lunedì 22 luglio 2024

" Come la coppa del sole". Nota di Mario Rizzi su "L'orologio smarrito" di Carmen Moscariello


 

La poesia di Carmen Moscariello è come la coppa del sole.

di 

Mario Rizzi

 

 


 


Carmen Moscariello èIstintuale, sanguigna, calda come 'la coppa del sole'... Inutili le mie parole dopo l'introduzione di Nazario, ma la lirica sveglia echi assopiti, riporta sulla riva del fiume antico, affida al passato il compito del pozzo dal quale attingere energia, per poi, in linea con Baumann, il Sociologo che ci ha lasciato proprio oggi, affrescare 'la vaghezza di un tempo che non è, nè mai sarà'. Un tempo che si esaurisce nel qui e ora. Che esclude la progettualità.

Mi cullo nella vaghezza di Carmen Moscariello, certa che quella coppa che le permette di bere raggi di sole sia il suo Vaso di Pandora e, tra gli altri sentimenti, contenga la Speranza! Grazie. Un abbraccio a lei e uno al nostro Nazario!
Mario Rizzi

 

Questa nota è in calce alla pubblicazione dell'opera "  "L'orologio smarrito", con prefazione di Nazario Pardini su "Leucade" Purtroppo, conosco solo di fama il grande Artista Mario Rizzi e solo ora ho scoperto la sua scrittura sulla mia poesia, lo ringrazio .

 La mia "vaghezza" è stata sempre causa di problemi nella mia vita, ma senza di essa, io  non sarei niente, soprattutto non potrei essere poeta. Mario Ri zzi  è il primo critico che ha messo il punto su questo aspetto, mi ha ricordato le parole del mio Professore di Latino che quando correggeva le mie versioni mi urlava : " La vaghezza di questa fanciulla mi affascina"., non sapeva se avevo tradotto Seneca o altro autore sconosciuto, rielaboravo il testo a modo mio scostandomi da ogni canone, mettendolo in crisi..La mia vaghezza appartiene al mio mondo immaginifico.


Chi è Mario Rizzi? E' un grande Artista appassionato dei luoghi e del mistero che li invade.



Mario Rizzi, artista italiano a Berlino “Questa città offre una delle scene artistiche più ricche e variegate di tutto il mondo”

Con le sue opere filmiche, girate tra Libano, Giordania, Tunisia, Palestina e Turchia, Rizzi è in grado di dare voce a chi è relegato ai margini della società

Filmmaker italiano, con base a Berlino, Mario Rizzi è un artista il cui sguardo si estende ben al di là della capitale tedesca e dei confini europei. Nel corso della sua carriera artistica Rizzi ha infatti viaggiato spesso, spostandosi tra Italia, Germania, Olanda, ma soprattutto in paesi mediorientali, come Turchia, Libano, Palestina. Con il suo approccio empatico e la capacità di accogliere ciò che, in un’ottica eurocentrica, viene considerato come “altro” o “diverso”, Rizzi è un artista in grado di dare voce ai grandi esclusi della società occidentale: le persone musulmane, le donne, le e i migranti. I suoi film, il cui focus è sempre sul singolo individuo, narrano le storie di persone che vivono vite ai margini, schiacciate da guerre, privazioni economiche o condizioni di oppressione sociale, e della forza con cui sono in grado di reagire a queste situazioni.

Nel corso della sua carriera le opere di Rizzi sono state esposte in istituzioni artistiche di rilievo, come il Van Abbemuseum di Eindhoven, il Museo MAXXI di Roma e il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, a Prato. Ha partecipato, con i suoi film, a diversi festival cinematografici, come la Berlinale (nel 2008 e nel 2013) e l’Ankara International Film Festival (nel 2015 e nel 2016). A Berlino ha di recente esposto, alla Berlinische Galerie, “Bayt”, una trilogia filmica girata tra Giordania, Tunisia e Libano. Sulle tre opere uscirà presto un libro, pubblicato dalla casa editrice NERO. Noi di Berlino Magazine abbiamo avuto il piacere di intervistare Rizzi e di parlare con lui del suo rapporto con la città e dei suoi progetti artistici.

La Berlino di Rizzi, “un luogo allo stesso tempo assolutamente pubblico e assolutamente privato”

Mario Rizzi è nato e cresciuto a Barletta, in Puglia. Inizialmente ha studiato psicologia a Roma, e solo successivamente ha fatto il suo ingresso nel mondo dell’arte, studiando fotografia in Francia, all’Ecole Nationale Supérieure de La Photographie. La sua carriera ha preso avvio infatti prima come fotografo, poi come regista: “dalla fotografia sono passato prima ai video, poi alle installazioni multiscreen e infine al film. È stata un’evoluzione sia personale che artistica”. A Berlino Rizzi è arrivato nel 2001, invitato dalla Kunsthaus Bethanien per una residenza artistica: “sono arrivato a Berlino in un momento in cui volevo un po’ di tutto dalla vita. In quel periodo cercavo di vedere e assorbire tutto. Ho iniziato ad amare la città in maniera spassionata e ho sentito impellente il desiderio di conoscerla”.

Uno dei motivi che ha portato Rizzi ad amare Berlino è la capacità della città di conciliare due aspetti contrapposti, ossia “il fatto che qui puoi essere, allo stesso tempo, assolutamente pubblico e assolutamente privato.  Ad esempio, quasi nessuno sa nemmeno dove abito e questo mi permette di mantenere la mia privacy. Allo stesso tempo questa città è un luogo assolutamente pubblico. Qui puoi incontrare chiunque e, se sei interessato all’arte, hai la possibilità di interfacciarti con tanti mondi artistici differenti. Contemporaneamente, se vuoi lavorare nel tuo studio tranquillo, senza che nessuno ti riconosca per strada qui puoi farlo”.

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