Il Poeta Peppino Iuliano scrive su Fratelli tutti di Carmen
Moscariello Gangemi Editore. Lo scritto è tratto dal Quotidiano del Sud 16
luglio 2022.
Fratelli tutti, la regola dell’a m o re Un libro che si “fa
memoria” dell’incontro con San Charles de Foucauld Charles de Foucauld tra i
Tuareg del deserto ai confini col Marocco Il volume Il romanzo di Moscariello
sulle tracce del fraticello del deserto” eletto agli onori degli altari dal
Papa Giuseppe Iuliano C i sono libri che, oltre ad esaltare la bellezza della
scrittura, sanno coniugare poesia e memoria; e, di essi, alcuni valgono
vocazione e testimonianza, riuscendo a spingersi fino alla conversione. Libri
di indagine e scandaglio, di coscienze laiche e della loro forza morale ma
anche di anime inquiete e fervorose alla ricerca della eterna Gerusalemme. E se
l’Asia è la culla delle religioni, l’Africa, continente degli ultimi, degli
invisibili, si conferma eterna terra di mission. Con questi avvisi ci giunge la
novità del libro Fratelli tutti(Gan - gemi Editore, 2022) della scrittrice
irpino/formiana Carmen Moscariello, un’incredibile storia vera ma anche il
romanzo dell’amore sociale. Un libro/album – una composita antologia
narrativo/fotografica - nato sulle tracce di Charles de Foucauld (1858-1916),
il “fra - ticello del deserto” eletto agli onori degli altari da papa Francesco
(15 maggio 2022), che svolse il suo apostolato tra le popolazioni tuareg ai
confini di Marocco e Algeria e che di “fratelli tutti” fece regola nella sua
congregazione: “virtù dell’umiltà” e “centralità della povertà”. Deserto e
desertificazione, luogo fisico e mentale. Nel racconto della Moscariello il suo
attraversamento è reale e familiare, vissuto assieme alle figlie Lara e Silvia
tra le antiche rotte dell’Ahaggar fino all’hermitage del Santo nei pressi di
Assekrem. Un itinerario che non si risolve in “un libro di studio” della Nostra
ma piuttosto in un libro che si “fa memoria” dell’“incontro con San Charles de
Foucauld, […] per “far germogliare la sua gioia credente” - così Padre Andrea
Mandonico, Vice-Postulatore della causa di canonizzazione e il deserto e le sue
piste, luoghi d’erranza, si confermano momenti per “disancorarsi, in un viaggio
che sfiora la morte”. Leggenda vuole – sottolinea la scrittrice – che i Tuareg,
provenienti dall’isola di Atlantide e scampati in pochi al suo affondamento,
siano “i più grandi conoscitori del Sahara… i più temuti predoni e i più bravi addestratori
di cammelli. Non a caso, erano chiamati i Signori del deserto”. Il libro, ricco
di connotazioni geografico-antropologiche, ha aspetti meditativi – anzi, come
da felice aforisma della Moscariello, contempl-attivi – intesi alla
riconciliazione del mondo/anima. O più adeguatamente in senso opposto, dalla
dispersione dell’anima tra vuoti, sbandi e solitudini verso i figli del mondo.
Così de Foucauld dalla Francia al Marocco, a Nazareth, alla Trappa, al Sahara.
Seguace e imitatore della vita di Cristo, conoscitore delle guerre coloniali,
coltivò la pace incoraggiando il confronto tra islamismo e cristianesimo.
Esploratore, cartografo di grande valenza, fine umanista – ri - cordiamo tra le
sue opere Reco - naissance au Maroc, Chants touaregs – tradusse il Vangelo in
tuareg ma la sua evangelizzazione fu più quella dell’amore che della Buona
novella. Edificare una “città del sole” per un mondo di luce che, pur
incappando in tante cadute, avrebbe dovuto continuare ad operare e credere
nella rinascita. Così la sua missione fino all’estre - mo sacrificio. Un libro
di più orizzonti e coordinate, come lo definisce Marcello Carlino in
prefazione: un orientamento verticale dalle asperità della sabbia alla gloria
del Cielo ma anche una direzione orizzontale per quegli afflati umani che
trovano consonanza nella reciprocità, nella fraternità appunto che è
condivisione di comuni destini. Ce lo spiega la stessa Moscariello: “Fratelli
tutti forse trae spunto dagli scritti del Poverello d’Assisi e in particolare
dalle Ammonizio - ni di San Francesco: “Guardiamo, fratelli tutti, il buon
pastore che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce”. E
tanto si impreziosisce, poi, del pensiero e dell’esempio di Père Charles. Nel
libro troviamo nuove appendici de La mia Africa (struggente film di Pollack del
1985). Africa, madre dell’umanità con la staffetta Meryl Streep/Carmen
Moscariello. Due viaggi/pellegrinaggi, intensi, oltre ogni finzione filmica o
letteraria; ognuno con le sue incertezze inquiete o paniche, ma anche
adattative; ognuno in attesa della sua redenzione (sempre prossima ai valori
della solidarietà e dello spirito). Siamo partecipi di una salvezza reale che
esplora e misura la storia. E di un’altra misterica, carica di idealità, che
vuole avvicinare la realtà a Dio. Chi ha fede non ha paura e “sposta le
montagne” (Marco 11,22). Convinzioni, entusiasmi, dottrine agiscono in modo
rivoluzionario dentro ed oltre il possibile. L’unica certezza resta quella
dello spirito che incoraggia i senza voce e le loro carovane nomadi o
stanziali: un mondo dagli occhi ardenti, spalancati, indagatori, immensi.
Moscariello è una scrittrice vivace e immaginosa, delicata come un bucaneve e
tenace come un giglio della montagna irpina; ma sa librarsi anche come un falco
dei Picentini – consi - dera i rapaci “portatori di bene” – che sa sfidare
vastità ed orizzonti. E l’incontro/svelamento, verità tra buio e luce, dolcezza
e selvaticità, poesia e silenzio, aiuta ad uscire dal vecchio guscio: “ero
nomade e apolide dalla nascita, orbitavo nella galassia come una cometa e le
mie rotte mutavano al sorgere del sole e al suo tramonto”. Il deserto è stupore
e paura; raccoglie e disperde; “ha tante voci, ombre corte e ombre lunghe,
possiede in ogni granello di sabbia l’illimite”. La sua immensità e il suo
pieno/vuoto - asperità e aridità trasferite nella vita degli uomini - diventano
metafora della loro mancanza di ideali che Nietzsche chiama “crescita del
deserto”. La nostra società dolente e le sue continue erosioni necessitano di argini
più robusti per evitare cedimenti o tracimazioni. A volte anche la sola forza
del vento con le sue “danze irrefrenabili” può mutare la natura e gli eventi.
La scrittura di Moscariello ne è algoritmo. Tra páthos e téchne ci irretiscono
la bellezza misteriosa del paesaggio magrebino, i tramonti rosso-arancio del
deserto, in cui “i cammelli erano anch’essi statue di sabbia e si muovevano
appena, impercepibile il loro dondolarsi, solo le code rompevano il vento.
L’unico suono era il mio passo leggero e un fiato caldo che cresceva nel suo
ululato”. Prosa e poesia ci accompagnano: fondali e arabeschi, ombre ostili,
rifrazioni accecanti, natura cruda e cangiante; arcani e trepidazioni; gamme di
colori cangianti; costumi dalle dominanze indaco-azzurre; spezie e profumi;
monili di ogni foggia e bellezza. La scoperta di questa parte di mondo porta
con sé l’altra faccia della medaglia, ovvero sacrificio e riscatto, perché
“colloquiare con la croce”, icona della sofferenza, “acco - glie le miserie” e
“sana le ferite”; restituisce all’uo - mo pozzi d’acqua e oasi di pace. Tra
“granelli di mansuetudine, piccoli passi” ci “avvicinano a Dio” e alla
comprensione degli uomini. Noi dell’Alta Irpinia, pur essa area di marginalità
e desertificazione, accogliamo il libro/messaggio di Carmen Moscariello. E qui
al Goleto, luogo dello spirito, abbiamo apprezzato per anni il servizio della
comunità Piccoli Fratelli di Jesus Caritas, oggi rientrata all’abbazia di
Sassovivo. Questo nostro lembo di terra guarda con perseveranza verso tutti gli
orizzonti dell’universo, che è civiltà dei viventi.
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