domenica 17 marzo 2019


Le poesie delle donne

 Dacia Maraini in “Corpo felice” storia di donne, rivoluzioni e un figlio perduto.

Di Carmen Moscariello



Quando ho perso mio figlio, con cui conversavo di notte sotto le coperte e a cui raccontavo del mondo aspettando che nascesse; quando a tradimento quel bambino con cui giocavo segretamente e che già tenevo in braccio prima ancora che avesse aperto gli occhi è morto, sono stata sul punto di morire anch’io”


Dacia Maraini ci consegna un altro bel romanzo, “Corpo felice”, protagonista è lei stessa e il destino di tutte le donne. La scrittrice poetessa, commediografa, saggista, regista  ha sempre guardato con molta attenzione alla condizione femminile, regalandoci molte importanti capolavori, indimenticabile il suo romanzo La lunga vita di Marianna Ucria,(Premio Campiello 1990), quel mutismo della protagonista che ha sottolineato la forza della donna e la sua capacità di reagire al dolore, alla violenza  familiare e alla solitudine del mutismo  a cui si era (o era stata) condannata, Il silenzio si era impadronito di lei come una malattia o forse una vocazione


La Maraini si è sempre battuta a difesa dei diritti della donna e anche in Corpo felice  ci sono molte analisi riferite agli anni precedenti il 1978, anni dell’approvazione della legge sull’aborto e sul divorzio. Anche quest’opera vuole essere un tracciato e un’ urgenza di dialogo non solo al femminile, ma anche con  la società civile, affinché si possa  scalzare la violenza contro le donne . Anche quest’anno abbiamo dovuto contare tristemente in pochi mesi 44 femminicidi .
 Leggendola, la si sente compagna in percorsi giovanili che mutarono la storia di tutte noi donne. Una storia che ha un punto centrale, come in un presepe il bambinello che deve nascere, focale è la perdita del suo bambino, nato prematuro di sette mesi. Quel parto doloroso la porterà sulla soglia della morte.(Il padre era il primo marito Lucio Pozzi , a quest’uomo resterà legata per quattro anni, fin quando non si innamorerà di Moravia, un amore importante che avrà fine nel 1980). L’episodio doloroso risale al 1993, una ferita che non si è mai rimarginata, tanto che viene ripreso dalla grande autrice a distanza di molti anni. Nel libro Dacia continua il dialogo col suo bambino e lo immagina crescere nelle diverse fasi della sua vita, nell’adolescenza è un “bullo”, ma poi prende coscienza degli insegnamenti ricevuti e diviene uomo che sa amare e rispettare la donna. I romanzi della Maraini hanno una loro continuità e spesso il ricordo di fatti personali diventano motivo per la scrittrice per trasformare una crisalide in meravigliosi colori di farfalle in libertà. Un altro tema dominate nei suoi scritti è l’urgenza di essere liberi, padroni della propria esistenza e l’invito alle donne di dare, ma soprattutto di saper ricevere, non annullarsi mai nell’amato, ma amare il proprio essere nel mondo e credere nelle proprie capacità. Saper mantenere le redini del proprio pensiero e della propria anima. 
La tenerezza con cui la Maraini porta per mano la sua vita  e quella di tutte noi donne è espressa non solo nei romanzi, ma anche nelle raccolte poetiche. 
Si parla troppo poco della Maraini poetessa. Ebbene da Mangiami pure (1978) a  “Viaggiando con passo di volpe”(Rizzoli Poesie 1983-1991) nei suoi versi si coglie nel più profondo l’universo femminile, in tutta la sua autenticità e forza.

Per cinque anni ho abitato con Marianna Ucria”, così Dacia Maraini  esordisce nella prefazione di viaggiando con passo di volpe. Ora, però, sottolinea l’autrice, Marianna Ucrìa se n’è andata, incastonata nel passato si è lasciata alle spalle una scia di nostalgia. 

I versi della raccolta affondano le radici in colori di lontananze e in spazi indecifrabili ,per consegnarci un involucro di vita misterioso, apocalittico, storico e nel contempo personale.

Pian piano in un andamento leggero e sinergico si snodano strade, luoghi, ricordi e soprattutto viaggi che vanno ben oltre l’esperienza temporale.


L’inquietudine malinconica del viaggio si concretizza nei versi in desiderio di partire e nell’ansia di ritornare. Una voglia antica dove i geni familiari giocano un ruolo determinante.(il padre Fosco Maraini  fu viaggiatore appassionato e scrittore di opere quali: Segreto Tibet(1950); Ore giapponesi (1857), non meno avventurosa fu la nonna joy Crosse Pawlosk).
Pensiamo che il demone del vagabondaggio, che pervade tutta la sua vita e  la raccolta, sia anche dovuto a un bisogno struggente di autenticità e a un divenire mutevole, ricco di sospensioni e bellezze. Dacia sa essere dolce come un “exenia” e amara più del fiele. Le poesie sono trascorse da una forza sapienziale degna di  dominare il diluvio dei sentimenti e la desolazione dei tradimenti e degli abbandoni: Bisognerà pur uscire sott’acqua /bagnarsi fino alle ossa/per riannodare quei fili di seta/che non portano più a nessun dove//bisognerà pure affrontare la notte/con i suoi guati felpati






e chiedere ai piedi/di andare dove non vogliono//per dare un saluto alle proprie bassezze.

Nei suoi versi trova un garbato accoglimento anche una femminilità gustosa, sensuale. Cesare Garboli dice che le poesie della Maraini descrivono una storia di donna fuori dallo standard femminile con piste e tracce ritornanti: uno stile di vita intimo e predace “con passo di volpe”. E’ da questo istinto di vita che scaturiscono toni improvvisamente cangianti. A volte le parole suonano come lame impietose scorticano i ricordi, disseppelliscono i morti, bruciano i desideri, trasformano le notti “al gelsomido dolce” in un dolore appollaiato tra le costole. Il dramma non è mai attutito, anzi è masticato e conservato come l’amore.


Presente nelle sue raccolte, oltre al dolore della donna, c’è  la solitudine che si confonde con l’ansia del sogno e si traduce ora in preghiera, ora nel ghigno di chi ha perso qualcosa di prezioso. Non bisogna sottovalutare che la Maraini ha vissuto una vita intensa d’amore e successo, ma anche di grandi dolori:” A causa del lavoro del padre la famiglia di Dacia si trasferisce in Giappone quando lei è ancora molto piccola e lì vive gli anni più difficili della sua vita. Durante la Seconda Guerra mondiale infatti, il governo giapponese chiede alla famiglia Maraini di sottoscrivere l’adesione alla Repubblica di Salò, ma si rifiutano e per questo motivo vengono rinchiusi in un campo di concentramento a Tokyo dove vengono liberati dagli americani soltanto una volta conclusasi la guerra. In quegli anni la famiglia Maraini è sottoposta a privazioni e grandi umiliazioni”. Anche i suoi recenti anni sono stati colpiti dalla morte del suo giovane compagno, dolore che coraggiosamente esprime nei suoi scritti e nelle interviste ultime che ha rilasciato  ,proprio in merito all’uscita di “Corpo felice”.








Le poesie delle donne  (Dacia Maraini)



Le poesie delle donne sono spesso

piatte, ingenue, realistiche e ossessive”,

mi dice un critico gentile dagli occhi a palla.

“Mancano di leggerezza, di fumo, di vanità,

sono tutte d’un pezzo come dei tubi,

non c’è garbo, scioltezza, estro;

sono prive dell’intelligenza maliziosa

dell’artificio, insomma non raggiungono

quell’aria da pomeriggio limpido dopo la pioggia.”

Forse è vero, gli dico. Ma tu non sai

cosa vuol dire essere donna. Dovresti

provare una volta per piacere anche se

è proibito dal tuo sesso di pane e ferro.

Ride, strabuzza gli occhi. “A me non importa

se sia donna o meno. Voglio vedere i risultati

poetici. C’è chi riesce a fare la ciambella

con il buco. Se è donna o uomo cosa cambia?”

Cambia, amico dagli occhi verdi, cambia;

perché una donna non può fare finta

di non essere donna. Ed essere donna

significa conoscere la propria soggezione,

significa vivere e respirare la degradazione

e il disprezzo di sé che si può superare

solo con fatiche dolorose e lagrime nere.(1978,” Mangiami pure”)







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