Ospite sulla nave di Gheddafi
Di Carmen Moscariello
Quel viaggio
l’aveva sempre affascinata.
I fiordi
sono come un abbraccio, tanti fiori e le casette nella quali aveva sognato di
abitare fin da bambina.
Un luogo che
era già annidato, come tante altre cose, come tanti altri luoghi e persone nelle
sue precedenti vite, da esse affioravano
e le chiedevano ragione del freddo, dell’amore, di Dio, delle sue ricerche di
donna libera.
Circa 20
anni fa era partita per il Polo Nord, il viaggio seppur bellissimo per tanti
aspetti era stato un disastro. Aveva preso un aereo ad Amsterdam che l’aveva posata con una ventina di persone su
un palmo di terra al Polo Nord , aveva
avuto l’impressione che l’aereo atterrasse sulle acque gelide. La luce era
accecante faceva male agli occhi, non sapeva che fra qualche giorno l’avrebbe
rimpianta. Il periodo scelto era tra i più difficili, tra poco vedere il sole
naufragare nel mare sarebbe stata un’inutile speranza. Poi la follia di
scendere dal Mare del Nord verso i paesi del Mar Baltico con i postali, questi erano piccole navi fornite di
rompighiaccio, adibite a portare la posta agli abitanti dei fiordi, si infilavano in essi e ne uscivano con
grande maestria per poi proseguire il loro viaggio fino all’Estonia. Era
fantastico, ma le acque di quel mare,
anche quelle del mar Baltico spesso le apparivano tetre, un colore mai visto,
tra il nero, il grigio e le onde alte
oltre i cinque metri. Per molti giorni aveva sofferto il mal di mare e aveva
creduto di morire. Lei in cabina e gli avventori, per la maggior parte del
posto, mangiavano aringhe affumicate e bevevano birra fin dalle sette del
mattino, gli apparvero insaziabili, per loro quel mare era una carezza.[1]Così
pian piano dalla punta più alta scendeva dai fiordi verso la Norvegia,
l’Islanda e la Germania. Un viaggio “al contrario”. Ancora oggi si chiedeva
come aveva potuto realizzare un’idea così malsana.
Poi in tempi recenti, un desiderio di purezza, di trasparenza, di fresco, di lontananza l’aveva portata a prenotare in una mattinata di folle caldo questo viaggio. Il primo approdo fu all’ aeroporto di Helsinki, lì aspettò la nave (non i postali) per due giorni, visitare la città fu un’esperienza indimenticabile. Aveva lasciato la sua terra tormentata dagli incendi e con una puzza di fumo stomachevole. Difficile raccontare il travaso di anime dannate nei luoghi in cui viveva che aumentavano il caos in folli corse in milioni di macchine verso le spiagge. Qui , ad Helsinki era così bello, i concerti per le strade attiravano la sua attenzione facendole dimenticare ogni cosa. Pochissime le persone per strada, ovunque andava era coccolata ed amata, come se fosse tornata in una terra che l’aspettava da tempo . La temperatura qui non superava i dodici gradi. La mattina dopo aveva l’imbarco alle 10. Scoprì che Helsinki aveva decine di porti e fu costretta a chiamare la compagnia per sapere da quale porto partiva la sua nave. Alle 13 le avevano già assegnata un bellissima cabina al tredicesimo ponte, la nave era immensa erano 3000 passeggeri e 2500 uomini dell’equipaggio. Tutto era ovattato .Il personale era gentile e professionalmente perfetto. La nave di notte navigava e correva come un cavallo di razza. Si partiva alle 19, si viaggiava di notte e si sbarcava alle sette del mattino per nuove escursioni in terra ferma. Il mare le appariva così duro e amaro, ma veniva tagliato dalla nave, come se le acque fossero burro, essa riusciva ad entrare nei fiordi come in un vestito aderente.
Lei restava durante gli approdi a guardare gli ormeggi, senza fiato , pensava che prima o poi sarebbe avvenuto qualcosa di grave, solo qualche volta la nave rimaneva ad attenderli e a dondolarsi nelle parte più larghe dei fiordi, scendevano nelle scialuppe e in breve approdavamo sulla terra ferma. I fiordi, erano uno più bello dell’altro. La visita era a piedi, a volte le escursioni duravano più di sei ore. Nel pomeriggio alle diciassette, le scialuppe li attendevano, facevano decine di viaggi per ricaricare tutti i passeggeri e partire alle 19 in punto per un nuovo fiordo. Comprese al fine come era possibile che una nave così immensa potesse inserirsi nei fiordi e viaggiare come una moto d’acqua. A farle capire qualcosa furono gli arredamenti, le opere d’arte che arricchivano la nave. Poi gli oggetti le ricordavano sempre di più il mondo arabo. Lei aveva viaggiato più volte con quella compagnia , ma questa nave era diversa da tutte le altre . Si camminava e ci si muoveva come tra le nuvole. Tutto era studiato affinché il mare potente e violento non arrecasse fastidii agli avventori. A farle capire molte cose furono i quadri, avevano immagini africane che esaltavano la cultura di quel popolo del deserto. Andò a documentarsi e scoprì che questa era la nave di Gheddafi, il figlio del dittatore Annibal curatore della flotta navale libica, l’aveva costruita per il padre ed era dotata di motori particolari, di un’agilità che la faceva rassomigliare a un aereo, ma è più giusto dire ad un delfino, si confondeva con questi meravigliosi animali che a volte la inseguivano per ore, senza possibilità di raggiungerla. I luoghi di divertimento avevano ancora una certa severità. Notò che alcune piscine poste all’esterno, avevano forme capienti molto particolari, apprese che quelle erano state destinate agli squali e potevano contenere centoventi tonnellate di acqua di mare. L’aveva chiamata “Fenicia, c’erano colonne e statue alte molti metri, i soffitti dei saloni raggiungevano i venti metri e statue neoclassiche addobbavano ogni angolo della nave. Era una nave di centoquarantamila tonnellate ed era progettata anche con una piattaforma per la partenza e l’atterraggio di piccoli aerei. Soprattutto era velocissima, ad ogni pericolo poteva volare come il vento e mimetizzarsi. Oggi le sue sale ospitavano cantanti e musicisti provenienti da tutto il mondo. Durante la navigazione si poteva andare a teatro, applaudire bellissimi ballerini brasiliani (c’era il meglio di ogni popolo), pranzare in sale meravigliose con cuochi di ogni nazione . Correre e mantenersi in forma sui ponti della nave e in grandiose palestre, godere di cure per il benessere del corpo e della mente, eppure non riusciva a liberarsi del pensiero di Gheddafi, aveva paura che le comparisse davanti da un momento all’altro, per gettarli tutti o in bocca agli squali o nelle acque gelide e nere del Mare del Nord e del mar Baltico. Programmava , per allontanare la paura, le sue discese a Lubecca, nella casa dei nonni di Thomas Mann, casa oggi trasformata in un magnifico museo, o visitare le mura antiche della città di Tallinn, un museo sotto il cielo, oppure nei saloni della reggia fatta costruire da Pietro il Grande per la moglie Katerina imperatrice di tutte le Russie, o ad Oslo, dove vedere finalmente nel museo dedicato a Edvard Munch “L’urlo”.
(“Ospite sulla nave di Gheddafi” di Carmen
Moscariello, opera in pubblicazione.)
[1] Molti
anni fa, per un breve periodo “il Tempo” dedicava un’intera pagina perché
Walter Mauro e Carmen Moscariello e altri
giornalisti potessero narrare le loro esperienze di viaggio.
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