giovedì 18 gennaio 2024








 Nel solco di Campanella

Intervista a Dante Maffia

Di Gianni Mazzei. Pace Edizione

La prima cosa che salta agli occhi nella sua armonia di colori e immagini è la copertina: ben fatta e molto significativa, si stagliano frontalmente due profili importanti quello di Campanella e quello di Maffia. La forma del viso, la piega delle guance, le labbra fanno pensare che sono due fratelli di sangue.

L’autore dell’intervista, Gianni Mazzei, anch’egli calabrese e amico e conoscitore delle opere di Maffia, sa guidare con maestria e garbo le domande, che alla fine ci danno un quadro completo del grande Autore, dei suoi rapporti con la Calabria, del suo percorrere ab origine tutte le tappe della gloriosa arte di Maffia.  Non ci viene nascosto niente,  né le vittorie, né i dolori. La lotta impari di un uomo che parte dalla sua intelligenza, dalle sue origini umili, che senza l’aiuto di alcuno diviene un Dio della cultura non solo italiana, ma oserei dire mondiale. La recente pubblicazione  dei suoi splendidi haiku che il Giappone ha fatto tradurre e pubblicato testimoniano la sua netta posizione  ai vertici di un sentire che lega i popoli, li innalza nella maestosità dell’arte e della fratellanza.

Si, Maffia è un poeta, saggista, narratore che affascina, ammalia, è un uomo che dialoga con l’infinito, brucia e ti fa sobbalzare con le sue analisi. E’ uno che ha sacro rispetto per gli umili, li ama, li difende , si schiera contro la storia dei potenti e degli imbroglioni, di questi non salva nessuno. E’ irruento, ha nel cuore la lava incandescente, che annienta e purifica. Da quel mare calabro dal quale mai si è distaccato ha imparato ad

 

 

apprezzare anche l’ultimo filo d’erba, a purificarsi al movimento delle onde che lievi si infrangono sulla spiaggia, qui le tempeste lo hanno sorpreso, qui il vento di maestrale bussa di notte alla sua porta. In questi luoghi sacri in cui la cultura greca lo ha nutrito fin da ragazzo, ha dato vita alla sua arte, al suo carattere. L a sua  immensa cultura, il suo carattere dolce, ma anche fermo e tempestoso  emergono  punto per punto con levità e grazie  nell’intervista di Gianni Mazzei.

Dante Maffia nella sua splendida strada ha rilasciato sessanta interviste, molte le conosciamo anche noi, e sempre abbiamo imparato dalle sue parole come tenere la barra dritta, ma ora  questa che stiamo esaminando, è un libro più di cento pagine, ben scritte, sgorgano da quella fonte che ha pubblicato centinaia di opere, senza sosta, non si fa in tempo a finire di leggere una sua recente pubblicazione e già ne sono pronte altre, mai che il tono sia scontato, o che si ripeta, ogni giorno rivoluziona e ribalta, scombina le carte, quasi a volersi mettere alla prova, ricerca  quel mistero, lo afferra come un raggio di luce,  vorrebbe stanarlo, regalarlo al mondo, fare in modo che tutti possano avvicinarsi al mistero delle nostre esistenze, al verbum sacro che chiarifica e lotta per comprendere.  In questo libro ci racconta davvero molte cose della sua vita, delle sue amicizie, dei suoi nemici, del razzismo che invade non solo il mondo, ma la stessa letteratura. Su questo argomento vengono riportate le parole di Borges, quelli del Sud dice il Poeta, sono terroni, puoi aver fatto cose grandiose, queste terre possono aver dato i natali ai più grandi della storia, si rimane terroni  fuori, con divieti d’accesso, sparano a vista a chiunque faccia ombra ai loro  “prediletti”. E’ il potere economico e politico che stabilisce la classifica di chi è bravo nel mondo del sapere e in ogni altro campo. Molto ha da dire anche sulla compilazione delle antologie e delle letterature destinate alla scuola,

 

 

che inseriscono secondo criteri scandalosi gli autori creando classifiche nettamente distinte tra “i minori” e i “grandi autori”. La storia recente ci insegna come poeti immensi come Rocco Scodellaro , Salvatore Quasimodo, Bufalino, Vittorini, Serao, Ortese  e tanti altri grandi autori del Sud sono stati cacciati dalle Antologie scolastiche, né la rivolta di tanti intellettuali del Sud è riuscita a far cambiare idea. La posizione del Poeta contro queste aberrazioni è terribile.  Queste e tante altre cose rabberciate nel mondo della cultura scavano ingiustizie, deviano i percorsi della Grazia.

Nel libro si coglie un solco di dolorosa, lunga amarezza, a volte, quasi di impotenza. Il mondo che si era sperato di cambiare e riportare,  dopo la seconda guerra mondiale, sulla strada della crescita, dell’azzeramento della povertà, della morte delle ingiustizie e del rispetto sociale, ha fatto marcia in dietro. La lotta di Maffia è pari a quella del  fratello di sangue  Campanella, secondo quanto dice nella prefazione Norberto  Bobbio «Maffìa riesce a suscitare nel lettore un senso di meraviglia insistendo sull’infanzia e l’adolescenza del filosofo, sulla miseria della sua terra, sull’apprendimento senza maestri, sulla memoria favolosa». E sembra di vederla, «quella figura tozza» da cui «verità e conoscenza sprizzavano con la naturalezza con cui una polla d’acqua sbuca dal foro di una roccia». Così  allo stesso modo ne parlano in quest’opera Giovanni Pistoia, nella bella e trasparente prefazione  e  Gianni Mazzei,  quest’ultimo con rigore e chiarezza, direi amore fraterno verso l’Amico,   rivendicando  le affinità tra i due grandi.

Noi, come il Poeta, aspettiamo ancora la nascita della Città del sole, Maffia ha riportato Campanella nelle nostre vite, come se fosse anche nostro contemporaneo e conterraneo ridando dignità anche alle sue poesie e vigore al suo pensiero rivoluzionario.

 Il Poeta  in quest’ opera ci rega la sua sofferenza, le sue ansie, i suoi ideali di riscatto, che permangono come nei suoi primi lavori con lo stesso ardore, con la stessa devozione che ha sempre avuto per la cultura e per la bellezza.

 

Riflessioni sull’opera di Carmen Moscariello

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