giovedì 20 novembre 2014

Giuseppe Napolitano su "Ugo Piscopo. Terra nella sera" di Carmen Moscariello



Ugo Piscopo. Terra nella sera è un piccolo regalo dell'allieva al maestro per i suoi 8o anni (lucidamente portati in piena attività): Ugo Piscopo ha trovato in Carmen Moscariello una attenta lettrice e una testimone appassionata della sua vasta e poliedrica attività creativa e critica. Questo "piccolo regalo" (ben curato nell'edizione Guida) è un libretto composito e ricco - nell'esile densità delle sue pagine - di notevoli spunti per avvicinare e interpretare l'opera letteraria di Ugo Piscopo. Appena due anni fa, l'autrice di queste pagine si era occupata del maestro con affettuosa partecipazione, in Oboe per flauto traverso. L'intensa produzione che ha caratterizzato sempre lo scrittore irpino la costringe a tornare ancora su di lui per seguirne le tappe del lavoro nelle sue sfaccettature. Qui sono infatti presi in esame gli ultimi cinque libri, diversi per temi e stile, dalla poesia al saggio, alla narrativa: dagli haiku "bellissimi" di Oscilla mille ai saggi ironici degli Idilli napoletani e alla Calabria rivisitata "extra e intra moenia", dai sorprendenti racconti di Contrappunti e variazione su tema, al metateatro di Gramsci, chi?. Una delle costanti della scrittura di Ugo Piscopo, che ben risalta nella lettura critica di Carmen Moscariello, è il dolore. Ma un dolore assimilato, filtrato, elaborato, sopportato... poiché Piscopo, come dice nell'ampia intervista che correda questo volumetto a lui dedicato, è "uno tosto" (un "contadino che viene dalle montagne"), che la vita ha reso paziente e scaltro nell'affrontare i problemi e le persone sul suo cammino. Una volta si diceva pure che avessero "cervello fino", quelli come lui... e a lui viene spesso lo "sfizio" (sempre per citarlo) di prendersi gioco del prossimo, del lettore nel suo caso, depistando la sua attenzione e provocandolo con pagine a sorpresa. Tutto questo gioco letterario, umanissimo, comunque, di fine psicologia, nelle pagine di Carmen Moscariello diventa infine un atto di fiducia e quindi anche di comunione, poiché è lei a farlo confessare, a far dire al vecchio maestro - un "chierico laico", a lungo orgogliosamente scettico - di essersi, con l'età, riavvicinato a Dio. D'altronde, "la sua inquietudine si placa solo quando riesce a rubare alla natura il suo divino e a regalarcelo con la sua parola" - parole di una che lo conosce bene, che condivide la sua ricerca e sa che nelle sue "visioni" c'è sempre un "appuntamento di molte vite", almeno la sua e le nostre.

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