martedì 30 ottobre 2012

Idilli napoletani. Il possibile che diventa impossibile di Ugo Piscopo, prefazione del Prof. Aldo Masullo, Guida Editore, Napoli 2012

La promenade d’Euclide

di Carmen Moscariello

E’ la promenade, tic, tic ,tac tac, è tic tic.

La lettura degli Idilli napoletani di Piscopo, mi ha subito ricordato alla mente l’opera di René Magritte La promenade d’ Euclide (1955),un raffinato lavoro di chiarezze, con campanile e ghirigori,(apparente cartolina, avvolta da un’intarsiata-fredda composizione), ma che invece, anche in quel caso, ti obbliga a pensare l’invisibile (Aldo Carotenuto ,Bompiani, Milano 2000) , a guardare al di là della bella finestra, nel vuoto grigio azzurro dove uomini e luoghi palpitano o precipitano lontananze. Così Gli Idilli napoletani di Piscopo sono un viaggio in ciò che non appare, dal Nulla al Nulla,( come ci spiegano i mistici), incontri con fantasmi narrativi che attraversano le visioni del narratore.
L’opera di Ugo rientra nella bella collana Ritratti di città che il Poeta stesso dirige presso l’editore Guida, qui la sua penna fila e sfila (U. Piscopo,il filo i fili e le storie ,Kairòs 2008), raggomitola il precipizio di giorni anemici, ingrigiti; la risata nevrotica su una città con manto (Piscopo, Quaderno a Ulpia la ragazza con mantello di cane, Guida Ed.) in calcestruzzo è la denunzia per una vita resa difficile da un abbandono secolare, dall’assenza di etica, dal caos che tutto travolge. Napoli si presenta sempre aggredita da un’inedia che avvelena qualsiasi iniziativa di vita o di cambio di vita. Lo scrittore le strappa la maschera di birritta cui’ Ciarcireddi (Edoardo ,1936) e dopo la risata aperta e fragrante, quasi giocosa, ti obbliga a fare i conti con una realtà falsa, disgraziata, appesa a un disastro di vita, dove né torturati, né torturatori si salvano.
Ugo ci guida?
Dove ci guida?
Non è un palcoscenico di belle architetture, né un banale viale attraversato da gente comune, da animali comuni; il fiato è di solitudine, una promenade plantée, attenta a un mondo di piccole cose, avvolta- stravolta da ossessioni che scavano, inibiscono, impediscono non solo la promenade de l’Artiste, ma anche la più elementare meta. Il viatico si popola di prepotenze incredibili, di esseri umani robotizzati dall’assenza di qualsivoglia intesa con i propri simili. Ed ecco Piscopo-Gatto che parla, fuseggia su le coulée verte di leggerezze e di sogni, con i gatti e con i cani. Solo le sue metamorfosi gli permetto un percorso d’affetto , ragnatele invisibili che gli danno la vita e che gli consentono di sopportare un dolore acuto che gli attraversa sistole e diastole; pugnalate di abbandono e indifferenza per una Napoli sacrificata al degrado.
La Napoli di Piscopo è diversa da quella raccontataci da Domenico Rea (L’estro furioso, Flora); il grande Rea guarda Napoli dall’esterno coi suoi fetori ed ardori, ( Spaccanapoli (1947),gli articoli su Il Mattino e su La Repubblica, dopo. Inaugurerà la sua collaborazione con La repubblica con un articola sulla Monnezza a Napoli). La sua verve attutiva il dramma, nonostante l’ assenza di fiducia sulla possibilità di riscatto.
La Napoli di Piscopo è invece una città che rimane sospesa, come il pensiero dello scrittore, sospeso anch’esso sulle collina del Vomero dove il Poeta vive, e qui le sue confidenze appaiono come lenzuola stese al vento , fumeggiano sui tetti, mosse e rimosse da tuoni e lampi, ma non hanno padrone, non sono per nessun letto dove poter dormire. Più chiaramente il prof. Aldo Masullo nella sua preziosa prefazione all’opera, parla di un allucinante “viaggio” urbano da un quartiere all’altro…la dolorosa tensione di urticanti offese alla vita dei cittadini, i cui diritti spesso nella pratica amministrativa sono derisi come indebite e fastidiose petulanze……Le “confidenze” di Piscopo….. appaiono come gridi in aperta piazza, sia pure composti ma perciò tanto più inquietanti del napoletano male di vivere .
Quello del Narratore è’ dunque un percorso dissociativo dove il cittadino napoletano è messo a dura prova anche per cose apparentemente semplici, situazioni asimmetriche di attese, violenze, piccole e grandi; mortificazioni che logorano esistenze. Non si comprende come a Napoli ogni cosa appartenga a un ozioso stordimento, e il Poeta raccoglie in quest’opera fragmenta di dolori e di solitudini, ne fa un serto di denunzia.


Nessun commento:

Posta un commento