Visione quarta
(di un angelo)
A.
Insegnami quali nascoste risorse
ti soccorrono
se mai provi stanchezza
di esistere, quali cortecce
scrosti se la lingua mai soffre secchezza.
Aprimi impenetrabili le porte
dell’aria e del fuoco
che cavalca l’immenso dello
spigolo del cielo dove nascono
arcane le forme che in te si
modellano e si incarnano in luce.
Purissima
luce.
Brillo di sussulti fioriti da un amore coperto con lame
di sole che frangono il colore
sempre nuovo del tuo
pallore acerbo. Sei l’uccello
marino che alto volteggia
lontano dalla spiaggia e con
garbo si piega
alla fatica del giorno quando la
notte chiude il sipario sul pianeta
e rimbocca con dolcezza la
coperta anche sulle tue ali.
Bianchissime
ali
In povertà di carne e solitudine
forgi l’immagine
di me che parla e ascolta, si
inarca alla tua visione
di compagno di viaggio. So che
non è miraggio il pulviscolo
che solleva il vento alle mie
spalle e freno a stento il pianto
se ti allontani. Percorro la Via
Lattea verso il mio campus
stellare e ti incontro lungo il
cammino consumato dalla cera.
Purissima
cera.
Infine aspetto di entrare dentro
le infinite variabili
del tuo dolore di creatura per
volgere lo sguardo
al vortice mutante del destino,
sulle tracce
di un nascondiglio, un appiglio
forse. Là vorrei legare le bretelle
delle nostre vite e tenderle
fino a conquistare lo splendido
ovile del Tempo che imprigiona
lamenti e sentimenti di noi
smarriti uccelli in cerca di
nidi sotto il fogliame
stratificato su rocce di
millenni sciolti come neve.
Bianchissima
neve. “
C
E se dovessi scrivere i miei
giorni
nelle tue visioni, sarei una
donna felice?
Sospesa al tuo fiato di fanciullo
al tuo riserbo di oggi
quando mi leggi i tuoi versi.
Ed io volo attaccata al tuo
sogno
sospesa all’architrave del tuo
desiderio.
Solo io lo vedo sgargiante
nei colori esplosi del tuo
arcobaleno
mentre nascondi nel foglio il
tuo amore impossibile.
A:
“Sayyd
Nella hall più grande del mondo
nella metropolitana più grande
del mondo
Alberto ci parla del magico
saxofono di Sayyd
che riempie le ampie pareti di
sofferenza ed allegria
lanciando per aria note come
pipistrelli.
Le trovi lungo le vetrate di
latte, stampate
su lampi di luci al neon, sulla
giacca sdrucita
del mendicante rimasto in piedi
tutto il tempo dell’assolo
addossato alla parete (non sa
per deferenza
o perché risparmiato dalla gotta
che l’uccide).
Intanto la musica corre su
binari di sogni
e di amori deragliati appena
dentro il tunnel della vita.
Con uno spartito tra le dita me
ne sto
in giro tutto il giorno come un
menestrello
d’altri tempi e soltanto a sera
faccio ritorno
nella hall più grande del mondo
per togliermi la soddisfazione
di restare sospeso
alla ringhiera più alta proprio
come quelle capricciose
note naviganti. Spiritelli
misteriosi
fantastici, sonori pipistrelli. [1]”
[1] Alcuni
dei versi di quest’opera appartengono ad altro Poeta (A) e altri ad un Critico Letterario –Poeta (B): sono versi
scritti e dedicati alla poetessa (C).
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