venerdì 7 febbraio 2014

Le Bourgeois gentilhomme - Il Borghese gentiluomo regia e adattamento di Massimo Venturiello con Tosca e Franco Silvestri . Musiche di Germano Mazzocchetti





Roma 2 febbraio 2014
Le Bourgeois gentilhomme -Il Borghese gentiluomo regia e adattamento di Massimo Venturiello con Tosca e Franco Silvestri . Musiche di Germano Mazzocchetti.
Al teatro Parioli -Peppino De Filippo
Recensione di
Carmen Moscariello
Satira pungente ,non feroce, quella di Venturiello: l’uomo debilitato dalle convenienze dell’apparire altro da quello che è, si riduce ad un’ ombra del decoro, si rinnega nella speranza che la rozza e volgare ignoranza non traspari .
Molière l’aveva scritta e rappresentata nel 1670, per la corte lussureggiante e vacua di Luigi XIV – Le Roi soleil, per una nobiltà persa in un godimento sciropposo, nel degrado morale precursore di terribili rivoluzioni ( rivoluzione francese 1789); la nobiltà del tempo servile e gommosa nei confronti del re, priva ormai di qualsiasi decorosa dignità e impegnata soprattutto nell’incipriarsi il naso e nelle movenze di eleganti inchini che aprivano il mondo della Francia al Nulla, alle Néant ,come dirà Sartre più tardi. Un’opera di lungo intrattenimento, l’originale era in cinque atti e impegnò la corte nel castello di Chambord per l’intera giornata , il 14 ottobre 1670.
Venturiello ha fatto di quest’opera una elettrizzante rielaborazione: i costumi sono quelli fastosi del tempo, ma la storia è la nostra, quella che ci appartiene: l’urgenza di fingersi altro da quello che si è , pretendendo (illudendosi) che l’acquisizione della cultura e dell’ eleganza possa conquistarsi, a buon mercato, con un bel portafogli pieno di denaro. I critici ,dicono giustamente, che lo spettacolo è esilarante, si ride gustosamente dall’inizio alla fine, ma anche, a nostro avviso, urticante. Ci sfoglia Venturiello, un mondo di imbroglioni, di opportunisti che con scaltrezza si muovono attorno al protagonista ed ecco il maestro di musica, il maestro di danza, il maestro di scherma (d’armi per Moliére ), il maestro di filosofia, il sarto tutti impegnati in un unico scopo: imbrogliare e rubare più quattrini possibili al povero (lasciatecelo dire) signor Jourdain, il protagonista. Questo è interpretato da Massimo Venturiello con una energia, uno charme, un fluido magico di leggerezza capace di trasformare la dabbenaggine in Arte. Raggiunge l’apice dei colori, della musica, dell’allegria, del canto, dello sberleffo nella cerimonia turca. Venturiello nella sua fiammeggiante interpretazione ha retto con la medesima energia lo spettacolo per tre ore, rimanendo quasi sempre in scena. Il Regista nella sua elaborazione ha creato e introdotto un personaggio molto delicato, con una voce angelica, quasi figura dell’Arcadia del Metastasio: la musa, interpretata da Tosca. L’ouverture dello spettacolo, a tende chiuse del palcoscenico , è questo canto languido che accoglie il pubblico delicatamente per immergerlo poi nel furore del caos. Questi due momenti: paradiso e inferno si ripetono più volte nello spettacolo, sembra che Venturiello prima e dopo le grosse risata voglia accompagnare e ricomporre il pubblico (molto partecipe) a riflettere; la piece va oltre la Comédie-ballet , è anche satira di una società decaduta e decadente. Tosca è il trait d’ union tra la sublime bellezza e lo schiamazzo degli uomini ridicoli pavoncelli in cerca sempre di un qualche appagamento. Tosca è la Divina maschera di un bello perduto, ma ad essa è affidato anche un ruolo contrapposto alla Divina immago, Ella è anche la moglie de le Bourgeois, donna scaltra e pratica che si rende conto della follia del marito e cerca di riportarlo con mano pesante e con battute all’aceto alla sua condizione di uomo ricco, ma ignorante e cafone.
Non si salva certo la nobiltà devastata anch’essa dall’interesse, dall’assenza di qualsivoglia “sentire”.
Nel primo atto, dopo l’incanto regalatoci da Tosca, si presentano al pubblico in costumi scintillanti i diversi maestri che con le loro lezioni dovrebbero rendere presentabile Il Borghese ai nobili e soprattutto a una certa marchesa (una vedova innamorata del conte) della quale il signor Jourdain si è invaghito. In questo gioco di astuzie e raffinato parlottare spicca certamente il maestro di danza interpretato da Franco Silvestri . E’ la sfera dell’Arte, l’unica figura autentica della comédie, vorrebbe (illuso) che il Borghese apprezzasse l’ arte che si accingevano a rappresentare. Raffinato nello stile e nelle movenze Franco Silvestri dà un tocco di eleganza, una spolverio di illusione in un mondo di praticoni che cercano di arrivare col minimo sforzo al denaro e alla creazione di uno spettacolo approssimativo. Anch’egli ,come tutti gli attori dello spettacolo (ad eccezione di Venturiello) interpreta anche un secondo personaggio, è Philibert, un Mufti, un giuriesperto musulmano che nell’esilarante scena del matrimonio, interpreta il ruolo di garante dell’unione tra la figlia di Jourdain e Cleante, i due innamorati che con astuzia e ingannando il padre della sposa ,coronano il loro sogno d’amore. In questo ruolo Franco Silvestri (non solo per le vesti sontuose) ci ha fatto pensare a una bellissima opera di Jean Léon Gérome (Giuriesperto Musulmano, 1900).
Franco Silvestri, rimanendo al centro della rappresentazione, a fianco di Tosca e Venturiello, ha anche una finalità di collante nelle interpretazioni corali. Tutto il cast merita molto plauso: bellissime voci, bravissime ballerine, serve scaltre, arlecchini pensosi, che coronano i madrigali.
Lodevole anche le musiche di Germano Mazzocchetti che ha accompagnano passo, passo ogni scena, come d’altronde avviene anche nell’opera originale, musiche che allora, furono scritte e musicate da Jean Baptiste Lully con le coreografie di Pierre Beauchamp. Esempio questo che trae origine da Plauto e da Nevio che intessevano i loro spettacoli con musicalità e forme cantate; anche Venturiello non si è sottratto a questa tradizione , riuscendo con la sua compagnia ad affiancare allo spettacolo un percorso musicale e musicante, una maestria nel passaggio dal codice in prosa a quello del canto, quasi finestra su un mare azzurro di cielo.
Una coralità anche napoletana di afflato, di intesa, per regalare al pubblico il più bel spettacolo: il pubblico che assisterà infine alla ricomposizione rassicurante della famiglia, dell’amore, distruggendo la maschera che annienta l’umanità.




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