lunedì 6 agosto 2012

Saggi critici - Alessandro Petruccelli

di Carmen Moscariello

In una società malata di formalismi nasce un libro autentico, libero da condizionamenti e avvolto da serenità ineguagliabile. Un’altra opera di Alessandro Petruccelli, che come le altre che l’hanno preceduta (Un giovane di campagna; premio Rapallo e premio Monza, Editori Riuniti 1976 e Due compleanni e una città, Editrice Le Stelle, 1985) resterà riferimento sicuro per la cultura.
“Una cartella piena di fogli”, così è il titolo, edito da Editori Riuniti, con prefazione di Geno Pampaloni, narra la storia di due giovani di paese, Mario e Francesco, chiamati nella capitale per un impiego all’ufficio di censimento.
La storia si snoda in tanti momenti, in tante storie di uomini, che si affacciano per un attimo nella vita del protagonista. Le situazioni chiare sicure si susseguono, umanizzate dal sorriso saggio di chi non giudica mai il prossimo. E Mario, protagonista del romanzo, riesce con semplicità e con timidezza ad accattivare e coinvolgere.
Rivivono in una luce, da troppi dimenticata, Ventosa, Minturno, Scauri e la stessa Roma: spettatrici e protagoniste nello stesso tempo, accompagnano i due amici nel loro nuovo ed imprevedibile cammino. Consegnano fogli per il censimento e bussano ad ogni porta per catalogare e registrare. Dallo spiraglio di ogni casa che si apre, il protagonista si sente coinvolto e facente parte di quegli amici nuovi. Anche l’arroganza di qualche romano sa di familiare e così il robusto macellaio con i baffi viene accostato nel suo modo di fare ad una donna della sua campagna: “Elisa, questo era il suo nome. Poiché non poteva lavorare, né aveva rendite di alcun genere, viveva con quello che i vicini le davano. Però, quando qualcuno le portava il paniere con un piatto caldo o con una frittata di formaggio, frutta o altro, lei se lo prendeva dicendo: Se ti fa piacere lascia poi vedrò se il maiale lo vuole”.
Questa e tante altre situazioni, che all’occhio non smaliziato, ma intelligente di Mario si presentano. Così egli incontra chi si illude di essere un grande scrittore, o il vecchio “con la barba e i capelli bianchi, come i vecchi di una volta”, un signore adirato “con una calvizia luccicante”. Tante storie che trovano sintesi rassicurante nell’animo di chi le osserva e in un linguaggio chiaro preciso, che pur essendo senza pretese, stupisce poi per la sua intensità. E dominano, anche se citati nel romanzo in modo esplicito una sola volta, Dio, la coscienza, il prossimo e la ragione. Un libro che molti uomini dovrebbero leggere e in particolare perché racchiude messaggi di speranza e grande umanità per i giovani.
Vorremmo infine sottolineare il grande miracolo che questo scrittore possiede, rarissimo soprattutto nei tempi attuali: ci riferiamo alla mitezza, alla discrezione, alla sensibilità, presenze preziose nella sua opera, ma ancor più sacre perché effettivamente presenti nell’uomo, nel suo modo di essere, nella sua attività di docente e in generale in tutti i rapporti umani che lo riguardano.

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