sabato 29 novembre 2014

L’inquietudine e il nostro tempo - Incontro con il prof. Aldo Masullo

Iniziativa promossa da Annella Prisco e dall’Istituto di Cultura Meridionale
Sono intervenute Annella Prisco e Carmen Moscariello
comunicazione e media relations: Mary Attento

Masullo il perturbante Maestro
della pratica dell’incontro umano e dialettico
di
Carmen Moscariello

Il libro dell’inquietudine (Livro de desassosego) di Bernardo Soares (eteronimo di Fernando Pessoa, Lisbona 1888-1935), pubblicato da Newton Compton (traduzione di Piero Ceccucci e Orietta Abbati), è un libro apparentemente privo di organicità: pensieri, brevi composizioni che l’autore-poeta trascrive, inventandosi infinite identità, nelle quali entra di diritto come attore protagonista e ne vive ogni metamorfosi. Un corposo taccuino, un non libro, ossia un libro fuori dai canoni, appunti sparsi, ma continuativi, pubblicato postumo, eppure così avvincente nei suoi 400 piccoli racconti, meditazioni, aforismi (ne scrisse fino in punto di morte); un’opera di finzione e di meditazione che porta in questo caso Pessoa (La Persona) a divenire molti alter ego, fino a un naufragio identificativo che lo caratterizza come Personne. Il libro è tutto attraversato da un’inquietudine devastante che si concretizza con l’annientamento di ogni identità. L’inquietudine incide in modo diverso: crea 400 situazione o meditazioni che mettono in luce una chiara volontà di ricerca, che poi naufraga nel divenire, come scrive Nerval sotto un suo quadro, “Je suis l’outre”, oppure come Rimbaud Je est un outre, per divenire desassosego in Pessoa.
Cosa diversa è l’inquietudine per Aldo Masullo: il Maestro dell’intersoggettività non è animato da questo doloroso annientamento. I due Maestri del pensiero sono diversi: Pessoa conservatore, seguace dell’Ordine dei Templari di Jacques de Molay, appartato dalle competizioni del mondo, appassionato di misticismo e occultismo; Masullo, grande e amato Docente, insigne politico della sinistra, ateo, fideista nell’uomo della ragione, ovvero nell’assoluta esigenza di ogni uomo di cercare l’altro (l’uomo è un animale politico), che confligge con il suo prossimo nel momento in cui l’altro mette in crisi la nostra libertà, provocando inquietudine.
Dunque, per il Prof. Masullo l’inquietudine nasce da un impedimento d’esercizio della libertà; nell’indomito Filosofo l’incertezza si trasforma in un ritmo di ricerca inquieta, fino alla morte; il non attuamento definitivo di questa ricerca, il non approdo alla quiete, provoca in noi inquietudine; questo percorso apparentemente si presenta come una linea in ascesa, pur tuttavia non ci mette al riparo dall’inquietudine, con l’impossibilità di un approdo definitivo, anche se la ricerca stessa della quiete restituisce alla vita il suo ardore denso.
Durante la conferenza tenutasi a Napoli presso l’Istituto di Cultura Meridionale, sorprendendo non poco il pubblico, abbiamo utilizzato un aggettivo, in questo caso un sostantivo, che ci è sembrato calzante con la sua ricca e umana personalità, chiamandolo “Aldo Masullo il Perturbante” (termine che è molto piaciuto al Professore, che lo ha meglio definito storicamente al colto pubblico). Noi abbiamo chiarito la ragione di questa scelta: “Nella lettura e studio di alcune delle sue ultime opere come Piccolo teatro filosofico, dialogo su anima verità, giustizia, tempo (Mursia 2012) e Theatrum mentis. Saggi sul pensiero di Aldo Masullo a cura di Giuseppe Cantillo e Dario Giugliano (Mursia 2014, in quest’ultimo libro sono stati raccolti gli interventi dei relatori che si espressero sul pensiero di Masullo qualche mese fa presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli e sono stati aggiunti altri preziosi studi), ebbene anche in considerazione solo di queste due opere, abbiamo fatto notare che Aldo Masullo è perennemente attraversato dall’inquietudine. Intesa questa, come egli stesso ci insegna, come sine quiete. Per esempio i personaggi di Piccolo teatro filosofico sono tra i più inquieti della storia dell’umanità: Giordano Bruno, Amleto, Papa Benedetto (XVI?), Eraclito l’Oscuro e anche “lo Sveglio Orologiaio”, ognuno è espressione d’inquietudine nella loro spasmodica ricerca della verità e nel contempo nell’affermazione della libertà del proprio pensiero: Bruno bruciato vivo perché il suo pensiero non si piegò ai dettami dei giudici della Controriforma; Benedetto (non specifica il Filosofo se si tratti di Benedetto XVI, ma intuiamo che si riferisca proprio a Lui), testimone della fede e della ricerca di una vita spirituale da insegnare anche al prossimo; Amleto nella sua impossibile drammatica scelta di “Essere o non essere”, pragmatismo o spiritualità? Ancora di più incide sull’inquietudine di questi personaggi “l’orologio smarrito” del tempo. Non possiamo dire che il tempo è inquieto, ma più semplicemente sono gli uomini a vivere questo sentimento, o meglio è l’uomo che cerca la verità che è inquieto. Dunque, l’inquieto non è colui che vive agitato, che non ha tempo per pensare, l’uomo del mercato virtuale, colui che rincorre la ricchezza e potere ad ogni costo: si assiste, in questo caso, più che altro allo spettacolo dell’uomo irrequieto, agitato, aggressivo, violento, o più semplicemente anche dell’uomo che si lascia vivere.
Il pensiero di Masullo in merito a quanto sopra si esplica in una dialettica non priva di fascino, in un accorto successorio di logica: “In tal caso inquieto può essere colui che cerca la verità, quindi un senso totale della vita che cerca con la ragione e non lo trova, nella eccezione agostiniana solo in Dio si può trovare questa pacificazione, inquietum io lo leggo come non essere quieto proprio perché la mia stessa soggettività si viene formando producendo questo alter ego dentro di me col quale io mi devo confrontare, che mi appare e mi sfugge e quindi mi inquieta. Poi c’è un terzo significato dell’inquieto, è quello che troviamo in qualche testo medievale, un certo Guigò, un abate, un benedettino francese, il quale scrive un libro di meditazione in cui parla dell’inquietudine in cui dice che è inquieto colui che non è sicuro, sicuro in senso etimologico significa senza cura, senza preoccupazione, quindi colui che non è senza preoccupazioni è inquieto, questa concezione dell’inquietudine si può certamente riportare a quella di Sant’Agostino, cioè io cerco il senso e non lo trovo, quindi sono inquieto, però in quella di Guigò c’è qualcosa di diverso perché non è la ricerca del senso che mi sfugge e quindi mi inquieta, ma è la ricerca della sicurezza che non riesco a realizzare, cioè mentre in Sant’Agostino è la ricerca del senso che dà pienezza alla mia vita, lì viceversa è la ricerca di essere al riparo dalle preoccupazioni, nel senso morale, però c’è una sfumatura diversa rispetto a Sant’Agostino, cioè l’inquietudine è il frutto della mancanza di sicurezza in Sant’Agostino è la mancanza di senso. Quindi sarebbe interessante investigare aspetti dell’interiorità come o fame di senso insoddisfatto o fame di sicurezza insoddisfatta, perché poi potremmo dire maliziosamente che lo spazio dell’interiorità cresce con la compressione della nostra capacità, della nostra capacità di esprimerci nell’oggettività del mondo. Quindi è il rifugio nella interiorità che si sceglie, quando il mondo non mi soddisfa, … si potrebbe dire che l’interiorità è il frutto dell’infelicità”.
È inquietudine, a nostro parere anche vivre en malaisie; la malaisie du vivre in poesia si esprime per esempio nei versi di Sandro Penna in una malinconico non senso della vita che ci sfugge dalle mani come acqua “io vivere vorrei addormentato entro il dolce rumore della vita… la vita… è ricordarsi di un risveglio /triste in un treno all’alba: la luce incerta: aver sentito /nel corpo rotto la malinconia /vergine e aspra nell’alba pungente. L’inquietudine è anche nel canto e nella musica: Nelle Nozze di Figaro di Beaumarchais, ma anche in quelle di Mozart, dello stesso Paisiello (la folle giornata), qui è l’eros a creare inquietudine, il pathos dell’amore o dell’odio può indurci ad atti irrefrenabile. Nel convegno abbiamo fatto riferimento a due fatti di cronaca correlati: alla mostra di Amedeo Modigliani e ses amis (10 ottobre-15 febbraio 2015) a Pisa, al Palazzo Blu, e ad un evento a Napoli il 9 dicembre nella basilica di San Giovanni Maggiore, dove ci sarà un concerto di Patti Smitt. A Pisa sono esposti circa 100 capolavori di Modì provenienti molti dal centro Pompidou e che hanno come protagonista Jeanne Hébuterne, musa e amante del Nostro negli ultimi tre anni della sua vita, in particolare potremo ammirare il “Nudo sdraiato” che ritrae Jeanne Hébuterne, la giovanissima fanciulla dai capelli ramati e dalla pelle bianchissima, morta suicida il giorno dopo la morte di Modigliani (1920). L’altro fatto, come dicevamo, riguarda la presenza di Patti Smitt a Napoli, la sacerdotessa del rock, la poetessa fiammeggiante, l’esempio della umanità lirica, di un maledettismo nell’arte che presenterà nel suo repertorio anche una canzone dedicata a Jeanne Hébuterne Dancing Barefoot (Ballando a piedi nudi), una canzone struggente, inquieta, traboccante di passione che fa riferimento all’amore tragico dei due artisti. Alla luce di questi due episodi potremmo parlare del protagonismo di due tipi d’inquietudine nell’opera d’arte: l’una creativa, l’altra, seppur creativa, mal calibrata che può portare anche al totale annientamento e, nel caso in oggetto, all’autoannientamento di se stessi. Modigliani muore di tisi, ma era già distrutto dall’alcool, Hébuterne, anche bravissima pittrice, si lancia dal quinto piano, subito dopo la morte dell’amato. Sono certamente anche questi due casi riferibili all’inquietudine che potrebbe essere anche considerata, a nostro avviso, madre dell’opera d’arte, ma che porta a volte anche a vivere l’esistenza in uno stato di dolore incontrollato. Anche in questo caso la risposta di Masullo è stata chiara e incisiva: “L’artista è colui che non si piega all’ipocrisia del mondo, è colui che cerca e vive la verità della vita e lotta eroicamente contro il mondo ipocrita, a volte fino a soccomberne”. La tensione emotiva, la ricerca della verità ad ogni costo, diviene dunque tensione etica. Sul suicidio, il Filosofo ha preferito non esprimersi per la delicatezza e il rispetto che tali fatti richiedono.

Molto interessante è stato anche l’intervento di Annella Prisco che nei principeschi luoghi ha accolto insieme all’avvocato Gennaro Famiglietti l’illustre ospite e il raffinato pubblico. L’elegante scrittrice (Figlia d’arte e Presidente del Centro Studi Michele Prisco, promotore anch’esso dell’incontro) ha sottolineato in particolar modo l’uomo della crisi tutto produttività, teso più che altro a confrontarsi con i mezzi virtuali e privo di uno spessore etico essenziale per migliorare i rapporti del vivere. Ha posto l’accento sul tema dell’inquietudine come solitudine dell’uomo moderno, come colui che ha perso la sua humanitas ed è divenuto immagine virtuale dell’apparire in un’efficienza che nulla ha a che vedere con la crescita delle esperienze umani e culturali. Le conclusioni sono venute dall'avv. Famiglietti, che ha insistito nell'interrogare il Professor Masullo sulle condizione attuali della città di Napoli; Masullo ha dato una risposta dolorosa, vedendo le condizioni della città peggiorate nel tempo: “Se prima esistevano due classi sociali, oggi ce ne sono tre: la povera gente, la cosiddetta classe media (moribonda) e la camorra che occupa sempre più spazi”. La possibilità per uscire dall’abisso c’è , questa è da identificare in un ruolo rivoluzionario, rispetto a quello attuale, dell’educazione che deve interessare la formazione dell’uomo fin da bambino”. La povertà di Napoli, come quella di tutto il Paese, è soprattutto una povertà culturale, bisognerebbe attuare un totale cambiamento di rotta, in cui ogni cittadino dovrebbe prendersi le proprie responsabilità.


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