lunedì 1 agosto 2022

Quotidiano del Sud "Fratelli tutti" di Carmen Moscariello




 



Il Poeta Peppino Iuliano scrive su Fratelli tutti di Carmen Moscariello Gangemi Editore. Lo scritto è tratto dal Quotidiano del Sud 16 luglio 2022.

 

 

 

 

 

Fratelli tutti, la regola dell’a m o re Un libro che si “fa memoria” dell’incontro con San Charles de Foucauld Charles de Foucauld tra i Tuareg del deserto ai confini col Marocco Il volume Il romanzo di Moscariello sulle tracce del fraticello del deserto” eletto agli onori degli altari dal Papa Giuseppe Iuliano C i sono libri che, oltre ad esaltare la bellezza della scrittura, sanno coniugare poesia e memoria; e, di essi, alcuni valgono vocazione e testimonianza, riuscendo a spingersi fino alla conversione. Libri di indagine e scandaglio, di coscienze laiche e della loro forza morale ma anche di anime inquiete e fervorose alla ricerca della eterna Gerusalemme. E se l’Asia è la culla delle religioni, l’Africa, continente degli ultimi, degli invisibili, si conferma eterna terra di mission. Con questi avvisi ci giunge la novità del libro Fratelli tutti(Gan - gemi Editore, 2022) della scrittrice irpino/formiana Carmen Moscariello, un’incredibile storia vera ma anche il romanzo dell’amore sociale. Un libro/album – una composita antologia narrativo/fotografica - nato sulle tracce di Charles de Foucauld (1858-1916), il “fra - ticello del deserto” eletto agli onori degli altari da papa Francesco (15 maggio 2022), che svolse il suo apostolato tra le popolazioni tuareg ai confini di Marocco e Algeria e che di “fratelli tutti” fece regola nella sua congregazione: “virtù dell’umiltà” e “centralità della povertà”. Deserto e desertificazione, luogo fisico e mentale. Nel racconto della Moscariello il suo attraversamento è reale e familiare, vissuto assieme alle figlie Lara e Silvia tra le antiche rotte dell’Ahaggar fino all’hermitage del Santo nei pressi di Assekrem. Un itinerario che non si risolve in “un libro di studio” della Nostra ma piuttosto in un libro che si “fa memoria” dell’“incontro con San Charles de Foucauld, […] per “far germogliare la sua gioia credente” - così Padre Andrea Mandonico, Vice-Postulatore della causa di canonizzazione e il deserto e le sue piste, luoghi d’erranza, si confermano momenti per “disancorarsi, in un viaggio che sfiora la morte”. Leggenda vuole – sottolinea la scrittrice – che i Tuareg, provenienti dall’isola di Atlantide e scampati in pochi al suo affondamento, siano “i più grandi conoscitori del Sahara… i più temuti predoni e i più bravi addestratori di cammelli. Non a caso, erano chiamati i Signori del deserto”. Il libro, ricco di connotazioni geografico-antropologiche, ha aspetti meditativi – anzi, come da felice aforisma della Moscariello, contempl-attivi – intesi alla riconciliazione del mondo/anima. O più adeguatamente in senso opposto, dalla dispersione dell’anima tra vuoti, sbandi e solitudini verso i figli del mondo. Così de Foucauld dalla Francia al Marocco, a Nazareth, alla Trappa, al Sahara. Seguace e imitatore della vita di Cristo, conoscitore delle guerre coloniali, coltivò la pace incoraggiando il confronto tra islamismo e cristianesimo. Esploratore, cartografo di grande valenza, fine umanista – ri - cordiamo tra le sue opere Reco - naissance au Maroc, Chants touaregs – tradusse il Vangelo in tuareg ma la sua evangelizzazione fu più quella dell’amore che della Buona novella. Edificare una “città del sole” per un mondo di luce che, pur incappando in tante cadute, avrebbe dovuto continuare ad operare e credere nella rinascita. Così la sua missione fino all’estre - mo sacrificio. Un libro di più orizzonti e coordinate, come lo definisce Marcello Carlino in prefazione: un orientamento verticale dalle asperità della sabbia alla gloria del Cielo ma anche una direzione orizzontale per quegli afflati umani che trovano consonanza nella reciprocità, nella fraternità appunto che è condivisione di comuni destini. Ce lo spiega la stessa Moscariello: “Fratelli tutti forse trae spunto dagli scritti del Poverello d’Assisi e in particolare dalle Ammonizio - ni di San Francesco: “Guardiamo, fratelli tutti, il buon pastore che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce”. E tanto si impreziosisce, poi, del pensiero e dell’esempio di Père Charles. Nel libro troviamo nuove appendici de La mia Africa (struggente film di Pollack del 1985). Africa, madre dell’umanità con la staffetta Meryl Streep/Carmen Moscariello. Due viaggi/pellegrinaggi, intensi, oltre ogni finzione filmica o letteraria; ognuno con le sue incertezze inquiete o paniche, ma anche adattative; ognuno in attesa della sua redenzione (sempre prossima ai valori della solidarietà e dello spirito). Siamo partecipi di una salvezza reale che esplora e misura la storia. E di un’altra misterica, carica di idealità, che vuole avvicinare la realtà a Dio. Chi ha fede non ha paura e “sposta le montagne” (Marco 11,22). Convinzioni, entusiasmi, dottrine agiscono in modo rivoluzionario dentro ed oltre il possibile. L’unica certezza resta quella dello spirito che incoraggia i senza voce e le loro carovane nomadi o stanziali: un mondo dagli occhi ardenti, spalancati, indagatori, immensi. Moscariello è una scrittrice vivace e immaginosa, delicata come un bucaneve e tenace come un giglio della montagna irpina; ma sa librarsi anche come un falco dei Picentini – consi - dera i rapaci “portatori di bene” – che sa sfidare vastità ed orizzonti. E l’incontro/svelamento, verità tra buio e luce, dolcezza e selvaticità, poesia e silenzio, aiuta ad uscire dal vecchio guscio: “ero nomade e apolide dalla nascita, orbitavo nella galassia come una cometa e le mie rotte mutavano al sorgere del sole e al suo tramonto”. Il deserto è stupore e paura; raccoglie e disperde; “ha tante voci, ombre corte e ombre lunghe, possiede in ogni granello di sabbia l’illimite”. La sua immensità e il suo pieno/vuoto - asperità e aridità trasferite nella vita degli uomini - diventano metafora della loro mancanza di ideali che Nietzsche chiama “crescita del deserto”. La nostra società dolente e le sue continue erosioni necessitano di argini più robusti per evitare cedimenti o tracimazioni. A volte anche la sola forza del vento con le sue “danze irrefrenabili” può mutare la natura e gli eventi. La scrittura di Moscariello ne è algoritmo. Tra páthos e téchne ci irretiscono la bellezza misteriosa del paesaggio magrebino, i tramonti rosso-arancio del deserto, in cui “i cammelli erano anch’essi statue di sabbia e si muovevano appena, impercepibile il loro dondolarsi, solo le code rompevano il vento. L’unico suono era il mio passo leggero e un fiato caldo che cresceva nel suo ululato”. Prosa e poesia ci accompagnano: fondali e arabeschi, ombre ostili, rifrazioni accecanti, natura cruda e cangiante; arcani e trepidazioni; gamme di colori cangianti; costumi dalle dominanze indaco-azzurre; spezie e profumi; monili di ogni foggia e bellezza. La scoperta di questa parte di mondo porta con sé l’altra faccia della medaglia, ovvero sacrificio e riscatto, perché “colloquiare con la croce”, icona della sofferenza, “acco - glie le miserie” e “sana le ferite”; restituisce all’uo - mo pozzi d’acqua e oasi di pace. Tra “granelli di mansuetudine, piccoli passi” ci “avvicinano a Dio” e alla comprensione degli uomini. Noi dell’Alta Irpinia, pur essa area di marginalità e desertificazione, accogliamo il libro/messaggio di Carmen Moscariello. E qui al Goleto, luogo dello spirito, abbiamo apprezzato per anni il servizio della comunità Piccoli Fratelli di Jesus Caritas, oggi rientrata all’abbazia di Sassovivo. Questo nostro lembo di terra guarda con perseveranza verso tutti gli orizzonti dell’universo, che è civiltà dei viventi.

Peppino Iuliano

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