venerdì 19 aprile 2013

Carmen Moscariello, Oboe per flauto traverso. Parole per Ugo Piscopo - Di Biagio Scognamiglio


Ugo Piscopo, Familiari, Oèdipus, 2011
Carmen Moscariello, Oboe per flauto traverso. Parole per Ugo Piscopo
Di
Biagio Scognamiglio

Finalmente! Finalmente ho la raccolta completa delle Familiari di Ugo e le parole per lui di Carmen. Carmen, Ugo … Ma allora è proprio vero che nomen omen ? Carmen ha la poesia anche nel nome di ascendenza indoeuropea (*canmen), un nome che canta. Ugo mi richiama alla mente il nome di quel caro autore della “Divina Commedia del Romanticismo”, un nome dallo spirito guerriero di ascendenza germanica (Hug). E c’è una sintonia che mi sembra sorprendente fra i versi di Ugo e la sinfonia interpretativa di Carmen.
Non solo sinfonia. Le parole, oltre che note musicali, come mette in evidenza il titolo del contributo critico, sono per l’uno e per l’altra colori di una tavolozza (non a caso nel testo interpretativo troviamo un richiamo a Salvador Dalì). Le sillabe sono diventate crome e biscrome e nello stesso tempo cromatismo dell’iride. Si suona e si dipinge con le sillabe. Carmen si è collegata in questi modi ad Ugo ed ha creato, anzi ri-creato un mondo (1). Siamo sfidati a cimentarci con una semantica nuova, pura, vergine come la foscoliana Venere e anche il nostro sorriso, leggendo, ascoltando, osservando, va impercettibilmente affiorando e delineandosi sul volto, si rinnova, diventa un “primo sorriso”.
Nella postfazione alle Familiari Ciro Vitiello approfondisce magistralmente i sensi reconditi della poesia di Ugo, mettendo in evidenza nel solco del saggio su L’inno Andenken di Holderlin le ascendenze della “scrittura memoriale” e della “dissoluzione costruttiva dell’esperienza”: di qui i rimandi al tessuto intertestuale che è parte della struttura di quest’opera poetica devota alla grandezza del passato e protesa a un futuro di riscatto dal sempre più precario presente. Perciò una domanda finale conclude la postfazione: “Siamo in una regressione ad uterum o nello sforzo di un incominciamento?” Ebbene, è l’impegno della rinascita (ri – nascita) che mi sembra emergere nei versi da un silenzio e da un vuoto innamorati dell’armonia di canti simili a zampilli di fonte e di toni candidi, rosei, celesti in un’aurora.
In un “biglietto di viatico”, che a mo’ di preambolo apre le Familiari, il nostro poeta definisce questa splendida opera “un lusso … quasi postumo”. Posso essere d’accordo con lui solo nel riconoscere in questa creazione in limine ciò che dantescamente configura un incipit. Per me si tratta non già di “un lusso che uno si può concedere tardi nella vita”, bensì di qualcosa di essenziale come l’aria pura per il nasino di un neonato. Dissentire dall’autore, che è il detentore del copyright dell’opera? Certo: una volta che ci si sia addentrati nella “foresta spessa e viva” delle Familiari, si è in possesso come per incanto della password del cuore, segreta per ciascuno, identica per tutti, cosicché si rende possibile dare la propria interpretazione autentica di quella soglia come limen, come varco, come ingresso nell’al di qua della giovinezza. Proprio così: è insieme che si crea.
Non a caso Carmen riporta il perentorio giudizio di Aniello Montano su Ugo Piscopo: “Ugo Piscopo è un creativo”. Lo è anche sul versante architettonico per gli incredibili equilibri delle sue strutture fantastiche, ora sul punto di svanire oniricamente, ora di nuovo più salde che mai quasi ironicamente: infatti Carmen ricorda Gaudì. E a Carmen va riconosciuto anche il merito di aver mostrato come la giovinezza di Ugo sia eterna, ricordando momenti biografici dell’intellettuale sempre impegnato, mai evasivo, e ripercorrendo tappe salienti della sua produzione letteraria: Quaderno ad Ulpia. La ragazza in mantello di cane, Haiku del loglio e d’altra selvatica verzura, Le campe al castello … Opera teatrale, quest’ultima, animata di “santo zelo” contro gli “schiattamuorti” al potere.
Ugo Piscopo può essere inquadrato sul piano della storia letteraria del Novecento e oltre solo così, ripercorrendo tutta la sua produzione, che non è solo poetica, ma anche saggistica. Il suo è un contributo innanzi al quale tanta presuntuosa e sedicente gente di genio potrebbe provare un certo disagio nel rendersi conto di essere se stessa, se fosse in grado di studiarlo nel senso profondo del termine e di comprenderlo.
Non ho citato nulla dal testo critico di Carmen e dall’opera poetica di Ugo? Proprio così: si tratta di un testo critico e di un’opera poetica che sono i lettori a dover scoprire nella loro interezza, senza parziali anticipazioni. Così sarà il ritmo di tutte le liriche, un ritmo che costituisce l’unitarietà della raccolta, a sorprenderli, a stupirli, a rapirli. Posso dire soltanto che la lirica Alla ricerca di Pasolini mi ha particolarmente commosso per il suo toccante impegno civile e umano.
In definitiva, come riassumere in breve il valore di Ugo? Direi che, leggendo le Familiari, si potrà convenire sulla definizione che diamo di lui Ciro ed io, quando parliamo, per l’appunto, familiarmente: “è un bravo ragazzo”. E che dire di Carmen? Io direi che, ascoltando il concento sublime del suo Oboe per flauto traverso, i lettori potrebbero convenire, parlando con ammirato rispetto, su questo giudizio: “è una brava ragazza”.

Biagio Scognamiglio

(1) Sia consentito un excursus dialettale, che mi sembra anche esteticamente suggestivo, alla faccia di certi denigratori del Sud: non vi è forse un senso di rinnovamento del mondo ab origine nella colorita e melodiosa espressione partenopea: “M’hai fatto arrecrià” (= “Mi hai fatto ricreare” ovvero “Mi hai colmato di gioia”) ?

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