Roma 2 febbraio 2014
Le Bourgeois
gentilhomme -Il
Borghese gentiluomo regia e adattamento
di Massimo Venturiello con Tosca e Franco Silvestri .
Musiche di Germano Mazzocchetti.
Al teatro Parioli -Peppino
De Filippo
Recensione di
Carmen
Moscariello
Satira pungente ,non
feroce, quella di Venturiello: l’uomo debilitato dalle convenienze
dell’apparire altro da quello che è, si riduce ad un’ ombra del
decoro, si rinnega nella speranza che la rozza e volgare ignoranza
non traspari .
Molière l’aveva
scritta e rappresentata nel 1670, per la corte lussureggiante e vacua
di Luigi XIV – Le Roi soleil, per una nobiltà persa in un
godimento sciropposo, nel degrado morale precursore di terribili
rivoluzioni ( rivoluzione francese 1789); la nobiltà del tempo
servile e gommosa nei confronti del re, priva ormai di qualsiasi
decorosa dignità e impegnata soprattutto nell’incipriarsi il naso
e nelle movenze di eleganti inchini che aprivano il mondo della
Francia al Nulla, alle Néant ,come dirà Sartre più tardi. Un’opera
di lungo intrattenimento, l’originale era in cinque atti e impegnò
la corte nel castello di Chambord per l’intera giornata , il 14
ottobre 1670.
Venturiello ha fatto di
quest’opera una elettrizzante rielaborazione: i costumi sono quelli
fastosi del tempo, ma la storia è la nostra, quella che ci
appartiene: l’urgenza di fingersi altro da quello che si è ,
pretendendo (illudendosi) che l’acquisizione della cultura e dell’
eleganza possa conquistarsi, a buon mercato, con un bel portafogli
pieno di denaro. I critici ,dicono giustamente, che lo spettacolo è
esilarante, si ride gustosamente dall’inizio alla fine, ma anche, a
nostro avviso, urticante. Ci sfoglia Venturiello, un mondo di
imbroglioni, di opportunisti che con scaltrezza si muovono attorno al
protagonista ed ecco il maestro di musica, il maestro di danza, il
maestro di scherma (d’armi per Moliére ), il maestro di filosofia,
il sarto tutti impegnati in un unico scopo: imbrogliare e rubare più
quattrini possibili al povero (lasciatecelo dire) signor Jourdain, il
protagonista. Questo è interpretato da Massimo Venturiello con una
energia, uno charme, un fluido magico di leggerezza capace di
trasformare la dabbenaggine in Arte. Raggiunge l’apice dei colori,
della musica, dell’allegria, del canto, dello sberleffo nella
cerimonia turca. Venturiello nella sua fiammeggiante interpretazione
ha retto con la medesima energia lo spettacolo per tre ore, rimanendo
quasi sempre in scena. Il Regista nella sua elaborazione ha creato e
introdotto un personaggio molto delicato, con una voce angelica,
quasi figura dell’Arcadia del Metastasio: la musa, interpretata da
Tosca. L’ouverture dello spettacolo, a tende chiuse del
palcoscenico , è questo canto languido che accoglie il pubblico
delicatamente per immergerlo poi nel furore del caos. Questi due
momenti: paradiso e inferno si ripetono più volte nello spettacolo,
sembra che Venturiello prima e dopo le grosse risata voglia
accompagnare e ricomporre il pubblico (molto partecipe) a
riflettere; la piece va oltre la Comédie-ballet , è anche satira
di una società decaduta e decadente. Tosca è il trait d’ union
tra la sublime bellezza e lo schiamazzo degli uomini ridicoli
pavoncelli in cerca sempre di un qualche appagamento. Tosca è la
Divina maschera di un bello perduto, ma ad essa è affidato anche un
ruolo contrapposto alla Divina immago, Ella è anche la moglie de le
Bourgeois, donna scaltra e pratica che si rende conto della follia
del marito e cerca di riportarlo con mano pesante e con battute
all’aceto alla sua condizione di uomo ricco, ma ignorante e
cafone.
Non si salva certo la
nobiltà devastata anch’essa dall’interesse, dall’assenza di
qualsivoglia “sentire”.
Nel
primo atto, dopo l’incanto regalatoci da Tosca, si presentano al
pubblico in costumi scintillanti i diversi maestri che con le loro
lezioni dovrebbero rendere presentabile Il Borghese ai nobili e
soprattutto a una certa marchesa (una vedova innamorata del conte)
della quale il signor Jourdain si è invaghito. In questo gioco di
astuzie e raffinato parlottare spicca certamente il maestro di danza
interpretato da Franco Silvestri . E’ la sfera dell’Arte,
l’unica figura autentica della comédie, vorrebbe (illuso) che il
Borghese apprezzasse l’ arte che si accingevano a rappresentare.
Raffinato nello stile e nelle movenze Franco Silvestri dà un tocco
di eleganza, una spolverio di illusione in un mondo di praticoni che
cercano di arrivare col minimo sforzo al denaro e alla creazione di
uno spettacolo approssimativo. Anch’egli ,come tutti gli attori
dello spettacolo (ad eccezione di Venturiello) interpreta anche un
secondo personaggio, è Philibert, un Mufti, un giuriesperto
musulmano che nell’esilarante scena del matrimonio, interpreta il
ruolo di garante dell’unione tra la figlia di Jourdain e Cleante, i
due innamorati che con astuzia e ingannando il padre della sposa
,coronano il loro sogno d’amore. In questo ruolo Franco Silvestri
(non solo per le vesti sontuose) ci ha fatto pensare a una
bellissima opera di Jean Léon Gérome (Giuriesperto Musulmano,
1900).
Franco Silvestri,
rimanendo al centro della rappresentazione, a fianco di Tosca e
Venturiello, ha anche una finalità di collante nelle interpretazioni
corali. Tutto il cast merita molto plauso: bellissime voci,
bravissime ballerine, serve scaltre, arlecchini pensosi, che coronano
i madrigali.
Lodevole anche le musiche
di Germano Mazzocchetti che ha accompagnano passo, passo ogni scena,
come d’altronde avviene anche nell’opera originale, musiche che
allora, furono scritte e musicate da Jean Baptiste Lully con le
coreografie di Pierre Beauchamp. Esempio questo che trae origine da
Plauto e da Nevio che intessevano i loro spettacoli con musicalità e
forme cantate; anche Venturiello non si è sottratto a questa
tradizione , riuscendo con la sua compagnia ad affiancare allo
spettacolo un percorso musicale e musicante, una maestria nel
passaggio dal codice in prosa a quello del canto, quasi finestra su
un mare azzurro di cielo.
Una coralità anche
napoletana di afflato, di intesa, per regalare al pubblico il più
bel spettacolo: il pubblico che assisterà infine alla ricomposizione
rassicurante della famiglia, dell’amore, distruggendo la maschera
che annienta l’umanità.
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