Epitalamio: imen al tempo e al viaggio
Di
Carmen Moscariello
Quest’opera di Ninnj di Stefano Busà ha un valore escatologico dove la vita è pellegrina in assorta ricerca dell’uomo e di Dio.
Voi strappandomi i mari, la ricorsa, lo slancio/e dando al piede il sostegno di una terra forzata, /che avete escogitato? Un calcolo sagace:/
il moto delle labbra non può venir sottratto.
Leggendo i versi della Busà si sente riecheggiare la Osip Mandel ‘Stam, la stessa ostinazione e coscienza che la parola poetica in certe vite può rappresentare l’Assoluto e ancor più il mezzo essenziale a sostenere un arco teso di ansie e aspettative laicamente e divinamente rincorse.
Sgocciola amaramente la vita cucita e ricucita con foglie arse, con stilemi delicati di sole e di narcisi che nascono nei luoghi insoliti e pericolosi dell’esistenza di alcuni. Cogliere quei fiori può costituire il sacrificio di se stessi, l’annullamento coraggioso in silenzi d’attesa.
Il sogno e la sua infinitezza nidificano nel cuore della Poetessa. Qui la parola con la sua eleganza insegue e focalizza il sogno per consegnarlo al lettore col suo leggero e trasparente enigma.
Sipari d’ombra con raggi in traverso!
Le parole mietono ore corrucciate di solitudine e abbandono, il tempo è spia e allinea le ore, dall’ombra della morte i battiti e gli echi che feriscono per le impietose meditazioni sul vivere .
L’humanitas poetica, qui travolge e sconvolge l’aria (con memoria d’aria).
Le sbarre non limitano l’Infinito Essere, seppur configurano una prigione ormai infinitamente dolorosa da sopportare: il cielo e il vento hanno voci attutite, più alta è quella del Poeta. La parola assume metamorfosi delicate, senza sottrarsi al dolore di dire, annunciare, assaporare, scrutare.
La poesia è nel destino dell’Autrice, marchio a fuoco, vocazione alta e veritiera. Il tempo è acquoso, libera un grido trafelato, inclemente nemico al desiderio di infinitezza che si innalza .
Incalza il viaggio: il tempo e il viaggio sono epitalami di questa scrittura poetica. Si inseguono dilaniati con poche tregue. Le febbri umiliano, ma rientrano nella consuetudine poetica, riducono in polvere, ma la ricerca di un altrove di infinitezza non cede il passo. Il demone poetico è liberatorio, più forte di qualsivoglia umiliazione. La morte assedia, è lì in agguato; bandito con sguardo furbo che osserva in silenzio un crudele silenzio.
In quest’opera i protagonisti sono il tempo e il viaggio, i loro occhi sapienti sanno guardare, sfidano il dolore, con coraggio non rassegnano alcuna dimissione.
Alla Busà, Il suo ruolo di Poeta le permette di posarsi sul gradino più alto, da lì guardare la vita, nel suo percorso: un fiume con molti ciottoli, con improvvisi fascinosi gorghi, tutto si esplicita senza riserve. La poesia non diviene mai gemito.
Il percorso lumeggia incredibili limiti; il tempo insaziato cerca la vita, desidera la vita! Nella sua pienezza di albe e di notti, di estate festose e d’inverni ghiacciati , la poesia tutto ci restituisce; non si placa la volontà di amare e cercare la vita, interamente. Lo scudo del sogno non fa intravedere future appaganti gioie, rimane desiderio infinito, dolorosa trepidante ricerca, traguardo mai raggiunto dell’infinito senso di Dio.------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Carissima Carmen, è molto bella e profonda la tua recensione. Tu hai uno stile raffinato e particolarissimo, sai dire le cose con emozionante e rivelatore sentimento, ma anche con fede in un oltre che ci porta lontano: una specie di fede che è suggestiva e costante nel tuo fulcro quotidiano di luce, e che non è la fede comunemente intesa, ma qualcosa che trascende. Grazie di cuore. Ninnj
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