La preside Vincenzina Scarabeo ha aperto la serata con un’ampia introduzione, non limitandosi a presentare la poetessa e i relatori ma entrando anche nel merito cirtico della poesia di Giuditta Di Cristinzi.
Si
sono poi avvicendati i relatori. Amerigo Iannacone ha brevemente
esaminato di tutti e quattro i libri pubblicati finora dalla poetessa
e ha parlato tra l’altro di «una poesia fondamentalmente positiva
e ottimista» sostenendo che un po’ da tutta l’opera «traspare
l’oraziano carpe diem, che
in qualche modo diventa della vita se non una soluzione almeno un
balsamo lenitivo».
Delicato
e toccante l’intervento di Antonio Vanni che ha parlato delle
“Filastrocche” e ne ha letto diverse e vi ha trovato un’affinità
ideale ai testi ritrovati dei bambini che durante la seconda guerra
mondiale furono tenuti nel ghetto di Terezin destinati al campo di
sterminio di Auschitz.
Profondo
e al tempo stesso accattivante, come sempre, l’intervento di Aldo
Cervo.
«Tutto si
può dire di Giuditta Di Cristinzi – ha detto tra l’altro,
parlando delle Filastrocche
– meno che difetti di fantasia. È sorprendente come riesca a
inventarne una per ogni materia di apprendimento, dalla storia alla
geografia, dall’aritmetica alla grammatica, dalla botanica alla
meteorologia, dall’astronomia alla musica, dai momenti di vita
domestica alle ricorrenze civili e religiose, trovando persino il
modo di volgere in poesia il linguaggio contratto e cifrato dei
messaggini, come delle ultimissime diavolerie dell’Informatica».
Nessun commento:
Posta un commento