Castello di Mola- Formia
Giuseppe Supino L’utopia del corpo.
Di
Carmen Moscariello
Esser chiaro il cielo e si vede il mare e il cielo di Gaeta dallo studio dell’Artista e quei colori trasparenti, irreparabili nella luce del mattino attraversano queste nuove opere . Hanno uno scatto dentro, un salto della bellezza che toglie il fiato.
Seduce la bellezza, seduce al canto, a suoni di un mondo inattraversabile se non dal puro sentire del Maestro che pare voglia levigare la sua coscienza e con esse le innumerevoli immagini di figure femminili e maschili che fregiano la mostra.
Immago, contro ogni limite è la perfezione assoluta della forma che vive poeticamente libera, pura. La figurazione del corpo maschile o femminile diviene humor fertile per le immaginazioni. L’utopia del corpo predomina la grazia inquieta, inappagabile.
E le mani, sempre in primo piano dettano un purismo disegnativo, analogico. Incalza il più bello in immagini di cavalli che infrangono le porte di Gerusalemme e ascendono al mai visto, mai vissuto . Lei, la pittura nasce dal suo mare, sgorga da mutezza lontana, primordiale, dei candori sussurrati alla pietra. Schianti di ardente compostezza, quasi mestizia.
Silentium di alchimie, giostre di voluttà.
Melanconia, molta! Pronta ad accogliere sguardi, languori cresciuti, nutriti al fuso delle lontananze, al continuo intingere in fasi chimeriche di altre vite, altri mondi. Ardenti, anche di sazietà i corpi di fanciulli che godono alla luce, ma anche appare il costato come quello della Croce. Asimmetrie, asimmetrico, pronto a dire, di saperi e strutture che vibrano su più orizzonti, le memoria confluiscono nel cielo e nella terra e lo spettatore contempla.
E’ il vanto della fragile natura morta, la conquista dell’aspetto sacro del garbo; il Maestro Supino regala all’immago femmineo pace sapienziale, l’orgoglio di Essere. Gli irrequieti nostri tempi sono lontani, svagati, inutili, troneggia, inneggia la perfezione. A badilate il colore ammanta, copre, risorge in atmosfere in verde.
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