Il Poeta Peppino Iuliano scrive su "Fratelli tutti" di Carmen Moscariello
Il romanzo di
Moscariello
sulle tracce
del fraticello
del deserto”
eletto agli
onori degli
altari dal Papa
Giuseppe Iuliano
C
i sono
libri
che,
oltre
ad
esaltare la bellezza della scrittura,
sanno coniugare
poesia e memoria;
e, di essi, alcuni valgono vocazione e testimonianza, riuscendo a
spingersi fino alla conversione.
Libri di indagine e scandaglio, di
coscienze laiche e della loro forza
morale ma anche di anime inquiete e fervorose alla ricerca della
eterna Gerusalemme. E se l’Asia è
la culla delle religioni, l’Africa,
continente degli ultimi, degli invisibili, si conferma eterna terra di
missioni
Con questi avvisi ci giunge la
novità del libro Fratelli tutti(Gan -
gemi Editore, 2022) della scrittrice irpino/formiana Carmen Moscariello, un’incredibile storia vera ma anche il romanzo dell’amore
sociale. Un libro/album – una composita antologia narrativo/fotografica - nato
sulle tracce di Charles de Foucauld
(1858-1916), il “fra -
ticello del deserto”
eletto agli onori degli altari da papa
Francesco (15 maggio 2022), che svolse il suo apostolato
tra le popolazioni
tuareg ai confini di
Marocco e Algeria e
che di “fratelli tutti”
fece regola nella sua
congregazione:
“virtù dell’umiltà” e
“centralità della povertà”.
Deserto e desertificazione, luogo fisico e mentale. Nel racconto
della Moscariello il suo attraversamento è reale e familiare, vissuto assieme alle figlie Lara e Silvia
tra le antiche rotte dell’Ahaggar
fino all’hermitage del Santo nei
pressi di Assekrem. Un itinerario
che non si risolve in “un libro di
studio” della Nostra ma piuttosto
in un libro che si “fa memoria”
dell’“incontro con San Charles de
Foucauld, […] per “far germogliare la sua gioia credente” - così Padre Andrea Mandonico, Vice-Postulatore della causa di canonizzazione e il deserto e le sue piste,
luoghi d’erranza, si confermano
momenti per “disancorarsi, in un
viaggio che sfiora la morte”.
Leggenda vuole – sottolinea la
scrittrice – che i Tuareg, provenienti dall’isola di Atlantide e
scampati in pochi al suo affondamento, siano “i più grandi conoscitori del Sahara… i più temuti
predoni e i più bravi addestratori
di cammelli. Non a caso, erano
chiamati i Signori del deserto”. Il
libro, ricco di connotazioni geografico-antropologiche, ha aspetti meditativi – anzi, come da felice
aforisma della Moscariello, contempl-attivi – intesi alla riconciliazione del mondo/anima. O più
adeguatamente in senso opposto,
dalla dispersione dell’anima tra
vuoti, sbandi e solitudini verso i figli del mondo. Così de Foucauld dalla Francia al Marocco, a Nazareth,
alla Trappa, al
Sahara. Seguace e
imitatore della vita di Cristo, conoscitore delle guerre coloniali, coltivò la pace incoraggiando il confronto tra islamismo e cristianesimo. Esploratore,
cartografo di
grande valenza,
fine umanista – ri -
cordiamo tra le
sue opere Reco -
naissance au Maroc, Chants touaregs – tradusse il
Vangelo in tuareg
ma la sua evangelizzazione fu più
quella dell’amore che della Buona
novella. Edificare una “città del
sole” per un mondo di luce che,
pur incappando in tante cadute,
avrebbe dovuto continuare ad
operare e credere nella rinascita.
Così la sua missione fino all’estre -
mo sacrificio.
Un libro di più orizzonti e coordinate, come lo definisce Marcello
Carlino in prefazione: un orientamento verticale dalle asperità della sabbia alla gloria del Cielo ma
anche una direzione orizzontale
per quegli afflati umani che trovano consonanza nella reciprocità, nella fraternità appunto che è
condivisione di comuni destini.
Ce lo spiega la stessa Moscariello:
“Fratelli tutti forse trae spunto
dagli scritti del Poverello d’Assisi
e in particolare dalle Ammonizio -
ni di San Francesco: “Guardiamo,
fratelli tutti, il buon pastore che
per salvare le sue pecore sostenne
la passione della croce”. E tanto si
impreziosisce, poi, del pensiero e
dell’esempio di Père Charles.
Nel libro troviamo nuove appendici de La mia Africa (struggente film di Pollack del 1985).
Africa, madre dell’umanità con la
staffetta Meryl Streep/Carmen
Moscariello. Due viaggi/pellegrinaggi, intensi, oltre ogni finzione
filmica o letteraria; ognuno con le
sue incertezze inquiete o paniche,
ma anche adattative; ognuno in
attesa della sua redenzione (sempre prossima ai valori della solidarietà e dello spirito). Siamo partecipi di una salvezza reale che
esplora e misura la storia. E di
un’altra misterica, carica di idealità, che vuole avvicinare la realtà
a Dio. Chi ha fede non ha paura e
“sposta le montagne” (Marco
11,22). Convinzioni, entusiasmi,
dottrine agiscono in modo rivoluzionario dentro ed oltre il possibile. L’unica certezza resta quella
dello spirito che incoraggia i senza voce e le loro carovane nomadi
o stanziali: un mondo dagli occhi
ardenti, spalancati, indagatori,
immensi.
Moscariello è una scrittrice vivace e immaginosa, delicata come un bucaneve
e tenace come un
giglio della montagna irpina; ma
sa librarsi anche
come un falco dei
Picentini – consi -
dera i rapaci “portatori di bene” –
che sa sfidare vastità ed orizzonti.
E l’incontro/svelamento, verità
tra buio e luce, dolcezza e selvaticità, poesia e silenzio, aiuta ad uscire dal vecchio guscio: “ero nomade e apolide dalla nascita, orbitavo
nella galassia come una cometa e
le mie rotte mutavano al sorgere
del sole e al suo tramonto”. Il deserto è stupore e paura; raccoglie
e disperde; “ha tante voci, ombre
corte e ombre lunghe, possiede in- ogni granello di sabbia l’illimite”.
La sua immensità e il suo pieno/vuoto - asperità e aridità trasferite nella vita degli uomini - diventano metafora della loro mancanza di ideali che Nietzsche chiama “crescita del deserto”.
La nostra società dolente e le
sue continue erosioni necessitano
di argini più robusti per evitare
cedimenti o tracimazioni. A volte
anche la sola forza del vento con le
sue “danze irrefrenabili” può mutare la natura e gli eventi. La scrittura di Moscariello ne è algoritmo. Tra páthos e téchne ci irretiscono la bellezza misteriosa del
paesaggio magrebino, i tramonti
rosso-arancio del deserto, in cui “i
cammelli erano anch’essi statue
di sabbia e si muovevano appena,
impercepibile il loro dondolarsi,
solo le code rompevano il vento.
L’unico suono era il mio passo leggero e un fiato caldo che cresceva
nel suo ululato”.
Prosa e poesia ci accompagnano: fondali e arabeschi, ombre
ostili, rifrazioni accecanti, natura
cruda e cangiante; arcani e trepidazioni; gamme di colori cangianti; costumi dalle dominanze indaco-azzurre; spezie e profumi; monili di ogni foggia e bellezza. La
scoperta di questa parte di mondo
porta con sé l’altra faccia della medaglia, ovvero sacrificio e riscatto, perché “colloquiare con la croce”, icona della sofferenza, “acco -
glie le miserie” e “sana le ferite”;
restituisce all’uo -
mo pozzi d’acqua
e oasi di pace.
Tra “granelli
di mansuetudine, piccoli passi”
ci “avvicinano a
Dio” e alla comprensione degli
uomini. Noi dell’Alta Irpinia, pur
essa area di marginalità e desertificazione, accogliamo il libro/messaggio di Carmen Moscariello. E
qui al Goleto, luogo dello spirito,
abbiamo apprezzato per anni il
servizio della comunità Piccoli
Fratelli di Jesus Caritas, oggi
rientrata all’abbazia di Sassovivo.
Questo nostro lembo di terra
guarda con perseveranza verso
tutti gli orizzonti dell’universo,
che è civ
iltà
Scritto da Peppino Iuliano. Pubblicato dal Quotidiano del Sud, Domenica 16 luglio 2022
L'opera è illustrata contiene meravigliose fotografie di Charles, del deserto, dell'autrice e dei compagni di viaggio. Le foto sono di Carmen Moscariello. Le immagini rendono il libro davvero godibile, senza contare l'Arte Grafica della Gangemi Editore.
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