RISALIRÀ
COME DAL POZZO
(13)
Se
la Pasqua non è la rivoluzione del passaggio
dalla
cieca competizione delle tecniche
che
ci rende servi
alle
speranze dei singoli bambini
che
ci rendono liberi,
vana
è la nostra fede
in
una qualsiasi civiltà.
Chi
dice: “ Io amo Dio” e odia il proprio fratello,
egli è
un bugiardo. Chi non ama il fratello, che vede,
non può amare Dio,
che non vede.
(Gv, I Ep. 4, 20)
Io
ti rividi, Signore,
al
pozzo ieri con la samaritana.
Era
l’ora mitissima
in
cui cova un fulmine segreto.
Risalirà
come l’acqua dal pozzo
l’anima,
quando
rinsaviremo,
quando
ci radicheremo nell’incrocio
fra
i due legni attaccati
a
compimento,
l’uno
sull’altro, fra le braccia
orizzontali
degli uomini
che
si corrono incontro
e
le rose verticali delle stelle
e
potremo capire, Signore,
in
questo tuo dolore che ci guarda
il
tuo grido di fede nella luce.
In
questa terra di glicini e di croci
mentre
l’universo
si
affama sull’orlo di un’aurora
che
soffoca e non sa come spuntare,
assetaci
di te
dissetaci
di te, tu che ci ami
uno
alla volta e hai fede
nella
nostra irrimediata povertà, ora che siamo
scarti
di vite
a
mani vuote e monche
con
le speranze mute dei bambini.
Ogni
giorno
potere
noi essere, Signore,
l’acqua
che dal pozzo
alle
labbra dell’altro sale alla luce
per
dissetarlo
e
dissetarsi mentre lo disseta.
L’acqua
che risale dice sì
a
chi operando all’aria la conduce.
Come
all’angelo
la
povera fanciulla disse sì.
L’acqua
che sale è acqua che risorge
e
dissetando risorge nel suo tu.
Se
risorgi per dirci, Signore,
che
siamo tutti sull’orlo del crinale
che
ci separa dall’oltre, sul brivido del taglio
della
nostra pasqua personale; se risorgi per dirci
che
guardare all’abisso che accomuna
è
l’unica rete che ci salva; se risorgi per darci
coraggio
a dire il sì
al
dolore
del
bambino assetato che ci guarda;
se
il peccato è l’assenza dell’amore,
liberarci
dal peccato sarà liberare l’amore.
Giunti
ai
bordi del pianeta, Signore,
in
questa palla che gira nel suo vuoto
dove
il danaro comanda e ci fa schiavi
e
brucia il mondo
liquefacendo
popoli e ghiacciai
in
orde di migranti
con
l’impassibile idolo del sé,
sull’orlo
del crinale sveglia, Signore,
la
nostra acqua dal fondo a risalire, a dire sì,
illuminaci
sulla miopia che ci fa schiavi,
apri
l’aurora,
restituisci
i bimbi all’ora del creato.
Giuseppe
Limone
Nessun commento:
Posta un commento