di Carmen Moscariello
All’impronta della trasgressione
l’incontro organizzato dai Lions di Formia con Domenico Rea presso l’Hotel
Ariston. Sconcertante perché oggi è sempre più difficile trovare persone vere
e soprattutto, persone libere da qualsivoglia schematismo – lo scrittore
napoletano ha portato gioia e grinta, dimostrando di essere sempre grande e che
la sua vena artistica è rimasta intatta nonostante gli anni. Rea ha sorpreso
molti, o perlomeno, coloro che non lo conoscono nella vitalità e negli effetti
sensazionali, che molto spesso fanno parte anche delle sue opere. Difficile
raccontare i fatti, poiché nella negazione di ogni norma, le cose dette da Rea
sono, forse, rimaste confuse nella mente di molti, ma per chi è stato capace di
seguirlo al di là della parola, il messaggio trasmesso è stato della
coscienza, nonostante il lungo silenzio letterario, di continuare a rimanere un
protagonista non solo della letteratura contemporanea, ma anche di uno spartito
di storia sintetizzato nelle esperienze della sua vita. L’immagine di un uomo
fuggiasco, ironico, giocoliere di un’esistenza che va al di là del reale
dell’uomo contemporaneo, singolare e forse indecifrabile personaggio. Qualcuno
ha detto è espressione della “napoletanità”, ma il folklore e il
parossismo apparente del gesto e della parola, nascondono, a nostro parere,
aspetti rarissimi di emozioni e di autenticità che lo rendono straordinario ed
esuberante. I suoi settant’anni, (nato nel 1921 a Nocera Inferiore) non gli
hanno tolto il gusto per le cose belle della vita: veste abiti firmati e se ne
vanta, corteggia con disinvoltura le belle signore e mentre sembra che sia perso
in cose futili, ti sorprende con una riflessione che solo una mente geniale
poteva pensare.
E’ Rea
un uomo nato e cresciuto nel disastro del dopo guerra (è in questo periodo che
conosce Michele Prisco) si è autonomamente costruito, rinnovandosi, ma senza
adattarsi alle mode e al tempo. I Lions hanno assommato all’incontro con Rea
anche la mostra di pittura di tre importanti artisti: SOSCIA, BARTOLOMEO e
SIMIONE. Rea ha sottolineato che questi artisti fanno parte di quel gruppo
sparuto di uomini che ancora crede all’arte e al bello. Numerosi i quadri
esposti da Soscia, che partono da pennellate di affreschi pompeiani e forse
etruschi (soprattutto le figure femminee) per rarefarsi verso un simbolismo
elegante. Simione e Bartolomeo giocano tra colori ed echi dell’inconscio,
aprendo squarci all’incredibile e all’assurdo. Mostra, a nostro parere, da
ammirare.
(*)
Apprendiamo con dolore, durante la correzione delle bozze, che DOMENICO REA è
morto.
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