martedì 16 gennaio 2018

Amelia Rosselli:incontrare un poeta di Carmen Moscariello

Preferii dirlo a altra infanzia
che non questo dondolarsi
su arsenali di parole
(A. Rosselli a P. P. Pasolini)8

Amelia Rosselli: incontrare un Poeta.



La conobbi al Magistrale “Cicerone” di Formia nel 1992, in una
serie di “Incontri con l’Autore”; dopo quello con Vittorio Foa, toccò
a Lei, che venne.
Raffinata ed eterea era humus fertile per emozioni ed enigmi.
Venne dopo l’incontro con Vittorio Foa, (Torino 18 settembre 1910-
Formia 20 ottobre 2008) da Lui, che ha vissuto a lungo a Formia, appresi
molto su “Giustizia e Libertà”, sui Fratelli Rosselli, sull’antifascismo,
ma soprattutto sul fascismo (ne parlava senza rancore, facendoci,
però capire quale dannazione storica fu questo periodo per la libertà
e in particolar modo per gli ebrei), mai accennò ai suoi lunghi e dolorosi
anni di carcere e molto mi parlò di Carlo Levi che ebbe una po-
sizione rivelante anche nella vita di Rocco Scotellaro; narrava il socialismo
liberale di Rocco Scotellaro, di Gramsci mi parlò quotidianamente,
donandomi di questo alcuni preziosi scritti sulla Questione
Meridionale, mi rilasciò in merito molte interviste. Mai mi disse di Amelia,
nonostante le mie richieste; molto mi insegnò su “Giustizia e libertà”
e sulla dolorosa fine di Carlo e Nello Rosselli. Le porte per i
miei studi sulla Rosselli e Rocco Scotellaro me le aprì il Grande Vecchio,
partendo, come dicevo, da Giustizia e Libertà. Per Formia,
quest’uomo, morto centenario, con una limpidezza di pensiero che
affascinava, fu punto di riferimento per molti giovani che egli riceveva
nella sua casa, situata nell’antico quartiere di Castellone, senza mai
sottrarsi ad alcuno.
Come Foa, Amelia Rosselli divenne ospite gradita e amata nella
nostra scuola. Incontrarla per me fu come immergermi in una cisterna
gelata: sommersa dall’ansietà del suo sorriso; dalle sue braccia
rigide lungo il corpo; dalla sua voce gutturale che sillabava con molta
fatica ancestrali suoni, dallo smarrimento (spavento ?) che leggevo
nei suoi occhi.
Lei alta, molto magra, un fiore umile sullo stelo ondulato, in difficoltà
quasi quanto me. Restammo sole in presidenza ed io provai ad
esprimerle tutta la mia ammirazione, ma le parole uscivano a stento e
la bocca impastava suoni inutili, tutto quello che volevo dirle era fermo
solo nella mia mente, né riuscivo a tradurlo in parole. E lei dolce nella
penombra invernale della stanza disadorna e umida della presidenza,
mi disse di stare tranquilla, “Io sono una persona come tante”. A questo
riuscii a replicare: “Sono commossa, Lei è la più grande poetessa
del Novecento”, (ripetei con forza le parole con cui Pasolini l’aveva
chiamata). Si volse verso la finestra che apriva su un cortile annichilente
e fissò lontano, la sentii lieve e delicata, quasi volesse cancellare
l’immensità del suo essere.
Avevamo preparato con cura questo incontro, la scuola aveva acquistato
tutti i suoi libri e io avevo iniziato i miei alunni alla sua poesia,
leggevamo e commentavamo i suoi versi : versi difficili. All’inizio inafferrabili,
ma dopo un po’ il ritmo musicale cominciava a scendere
dentro il cuore e molti alunni imparavano le sue poesie a memoria,
molti versi furono musicati e cantati. Preparavamo domande e già da
tempo un fluido magico avvolgeva le mura della scuola.La accogliemmo nell’unico luogo possibile a contenere quasi mille persone, l’androne della scuola, uno spazio circolare sul quale
dall’alto delle scale si affacciavano le aule,(ripete in tutto e per tutto
la struttura di un carcere, ha una forma di anfiteatro e il suono poteva
raggiungere tutti gli ascoltatori). Gli alunni chiassosi, impossibile riportarli
all’ordine, aspettavano la grande ospite, il preside correva,
emozionato anch’egli avanti e dietro, dando ordini che non miglioravano
la situazione di attesa.
Eppure appena apparve si fece silenzio, non aveva ancora aperto
bocca, e gli alunni attesero le sue parole, capirono che erano di fronte
a una umanità preziosa. Le domande sulla sua poesia ci furono, molte
altre inseguivano chiarimenti su Carlo e Nello Rosselli, ma poi si riprendeva
dalla sua vita con insistenza si chiedeva della sua amicizia con Pasolini,
ma soprattutto erano curiosi di sapere di Rocco Scotellaro.
Disse poche cose sul Padre, confessò che i suoi ricordi di bimba
“avevo sette anni, quando mio padre fu assassinato”, erano gravati dalle
sue lunghe assenze e dall’ansia di mia madre9 per i pericoli, che percepiva
chiaramente e che potessero abbattersi da un momento all’altro
su di lui e la famiglia.Non c’era l’orgoglio di figlia, ma una sofferenza lunga nella sua
voce lenta avvolta nell’amaro sillabare che assorbiva insieme il francese,
l’inglese e l’italiano; ma quando iniziò la lettura dei versi caddero gli
inceppi e la musicalità dei suoni fece rivivere di luce l’ocra in grigio
sporco delle pareti della scuola.
Da allora nacque un’amicizia discreta, fatta di silenzi lunghi, ma
quando mi parlava la sua voce veniva da un altrove sconosciuto e magico.
Le chiesi in seguito di Scotellaro, più volte, ma rimaneva muta,
quasi a scacciare un dolore troppo grande. Mai mi parlò di Lui,
l’unica voce era un silenzio cucito dentro, dal quale è impossibile staccarsi
e il suo sguardo non nascondeva in alcun modo l’abisso che li
attraversava.
Di Lei e della sua poesia mi occupai più volte, concertando bellissime
pagine con il Direttore Edoardo Tiboni sulla sua rivista «Oggi e
Domani» Pescara. (Tra le altre scritture, “Amelia Rosselli, un caso unico
nella Poesia italiana, «Oggi e domani», Pescara, 1995, n 9).
Anche su «Il Tempo», il direttore Cesare Mantovani , uomo di
destra, mi lasciò completa libertà di spazio e di pensiero, accolse con
gioia i miei scritti sulla Poetessa, sui Fratelli Rosselli, su Vittorio Foa
(dando ampio risalto ad ogni mia nota. (Tra gli altri articoli, “La voce
libera e musicale di Amelia Rosselli”, «Il Tempo», 1992, per gli altri
aticoli, anche quelli dedicati a Foa e Pasolini si veda la bibliografia).
La incontrai, per l’ultima volta alla sua morte, avevano appena
raccolto il suo corpo sui basoli di via del Corallo.
Una decisione premeditata, scelse di morire nello stesso
giorno in cui si suicidò Sylvia Plath, (Stati Uniti, Boston 27 ottobre
1932, Londra 11 febbraio 1963) poetessa che la Rosselli tradusse e
che amava molto. Chi mi parlò con molto affetto di lei , prima ancora
di conoscerla personalmente, fu Pietro Nenni, anch’egli con la sua
casa a Formia10, contigua alla mia casa, la poetessa si sentiva perseguitata e spiata dalla CIA(disagi che perturbarono a lungo la sua dolorosa esistenza) fino a
chiedere  aiuto a Nenni; un conforto paterno che non le fece mai
mancare, aveva per la poetessa un affetto grande, considerandola
come un’altra delle sue figlie, d’altronde la sua vita era stata fortemente
unita a quella di Carlo Rosselli fin dalla fondazione nel 1926
di “Quarto stato”. Pietro Nenni era anche un innamorato di Rocco
Scotellaro, leggeva la sua poesia e vi si ritrovava nelle emozioni e nello
sdegno per gli sfruttamenti patiti dai più deboli. Nella sua biblioteca
ci sono manoscritti e catalogati tutti gli articoli scritti da Rocco e quelli
che «l’Unità» e «l’Avanti» gli avevano dedicati subito dopo la sua
morte.(Da Destini sincronici: Amelia Rosselli e Rocco Scotellaro di Carmen Moscariello, Guida Editori.)
Note:
La voce libera e visionaria di Amelia Rosselli
20
10 La sua bella casa, posizionata proprio di fronte a Ponza, dove il fascismo
lo condannò al confino, Pietro Nenni alla sua morte la lasciò in eredità al partito

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