maggiore per Marina, lirica scritta nella notte di San Lorenzo, di tre stagioni fa. Qui Carmen e Marina, accomunate dall’amore per l’arte, si raccontano i sogni e interrogano il loro spirito giovanile sui sogni che continuano a germinare mentre, in mezzo a loro, aleggiano i fantasmi di Luigi Pirandello e Domenico Rea. Forse è proprio in questa lirica, un poco prosaica, che si prende la più giusta misura della poetessa campana, che inaugura una nuova forma di confessione, in cui il passato e il presente si congiungono, in cui una donna di rara intelligenza non ha cessato, sotto le provocazioni, di perseguire una ricerca identitaria. 

Da questa silloge sono stati tratti due spettacoli teatrali (“Anima di mare” e “Figlia della luna”).

 Alfredo Saccoccio. da Il Secolo d'Italia.

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Alcuni dei libri pubblicati da Carmen Moscariello

 

Alcuni dei libri pubblicati da Carmen Moscariello .


 


 

 
















Soli della Chiesa.  Celestino V e Benedetto XVI . Gangemi 2025;

Modigliani .L’Anima dipintaEd.Opera illustrata, Gangemi 2019;

Charles De Foucauld. Fratelli tutti. Gangemi 2022;

Il presente della memoria Publiscoop 1994:

Proserpina tre atti preceduti da un preludio. Bastogi Libri 2011;

Destini sincronici. AmeliA Rosselli e Rocco Scotellaro .Guida 2015;

L’orologio smarrito. Poesie. Guida 2014,

Terra nella sera. Visioni. Guida 2014;

Oboe per flauto traverso. Guida 20’12;

Giordano Bruno .Sorgente di fuoco Guida 2011

Albe di mare Antologia curata da Brogi, moscariello… e altri Gangemi 2022

Pizia non dà più oracoli. Poesie Gangemi

 2020;

Eleonora dalle belle mani , Bastogi 2012;

Il tempo dell’infinito silenzio e lo spazio infinito dell’Amore. Edizioni Ripostes Salerno 1989;

Non è tempo per il Messia. Poesie  Guida 2012

Gli occhi frugano il vento . Poesia .Bastogi, Foggia 1990;

Friedrich Holderlin . Tra lirica e filosofia . Lucarini Scuola. Roma 1988;

I poeti francesi  Lucarini Scuola Roma 1988;

 

 

Figlia della luna . Poesie 1998;

Gli Alumbrados  Antologia Il Convivio ; 

Rapsodia d’amore (Per stelle e desideri) Poesie Il Convivio  2016;

 



mercoledì 2 luglio 2025

Il primo giorno di un mondo nuovo. Libro del Giubileo Di MonsIlignor Vincenzo Paglia Raffaele Cortina Editore I nostri tempi, quelli di ieri e il nostro futuro. di Carmen Moscariello

 

 primo giorno di un mondo nuovo. Libro del Giubileo 

Di  MonsIlignor Vincenzo Paglia Raffaele Cortina Editore

I nostri tempi, quelli di ieri  e il nostro futuro. 

di Carmen Moscariello

 Quest’opera di Monsignor Vincenzo Paglia ci mette di fronte al mondo di Dio. a quello della Croce, ma anche a quello dell’uomo dei nostri tempi, ai dolori, alle guerre, al principio de “la Speranza” di Papa Francesco che non può morire, non deve morire. L’occasione del Giubileo che il grande Papa ha inaugurato poco tempo prima di morire deve divenire un’occasione affinché tutti gli uomini, non solo quelli di buona volontà, si parlino e  contribuiscano  con il loro esempio  a salvare la vita stessa dell’umanità intera, compromessa dall’odio, da una voracità feroce, da un egotismo paranoico, capaci questi mali  di divorare ogni buon principio , non solo la distruzione delle  cose, del mare, del cielo, ma travolgere e lacerare ogni forma di speranza. Il titolo è esemplare: invoca un nuovo mondo , che si cominci d’accapo , che tacciano le armi. Partendo da “Una società senza padri” da  un interessante libro di Deborah Danovskie da Edoardo Viveiros De Castro  ci interroghiamo se questo mondo sta davvero per finire, se le religioni che per secoli hanno guidato la vita degli uomini siano anch’esse destinate a spegnersi e ci  abbandoniamo, come fortemente Benedetto XVI ci ha detto, a un mondo senza padre e senza madre in nome di una libertà assoluta e disinvolta , in questo caos l’uomo ammazza anche se stesso. I tristi quotidiani risvolti di questi giorni sembrano confermare le paure di dissoluzione dell’uomo , paure che da molto aleggiano nei nostri mondi, sembrerebbe che nessuno ne sia estraneo . Le mille guerre che si combattono in ogni angolo, si uccide senza pietà e sembrerebbe che nessuno riesca a mettere un argine. L’uomo piange sul  proprio destino e  non sa salvarsi. La morte del Padre, come dice Recalcati è il rifiuto delle strutture gerarchiche, ma  con esse sembra franino, come per una casa scossa dal terremoto, tutte le mura, fin quando ogni cosa è ridotta in cenere. “Viviamo in una società senza più madri, né padri. E’ un mondo di orfani, ciascuno è abbandonato a se stesso e al proprio destino” 

 Leggendo l’ opera del Maestro Paglia si intravede nell’asfissia del caos solo demenza. Il nuovo giorno deve essere un Nuovo Cammino. E’ questo il Giubileo camminare verso la Chiesa di Cristo, ma anche verso la casa dei fratelli. Incontrarsi, parlarsi, abbracciarsi dovrebbe essere nella vita di tutti gli uomini e le donne una consuetudine e invece tutti i linguaggi , anche quelli giornalistici, sono violenti aggressivi, senza limite al male. La menzogna è nella bocca di troppi, anche questa è divenuta consuetudine. La strada di  Cristo  è stata  perduta.

 La morte ci sovrasta non più solo come presenza estranea , ma come essenza di vita. Siamo obbligati alla guerra non si sa perché, non si sa per cosa. La morte ha perso il significato di possibilità e si è trasformata in una costante impazzita. Sembrerebbe che il mondo sia popolato da tanti piccoli mostri accigliati, assetati di armi e di sangue. Direi che è  proprio l’urlo di Munch , quello della disperazione. 

 Kierkegaar  pur riconoscendo  la presenza dell’angoscia nella vita umana, ci indica la bellezza della fede, essa è l’unica strada vera e possibile:” la fede come unica via d’uscita, indispensabile per superare l’impasse angosciante: scegliendo Dio, si entra in una condizione in cui non si desidera altro che l’onnipotente, eliminando così ogni possibilità di sofferenza”. Il libro che stiamo commentando  pur ponendo grande fiducia nella fede e nel rapporto con Dio e con l’amore di Gesù, pone al centro della sopravvivenza e come termine di paragone della fede stessa l’uomo che altro non è che il Gesù che si è fatto uomo e che non si può uccidere un fratello o rimanere indifferente di fronte all’umiliazione della fame e della disperazione del prossimo.

 La parola “prossimo” è quasi inusuale anche nelle nostre scritture, nei nostri pensieri chi la usava quotidianamente nelle sue omelie era Francesco che la legava indissolubilmente alla parola povero. Bisognerebbe fare un passo in dietro nelle nostre vite e soprattutto deporre in un sacco ben chiuso il nostro mostruoso individualismo e abbandonarlo in un pozzo e lì lasciarlo per sempre. 

Alla luce di questa realtà, che cosa è la fede?

La fede di Kierkegaard è l’abbandono nelle braccia di Dio, lasciarsi chiudere nella perfezione della bellezza e della grazia. La strada della salvezza indicataci da Vincenzo Paglia e ben più difficile!. Ci ripropone la fede del “Noi” , pietra miliare nella dottrina e nelle  preghiere di Benedetto XVI e anche di Papa Francesco (quanto ci manca la sua carezza e la sua parola!) La fede per Benedetto e Francesco è stata l’accoglienza del prossimo in nome di Dio, amarlo come si ama Cristo e regolare la nostra vita non sulla voracità di accaparrare tutti i bene dell’universo, ma incontrare Cristo nei poveri della terra, La stessa preghiera e gli stessi sentimenti raccogliamo in questa opera di Vincenzo Paglia, con tenerezza ci apre le porte dell’Amore, non solo per Cristo, ma per tutti i derelitti e peccatori dell’universo. Tolto questo principio di amore per il prossimo,  non esisterebbe più il Cristianesimo. Benedetto XVI ci insegna che il Cristianesimo è la più bella religione dell’Universo, proprio perché nella divinità del Cristo c’è l’uomo. Così “Il Giubileo è un’occasione per rimettersi i in cammino con il cuore”

Tre sono i personaggi  e gli esempi principali che animano questo cammino e lo rendono sacro: il buon pastore, che lascia il gregge e va a cercare la pecora che si è perduta; il figliol prodigo che si allontana dal padre e dissipa le sue ricchezze, che poi ritorna e per lui il padre fa uccidere il vitello più grasso, poiché il suo ritorno è gioia; il buon samaritano che cura l’uomo fracassato, né si muove se non lo vede tornare alla vita. Un percorso dettato dall’Incontro, non una camminata nel deserto del non credere, bensì nella bellezza dell’accogliere, del sapersi parlare, nell’aiutare il prossimo che è caduto e ha bisogno di noi.Qui Il Cammino è una cosa viva, non c’è stasi, non c’è egoismo, il generoso volgerci a Dio nel cammino della Speranza , nel desiderio di incontrarlo. Nei tre episodi accennati c’è la “ricerca” del divino, ma anche del prossimo, quello perduto, quello malato, quello che comprende che la libertà  non è distruggere il Padre, ma tornare alla casa del Padre

Riflessioni di Carmen Moscariello Carmen Moscariello


Vincenzo Paglia è stato Presidente del Pontificio consiglio per la Famigli. E’ stato nominato Gran Cancelliere dell’istituto Giovanni Paolo II  per gli studi sul matrimonio e la famiglia. E’stato assistente ecclesiastico della Comunità si Sant’Egidio di cui è consigliere spirituale Giornalista e scrittore ha pubblicato diversi libri di carattere spirituale etico e sociale e molti commentari biblici. 

 


domenica 29 giugno 2025

Scelta dei vincitori. Invito per gli Onorevoli Giurati del Premio Mondiale Tulliola- Renato Filippelli per decidere i vincitori








 Il giorno 16 luglio 2025 invito tutti gli Onorevoli Giurati presso la mia abitazione in Formia per decidere i vincitori del Premio Mondiale Tulliola- Renato Filippelli. Sarete miei ospiti a pranzo e a cena e mi troverete alla stazione di Formia per ricevervi.  L'indirizzo è:: via Cosmo Valeriano 17 A Formia LT .

Chi ancora non mi ha inviato la scheda di valutazione me la facesse avere al più presto. Conteranno per ogni opera i voti che mi avete innviato, quindi anche degli assenti saranno rispettate le relative volontà.

Ricordo che la premiazione si terrà il 30 ottobre presso il Senato della Repubblica ingresso dalla Biblioteca del Sentao " Giovanni Spadolini" Piazza della Minerva " 38 Roma, nella Sala degli Atti parlamentari. Venite elegantissimi, per gli uomini è obbligatoria  giacca e cravatta ,pena il divieto di entrare, così è il regolamento. Iniziatevi a prenotare , poichè questa Sala ha 90 posti  a sedere. Un abbraccio a tutti voi. Ricordo che la Giuria ha operato a titolo gratuito e ha svolto un lavoro impegnativo e delicato.  Ai partecipanti al Premio non è stata chiesta nessuna tassa di lettura, o altro  Ricordo che i giurati sono tutti scrittori e poeti di altissimo prestigio.Il premio è sovvenzionato da Carmen Moscariello e Aldo Zangrillo. Non è stato chiesto mai nessun contributo né ad enti pubblici, né ai privati.

Grazie per il vostro lodevole e importante impegno. A presto, Carmen Moscariello. 



venerdì 20 giugno 2025

Lettera da Cuba di Carmen Moscariello

 

Lettera da Cuba- LA CASA DI FINCA -VIGA


di Carmen Moscariello

 

Cuba nel cuore di Hemingway

 

 

I cieli caraibici di Hemingway

di Carmen Moscariello, da Frequenze poetiche.   e dalla Terza Pagina de Il Tempo.

“Siete una generazione perduta” :così la signora Gertrude Stein disse in The Sun Also Rises (Fiesta 1926). E, fu questo il cardine di tutta l’opera di Hemingway e di altri scrittori suoi contemporanei .Pound, Fitzegerald, Hemingway appartennero a questo buio senza stelle dell’epoca nuova che oltre al male e alla guerra sembra non regalasse e non regali più niente di buono all’umanità. Eppure, Hemingway sperduto nel buio ,andò alla ricerca esaltante della vita e dell’amore in quei paesi dove il mare, il cielo e le stelle potessero ancora parlare al suo animo, già da tempo sull’orlo dell’abisso.

Ed ecco perché alla sua grinta di inviato di guerra ,a seguito della prima e della terza armata (1944-1945), incorpora la voglia di conoscere luoghi sempre nuovi ,incontaminati, lontani dalla civiltà del businesss, con nel sangue un flusso che rompeva le vene: la Cina, l’Africa, l’India, Cuba diventano luoghi dove la sua irrequietudine trova sfogo e la sua vena letteraria esplode nelle sue forme più alte, fino a portarlo, dopo l’incidente aereo in Africa (1954) al premio Nobel per la Letteratura(1954) che non potrà ritirare personalmente proprio per i postumi dell’incidente.

Noi in un nostro soggiorno a Cuba abbiamo voluto inseguire i luoghi e le tracce di Hemingway, qui molto è rimasto di lui, il mare caraibico ci parla del suo amore per questa terra e del suo lungo soggiorno: tra le onde coralline e i barracuda che infidi arrivano fino a riva, il mito ha preso il posto della ricerca e dello studio attento del suo pensiero e delle sue opere. Nella “Riviste de Avance”, che accoglie la critica togata dell’isola ,il pensiero di Hemingway segue i ritmi afro-cubani , come se lo scrittore avesse avuto come impostazione artistica solo i luoghi caraibici. Tutto il popolo cubano considera Hemingway un cittadino dell’isola, nessuno ricorda che ere un americano, anche Castro lo amava molto. E la casa di Finca Viga è divenuta un museo da mostrare con orgoglio ai visitatori. Va riconosciuto a Castro che nell’antiamericanismo fortemente propagandato ha salvato la figura di Hemingway e quelle di straordinari pittori futuristi, impressionisti e surrealisti che risentono fortemente della cultura occidentale, come Wilfredo Lam, o Roul Martinez e Pedro Mariano Rodriguez.

Nella casa di Finca Viga l’autore dimorò per quasi venti anni, qui sotto il cielo dell’Havana bevve fiumi di cocktails, poi descritti nella loro composizione in molte sue opere ed articoli : il rum carta blanca con mentuccia (hierbabuena),limon soda e ghiaccio, il cuba libra, mojito, il daiquiri, l’emingway si possono gustare in tutte le taberne dell’Avana, di Camaguey e di Santiago de Cuba e sentire nel cuore il grande demone raccontatoci da Hemingwaye di come la malinconia allenta i suoi lacci e lo faceva convolare a nozze per la terza volta con la giornalista Martha Gelhurn.

Tutto è rimasto intatto, la storia si è cristallizzata tra i colori meravigliosi dei pappagallini che ora abitano il silenzio della casa, essi sono addetti ad accogliere gli ospiti con garbo . Anche il ricordo per Gregorio Fuentes , il protagonista de “Il vecchio e il mare (noi in altri viaggi l’abbiamo conosciuto di persona (1995), fu grande amico dello scrittore con il suo sigaro e le rughe profonde, sembra di vederlo ancora fiutare il vento che viene dal mare. Chiedemmo, allora, volemmo sapere di quando usciva con lui sulla Pilar e lo portava oltre la barriera corallina a vedere gli squali e i curiosi barracuda (le acque cubane ne ospitano molti, arrivano silenziosi tra le gambe dei bagnanti), La pilar ancora ormeggiata sulla spiaggia sembra che aspetti il suo padrone per rimettersi in mare; di fronte c’è l’oceano : immenso, inghiotte il cielo e la sabbia è morbida come talco di leggero fumo di pensieri e di attese : ci incamminiamo verso il centro del villaggio, abitato da pochi pescatori e da tanti bambini, tutti scalzi, ma allegramente disegnano gli aironi rosa :- immobili corolle- sul canalone, con la penna (bene prezioso!) regalatagli dal turista di turno. Si apre all’improvviso una piazzetta che al centro ha un busto severo di Hemingway con i baffi spazzolati. Di fronte si erge la nera fortezza di Cojamar . Da qui Hemingway scriveva i suoi pezzi , curava il divorzio dalla sua seconda moglie, si sposava con Martha, per divorziare subito dopo e sposare Mary Velsh.

Nelle cinque camere del cottage senza vetri alle finestre (come quasi tutte le case a Cuba) e l’ingresso senza porte si sente solo il rumore dei nostri passi sul legno del pavimento e il fruscio di microscopici pappagallini che spiano il silenzio dal soffitto. Alle pareti decine di manifesti di corride e tra i suoi libri, a centinaia , ne scopriamo uno di Palazzeschi nella edizione della Villardi ,e una vecchia cartina geografica dell’Italia insieme a fotografie che ritraggono l’artista a Venezia e in Spagna. Poi negli angoli della casa la lenza e le reti: appoggiato in un armadio di frassino un vecchio fucile a due canne.

Per ammirare lo splendido tramonto in tutte le tinte dell’arancio e del cobalto ci arrampichiamo alla sommità della torre che affianca la casa con ancora impiantato il suo telescopio : da qui Hemingway esplorava l’incanto del cielo di Cuba e spiava l’avvicinarsi dei tifoni e degli uragani nella stagione autunnale. Pensiamo a quanto furono esaltanti questi luoghi per la sua scrittura, per l’animo; pensiamo ai riflessi del sole sul mare tropicale alle rughe di Fuentes , quasi fossero erosioni di un deserto senza pesci , alle piogge tropicali che puntuali alle cinque della sera lavano i pensieri e il viso dei bambini cubani scalzi e affamati con negli occhi la stessa luce del mare.

CARMEN MOSCARIELLO (PUBBLICATA SULLA TERZA PAG. dE iL TEMPO. E SU FREQUENZE POETICHE.)VIETATA QUALSIASI RIPRODUZIONE.

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sabato 31 maggio 2025

GLI ALUMBRADOS DI CARMEN MOSCARIELLO. SPETTACOLO TEATRALE (in costumi e ambienti del Rinascimento)

Alla ricerca dei giardini perduti dell'Anim


Spettacolo 

Gli Alumbrados

Opera  in ottave

di

Carmen Moscariello

Cento gli artisti, ballerini, cantanti, giullare, musicisti, attori  protagonisti dello spettacolo

 

Atmosfere dove l’incanto fluisce come raggi di sole  su cristalli baccarat, nei scintillii del rosso e del nero delle dame rinascimentali, insieme al saio severo dell’ illuminato Juan de Valdés  . Atmosfere canore, musicali, teatrali, un verbum onomatopeico alla ricerca dei giardini perduti dell’anima. L'ultima  piéce teatrale della Poetessa Carmen Moscariello, opera  in ottave,  è un canto popolare alla fede e alla resurrezione dell’umanità intitolata GLI "ALUMBRADOS", gli Illuminati di una ”setta” esoterica e nel contempo adoratrice del vangelo di Cristo che percorre un lembo della filosofia-teologia contestatrice del Nulla  , ma soprattutto di una chiesa dimentica del Maestro e protesa ad un autoritarismo  che lederà non poco i grandi veri riformatori. E’ la chiesa della controriforma chiusa nella paura della sua disgregazione. L’elemento nuovo e determinante degli “ALUMBRADOS” della Moscariello è la presenza  di donne affascinanti e colte che rischiano la vita e le loro ricchezze per non tradire gli ideali umani religioso, sociali, ai quali si ispirano. Tra le protagoniste possiamo elencare  Giulia Gonzaga, Vittoria Colonna, Caterina Cybo. La Poetessa Carmen Moscariello già in passato si è occupata di Giulia Gonzaga, ma lì trattò in versi  l’amore tra Giulia e Ippolito dei Medici, nonché i fasti del castello di Fondi, negli ALUMBRADOS, Giulia è la donna –filosofa che per trent’anni rimase chiusa nel monastero di San Francesco delle Monache a Napoli. Aspetto, questo, finora trascurato da storici e letterati.     E’ il castello della teologia che viene raffigurato nelle scenografie dove tutti possono cogliere Dio (a suo modo) a seconda della posizione che si occupa nel Castello . Chi è all’interno può godere della grazia della fede in tutta la sua magnificenza, chi è fuori dalle mura può avvertire la presenza di Dio, ma la sua strada è ancora molto lunga. Tradurre in versi un pensiero filosofico così complesso , così fascinoso, così attuale è stata cosa estremamente complessa, soprattutto stabilire i ruoli che queste donne ebbero nella creazione di una chiesa rinnovata da una fede pura, ispirata solo ai vangeli, rinnegante spesso i molti dettami autoritari. I versi immaginifici della Poetessa scandiscono anche il profondo senso teologico della natura, la parola poetica è come rosa d’inverno, rara e fosforescente nella sua grazia senza tempo. 


 

Regia teatrale: Carmen Moscariello

 Palazzo Baronale Minturno.







Gli Alumbrados di Carmen Moscariello

 (in Letteratura italiana a cura di Lia Bronzi e Angelo Manuali)

Atmosfere dove l’incanto fluisce come raggi di sole  su cristalli baccarat, nei scintillii del rosso e del nero delle dame rinascimentali, insieme al saio severo dell’ illuminato Juan de Valdés  . Atmosfere canore ,musicali, teatrali, un verbum onomatopeico alla ricerca dei giardini perduti dell’anima. La   piéce teatrale della Poetessa Carmen Moscariello è fascinosa e favorisce l’incanto. L’opera  in ottave  è un canto popolare alla fede e alla resurrezione dell’umanità. GLI ALUMBRADOS” sono gli Illuminati una”setta” esoterica e nel contempo adoratrice del vangelo di Cristo che percorre un lembo della filosofia-teologia contestatrice del Nulla  , ma soprattutto di una chiesa dimentica del Maestro e protesa ad un autoritarismo  che lederà non poco i grandi veri riformatori. E’ la chiesa della controriforma chiusa nella paura della sua disgregazione. L’elemento nuovo e determinante degli “ALUMBRADOS” della Moscariello è la presenza  di donne affascinanti e colte che rischiano la vita e le loro ricchezze per non tradire gli ideali umani religioso, sociali, ai quali si ispirano. Tra le protagoniste possiamo elencare  Giulia Gonzaga, Vittoria Colonna, Caterina Cybo. La Poetessa Carmen Moscariello già in passato si è occupata di Giulia Gonzaga, ma lì trattò l’amore tra Giulia e Ippolito dei Medici e i fasti del castello di Fondi, negli ALUMBRADOS, Giulia è la donna –filosofa che per trent’anni rimase chiusa nel monastero di San Francesco delle Monache a Napoli. Aspetto ,questo,finora trascurato da storici e letterati.     E’ il castello della teologia che viene raffigurato nelle scenografie dove tutti possono cogliere Dio (a suo modo) a seconda della posizione che si occupa nel Castello . Chi è all’interno può godere della grazia della fede in tutta la sua magnificenza, chi è fuori dalle mura può avvertire la presenza di Dio, ma la sua strada è ancora molto lunga. Tradurre in versi un pensiero filosofico così complesso , così fascinoso, così attuale è stata cosa estremamente complessa, soprattutto stabilire i ruoli che queste donne ebbero nella creazione di una chiesa rinnovata da una fede pura, ispirata solo ai vangeli, rinnegante spesso i molti dettami autoritari. I versi immaginifici della Poetessa scandiscono anche il profondo senso teologico della natura, la parola poetica è come rosa d’inverno, rara e fosforescente nella sua grazia senza tempo.

 







mercoledì 28 maggio 2025

L'orologio smarrito di Carmen Moscariello Alfredo Guida Editore

 Riflessioni su “L’orologio del Tempo” di Carmen Moscariello




La sfera armillare insieme al libro di Eraclio che Botticelli pone sullo scrittoio di sant’Agostino , immagine che possiamo ammirare nella chiesa di Ognissanti a Firenze, ci fa intuire ancora più dei capitolo dall’XI al XXIdelle “Confessioni” che cos’è il tempo e come esso sia importante.
Se pensiamo alla trasparenza del tempo, potremmo dire che il tempo sia leggibile e, come storia, ognuno di noi sia protagonista del suo tempo, nella successione dei fatti che spesso, o a volte, sul cuscino di pietra della memoria ognuno di noi ha l’opportunità di valutarlo, di giudicarlo nelle singole azioni o in tutte le azioni che determinano una vita.
Nell’”Orologio smarrito” Il tempo è protagonista, ma non esiste una successione temporale, né un’appartenenza. Il tempo non ci appartiene, poiché non lo dominiamo, né lo programmiamo( programmarlo è solo una vaga illusione).
Quest’opera inizialmente l’avevo titolata “L’incompiuta” , a conclusione del lavoro ho cambiato il titolo, poiché mi sono resa conto che in essa era narrato non solo il mio destino, ma quello di tante persone care nella traiettoria anche di orizzonti di chi credevo aver dimenticato per sempre. Di questi infiniti percorsi umani, in cui la natura ha un ruolo determinante, si nutre questo mio sentire. In effetti nei versi c’era uno strano protagonista che non ero io , né le immagini che l’attraversavano, piuttosto un personaggio che mi coinvolgeva e teneva in pugno senza che la mia volontà potesse fare niente: anche la conclusione in prosa che mi ero illusa fosse un riassunto della mia vita, in verità in essa affoga, viaggia, cantano infiniti logaritmi, imprecisati incontri, lontane litanie: il fiume non è solo ricordo, emblema dell’infanzia , risultato di un pensiero già tutto formato, ma è testimone del rimanere tuttora incauta su un ciuffo d’erba portato dalle acque irruenti. Quindi “smarrito“ va inteso non come abbandono della vita ormai tarda, ma il tempo come assoluta ricerca della libertà e della giustizia, come totale appassionata appartenenza all’umanità che non sempre si volta al mio grido d’amore dei poeti. Il tempo diviene così caduta, ma non perde l’urgenza della redenzione, desiderio dello straordinario, ricerca del più bello, del più fascinoso, abbandono ai profumi, vessillo di ribellione( quale è stata tutta la mia vita).
Poi c’è la melanconia del tempo (spleen, come sentimento del Tempo) in cui si raccolgono le piume sparse, si fa fagotto, lo si posa ai propri piedi come altro da sé. Lo si dimentica o si crede d’averlo dimenticato per cercare lo spasimo e l’ardore di nuovi sogni. Tuttora “la vaghezza”, il sogno mi appartengono intatti, come nella fanciullezza e spesso mi fanno sentire inadatta al mondo, allora, come ora. Così il mio pensiero e la mia scrittura non rispettano le categorie temporali, viaggio ancora su un ramo nodoso, ma rimango a galla sulle raffiche del fiume, ricostruisco vite e alcune di esse confluiscono nella mia. Il loro destino mi appartiene senza iato. Perciò l’ “Orologio smarrito”, viaggia senza lancette , ma certe volte esso ha una sua furiosa forza e senza stabilire l’ora mi pone davanti registri di bellezza, di canto, di affetti, arco di tensione per una nuova vita .
La “cronocrazia” non mi appartiene, cerco l’attimo ineffabile, il Kairòs, il tempo sacro dell’intuizione che dal di dentro ci disvela la nostra appartenenza. Il tempo può, se vogliamo, essere parola rivelatrice, “ansia del tempo”(Rebora), stupore, “sospensione dell’accadere”(Pavese) o il tempo di Alda Merini : tempo perduto in vorticosi pensieri/assiepati dietro le sbarre/come rondini nude.
Mi sale nel ricordo Eliot con la sua concezione del tempo come assoluta contemporaneità, ecco forse senza volerlo la mia idea del tempo ha molto a che vedere con Il Poeta, soprattutto cerco un tempo che non depredi la mia vita, che essa non si trasformi in una corsa verso il nulla, piuttosto che la stessa morte, lo dico da credente, diventi l’apertura e l’ agognata conquista dell’infinito atemporale.
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Paola Zappa Claudio
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