Nel solco di Campanella
Intervista a Dante Maffia
Di Gianni Mazzei. Pace Edizione
La prima cosa che salta agli occhi
nella sua armonia di colori e immagini è la copertina: ben fatta e molto
significativa, si stagliano frontalmente due profili importanti quello di
Campanella e quello di Maffia. La forma del viso, la piega delle guance, le
labbra fanno pensare che sono due fratelli di sangue.
L’autore dell’intervista, Gianni
Mazzei, anch’egli calabrese e amico e conoscitore delle opere di Maffia, sa
guidare con maestria e garbo le domande, che alla fine ci danno un quadro completo
del grande Autore, dei suoi rapporti con la Calabria, del suo percorrere ab
origine tutte le tappe della gloriosa arte di Maffia. Non ci viene nascosto niente, né le vittorie, né i dolori. La lotta impari
di un uomo che parte dalla sua intelligenza, dalle sue origini umili, che senza
l’aiuto di alcuno diviene un Dio della cultura non solo italiana, ma oserei
dire mondiale. La recente pubblicazione
dei suoi splendidi haiku che il Giappone ha fatto tradurre e pubblicato
testimoniano la sua netta posizione ai
vertici di un sentire che lega i popoli, li innalza nella maestosità dell’arte
e della fratellanza.
Si, Maffia è un poeta, saggista,
narratore che affascina, ammalia, è un uomo che dialoga con l’infinito, brucia
e ti fa sobbalzare con le sue analisi. E’ uno che ha sacro rispetto per gli
umili, li ama, li difende , si schiera contro la storia dei potenti e degli
imbroglioni, di questi non salva nessuno. E’ irruento, ha nel cuore la lava incandescente,
che annienta e purifica. Da quel mare calabro dal quale mai si è distaccato ha
imparato ad
apprezzare anche l’ultimo filo d’erba,
a purificarsi al movimento delle onde che lievi si infrangono sulla spiaggia,
qui le tempeste lo hanno sorpreso, qui il vento di maestrale bussa di notte
alla sua porta. In questi luoghi sacri in cui la cultura greca lo ha nutrito
fin da ragazzo, ha dato vita alla sua arte, al suo carattere. L a sua immensa cultura, il suo carattere dolce, ma
anche fermo e tempestoso emergono punto per punto con levità e grazie nell’intervista di Gianni Mazzei.
Dante Maffia nella sua splendida
strada ha rilasciato sessanta interviste, molte le conosciamo anche noi, e
sempre abbiamo imparato dalle sue parole come tenere la barra dritta, ma
ora questa che stiamo esaminando, è un
libro più di cento pagine, ben scritte, sgorgano da quella fonte che ha
pubblicato centinaia di opere, senza sosta, non si fa in tempo a finire di
leggere una sua recente pubblicazione e già ne sono pronte altre, mai che il
tono sia scontato, o che si ripeta, ogni giorno rivoluziona e ribalta, scombina
le carte, quasi a volersi mettere alla prova, ricerca quel mistero, lo afferra come un raggio di
luce, vorrebbe stanarlo, regalarlo al
mondo, fare in modo che tutti possano avvicinarsi al mistero delle nostre
esistenze, al verbum sacro che chiarifica e lotta per comprendere. In questo libro ci racconta davvero molte
cose della sua vita, delle sue amicizie, dei suoi nemici, del razzismo che
invade non solo il mondo, ma la stessa letteratura. Su questo argomento vengono
riportate le parole di Borges, quelli del Sud dice il Poeta, sono terroni, puoi
aver fatto cose grandiose, queste terre possono aver dato i natali ai più
grandi della storia, si rimane terroni fuori, con divieti d’accesso, sparano a vista
a chiunque faccia ombra ai loro
“prediletti”. E’ il potere economico e politico che stabilisce la
classifica di chi è bravo nel mondo del sapere e in ogni altro campo. Molto ha
da dire anche sulla compilazione delle antologie e delle letterature destinate
alla scuola,
che inseriscono secondo criteri
scandalosi gli autori creando classifiche nettamente distinte tra “i minori” e
i “grandi autori”. La storia recente ci insegna come poeti immensi come Rocco Scodellaro
, Salvatore Quasimodo, Bufalino, Vittorini, Serao, Ortese e tanti altri grandi autori del Sud sono stati
cacciati dalle Antologie scolastiche, né la rivolta di tanti intellettuali del
Sud è riuscita a far cambiare idea. La posizione del Poeta contro queste
aberrazioni è terribile. Queste e tante
altre cose rabberciate nel mondo della cultura scavano ingiustizie, deviano i
percorsi della Grazia.
Nel libro si coglie un solco di
dolorosa, lunga amarezza, a volte, quasi di impotenza. Il mondo che si era
sperato di cambiare e riportare, dopo la
seconda guerra mondiale, sulla strada della crescita, dell’azzeramento della
povertà, della morte delle ingiustizie e del rispetto sociale, ha fatto marcia
in dietro. La lotta di Maffia è pari a quella del fratello di sangue Campanella, secondo quanto dice nella
prefazione Norberto Bobbio «Maffìa riesce a suscitare nel lettore un
senso di meraviglia insistendo sull’infanzia e l’adolescenza del filosofo,
sulla miseria della sua terra, sull’apprendimento senza maestri, sulla memoria
favolosa». E sembra di vederla, «quella figura tozza» da cui «verità e
conoscenza sprizzavano con la naturalezza con cui una polla d’acqua sbuca dal
foro di una roccia». Così allo stesso
modo ne parlano in quest’opera Giovanni Pistoia, nella bella e trasparente
prefazione e Gianni Mazzei, quest’ultimo con rigore e chiarezza, direi
amore fraterno verso l’Amico, rivendicando
le affinità tra i due grandi.
Noi, come il Poeta, aspettiamo ancora
la nascita della Città del sole, Maffia ha riportato Campanella nelle nostre
vite, come se fosse anche nostro contemporaneo e conterraneo ridando dignità
anche alle sue poesie e vigore al suo pensiero rivoluzionario.
Il Poeta in quest’ opera ci rega la sua sofferenza, le
sue ansie, i suoi ideali di riscatto, che permangono come nei suoi primi lavori
con lo stesso ardore, con la stessa devozione che ha sempre avuto per la
cultura e per la bellezza.
Riflessioni sull’opera di Carmen
Moscariello
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