Ho letto e meditato, con profondo diletto,
il libro di Carmen Moscariello, intestato Destini
sincronici (Guida Editori, Napoli,
2015) , nelle cui pagine la poetessa-scrittrice ripercorre la vicenda culturale,
sentimentale e umana di Amelia Rosselli e di Rocco Scotellaro, due protagonisti
di un segmento della storia letteraria
del Primo Novecento. L’ho letto con il piacere e con il trasporto con cui
si sfoglia un libro di narrativa, piacevolissimo nello stile e coinvolgente nel
modo di rievocare “due strade” che si incrociano per poi
esaurirsi nello stesso spasimo, nello stesso triste orizzonte.
Per la prima volta, posso affermarlo con
onestà,
mi trovo a esaminare un libro di analisi critica, libero dall’intento
di suggerire criteri e giudizi, che, di frequente, risultano affrettati e poco
aderenti alla verità.
Vite parallele travagliate e incise da
immensi affanni: il breve destino di Rocco Scotellaro si incontra e coincide, nella
sua provvisorietà, con quello della donna amata; Amelia Rosselli si
spegnerà
nel mistero del suo dramma: perduti gli affetti familiari, smarrisce il barlume
in cui intravedeva la luce “oltre il tunnel”,
si piega alle proprie fragilità e accetta il doloroso
declino.
Carmen Moscariello segue le vicende dei due
letterati con passione e viva partecipazione e, in punta di piedi, li accompagna
nel loro incedere tra plaghe e burroni, tra il calore del sentimento amoroso e
il richiamo di calanchi aperti a un difficile riscatto. Nel volume della
Moscariello si avverte la nostalgia della pianura, l’esigenza
della sosta dopo tanto attendere, l’ansia di scorgere il sorriso
dell’alba
e la tenerezza dell’erba nuova. Ma vi è da percorrere un tratto
lastricato da evidenti difficoltà: le ristrettezze economiche
di Rocco Scotellaro e l’urgenza di esorcizzare il vuoto dei lutti di Amelia.
È
la vicenda di due anime sorrette e rinvigorite da un profondo senso di dignità,
che contraddistingue ogni essere eletto, ogni spirito che guarda oltre il
proprio respiro e anela al traguardo senza implorare sillabe di conforto.
Scotellato, più che nelle
pagine di prosa pur attestanti una resa sicura, esprimerà il suo
rammarico lungo i tornanti dei versi: qui si dispiega la sua anima e si
appalesa il suo sentire senza infingimenti. Qui è ridisegnato il suo volto e
quello della sua gente, laboriosa e tenace, silenziosa e gelosa di custodire nelle
pieghe delle labbra cucite i graffi di una millenaria nobiltà.
Qui il vento degli accadimenti ravviva il cammino di questo pugno di terra,
dove il falco sorveglia dall’alto il percorso umano verso
giorni pesanti di fatiche e avari di certezze, e dove il pastore spera di
cogliere nel calpestio del gregge una goccia di futuro.
Un’eco di sottile speranza «che
il male e le ingiustizie non potevano durare in eterno» agita le
opere di Scotellaro. Un senso di tristezza infinita caratterizza i versi della
Rosselli, difficili da interpretare a un esame superficiale, ma densi delle asperità
del suo destino, indirizzato verso la nebbia del nulla, verso il richiamo dell’abisso,
soprattutto dopo la perdita dell’uomo, “con cui
aveva vissuto un’intensa storia sentimentale”, e nei cui
occhi aveva scorto un soffio di luce, un sentore di quiete.
Il silenzio definitivo suggellerà
l’esito
di due “destini
sincronici”, lasciando un profondo rammarico in tanti, amici,
uomini di cultura, esponenti della migliore politica, i quali avevano creduto e
sperato che le voci entusiastiche dei due giovani avrebbero contribuito a ridurre
le incongruenze del tempo e a lenire le sofferenze del mondo. Ma spesso le
aspirazioni umane non trovano accoglimento nel regno degli astri e, con amaro
risveglio, si è costretti a incassare colpi sinistri e a perdere
animi eletti che aspirano, al pari di molti come noi, a sorprendere varchi
aperti a orizzonti più confortanti.
Una lettura allettante, dunque, densa di
ricordi, di eventi, di testimonianze, resa ancora più piacevole dalla
scoperta di fare analisi critica – quella della Moscariello –
senza arrovellamenti concettuali e affrettati giudizi, sorretta da un andamento
narrativo che avvolge i protagonisti di un alone che rende accettabili persino
lo sconforto e la disperazione, l’esigenza di aiuto e l’asprezza
del vero, la vacuità del sogno e l’ascolto della voce interiore,
ostinata a suggerirci di credere nello schiudersi di albe nuove.
È il pregio della scrittura di
Carmen Moscariello, la quale nei versi dedicati ai due autori in esame, rivela,
per intero, la sua capacità di calarsi in realtà
che riempiono di tenerezza il suo animo, e le consentono di cogliere nel
mistero del vivere l’aspirazione degli uomini, degli ultimi soprattutto,
ad avere un futuro dignitoso, confortato dal «profumo del pane e della
libertà».
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