di Carmen Moscariello
In una
società malata di formalismi nasce un libro autentico, libero da
condizionamenti e avvolto da serenità ineguagliabile. Un’altra opera di
Alessandro Petruccelli, che come le altre che l’hanno preceduta (Un giovane
di campagna; premio Rapallo e premio Monza, Editori Riuniti 1976 e Due
compleanni e una città, Editrice Le Stelle, 1985) resterà riferimento
sicuro per la cultura.
“Una
cartella piena di fogli”, così è il titolo, edito da Editori Riuniti, con
prefazione di Geno Pampaloni, narra la storia di due giovani di paese, Mario e
Francesco, chiamati nella capitale per un impiego all’ufficio di censimento.
La storia
si snoda in tanti momenti, in tante storie di uomini, che si affacciano per un
attimo nella vita del protagonista. Le situazioni chiare sicure si susseguono,
umanizzate dal sorriso saggio di chi non giudica mai il prossimo. E Mario,
protagonista del romanzo, riesce con semplicità e con timidezza ad accattivare
e coinvolgere.
Rivivono
in una luce, da troppi dimenticata, Ventosa, Minturno, Scauri e la stessa Roma:
spettatrici e protagoniste nello stesso tempo, accompagnano i due amici nel loro
nuovo ed imprevedibile cammino. Consegnano fogli per il censimento e bussano ad
ogni porta per catalogare e registrare. Dallo spiraglio di ogni casa che si
apre, il protagonista si sente coinvolto e facente parte di quegli amici nuovi.
Anche l’arroganza di qualche romano sa di familiare e così il robusto
macellaio con i baffi viene accostato nel suo modo di fare ad una donna della
sua campagna: “Elisa, questo era il suo nome. Poiché non poteva lavorare, né
aveva rendite di alcun genere, viveva con quello che i vicini le davano. Però,
quando qualcuno le portava il paniere con un piatto caldo o con una frittata di
formaggio, frutta o altro, lei se lo prendeva dicendo: Se ti fa piacere lascia
poi vedrò se il maiale lo vuole”.
Questa e
tante altre situazioni, che all’occhio non smaliziato, ma intelligente di
Mario si presentano. Così egli incontra chi si illude di essere un grande
scrittore, o il vecchio “con la barba e i capelli bianchi, come i vecchi di
una volta”, un signore adirato “con una calvizia luccicante”. Tante storie
che trovano sintesi rassicurante nell’animo di chi le osserva e in un
linguaggio chiaro preciso, che pur essendo senza pretese, stupisce poi per la
sua intensità. E dominano, anche se citati nel romanzo in modo esplicito una
sola volta, Dio, la coscienza, il prossimo e la ragione. Un libro che molti
uomini dovrebbero leggere e in particolare perché racchiude messaggi di
speranza e grande umanità per i giovani.
Vorremmo
infine sottolineare il grande miracolo che questo scrittore possiede, rarissimo
soprattutto nei tempi attuali: ci riferiamo alla mitezza, alla discrezione, alla
sensibilità, presenze preziose nella sua opera, ma ancor più sacre perché
effettivamente presenti nell’uomo, nel suo modo di essere, nella sua attività
di docente e in generale in tutti i rapporti umani che lo riguardano.
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