venerdì 27 luglio 2012

"Io dirò la verità" di Guido Del Giudice

Giordano Bruno e il gioco delle illusioni.
di Marco Bertelli

Quando il “moralizzatore” e il “teologo” scendono nell’inferno delle carceri dove il Nolano, fisicamente ripiegato su se stesso, tesse incessantemente la sua (ahimè) illusoria tela da presentare al Papa come l’arazzo più Vero da esporre nei Palazzi Pontifici, non si accorgono della scritta che appare sopra lo stipite della porta della cella dove Bruno è rinchiuso: “lasciate ogni speranza, o voi ch’entrate!!!”. Ovviamente la scritta non può che essere virtuale, ma c’è da scommettere che Dante, avesse potuto vedere quei fatti, avrebbe istituito nella Divina Commedia un nuovo girone del suo inferno, quello dei “poveri illusi”. Paradossalmente tutti i protagonisti della vicenda, mirabilmente raccontata in questo libro, incorrono nell’illusione, ma solo uno dei tre (indovinate chi…) ne è perfettamente cosciente. Giordano Bruno sa di essere caduto da tempo nell’illusione, che egli stesso aveva fatto nascere, di poter dare il via ad un Risveglio di una Chiesa incapace di trascendere la propria dissolutezza morale e incapace di evolvere dal punto di vista culturale, preda unicamente della sete di potere. Diversamente da lui, Beccaria e Isaresi sono costantemente in balìa di un’illusione, dalla quale non sanno liberarsi, quasi fosse un rogo al quale si sono essi stessi condannati: l’illusione di condurre alla “ragione”, e quindi all’abiura, colui il quale non ha nulla da abiurare. Il punto centrale della vicenda, forse, è tutto qua. Nel “gioco delle illusioni” che i protagonisti inscenano, ciascuno su diversi piani di coscienza, i ruoli si confondono come in uno spettacolare ologramma. I due rappresentanti del Sacro Collegio pretendono di esercitare il ruolo di giudici che il Sant’Uffizio ha loro delegato e con vane minacce più o meno velate, tentano di impossessarsi della paura umana di qualcuno che tende ad essere “sovrumano” e che le paure, a loro dispetto, le ha da tempo trascese. L’Eretico “impenitente e pertinace”, invece, ribalta la situazione, negando l’autorità , e quindi l’implicita capacità di giudicare, che i crocifissi pendenti dalle vesti domenicane, conferiscono ai due (ormai ex) confratelli. Giordano Bruno è padrone della propria illusione, mentre Beccaria ed Isaresi, pur se a livelli diversi, sono schiavi di un’illusione costruita da altri. Questo è il perno attorno al quale gira tutta l’intelaiatura dei dialoghi e dei diverbi, che rende questa narrazione molto più avvincente di quanto non possa sembrare una storia dall’esito risaputo, quale quella che vede un “martire” (come ancora incautamente molti osano definire il Nolano) condannato ad un ingiusto rogo. La sublimazione di tutto ciò la troviamo al capitolo 6, dove Bruno rivela ad Isaresi quell’incubo ricorrente, nel quale pur con la mente “in piena” come un fiume colmo di idee da rivelare al mondo, non riesce ad emettere dalla sua bocca la voce che ne permetterebbe la diffusione. Egli sa, sente che presto gli verrà impedito di comunicare, anche nella forma più naturale, il sapere che tiene in serbo. Vede in che direzione la sua personale vicissitudine si sta incamminando, eppure, nonostante la frustrazione e lo sgomento che il ricorrere di questo sogno paventano, egli non ne resta irretito, ma continua a dominare il duello intellettuale che lo vede contrapposto ai due suoi futuri carnefici. Lo fa in maniera naturale, come solo può fare colui che conosce l’arte di dominare il sogno, rendendolo reale a suo piacimento, senza restarne, nel suo intimo, coinvolto. Capacità di scegliere tra realtà e sogno, caratteristica peculiare di pochi “iniziati”, di coloro i quali hanno la capacità di “risvegliare gli animi dormienti”. E’ qui che dobbiamo, a mio avviso, cercare la vera essenza di Bruno. Nell’Eroico Furore che lo porta a trascendere, ad andare oltre l’illusione, non nell’”eroico furore” che lo porta ad un martirio utile solo a chi vuole soffocare la Filosofia del Nolano, racchiudendola e limitandola in un disperato atto di coraggio e di forza eroica fini a se stessi. “Io dirò la verità” è un racconto che è in grado di portare il lettore nella direzione giusta per capire che cosa significa veramente essere un “risvegliatore di animi dormienti”. Giordano Bruno è proprio questo.

Nessun commento:

Posta un commento