Le poesie delle donne
Dacia Maraini in “Corpo felice”
storia di donne, rivoluzioni e un figlio perduto.
Quando ho perso mio figlio, con cui conversavo di notte sotto le coperte e a cui raccontavo del mondo aspettando che nascesse; quando a tradimento quel bambino con cui giocavo segretamente e che già tenevo in braccio prima ancora che avesse aperto gli occhi è morto, sono stata sul punto di morire anch’io”
Dacia Maraini ci consegna un altro bel romanzo,
“Corpo felice”, protagonista è lei stessa e il destino di tutte le donne. La
scrittrice poetessa, commediografa, saggista, regista ha sempre guardato con molta attenzione alla
condizione femminile, regalandoci molte importanti capolavori, indimenticabile
il suo romanzo La lunga vita di Marianna Ucria,(Premio Campiello 1990),
quel mutismo della protagonista che ha sottolineato la forza della donna e
la sua capacità di reagire al dolore, alla violenza familiare e alla solitudine del mutismo a cui si era (o era stata) condannata, Il silenzio si era
impadronito di lei come una malattia o forse una vocazione
.
La Maraini si è sempre battuta a difesa dei diritti
della donna e anche in Corpo felice ci
sono molte analisi riferite agli anni precedenti il 1978, anni
dell’approvazione della legge sull’aborto e sul divorzio. Anche quest’opera vuole
essere un tracciato e un’ urgenza di dialogo non solo al femminile, ma anche
con la società civile, affinché si possa
scalzare la violenza contro le donne . Anche
quest’anno abbiamo dovuto contare tristemente in pochi mesi 44 femminicidi .
Leggendola,
la si sente compagna in percorsi giovanili che mutarono la storia di tutte noi
donne. Una storia che ha un punto centrale, come in un presepe il bambinello che
deve nascere, focale è la perdita del suo bambino, nato prematuro di sette
mesi. Quel parto doloroso la porterà sulla soglia della morte.(Il padre era il
primo marito Lucio Pozzi , a quest’uomo resterà legata per quattro anni, fin
quando non si innamorerà di Moravia, un amore importante che avrà fine nel 1980).
L’episodio doloroso risale al 1993, una ferita che non si è mai rimarginata,
tanto che viene ripreso dalla grande autrice a distanza di molti anni. Nel
libro Dacia continua il dialogo col suo bambino e lo immagina crescere nelle
diverse fasi della sua vita, nell’adolescenza è un “bullo”, ma poi prende
coscienza degli insegnamenti ricevuti e diviene uomo che sa amare e rispettare
la donna. I romanzi della Maraini hanno una loro continuità e spesso il ricordo
di fatti personali diventano motivo per la scrittrice per trasformare una crisalide
in meravigliosi colori di farfalle in libertà. Un altro tema dominate nei suoi
scritti è l’urgenza di essere liberi, padroni della propria esistenza e
l’invito alle donne di dare, ma soprattutto di saper ricevere, non annullarsi
mai nell’amato, ma amare il proprio essere nel mondo e credere nelle proprie
capacità. Saper mantenere le redini del proprio pensiero e della propria anima.
La tenerezza con cui la Maraini porta per mano la
sua vita e quella di tutte noi donne è
espressa non solo nei romanzi, ma anche nelle raccolte poetiche.
Si parla troppo poco della Maraini poetessa. Ebbene da Mangiami pure (1978) a “Viaggiando con passo di volpe”(Rizzoli Poesie 1983-1991) nei suoi versi si coglie nel più profondo l’universo femminile, in tutta la sua autenticità e forza.
Si parla troppo poco della Maraini poetessa. Ebbene da Mangiami pure (1978) a “Viaggiando con passo di volpe”(Rizzoli Poesie 1983-1991) nei suoi versi si coglie nel più profondo l’universo femminile, in tutta la sua autenticità e forza.
“Per cinque anni ho abitato con Marianna Ucria”,
così Dacia Maraini esordisce nella
prefazione di viaggiando con passo di volpe. Ora, però, sottolinea
l’autrice, Marianna Ucrìa se n’è andata, incastonata nel passato si è lasciata
alle spalle una scia di nostalgia.
I versi della raccolta affondano le radici in
colori di lontananze e in spazi indecifrabili ,per consegnarci un involucro di
vita misterioso, apocalittico, storico e nel contempo personale.
Pian piano in un andamento leggero e sinergico si
snodano strade, luoghi, ricordi e soprattutto viaggi che vanno ben oltre
l’esperienza temporale.
e chiedere ai piedi/di andare dove
non vogliono//per dare un saluto alle proprie bassezze.
Nei suoi versi trova un garbato
accoglimento anche una femminilità gustosa, sensuale. Cesare Garboli dice che le poesie della Maraini descrivono una storia
di donna fuori dallo standard femminile con piste e tracce ritornanti: uno
stile di vita intimo e predace “con passo di volpe”. E’ da questo istinto
di vita che scaturiscono toni improvvisamente cangianti. A volte le parole
suonano come lame impietose scorticano i ricordi, disseppelliscono i morti,
bruciano i desideri, trasformano le notti “al
gelsomido dolce” in un dolore appollaiato
tra le costole. Il dramma non è mai attutito, anzi è masticato e conservato
come l’amore.
Presente nelle sue raccolte, oltre al dolore della donna, c’è la solitudine che si confonde con l’ansia del
sogno e si traduce ora in preghiera, ora nel ghigno di chi ha perso qualcosa di
prezioso. Non bisogna sottovalutare che la Maraini ha vissuto una vita intensa
d’amore e successo, ma anche di grandi dolori:” A causa del lavoro del padre la famiglia di Dacia si trasferisce in
Giappone quando lei è ancora molto piccola e lì vive gli anni più difficili
della sua vita. Durante la Seconda Guerra mondiale infatti, il governo
giapponese chiede alla famiglia Maraini di sottoscrivere l’adesione alla
Repubblica di Salò, ma si rifiutano e per questo motivo vengono rinchiusi in un
campo di concentramento a Tokyo dove vengono liberati dagli americani soltanto
una volta conclusasi la guerra. In quegli anni la famiglia Maraini è sottoposta
a privazioni e grandi umiliazioni”. Anche i suoi recenti anni sono stati
colpiti dalla morte del suo giovane compagno, dolore che coraggiosamente
esprime nei suoi scritti e nelle interviste ultime che ha rilasciato ,proprio in merito all’uscita di “Corpo
felice”.
Le poesie delle
donne (Dacia Maraini)
Le poesie delle donne sono spesso
piatte, ingenue, realistiche e ossessive”,
mi dice un critico gentile dagli occhi a palla.
“Mancano di leggerezza, di fumo, di vanità,
sono tutte d’un pezzo come dei tubi,
non c’è garbo, scioltezza, estro;
sono prive dell’intelligenza maliziosa
dell’artificio, insomma non raggiungono
quell’aria da pomeriggio limpido dopo la pioggia.”
Forse è vero, gli dico. Ma tu non sai
cosa vuol dire essere donna. Dovresti
provare una volta per piacere anche se
è proibito dal tuo sesso di pane e ferro.
Ride, strabuzza gli occhi. “A me non importa
se sia donna o meno. Voglio vedere i risultati
poetici. C’è chi riesce a fare la ciambella
con il buco. Se è donna o uomo cosa cambia?”
Cambia, amico dagli occhi verdi, cambia;
perché una donna non può fare finta
di non essere donna. Ed essere donna
significa conoscere la propria soggezione,
significa vivere e respirare la degradazione
e il disprezzo di sé che si può superare
solo con fatiche dolorose e lagrime nere.(1978,” Mangiami pure”)
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