Iniziativa promossa da Annella Prisco e dall’Istituto di Cultura
Meridionale
Sono
intervenute Annella Prisco e
Carmen Moscariello
comunicazione e media relations: Mary Attento
Masullo
il perturbante Maestro
della pratica dell’incontro umano e dialettico
di
Carmen Moscariello
Il
libro dell’inquietudine (Livro de desassosego)
di Bernardo Soares (eteronimo di Fernando Pessoa, Lisbona 1888-1935),
pubblicato da Newton Compton (traduzione di Piero Ceccucci e Orietta
Abbati), è un libro apparentemente privo di organicità: pensieri,
brevi composizioni che l’autore-poeta trascrive, inventandosi
infinite identità, nelle quali entra di diritto come attore
protagonista e ne vive ogni metamorfosi. Un corposo taccuino, un non
libro, ossia un libro fuori dai canoni, appunti sparsi, ma
continuativi, pubblicato postumo, eppure così avvincente nei suoi
400 piccoli racconti, meditazioni, aforismi (ne scrisse fino in punto
di morte); un’opera di finzione e di meditazione che porta in
questo caso Pessoa (La Persona) a divenire molti alter ego, fino a un
naufragio identificativo che lo caratterizza come Personne.
Il libro è tutto attraversato da un’inquietudine devastante che
si concretizza con l’annientamento di ogni identità.
L’inquietudine incide in modo diverso: crea 400 situazione o
meditazioni che mettono in luce una chiara volontà di ricerca, che
poi naufraga nel divenire, come scrive Nerval sotto un suo quadro,
“Je suis l’outre”, oppure come Rimbaud Je est un outre, per
divenire desassosego in Pessoa.
Cosa diversa è l’inquietudine per Aldo Masullo: il Maestro
dell’intersoggettività non è animato da questo doloroso
annientamento. I due Maestri del pensiero sono diversi: Pessoa
conservatore, seguace dell’Ordine dei Templari di Jacques de Molay,
appartato dalle competizioni del mondo, appassionato di misticismo e
occultismo; Masullo, grande e amato Docente, insigne politico della
sinistra, ateo, fideista nell’uomo della ragione, ovvero
nell’assoluta esigenza di ogni uomo di cercare l’altro (l’uomo
è un animale politico), che confligge con il suo prossimo nel
momento in cui l’altro mette in crisi la nostra libertà,
provocando inquietudine.
Dunque, per il Prof. Masullo l’inquietudine nasce da un impedimento
d’esercizio della libertà; nell’indomito Filosofo l’incertezza
si trasforma in un ritmo di ricerca inquieta, fino alla morte; il non
attuamento definitivo di questa ricerca, il non approdo alla quiete,
provoca in noi inquietudine; questo percorso apparentemente si
presenta come una linea in ascesa, pur tuttavia non ci mette al
riparo dall’inquietudine, con l’impossibilità di un approdo
definitivo, anche se la ricerca stessa della quiete restituisce alla
vita il suo ardore denso.
Durante
la conferenza tenutasi a Napoli presso l’Istituto di Cultura
Meridionale, sorprendendo non poco il pubblico, abbiamo utilizzato un
aggettivo, in questo caso un sostantivo, che ci è sembrato calzante
con la sua ricca e umana personalità, chiamandolo “Aldo
Masullo il Perturbante” (termine che è
molto piaciuto al Professore, che lo ha meglio definito storicamente
al colto pubblico). Noi abbiamo chiarito la ragione di questa scelta:
“Nella lettura e studio di alcune delle sue ultime opere come
Piccolo teatro filosofico,
dialogo su anima verità, giustizia, tempo
(Mursia 2012) e Theatrum mentis. Saggi sul
pensiero di Aldo Masullo a cura di Giuseppe
Cantillo e Dario Giugliano (Mursia 2014, in quest’ultimo libro sono
stati raccolti gli interventi dei relatori che si espressero sul
pensiero di Masullo qualche mese fa presso l’Accademia delle Belle
Arti di Napoli e sono stati aggiunti altri preziosi studi), ebbene
anche in considerazione solo di queste due opere, abbiamo fatto
notare che Aldo Masullo è perennemente attraversato
dall’inquietudine. Intesa questa, come egli stesso ci insegna, come
sine quiete. Per
esempio i personaggi di Piccolo teatro
filosofico sono tra i più inquieti della
storia dell’umanità: Giordano Bruno, Amleto, Papa Benedetto
(XVI?), Eraclito l’Oscuro e anche “lo Sveglio Orologiaio”,
ognuno è espressione d’inquietudine nella loro spasmodica ricerca
della verità e nel contempo nell’affermazione della libertà del
proprio pensiero: Bruno bruciato vivo perché il suo pensiero non si
piegò ai dettami dei giudici della Controriforma; Benedetto (non
specifica il Filosofo se si tratti di Benedetto XVI, ma intuiamo che
si riferisca proprio a Lui), testimone della fede e della ricerca di
una vita spirituale da insegnare anche al prossimo; Amleto nella sua
impossibile drammatica scelta di “Essere o
non essere”, pragmatismo o spiritualità?
Ancora di più incide sull’inquietudine di questi personaggi
“l’orologio smarrito”
del tempo. Non possiamo dire che il tempo è inquieto, ma più
semplicemente sono gli uomini a vivere questo sentimento, o meglio è
l’uomo che cerca la verità che è inquieto. Dunque, l’inquieto
non è colui che vive agitato, che non ha tempo per pensare, l’uomo
del mercato virtuale, colui che rincorre la ricchezza e potere ad
ogni costo: si assiste, in questo caso, più che altro allo
spettacolo dell’uomo irrequieto, agitato, aggressivo, violento, o
più semplicemente anche dell’uomo che si lascia vivere.
Il
pensiero di Masullo
in merito a quanto sopra si esplica in una dialettica non priva di
fascino, in un accorto successorio di logica:
“In tal caso inquieto può essere colui che cerca la verità,
quindi un senso totale della vita che cerca con la ragione e non lo
trova, nella eccezione agostiniana solo in Dio si può trovare questa
pacificazione, inquietum io lo leggo come non essere quieto proprio
perché la mia stessa soggettività si viene formando producendo
questo alter ego dentro di me col quale io mi devo confrontare, che
mi appare e mi sfugge e quindi mi inquieta. Poi c’è un terzo
significato dell’inquieto, è quello che troviamo in qualche testo
medievale, un certo Guigò, un abate, un benedettino francese, il
quale scrive un libro di meditazione in cui parla dell’inquietudine
in cui dice che è inquieto colui che non è sicuro, sicuro in senso
etimologico significa senza cura, senza preoccupazione, quindi colui
che non è senza preoccupazioni è inquieto, questa concezione
dell’inquietudine si può certamente riportare a quella di
Sant’Agostino, cioè io cerco il senso e non lo trovo, quindi sono
inquieto, però in quella di Guigò c’è qualcosa di diverso perché
non è la ricerca del senso che mi sfugge e quindi mi inquieta, ma è
la ricerca della sicurezza che non riesco a realizzare, cioè mentre
in Sant’Agostino è la ricerca del senso che dà pienezza alla mia
vita, lì viceversa è la ricerca di essere al riparo dalle
preoccupazioni, nel senso morale, però c’è una sfumatura diversa
rispetto a Sant’Agostino, cioè l’inquietudine è il frutto della
mancanza di sicurezza in Sant’Agostino è la mancanza di senso.
Quindi sarebbe interessante investigare aspetti dell’interiorità
come o fame di senso insoddisfatto o fame di sicurezza insoddisfatta,
perché poi potremmo dire maliziosamente che lo spazio
dell’interiorità cresce con la compressione della nostra capacità,
della nostra capacità di esprimerci nell’oggettività del mondo.
Quindi è il rifugio nella interiorità che si sceglie, quando il
mondo non mi soddisfa, … si potrebbe dire che l’interiorità è
il frutto dell’infelicità”.
È
inquietudine, a nostro parere anche vivre en malaisie; la malaisie du
vivre in poesia si esprime per esempio nei versi di Sandro Penna in
una malinconico non senso della vita che ci sfugge dalle mani come
acqua “io vivere vorrei addormentato entro
il dolce rumore della vita… la vita… è ricordarsi di un
risveglio /triste in un treno all’alba: la luce incerta: aver
sentito /nel corpo rotto la malinconia /vergine e aspra nell’alba
pungente. L’inquietudine è anche nel
canto e nella musica: Nelle Nozze di Figaro
di Beaumarchais, ma anche in quelle di Mozart, dello stesso
Paisiello (la folle giornata),
qui è l’eros a creare inquietudine, il pathos dell’amore o
dell’odio può indurci ad atti irrefrenabile. Nel convegno abbiamo
fatto riferimento a due fatti di cronaca correlati: alla mostra di
Amedeo Modigliani e ses amis (10 ottobre-15 febbraio 2015) a Pisa, al
Palazzo Blu, e ad un evento a Napoli il 9 dicembre nella basilica di
San Giovanni Maggiore, dove ci sarà un concerto di Patti Smitt. A
Pisa sono esposti circa 100 capolavori di Modì provenienti molti dal
centro Pompidou e che hanno come protagonista Jeanne Hébuterne, musa
e amante del Nostro negli ultimi tre anni della sua vita, in
particolare potremo ammirare il “Nudo sdraiato” che ritrae Jeanne
Hébuterne, la giovanissima
fanciulla dai capelli ramati e dalla pelle bianchissima, morta
suicida il giorno dopo la morte di Modigliani (1920). L’altro
fatto, come dicevamo, riguarda la presenza di Patti Smitt a Napoli,
la sacerdotessa del rock, la poetessa fiammeggiante, l’esempio
della umanità lirica, di un maledettismo nell’arte che presenterà
nel suo repertorio anche una canzone dedicata a Jeanne Hébuterne
Dancing Barefoot (Ballando
a piedi nudi), una canzone struggente, inquieta, traboccante di
passione che fa riferimento all’amore tragico dei due artisti. Alla
luce di questi due episodi potremmo parlare del protagonismo di due
tipi d’inquietudine nell’opera d’arte: l’una creativa,
l’altra, seppur creativa, mal calibrata che può portare anche al
totale annientamento e, nel caso in oggetto, all’autoannientamento
di se stessi. Modigliani muore di tisi, ma era già distrutto
dall’alcool, Hébuterne, anche bravissima pittrice, si lancia dal
quinto piano, subito dopo la morte dell’amato. Sono certamente
anche questi due casi riferibili all’inquietudine che potrebbe
essere anche considerata, a nostro avviso, madre dell’opera d’arte,
ma che porta a volte anche a vivere l’esistenza in uno stato di
dolore incontrollato. Anche in questo caso la risposta di Masullo è
stata chiara e incisiva: “L’artista è
colui che non si piega all’ipocrisia del mondo, è colui che cerca
e vive la verità della vita e lotta eroicamente contro il mondo
ipocrita, a volte fino a soccomberne”. La
tensione emotiva, la ricerca della verità ad ogni costo, diviene
dunque tensione etica. Sul suicidio, il Filosofo ha preferito non
esprimersi per la delicatezza e il rispetto che tali fatti
richiedono.
Molto
interessante è stato anche l’intervento di Annella Prisco che nei
principeschi luoghi ha accolto insieme all’avvocato Gennaro
Famiglietti l’illustre ospite e il raffinato pubblico. L’elegante
scrittrice (Figlia d’arte e Presidente del Centro Studi Michele
Prisco, promotore anch’esso dell’incontro) ha sottolineato in
particolar modo l’uomo della crisi tutto produttività, teso più
che altro a confrontarsi con i mezzi virtuali e privo di uno spessore
etico essenziale per migliorare i rapporti del vivere. Ha posto
l’accento sul tema dell’inquietudine come solitudine dell’uomo
moderno, come colui che ha perso la sua humanitas ed è divenuto
immagine virtuale dell’apparire in un’efficienza che nulla ha a
che vedere con la crescita delle esperienze umani e culturali. Le
conclusioni sono venute dall'avv. Famiglietti, che ha insistito
nell'interrogare il Professor Masullo sulle condizione attuali della
città di Napoli; Masullo ha dato una risposta dolorosa, vedendo le
condizioni della città peggiorate nel tempo: “Se
prima esistevano due classi sociali, oggi ce ne sono tre: la povera
gente, la cosiddetta classe media (moribonda) e la camorra che occupa
sempre più spazi”. La possibilità per uscire dall’abisso c’è
, questa è da identificare in un ruolo rivoluzionario, rispetto a
quello attuale, dell’educazione che deve interessare la formazione
dell’uomo fin da bambino”. La povertà
di Napoli, come quella di tutto il Paese, è soprattutto una povertà
culturale, bisognerebbe attuare un totale cambiamento di rotta, in
cui ogni cittadino dovrebbe prendersi le proprie responsabilità.
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