Carmen Moscariello ci ha donato un’opera preziosa.
Di Aniello Montano
“Destini sincronici. Amelia Rosselli e Rocco
Scotellaro con lettere di Rocco Scotellaro a Michele Prisco”Carmen
Moscarielloci ci ha donato un’opera
preziosa e fonte di un grande piacere……..”
Del Professore emerito Aniello Montano
Trovarmi tra le mani un libro, che mi ha fatto
respirare aria di famiglia e mi ha parlato di donne e uomini incontrati in
carne ed ossa o conosciuti attraverso letture e riflessioni giovanili, mi ha
dato una grande gioia. Mi ha rimesso in connessione con quella linea spirituale
e morale, oggi un po’ in ombra, che ha rappresentato per la mia generazione la
guida nell’impegno civile e culturale. Trovarmi tra le mani un libro che quella
linea me l’ha fatta ritrovare in una Terra da me frequentata e amata attraverso
la stima e l’affetto nutriti per persone speciali mi ha dato una gioia ancora
più intensa. Rievocare la Lucania di Rocco Scotellaro, di Leonardo Sinisgalli,
di Maria Padula, di Giuseppe Antonello Leone, e riassaporare il clima culturale
di Roma e di Formia all’inizio degli anni Sessanta del Novecento mi ha
procurato brividi di contentezza e ha prodotto una cascata di ricordi.
Questo piacere grande me l’ha regalato la lettura
del libro dell’amica Carmen Moscariello, Destino
sincronici. Amelia Rosselli e Rocco Scotellaro. Ero un giovanissimo
dipendente della Casa Editrice Zanichelli presso l’ufficio di Roma, allocato
allora in via dei Ramni, quando, frequentando la libreria “Rinascita”, posta al
piano terra della sede dell’allora PCI in via delle Botteghe Oscure, ebbi modo
prima di leggere e amare i libri di Rocco Scotellaro e poi di innamorarmi della
cultura e dei temi sociali rappresentati dalla cultura lucana. Di formazione
socialista e umanistica, idealmente ero molto vicino al programma e ai valori
ideali del grande movimento antifascista di “Giustizia e Libertà”. Ne avevo
letto la storia. Avevo apprezzato il grande impegno programmatico incentrato su
un problema di difficile soluzione pratica: l’equilibrio tra giustizia e libertà,
due valori essenziali in una democrazia liberale. Sapevo bene che i liberali
puri, come Benedetto Croce, erano disposti a privilegiare la libertà come vertice della scala
assiologica e che i comunisti sovietici, invece, l’avevano completamente
sacrificata in nome di una mai realizzata giustizia
sociale. E sapevo bene che, senza un giusto limite, un’accorta misura, la libertà, spinta oltre ogni limite, intacca e travolge fino a
cancellare gli spazi della libertà altrui.
Nel libro della Moscariello ho trovato entrambi
questi filoni culturali, intrecciati insieme. Convivono, infatti, la tensione
umana e civile di Scotellaro e degli intellettuali lucani e la vocazione morale
e politica dei Fratelli Rosselli e del Movimento di Giustizia e Libertà. Ma
c’è anche dell’altro. Si staglia sullo sfondo la Formia da me frequentata, per
conto della Zanichelli nei primi anni Sessanta, quando la sera, nella speranza
di incontrare e vedere Pietro Nenni, facevo il “sacrificio”, tutto economico,
di andare a cena nel bellissimo ristorante “La Quercia”. Di qui il mio
entusiasmo nella lettura e la sentita gratitudine per Carmen Moscariello.
A rendere questo libro prezioso e fonte di un grande
piacere, però, c’è anche dell’altro. C’è il garbo stilistico e la scioltezza
narrativa, la sapienza nel combinare autobiografia, racconto storico e analisi
critica, nonché l’accortezza di procedere nella narrazione per sintesi ampie,
accompagnate e sorrette da vere e proprie zumate,
capaci di mettere in grande evidenza nuclei di saperi intellettuali e morali di
grandissimo rilievo.
Carmen Moscariello è scrittrice prolifica,
dall’ampio registro tematico. Ha scritto romanzi, testi teatrali, saggi
critici, elzeviri per importanti giornali italiani. Ed è fondatrice e
Presidente del Premio Internazionale di poesia, saggistica e giornalismo
“Tulliola”, giunto ormai alla XXIV edizione.
In un testo teatrale del 2011, dedicato a Giordano Bruno. Sorgente di fuoco, la
Moscariello ricostruì con chiarezza di visione storica e con equilibrata
informazione critica il contrasto epocale tra due sistemi di pensiero, tra due
mondi storici, entrambi decisi ad ogni costo ad affermare la propria verità: da una parte l’apparato
intellettuale, politico e giudiziario della Chiesa cattolica deciso a difendere
e a mantenere viva la cultura medievale, fatta di verità assolute, tutte
raccolte in una sola filosofia, quella aristotelico-scolastica, dall’altra
singoli individui, di scarsa fortuna e di altalenante visibilità sociale come
Giordano Bruno, determinati, però, a far sorgere dalla critica
all’aristotelismo e al fideismo cristiano, una pluralità di filosofie e di
sistemi di pensiero, tutti incentrati sulla ragione critica e tutti liberi e in
continua reciproca tensione dialettica.
Destini
sincronici tocca un altro momento
storico importante, anche se non della stessa intensità dell’altro. È un libro
particolare, che mette in gioco l’intreccio tra due figure, entrambe tragiche
ed epocali: Amelia Rosselli, figlia di Carlo e nipote di Nello, e Rocco
Scotellaro, figlio della Lucania, la parte più interna e più chiusa del Sud
nella prima metà del Novecento. Entrambi gli autori oggetto della ricostruzione
critica della Moscariello sono caratterizzati da forti sensibilità civili e
morali e da una decisa vocazione alla letteratura. Sullo sfondo s’intravede
un’epoca, caratterizzata da una folla di intellettuali, di personaggi
illuminati e aperti al nuovo.
Nell’intreccio tra i due comprimari, però, fa
capolino una terza figura, quella dell’autrice, che a Formia nel ’92 conosce
Amelia Rosselli e che, ancora a Formia da Vittorio Foa sente a lungo parlare
dei Fratelli Rosselli, di “Giustizia e Libertà”, di Gramsci, di Carlo Levi, del
ruolo di questi nella formazione di Rocco Scotellaro e del socialismo
umanistico del giovane politico-intellettuale lucano. Fu questo Grande Vecchio
– ci ricorda Carmen Moscariello – ad aprirle le porte per i suoi studi sulla
Rosselli e su Scotellaro. Ma a farle conoscere e a farle amare la figura e la
poesia di Amelia Rosselli era stato anche un altro Grande Vecchio: Pietro
Nenni, anch’egli a lungo residente a Formia in una bella casa posizionata di
fronte all’isola di Ponza.
Pur trattandosi di un libro di letteratura, il testo
è pieno di struggenti ricordi, stillanti amore e passione. Un testo che
intreccia i ricordi dell’autrice con l’esperienza di vita e di cultura degli
autori in esame. Nel racconto dell’incontro intellettuale e affettivo di Amelia
Rosselli e di Rocco Scotellaro confluiscono filoni storico-narrativi diversi e
destini incrociati: dalla morte di Carlo Rosselli, a quella di Pasolini,
dall’impegno di Carlo Levi per la cultura lucana e per le pubblicazioni delle
opere di Rocco Scotellaro fino alla richiesta ad Adriano Olivetti di erigere a
sue spese la tomba del sindaco-scrittore-poeta di Tricarico morto a trent’anni,
all’impegno di Manlio Rossi Doria per il Mezzoggiorno e, in particolare, per la
Lucania. Il Libro, insomma, “è la storia di molti uomini in un impegno deciso
di speranza e di cambiamento, di libertà”.
Amelia Rosselli era nata a Parigi nel 1930, dove il
padre si era rifugiato per sfuggire alle persecuzioni del fascismo. Subito dopo
l’assassinio del padre, consumato nel 1937 per ordine di Ciano e Mussolini,
dovette abbandonare la Francia. Riparò prima in Svizzera, poi in America, in
Germania, in Inghilterra e infine, a guerra conclusa, in Italia. Nella sua
interiorità psichica prese dimora e si rassodò il dolore come un grumo
insolubile, insuperabile. Il suo giovane cuore era lacerato. La sua poesia lo
testimonia con un continuo rimodulamento di un tormento interiore e di una
sofferenza inconsolabili. Conosce Rocco Scotellaro a Venezia nel 1950, durante
un congresso di partigiani, l’anno dopo la morte della madre, suo ultimo e
ormai unico punto di riferimento. Tra loro nasce un affetto profondo. In
“Diario oscuro”, un’intervista rilasciata a Giacinto Spagnoletti, la Rosselli
afferma: “Quando conobbi Rocco avevo vent’anni e lui morì tre anni dopo”. Al
dolore della perdita del padre e della madre, si aggiunse quello ulteriormente
destabilizzante dell’uomo che le aveva aperto il cuore a una qualche speranza
di normalità esistenziale. La sua vita disperata si concluse l’undici febbraio
del 1966, quando Amelia decise di chiudere la sua esistenza lasciandosi
precipitare dal balcone di casa sui ‘basoli’ di via del Corallo a Roma.
Rocco Scotellaro era nato nel 1923. Da intellettuale
e politico portò avanti una lotta ferma e decisa contro la rassegnazione e
l’ignoranza, dominanti tra i contadini della sua Lucania. Terra di confino
durante il fascismo, la Lucania ospitò molti intellettuali italiani. Tra questi
Manlio Rossi Doria e Carlo Levi, entrambi punto di riferimento e di sostegno
per il giovane politico lucano. L’odio di quanti si sentivano toccati nei loro
interessi scatenò una serie di calunnie contro il giovane Sindaco di Tricarico,
fino a farlo incarcerare.
La Moscariello riesce a ricostruire questo
complicato intreccio di politica e cultura, di dolore e di speranza, con una
linearità e una ricchezza davvero encomiabili. Individua come punto focale di
questo breve ma intenso rapporto tra Amelia e Rocco il comune, profondo, amore
per chi soffre e l’urgenza di una rivoluzione capace di liberare i deboli dalle
catene dei regimi dittatoriali. Sul filo di questo amore comune nasce l’intesa
tra i due. Erano due anime che si aprivano alla vita: lei dopo due grandi
dolori, l’assassinio del padre e la perdita della madre, lui avvilito per
un’ingiusta carcerazione e ancora sofferente per la grave umiliazione subita.
La Moscariello dedica ampi e precisi squarci critici
alla poesia di Amelia Rosselli e alla poesia e alla narrativa di Rocco
Scotellaro, con incursioni, oltre che sulla poetica, anche sull’uso della
lingua e sui drammi reali che erano alle spalle di quelle vite e di quelle
scritture. Analisi accurate illuminano alcune opere dell’una e dell’altro.
Importanti contributi alla migliore comprensione delle due personalità sono la
riproduzione di alcune poesie della Rosselli e le lettere di Scotellaro a
Michele Prisco.
È un libro bello, pieno di umanità e di vigore
critico, una vera e benefica esortazione a ripensare e a capire certe
esperienze di vita e la funzione salvifica della letteratura nel groviglio
umano e civile di alcune esistenze in tempi storici difficili e duri da
superare. Ma è anche una ricostruzione abbastanza fedele e ampia della vita
intellettuale e civile di un’antica e nobile Città, Formia, in un momento di
crescita in tutti i campi della giovane Repubblica Italiana. Complimenti e ad maiora, professoressa Moscariello
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