di Carmen Moscariello
L’azzurro
cresposo del mare di Serapo ha fatto da sfondo al Balletto di Mino Maccari che
tra l’azzurro e il grigio di maniacali folletti fa da copertina ai “Festeggiamenti”,
opera di Giuseppe Cassieri edita dalla Rizzoli.
Giuseppe
Cassieri è indiscusso protagonista del romanzo italiano contemporaneo, figura
singolare di uomo aristocraticamente libero, vigoroso e accattivante pensatore,
muove il suo spirito tra interessi molteplici che vanno dall’amore per la
letteratura spagnola al Classicismo.
Tommaso
Redi, di professione chirografo, ossia esperto di scrittura manuale, è il
personaggio principale dell’opera. Viene invitato dal Centro Studi che si è
installato nella reggia di Caserta, per verificare insieme ad altri esperti di
ogni settore culturale, i risultati ai quali è giunta la società del secondo
millennio e per approntare i preparativi e i festeggiamenti per l’evento
del terzo millennio.
Cosmologi, stilisti,
antropologi, pubblicisti, storici e liberi auditori, dibattono, propongono, si
scontrano in maniera assurda e grottesca per accaparrarsi vecchi centenari.
Questi sono raccolti in tre “serre” dislocate rispettivamente
Nervi, Piancastagnaio e Campodimele. Quest’ultima “serra” ne
annovera ottantasei alloggiati in ridenti villini alle falde della collina. I
tre centri si contendono una donna di novantacinque anni, Adelina R., dal busto
ancora eretto, i fianchi ancora morbidi, le rughine a tela di ragno ancora prive
di solchi incolmabili… che sogna animali compiacenti e ieratici.
Un
sorriso strappato da situazioni grottesche, create dall’autore in una realtà
illogica, dove la morale, gli interessi, le gioie, l’anima si sbriciolano,
ridotte ad un’esistenza larvale, che solo per miracolo potrebbero creare il
brivido della vita.
Così
Rita, amazzone del colle Solario, è a volte rifugio sensuale momentaneo ed
etereo che per uno spazio brevissimo scuote l’attonito Tommaso Redi.
L’opera
è una fine metafora dell’esistere che, nonostante l’ironia e il taglio
umoroso di episodi e personaggi, non può nascondere la posizione astorica
dell’infelicità.
Non
sai mai leggendo un romanzo di Cassieri, se ti trovi di fronte all’assurdo,
alla bizzarria o alla fantasia più sfrenata, o al contrario di fronte a
situazioni che trovano radici profonde nella realtà.
E’
questo strano arcolaio che prende l’animo del lettore: ora in modo ilare e
leggero, ora per impigliarlo in situazioni umane e di pensiero dolorosamente
vive e vere.
Il
sempre nuovo che scandisce la sua genialità e fantasia, inesauribile, costipata
per volontà dell’autore in personaggi tormentosi, incerti, dilavanti di
fisime e paranoia, che tentano appena di affacciarsi alla vita per essere
immediatamente assorbiti nel gragnuolo di sconfitte e di paure.
I
personaggi dei suoi ultime tre romanzi Tommaso Redi, (I festeggiamenti, 1983),
Giovanni Carmenati (Colombina, 1991) e Ciro Medina (Esame di coscienza, 1993) ai
quali Cassieri ha dato vita in uno spazio brevissimo di tempo, ti lasciano a
fiato sospeso, un po’ per le condizioni più strane che riguardano la loro
professione e le afflizioni paranoiche che ciascuno ha, un po’ per quella
dimensione di sogno e di sensualità fortemente presente soprattutto
nell’ultimo romanzo.
Vorremmo
far notare al di là di quello che i critici da più di trent’anni hanno detto
del suo genio e della sua arte e cioè dell’elegante ironia, della sorridente
indulgenza con cui rappresenta i vizi del mondo, della sua disponibilità
all’avventura, dell’uso straordinario che fa della satira, la sua spasmodica
irrequietudine. Questa lo ha portato a cercare, a scavare e ad esplorare,
servendosi della sua prosa raffinata e ricca di neologismi e di parole inusitate
all’uomo comune, al quale pure egli stesso sa rendere i termini familiari.
“Stravolge”
gli eventi, si muove e si sbraccia in situazioni apparentemente apatiche.
Nell’ultimo
suo romanzo titolato Esame di coscienza di un candidato, (Loganesi, 1993)
Cassieri narra la storia di un professore, storico delle tradizioni popolari
dell’Università di Roma esperto o patito di ex-voto (la stessa copertina è
rappresentata da un significativo ex-voto del 1836).
Sicuramente
nell’opera c’è qualcosa di autobiografico. Possiamo dire, senza ombra di
dubbio che ci sono tutte le bellissime cittadine e frazioni che si affacciano
sul golfo di Gaeta, dei quali posti l’autore è attento conoscitore visto che
qui passa una parte della sua vita. Così tra Scauri, Minturno, Formia, Gaeta e
Tremensuoli si snoda anche una storia intrisa di eros, irruenta, dettata da una
passione tutta cerebrale, combattuta e infine distrutta dalle mille incertezze e
dalla insipienza del personaggio principale.
Quello
che ci sorprende non poco nell’esame di quest’opera è che mentre
constatiamo la straordinaria fantasia dell’autore che si muove senza lacci ed
è in grado di raccontarci e coinvolgerci nelle cose più verosimili, in
contemporanea ci rendiamo conto dello straordinario radicamento dell’opera dei
nostri tempi.
Il
rapporto personale e di comodo che il Professore ha con la moglie, personaggio,
questo sempre teso a “ottimizzare” ogni aspetto dell’esistenza, fino a
distruggere in questo modo ogni impulso creativo e libero che pur esiste nel Medina.
Dall’altra
parte la passione che lo rode dentro per Marica, la ninfa minturnese impegnata
nella lotta contro la centrale nucleare del Garigliano e coordinatrice de “Il
cerchio” fresco ed ambizioso movimento politico, è favorita dal fatto
che Ella va alla ricerca di un candidato al di sopra di ogni sospetto per le
prossime elezioni politiche e scopre proprio in Medina la persona giusta per lo
scopo.
Quest’ultimo
punto rende straordinariamente attuale l’opera che si articola sull’esame di
coscienza che Medina fa isolandosi a Villa Flacca che, appunto, si affaccia sul
golfo di Gaeta. Qui è dibattuto tra le sue fisime che si acutizzano e le
esigenze della moglie che tende ad ottimizzare persino il suo seno facendoselo
rifare e ancora tra gli ex-voto che appaiono e scompaiono per dar ragione alle
sue meditazioni.
Intanto
l’eros divampa nel povero Professore che ne resta annichilito e aperto, solo
nel sogno ad ogni esperienza.
Così
egli rammenta che Marica Delfi è una figura emergente, il nome circola per
così dire negli interstizi dei giornalisti parlamentari, i quali la puntanto più
che l’appuntano, non sfuggendo a nessuno che la coordinatrice minturnese è
arcanamente bella.
A
bloccarlo nella sua torrentizia vitalità è l’attacco casualogico, una
misteriosa somatizzazione, che è campanello d’allarme della gravissima
crisi esistenziale che il professor Medina sta vivendo.
Sottolineiamo
anche una contrapposizione tra l’irruente ardito fraseggio, e il linguaggio
agile come una punta di fioretto contro le mille incertezze del personaggio:
anche quest’ultime cose rendono l’opera di immediata leggibilità, senza
pause accompagna il lettore al riso, alla sorpresa e alla riflessione.
Se
poi pensiamo alla documentazione, fin nelle minuzie, alla voglia e alle mille
mosse tattiche per attirare Marica nella sua tana, e ancora alla descrizione
succosa delle località del Golfo nonché alla miriade di personaggi che si
muovono nel burrascoso o tedioso quotidiano, ebbene tutto questo rende l’opera
di inusitato movimento, attraversata dall’inizio alla fine dalla Ninfa tellurica
e acquatica. Il fatto giustificato dalle riflessioni del sociologo Edward
Morris che compare e scompare continuamente nell’opera come il tic nervoso del
Professore, gli ex-voto o la passione sempre rincorsa e mai realizzata di
possedere Marica.
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