lunedì 6 agosto 2012

Saggi critici - Vittorio Foa

di Carmen Moscariello

Ci è difficile pensare a Vittorio Foa che rievoca il passato, come avviene nella sua pubblicazione “Il cavallo e la torre, (Einaudi, pag.350, 1992).
I suoi ottant’anni sono stati sempre una proiezione verso il futuro: ultima sorpresa la riservò a Formia solo qualche mese fa’ quando si accompagnò a Leoluca Orlando per discutere di mafia e camorra e di progetti (appunto) per il futuro.
Un’ideologia che non ha conosciuto schemi, ma si è sempre rigenerata sui principi etici e la cui militanza politica è stata solo il mezzo di collegamento con la realtà.
Curioso dell’uomo, soffre di certo in questa fase storica chiusa nell’imbuto infernale della corruzione e della partitocrazia.
Alla recherche du temps, come Proust ha ancora molto da dire e alla sua recente opera è testimonianza di libertà, non nel senso astratto del termine, ma come volontà di attuazione del bene (tutta la sua vita è stata vissuta all’impronta della libertà).
Mossa frontale ancora una volta per rimuovere e ricostruire ciò che l’errore e la mancata lungimiranza dell’uomo ha deturpato o distrutto. Ma, il libro è anche testimonianza di pazienza, di tenacia per ammorbidire gli ostacoli e convincere l’animo a lottare con più forza.
Queste le strategie indicate nell’opera dove i ricordi personali si mescolano alla storia: mezzo secolo raccontato e ricostruito in una freschezza di immagini mai disgiunte dall’umanità profonda e palpitante.

Parlare con Foa, nonostante la semplicità e la disponibilità dell’uomo, è sempre una grande emozione.
Più gli anni passano e più aumenta la sua vitalità e il suo impegno sociale. Sorprendente per la sua fiducia nella vita e nella storia, ci traccia in questa intervista un quadro chiaro della situazione attuale sia riguardo ai recenti episodi di razzismo, sia per tutto ciò che attiene alla vita politica ed economica del nostro paese.
Vittorio Foa condannato dal tribunale speciale del fascismo a quindici anni di reclusione per cospirazione contro il partito fascista, rimase in carcere ininterrottamente per nove anni. Fu amico di Leone Ginzburg, che lo introdusse nella cospirazione del gruppo torinese di “Giustizia e Libertà”.
E’ stato uno dei padri della nostra Costituzione e ha ricoperto importanti incarichi sindacali e politici. Ricordiamo anche la sua recente pubblicazione “Il cavallo e la torre” che ha ricevuto ampi consensi di critica e che è una delle massime testimonianze sulla Resistenza, sul Fronte Popolare, sul Sessantotto e sulla storia della sinistra italiana.
 
-         Le sue origini ebree le fanno sentire certamente sulla pelle i recenti atti di razzismo e di intolleranza semitica. Come pensa si debba arginare questo fenomeno?
  “Bisogna stare attenti a non fraintendere questi fatti. Gli episodi più tragici del razzismo si sono verificati con una volontà politica dello Stato e della Chiesa, in questo momento questa raccordo verticale o un’organizzazione persecutoria non esiste. In Germania non c’è una volontà politica, ho una certa fiducia, anzi ne sono sicuro che la Germania moderna non è quella di ieri. Dopo cinquant’anni di sviluppo credo che la Germania abbia la possibilità di controllare le forze negative. Comunque ritengo che quelle forme di intolleranza razzista vadano represse con forza, non si deve essere possibilisti o indulgenti verso di esse. Bisogna colpirle duramente”.
 
-         Usciremo dalla crisi economica che attanaglia il Paese e quali speranze ci sono per i lavoratori?
  “Questo è un momento molto difficile per i lavoratori, però io penso che le nostre risorse sono di gran lunga superiori alle esigenze necessarie per uscire da questa crisi. Noi siamo in realtà uno dei paesi più ricchi del mondo: dobbiamo fare dei sacrifici per un certo periodo, ma io penso che in un anno e mezzo o due potremmo uscirne. Non sono catastrofico, credo che la politica di governo è stata una politica di spreco, purtroppo a pagare sono sempre i più deboli”.
 
-         Come interpreta il caso Ligato?
  “Vorrei fare osservare che le cose che succedono oggi, bene o male le sapevamo: erano a livello di una conoscenza imperfetta, tenue. Quando vengono fuori, noi diciamo: chi non immaginava che Ligato era legato alla malavita calabrese, chi non immaginava che tra la politica e la ndrangheta c’erano molti rapporti? In fondo la magistratura di Palmi aveva già individuato una serie di cose. Io do preferenza al fatto che i politici possono finalmente andare in galera. Fino a poco tempo fa era come una legge scientifica che il politico che rubava non andava in galera. Da qualche tempo a questa parte il politico può andare in galera e questo è da ritenere e certamente un fatto positivo”.
 
-         Come mai la Magistratura si sta muovendo solo adesso? Anche a Formia e nella provincia di Latina sta creando non pochi problemi ai politici.
  “E’ così. Tutti sapevamo e nessuno si muoveva. A mio avviso ciò è dovuto al fatto che i partiti si sono indeboliti, è venuta  meno quella certa capacità di bloccare i processi, questa capacità è indebolita ed è una cosa che dobbiamo salutare con speranza”.
 
-         Quindi questo momento che il Paese sta attraversando non è di crisi negativa?
  “No. E’ una crisi che può portare cose positive e giuste”.

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